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Solve et Coagula - Nota al Capitolo 1 /1




Solve et Coagula è stato un vero e proprio imprevisto sul mio cammino di storyteller. Quando infatti ho deciso di accettare la “sfida” lanciata da Romina Tamerici lo scorso agosto con il suo blog Il dedalo delle storie, non avevo nessuna idea di come l’avrei affrontata. Sapevo solo che il breve incipit da cui tutte le possibili strade del labirinto dovevano diramarsi in qualche modo mi risuonava: seppure con parole diverse e in forma più condensata, era più o meno lo stesso incipit da cui aveva preso il via l’altra mia opera in corso di realizzazione, L’Estate dei Fiori Artici. In entrambi i casi si parte da una situazione di stallo in cui, per dirla crudamente, o si cambia o si muore.
Volevo tuttavia realizzare, allo stesso tempo, qualcosa di abbastanza diverso e soprattutto di molto meno legato alla dimensione autobiografica. Così, per eliminare in partenza ogni rischio di ricaduta, ho deciso di scrivere stavolta in terza persona anziché in prima e che il protagonista principale della storia doveva essere femmina. Ed è nata Luisa. In quanto al genere narrativo, a definirlo sarebbe stata la storia stessa nel corso del suo svolgimento.
Ma la sfida per me più decisiva è stata sicuramente quella di dovermi adattare a una metodologia di scrittura molto diversa da quella a cui mi ero attenuto finora. Vale a dire adattarmi a eliminare, o comunque ridurre di molto, la serie di passaggi che si frappongono tra l’impulso creativo immediato e il prodotto finito. Mi è del resto difficile immaginare l’esistenza di un qualsiasi autore che, di sua iniziativa, produca un romanzo a porzioni di 500 parole impedendosi poi di intervenire su queste stesse parti a posteriori, in base al seguito del romanzo. Eppure è esattamente questo a cui ti “costringe” il Dedalo (salvo che non si adottino altre procedure come, per esempio, spezzettare qualcosa di già scritto in precedenza in tante parti di 500 parole). Ed è una sfida affascinante oltre che un’ottima palestra di scrittura che mi sento di consigliare a qualsiasi scrittore o aspirante tale.
Naturalmente, questo modo di scrivere è tutt’altro che facile e ha degli “effetti collaterali” che si potrebbero facilmente catalogare come difetti. Per fare un esempio, in Solve et Coagula solo molto tardi è comparso il nome della città in cui si svolge la vicenda: Firenze (la città dove abito). Probabilmente, se avessi scritto il romanzo nel modo tradizionale questo particolare sarebbe comparso nel testo fin dall’inizio o quasi. E la stessa cosa vale per le descrizioni fisiche dei personaggi: sappiamo molto, per esempio, dell’aspetto di Alessandra (l’inquilina) e qualcosa di Fabrizio, ma niente di Luisa e Giulia che pure compaiono nella storia per prime.
Il titolo stesso l’ho deciso solo in una fase avanzata della storia (ma questo è sicuramente già più normale che accada), vicino alla fine del secondo capitolo. Racconterò a breve nel dettaglio la sua genesi, nella Nota dedicata.
Va poi detto che Solve et Coagula continua ad apparire tuttora su Il dedalo delle storie, dove la storia consiste attualmente di 59 post pubblicati. Questa sul mio blog si potrebbe perciò definire una “ristampa”; un po’ come accade per certe collane di albi a fumetti, dove alla prima edizione, che continua indisturbata il suo cammino, si affianca da un certo momento in poi una riedizione dei numeri già pubblicati.
Ma tornando adesso al primo capitolo, del quale ieri ho concluso la "ristampa" su questo blog con la dodicesima puntata, posso dire che oltre a far entrare in scena quasi tutti i protagonisti principali, introduce un paio di temi che faranno poi da filo conduttore a tutta la vicenda: il lupo e le carte dei tarocchi.
Il lupo, in particolare, fa la sua prima apparizione nella veste di Zio Lupo, protagonista della storiella omonima da me pubblicata in appendice alla pagina 8 di Solve et Coagula come anello di una catena di pensieri: trascrizione, in tempo reale, della stessa catena di pensieri che si è creata in me nel momento in cui mi sono calato nei panni di Luisa. Così che si può dire che io sia stato colto altrettanto di sorpresa di lei dal nuovo avvento di Zio Lupo.
Ora squilla il telefono e all’altro capo c’è una voce maschile che mi invita a un appuntamento al buio, ecco che ora bussano alla mia porta e mi consegnano un pacco misterioso, o magari adesso scende Zio Lupo dal camino, pensava [Luisa]. Fu colta di sorpresa dallo strano pensiero.

Ma la fiaba di Zio Lupo era anche apparsa, molto tempo prima, nel secondo volume enciclopedia per ragazzi I quindici, Racconti e fiabe, accompagnata dalle due illustrazioni di questa pagina. Ed è innegabile che sia qui entrato in gioco un primo elemento autobiografico, come mostrerò nella seconda parte di questa Nota che pubblicherò a breve.




