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Solve et Coagula - Nota al capitolo 4: Storia dell'occhio / 1




A Francesca Woodman (1958 - 1981)

Come già è successo per il capitolo terzo, anche stavolta ho deciso di mettere al centro della mia nota un libro. La differenza è che mentre Dio di illusioni di Donna Tartt era espressamente citato nel testo di Solve e Coagula, nel quarto capitolo ho scelto di omaggiare il libro attraverso la descrizione di un incubo vissuto dalla protagonista principale della mia blog novel, Luisa.

Ecco il passo in questione, tratto dalle pagine 43 e 44 di Solve et Coagula:
Luisa si riscosse dalla sua immobilità carica di riflessioni solo nel momento in cui si trovò davanti la sua inquilina, appena uscita dalla cucina. Si aspettava di vederla passare accanto a sé con passo rapido come faceva di solito, invece, stranamente, si fermò. Solo allora si rese conto che la ragazza aveva qualcosa in mano: un piatto con due uova sode sgusciate.
Senza dire niente, Alessandra alzò il piatto all’altezza del suo plesso solare e con la mano libera afferrò una delle uova, se la portò alla bocca e la addentò. Luisa era stupefatta: per la prima volta in due anni, la vedeva mangiare. E la sua sorpresa era destinata a prolungarsi, perché, subito dopo, la ragazza allungò ancora il piatto verso di lei con l’apparente intenzione di offrirle l’altro uovo. Luisa esitò per un breve momento, poi decise di stare al gioco, ma, proprio mentre stava per allungare a sua volta la mano, emerse alla sua vista un dettaglio raccapricciante che le era prima sfuggito: la superficie all’apparenza bianca e lucida dell’uovo era in realtà pervasa di sottili ramificazioni venose che trattenevano ancora il loro sangue. Luisa si rese conto, in poche parole, che quello che aveva sotto gli occhi non era per niente un uovo bensì il testicolo spellato di un grosso animale, forse di un cavallo. Fece per gridare, ma si sentì la gola come paralizzata. In compenso, colpì però il piatto con una mano, facendolo finire rumorosamente in terra e andare in mille pezzi.

Fu a quel punto che Luisa si svegliò, ansimando e con il cuore in gola. Accese la luce dell’abat-jour e si guardò intorno. Il lettore cd era finito sul pavimento e aveva fatto più o meno la stessa fine del piatto del suo sogno. In fondo, si consolò, aveva pur sempre avuto una lunga vita, al di là di ogni sua aspettativa. Avrebbe voluto che la stessa sorte toccasse anche al sogno, ma purtroppo se lo ricordava nitidamente in ogni dettaglio.

Orbene, proprio questa narrazione dell'incubo di Luisa è una mia personale reinterpretazione di un brano de L'histoire de l'oeil (Storia dell’occhio) di Georges Bataille. Di questo, per la precisione:
A proposito di corride, Sir Edmond raccontò un giorno a Simone che ancora di recente era consuetudine di certi spagnoli virili, per lo più toreri dilettanti, di chiedere al custode dell’arena i coglioni grigliati del primo toro. Se li facevano portare al loro posto, in prima fila, e li mangiavano guardando morire il toro successivo. Simone prestò il massimo interesse a quel racconto e poiché la domenica seguente dovevamo assistere alla prima corrida importante dell’anno, chiese a Sir Edmond i coglioni del primo toro. Ma aveva un’esigenza, li voleva crudi.
“Ma” disse Sir Edmond “che cosa vuol farsene di quei coglioni crudi? Non vorrà forse mangiarli crudi?”.
“Li voglio davanti a me, in un piatto” rispose.
[…]
…nel posto in cui doveva sedersi la mia amica, su un piatto giacevano due coglioni nudi; queste ghiandole, della grandezza e della forma di un uovo, erano di un biancore madreperlaceo, rosato di sangue, analogo a quello di un globo oculare.
[…]
Quel che seguì accadde senza transizione, e apparentemente senza nesso, non perché le cose non fossero collegate, ma perché io le vidi come se fossi assente. In pochi istanti vidi con spavento Simone mordere uno dei globi, Granero farsi avanti e mostrare al toro il drappo scarlatto; poi vidi Simone, il sangue alla testa, in un momento di pesante oscenità, denudare la sua fica in cui fece entrare l’altro coglione; vidi Granero travolto, spinto sotto la balaustra, e su quella balaustra le corna di slancio vibrarono tre colpi: un corno trafisse l’occhio destro e la testa. Il clamore inorridito dell’arena coincise con lo spasmo di Simone. Sollevata dalla lastra di pietra, barcollò e cadde, il sole l’accecava, le sanguinava il naso. Alcuni uomini si precipitarono, s’impadronirono di Granero.
Tutta l’arena era in piedi. L’occhio destro del cadavere spenzolava.

