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Solve et Coagula - pagina 11



Capitolo 1 - pagina 11

Un lungo e accalorato applauso: fu questa la reazione, del tutto imprevista, dell’ascoltatrice al termine della lettura.
Non appena si fu ripresa dallo stupore, Luisa la rimproverò dolcemente: «Che ti prende? A quest’ora poi… sveglierai tutti nel palazzo!».
«No, non tutti dormono» replicò calma Alessandra.
Luisa sospirò: «E tu come fai a saperlo? E poi che significa? Anche se ci fosse solo una persona che dorme sarebbe abbastanza».
Si interruppe. Ma cosa stava facendo? Cercando di farla ragionare? Era quasi certa che le sue parole stessero cadendo nel vuoto, nel vuoto di una voragine di cui ancora non era in grado di definire la vera estensione. Finora aveva pensato alla sua inquilina solo come a una persona particolare, un’artista un po’ eccentrica che aveva deciso di stabilire un confine netto tra il suo alveo vitale, l’ambiente della musica, e il resto del mondo. Per questo motivo lei aveva rispettato la sua scelta, non importava quanto la trovasse eccessiva e talvolta perfino crudele. Ma quella sera, a due anni di distanza dal loro incontro, si rendeva improvvisamente conto che c’era ben altro dietro, che il comportamento di Alessandra non era il semplice risultato di una stravaganza artistica portata all’estremo ma di qualcosa di diverso. Adesso sapeva, al di là di ogni ragionevole dubbio, che le mancava un venerdì. Anzi, dovevano mancarle almeno tutti i giorni dispari della settimana.
Però, pensandoci meglio, i conti non tornavano ugualmente. Perché, se era davvero così, come faceva a cavarsela da sola, a centinaia di chilometri di distanza dalla città in cui era nata e vissuta? Cercò di ritornare con la memoria al momento del loro primo incontro, ma scoprì che ne aveva un ricordo molto confuso. Strano, perché di solito quelle cose se le ricordava bene. Chissà poi da chi aveva avuto notizia della stanza? Dopotutto non è che avesse fatto una grande pubblicità: doveva andarci cauta, perché quella stanza in particolare l’affittava in nero. Pagava già abbastanza tasse sull’altro dei due appartamenti che aveva ereditato, per i suoi gusti.
Certo, un minimo di dialogo in quell’occasione l'avevano di certo avuto e se già allora la ragazza era così strana, avrebbe dovuto accorgersene. Scosse la testa, non sapeva proprio cosa pensare ma, se avesse continuato a farsi tutte quelle domande, era certa che le sarebbe venuto il mal di testa. Riportò così tutta la sua attenzione su Alessandra e cominciò a scrutarla, approfittando della sua immobilità.
A prima vista non aveva nulla che non andasse, osservò. Aveva un aspetto curato (troppo curato per una che usava così poco il bagno di casa) ed era decisamente carina con quella sua criniera bionda, i grandi occhi chiari e il nasino all’insù: venti centimetri in più di altezza e avrebbe potuto tranquillamente proporsi come modella per le sfilate di moda. Con il pigiama indosso, sembrava quasi una bambola di porcellana. Ai piedi, notò infine Luisa, stava vestendo dei calzini antiscivolo color carne e per quello in un primo momento aveva creduto che fosse scalza.

(Il dedalo delle storie, 4 settembre 2011)

>> pagina 12

Commenti

  1. Mmm... il particolare più inquietante nella descrizione di Alessandra, a parte la levigata perfezione, è quello dei calzini antiscivolo. Sembra davvero un po' troppo perfetta, ma con un che di infantile.

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    1. Quella che descrivi è proprio l'idea di lei che cercavo di dare. Mi fa piacere che sia sortito l'effetto voluto :)

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