Commenti

  1. Ok, Ivano quindi mi stai dicendo che riparti da zero con la tua storia!?! Ho capito bene, per cui ti posso seguire dal tuo blog :)
    Sai che hai ragione a dire che scrivere in soli tranci di 500 caratteri è un vero e proprio esercizio di stile. Non ho compreso molto bene a quali effetti collaterali tu ti stia riferendo, ma immagino di volta in volta ce ne svelerai qualcuno.. Sono curiosa!!! :) Anche su Twitter che costringe a scrivere in 140 caratteri, inizialmente è difficile, ti crea un problema di sintesi..! E' molto affascinante il progetto di Romina, è una ragazza in gamba! Sono andata anche a vedere l'immagine di Zio Lupo e volendo potrei anche sfogliarmi il libro in diretta!!! Eheh.. ok allora a presto!

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    1. Proprio così, Ximi. E' la stessa storia che ho pubblicato nel Dedalo delle storie di Romina e mantengo anche lo stesso schema di pubblicazione. La differenza con il Dedalo è che qui non sono previste diramazioni a opera di terzi. Comunque si tratta in questo caso di 500 parole. E' Commen500 il blog dedicato ai mini racconti di soli 500 caratteri.
      Per "effetti collaterali" intendo, oltre a quelli che ho descritto nel post, anche eventuali incongruenze nella storia che possano derivarle dall'essere in gran parte frutto di improvvisazione. Per ora (sto scrivendo il 60° post) mi sembra di essere stato in grado di mantenere un sufficiente grado di coerenza. In ogni caso c'è chi mi ha detto che è proprio il senso di improvvisazione che ne trapela a conferire alla storia una vivacità e una freschezza che manca a testi più meditati, sottoposti magari a un gran numero di revisioni.
      Concordo poi in pieno con il tuo giudizio su Romina e sul Dedalo.
      In quanto a Zio Lupo, la seconda e la terza parte di questo lungo commento al Capitolo uno, sono un vero e proprio amarcord su "I Quindici".
      Grazie mille per il tuo commento, Ximi! E a presto risentirci o qui o sul tuo blog!

      P.S. Cosa intendi dire con: "sfogliarmi il libro in diretta"?

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  2. Molto interessanti anche le postille a questa prima parte della blog novel. Ma hai già in mente una conclusione, o è proprio tutto derivato da una quasi improvvisazione?

    Capisco benissimo gli effetti collaterali che citi. Io non credo sarei in grado di sottopormi a un lavoro del genere (lo ripeto a rischio di stufare), anche per una forma mentis mia. Opporrei resistenza a un mancato controllo dell'intero materiale, e a non poter sottoporre la storia alle revisioni in senso tradizionale. E' ovvio che in una stesura del genere bisogna lasciarsi un po' andare... o sbaglio?

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    1. Mi son riletto la nota per poterti rispondere...
      Dunque, posso dirti che per la conclusione ho qualche idea in mente ma niente di così definito. So che mi piacerebbe terminare senza dissipare completamente l'alone di mistero, evitando però allo stesso tempo un finale troppo aperto.

      Sul lasciarsi andare posso dirti che è fondamentale e che gli effetti possono essere davvero sorprendenti.
      Ti lascio questo aneddoto, che è solo uno dei tanti che mi sono accaduti nel corso della scrittura della blog novel:
      Quando ho dovuto trasportare Massimo (il padre di Luisa) dalla spiaggia di Dunwich a un ospedale, all'inizio della seconda parte, ho scelto un ospedale di Edmunds St Bury, mentre sarebbe stato mille volte più logico, per varie ragioni, sceglierne uno di Ipswich.
      Poi, alcune pagine dopo, ho dovuto cercare un posto dove collocare la casa di Paula Susi, e allora, nello studiare la cartina del Suffolk, mi sono accorto che proprio a metà strada tra Dunwich e Edmunds St Bury esisteva un posto chiamato Woolpit, il cui toponimo deriva da "wolf", cioè dal lupo. E Paula Susi ha moltissimo a che fare con questo animale. Ho quindi capito perché la mia scelta era caduta inconsciamente su Edmunds St Bury e non su Ipswich.

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    2. Grazie per la risposta! Penso che avere un'idea anche approssimativa del finale sia importante in un esperimento del genere. A meno di non ispirarsi all'otto simbolo dell'infinito. :-)

      L'aneddoto che mi hai scritto a proposito del lasciarsi andare non mi stupisce. In minima parte, è quello che succede in ogni operazione di scrittura che sia minimamente tale. Più vai a fondo, più tiri fuori elementi e più si mettono in movimento quelle che io chiamo "griglie spirituali", come gli scambi delle rotaie ferroviarie.

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