* * *


Storia dell'occhio è uno dei capolavori riconosciuti della letteratura erotica ed è anche uno dei miei libri preferiti di sempre.
L'autore, il filosofo francese Georges Bataille, ne redasse quattro diverse versioni; le prime tre sono state pubblicate, tra il 1928 e gli anni '50, con lo pseudonimo di Lord Auch, mentre l'ultima è uscita postuma nel 1967 con il vero nome dell'autore.
Così Bataille spiega, nel suo stile più tipico, la scelta dello pseudonimo:
Il nome Lord Auch si riferisce all’abitudine di un mio amico: quando era irritato non diceva più aux chiottes!, abbreviava, diceva au ch’. Lord in inglese vuol dire Dio (nei testi sacri): Lord Auch è Dio che si mette a suo agio. La vivacità della storiella vieta di appesantirsi: ogni essere trasfigurato da un tale luogo; che Dio si cali là dentro ringiovanisce il cielo.

La storia ha inoltre una prefazione (ma anche l'apparente progetto di un seguito, mai realizzato):
Avevo scritto , un anno prima della Storia dell’occhio, un libro intitolato WC: un piccolo libro, un po’ da scrittore pazzo. WC era lugubre, quanto Storia dell’occhio è pieno di giovinezza. Il manoscritto di WC è bruciato, non lo rimpiango, nella mia tristezza attuale: era un grido d’orrore (orrore di me, non della mia lussuria, ma della faccia da filosofo in cui da allora… che tristezza!). Resto soddisfatto, al contrario, della gioia folgorante dell’ Occhio: niente può cancellarla.*

* * *


Francesca Woodman, Untitled. Providence, RI; 1975-76
“Gioia folgorante”… Non meraviglia che Bataille si sia prodigato tanto intorno a questo libro se per lui rappresentò veramente, come tutto lascia pensare, una sorta di culmine mai più raggiunto. In effetti, come vedremo, questo breve scritto è un po' una summa anticipata (e trasfigurata) di tutta la sua filosofia a venire.
La vicenda che vi è descritta è narrata dal punto di vista del principale protagonista maschile, e alter ego dell'autore, e inizia dal momento del suo incontro con la bella Simone.
Ecco l'incipit del libro, che proietta immediatamente il lettore nel cuore della vicenda, com'è rispettivamente nella prima e nell'ultima delle sue quattro edizioni:
Sono stato allevato in profonda solitudine e, fin dove posso ricordare, ero angosciato da tutto ciò che è sessuale. Avevo quasi sedici anni quando incontrai una fanciulla della mia età, Simone, sulla spiaggia di X. Le nostre famiglie erano imparentate alla lontana, i nostri rapporti ne furono affrettati. Tre giorni dopo esserci conosciuti, Simone e io ci ritrovammo nella sua villa, soli. Indossava un grembiule nero con un colletto bianco inamidato. Incominciavo a rendermi conto che lei condivideva l'ansia che provavo vedendola, ansia accentuata quel giorno dalla speranza che, sotto quel grembiule, fosse completamente nuda. (1928)
Sono stato allevato in solitudine e, fin dove posso ricordare, ero ansioso di cose sessuali. Avevo quasi sedici anni quando incontrai una fanciulla della mia età, Simone, sulla spiaggia di X... Le nostre famiglie erano imparentate alla lontana, i nostri rapporti ne furono affrettati. Tre giorni dopo esserci conosciuti, Simone e io eravamo nella sua villa, soli. Indossava un grembiule nero e aveva un colletto inamidato. Incominciavo a intuire che condivideva la mia stessa angoscia, tanto più intensa quel giorno perché sembrava nuda sotto il suo grembiule. (1967)

