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Solve et Coagula - pagina 8



Capitolo 1 - parte 8

Era stata una serata ben strana. Mentre saliva le otto rampe di scale che portavano al suo appartamento Luisa ripensò a Giulia, che dopo aver assistito a una conferenza tutta dedicata a simboli e analogie interpretava in senso letterale il messaggio che Eva Luna le aveva riservato. Ma ripensò soprattutto a quello che era capitato a lei: ritrovarsi a essere la consorte, per quanto immaginaria, di un imperatore che aveva tutta l’aria di fare lo spazzacamino di lavoro non era certo il massimo della vita. Oppure lavorava nelle pompe funebri? L’aria a beccamorto ce l’aveva proprio… Per un attimo sorrise all’idea, poi però si vergognò un po’ dei suoi stessi pensieri: magari era un bravissimo ragazzo e in fin dei conti era stato vittima della situazione al pari di lei. Si augurò comunque lo stesso di non trovarselo mai più davanti in vita sua.
Quando finalmente arrivò davanti alla porta dell’appartamento, infilò la chiave nella serratura e la girò. Un solo scatto: significava che Alessandra era rientrata prima di lei. Non che facesse molta differenza in realtà, perché si chiedeva spesso se non avesse per caso affittato la stanza a un fantasma. Erano quasi due anni che coabitavano, eppure non poteva dire di conoscere la sua inquilina molto meglio del primo giorno. Sapeva solo che veniva da un paese della Basilicata, che aveva un’età compresa tra i venti e i ventiquattro anni e che studiava violoncello al conservatorio.
Con lei era impossibile dar vita a un qualsiasi dialogo. Quando si incrociavano nell’appartamento, Alessandra era sempre di passaggio da una stanza a un’altra e si salutavano e basta. Solo in rari casi era successo che l’avesse invitata a una delle sue esibizioni musicali, ma era sufficiente che Luisa accennasse a un minimo segno di diniego perché la cosa finisse lì.
Tra le altre cose, Luisa si chiedeva anche se la sua inquilina fosse o no provvista di un apparato urinario o di un tubo digerente: non la vedeva mai usare il bagno e in cucina entrava solo per bere dal frigo alcuni sorsi di succo di frutta. Poi, naturalmente, spariva di nuovo. Se e quando cucinasse e mangiasse era un totale mistero… di notte mentre lei dormiva, forse?
Per non parlare della musica: Luisa aveva mai udito un suono provenire da oltre la porta, perennemente chiusa, di quella stanza? Alessandra aveva forse insonorizzato la stanza a sua insaputa? Immaginò di aprire un giorno la porta e trovarsi a contemplare quattro pareti interamente rivestite di vaschette portauova.
In compenso, Alessandra pagava ogni mese l’affitto con la puntualità di un orologio svizzero e questo bastava a far sì che Luisa non prendesse mai in nessuna considerazione la possibilità di liberarsi di lei.
Varcata la soglia di casa, Luisa attraversò il lungo ingresso per raggiungere prima il bagno poi la cucina dove bevve dell’acqua. Si sedette quindi al computer nel piccolo studio-soggiorno dove, senza neanche preoccuparsi di controllare la posta, aprì direttamente il file Zio_Lupo.docx e lesse la favola.

C’era una bambina golosa. Un giorno di Carnevale la maestra dice alle bambine: Se siete buone a finire la maglia, vi do le frittelle.
Ma quella bambina non sapeva fare la maglia, e chiese d’andarsene al camerino. Si chiuse là dentro e ci si addormentò. Quando tornò in scuola, le altre bambine si erano mangiate tutte le frittelle. E lei andò a piangere da sua madre e a raccontarle tutta la storia.
 Sta’ buona, poverina. Ti farò io le frittelle – disse la mamma.
Ma la mamma era tanto povera che non aveva nemmeno la padella.
– Va’ da Zio Lupo, a chiedere se ci presta la padella.
 La bambina andò alla casa di Zio Lupo. Bussò: « Bum, bum, ». Chi è? Sono io! Tanti anni, tanti mesi che nessuno batte più a questa porta! Cosa vuoi? Mi manda la mamma, a chiederVi se ci prestate la padella per fare le frittelle. Aspetta che mi metto la camicia.
“Bum, bum”.
 Aspetta che mi metto i mutandoni.
“Bum, bum”.
 Aspetta che mi metto i pantaloni.
“Bum, bum
”.
- Aspetta che mi metto la gabbana.
Finalmente Zio Lupo aperse e le diede la padella.
– Io ve la presto, ma di’ alla mamma, che quando me la restituisce me la mandi piena di frittelle, con una pagnotta di pane e un fiasco di vino.
 Sì, sì, vi porterò tutto.
Quando fu a casa, la mamma le fece tante buone frittelle, e ne lasciò una padellata per Zio Lupo. Prima di sera disse alla bambina:
 Porta le fritelle a Zio Lupo, e questa pagnotta di pane e questo fiasco di vino. La bambina, golosa com’era, per strada cominciò ad annusare le frittelle. Oh che buon profumino! E se ne assaggiassi una.
E una due tre se le mangiò tutte, e per accompagnarle si mangiò tutto il pane e per mandarle giù si bevve anche il vino. Allora per riempire la padella, raccolse per strada delle polpette di somaro. E il fiasco lo riempì d’acqua sporca. E per pane fece una pagnotta con la calcina di un muratore che lavorava per la strada. E quando arrivò da Zio Lupo gli diede tutta questa brutta roba.
Zio Lupo assaggia una frittella.
– Puecc! Ma questa è polpetta di somaro!
Va subito per bere il vino per togliersi il sapore di bocca.
– Puecc! Ma questa è acqua sporca!
Addenta un pezzo di pane e:
 Puecc! Ma questa è calcina!
Guardò la bambina con occhi di fuoco e disse:
 Stanotte ti vengo a mangiare!
La bambina corse a casa da sua mamma:
 Stanotte viene Zio Lupo e mi mangia!
La mamma cominciò a chiudere tutti i buchi della casa perché Zio Lupo non potesse entrare, ma si dimenticò di chiudere il camino.
Quando fu notte e la bambina era già a letto, si sentì la voce di Zio Lupo da fuori.
– Adesso ti mangio! Sono vicino a casa!
Poi si sentì un passo sulle tegole:
 Adesso ti mangio! Sono sul tetto!
Poi si sentì un gran rumore giù per il camino:
 Adesso ti mangio! Sono nel camino! Mamma, mamma c’è il lupo! Nasconditi sotto le coperte! Adesso ti mangio! Sono nel focolare!
La bambina si rincattucciò nel letto, tremando come una foglia.
 Adesso ti mangio! Sono nella stanza!
La bambina trattenne il respiro.
 Adesso ti mangio! Sono ai piedi del letto! Ahm, che ti mangio!
E se la mangiò.
E così Zio Lupo mangia sempre le bambine golose!

(Il dedalo delle storie, Venerdì 23 agosto 2013)

>> pagina 9

Commenti

  1. Mamma mia, che paura! Sai che non conoscevo questa fiaba di Zio Lupo? A presto.

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    1. Eh sì, è piuttosto terrificante. Pensa che io mi ci sono imbattuto a sei anni :O

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  2. Che paura, sì, è persino peggio di Cappuccetto Rosso! Curioso comunque che la punizione delle protagoniste sia sempre collegata all'allontanamento dalla "norma".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' così... mai uscire dal sentiero e metter piede nel bosco.

      Elimina

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