Poi, appena una pagina dopo, il narratore rivive un successivo episodio di cui lui e Simone sono stati protagonisti. E questa rievocazione gli permette di offrire al lettore, in uno stesso paragrafo, una descrizione di Simone, una definizione di ciò che è implicato a livello profondo nella loro relazione, e un chiaro indizio della linea guida su cui sarà destinata a svilupparsi tutta la vicenda:
Ricordo un giorno in cui con un'auto lanciata a piena velocità investimmo una ciclista che doveva essere giovanissima e molto carina: le ruote le avevano quasi tranciato il collo. Restammo a lungo a qualche metro di distanza, senza scendere, a guardare la morta. L'impressione di orrore e disperazione provocata da quelle carni sanguinolente, nauseanti, e al tempo stesso bellissime, è pressoché simile a quella che solitamente proviamo nel vederci. Simone è alta e bella. Di solito è semplicissima: nulla di disperante in lei, né nello sguardo né nella voce. Eppure, nella sfera sensuale, è così violentemente avida di tutto ciò che può sconvolgerla che anche il più impercettibile richiamo dei sensi conferisce d'un tratto al suo viso un'espressione che immediatamente evoca tutto ciò che è legato alla sessualità profonda, ad esempio sangue, soffocamento, terrore improvviso, crimine, insomma tutto ciò che inesorabilmente distrugge la serenità e l'onestà umane. (1928)
Ricordo un giorno in cui andavamo veloci in auto. Investii una ciclista giovane e carina, il cui collo fu quasi tranciato dalle ruote. L'abbiamo guardata a lungo, morta. L'orrore e la disperazione che si sprigionavano da quelle carni al tempo stesso nauseanti e delicate evocano il sentimento che proviamo in genere nel vederci. Simone è solitamente semplice. Simone è alta e bella; nulla di esasperante né nello sguardo né nella voce. Ma è così avida di quel che sconvolge i sensi che il minimo richiamo conferisce al suo viso un'espressione che evoca il sangue, il terrore improvviso, il crimine, tutto ciò che inesorabilmente manda in rovina la beatitudine e la buona coscienza. (1967)

* * *


Questo mio procedere su due binari potrà apparire a prima vista ridondante, ma non è affatto così. Non a caso la ES, la casa editrice che ha pubblicato l'edizione italiana più recente dell'opera, ha scelto di presentare in uno stesso volume della sua Biblioteca dell'eros entrambe le edizioni del 1928 e del 1967.
Una scelta che è ben lungi dall'essere un puro esercizio di filologia letteraria, poiché permette al lettore di rendersi conto di una caratteristica del procedimento apparentemente seguito da Bataille nella sua progressiva revisione dell'opera: un lavoro di spoliazione, o spolpamento, a cui lo scrittore sottopone un testo già esile in partenza. Ed è un dettaglio questo che non sorprenderà certo chi già conosce qualcosa della produzione filosofica di Bataille, soprattutto L'esperienza interiore, costantemente tesa com'è a raggiungere quel limite oltre il quale possono esistere solo o il silenzio o la perdita di senso.

E se entrambe le edizioni consistono di tredici capitoli, tutti i capitoli dell'edizione postuma del 1967 risultano, a conti fatti, di lunghezza minore rispetto alla prima del 1928. Non è forse così evidente dal confronto fra i due incipit, ma lo è sicuramente se si paragonano tra loro le versioni del secondo dei due brani che ho scelto di estrapolare dal romanzo, quello della descrizione dell'incidente.
Ho inoltre già accennato, sempre a proposito di questo secondo brano, della presenza nel suo finale di un chiaro indizio riguardo allo svolgimento futuro della storia, che ha a che fare proprio con "il sangue, il terrore improvviso, il crimine"... con tutto ciò, insomma, "che inesorabilmente manda in rovina la beatitudine e la buona coscienza". (Come già ho fatto qui, userò d'ora in poi unicamente, per le mie citazioni di brani, l'edizione del 1967).
Ma a questo punto qualcuno potrebbe anche chiedersi, molto lecitamente: Cosa ha a che vedere tutto questo con la "gioia folgorante" di cui parlava in precedenza l'autore?
All'apparenza niente, ma in realtà molto. Come proverò a dimostrare nel prossimo post.


Francesca Woodman Space 2, Providence, 1976.


* * *

Note e crediti

Tutte le citazioni sono tratte, se non diversamente indicato, da: Georges Bataille, Storia dell'occhio. ES; Milano 2005. Traduzione di Luca Tognoli.

* Da: WC-introduzione alla Storia dell'occhio è tratta da: Georges Bataille, Tutti i romanzi. Bollati Boringhieri; Torino 1992. Curato da Guido Neri.

L'immagine di apertura del post è: Francesca Woodman, Untitled. 
Boulder, CO; 1972-75.



Commenti

  1. Davvero interessante questa duplice versione del "La storia dell'occhio". Un libro senz'altro da recuperare. Mi piacerebbe tra l'altro capire quanto ha inciso la traduzione sulle due differenti versioni.
    P.S.: Oltremodo interessante leggere della genesi di Solve et Coagula. Ottimo! Continua così!

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    1. Entrambe le versioni, 1928 e 1967, che ho usato nel post sono opera dello stesso traduttore, quindi le differenze sono da attribuire agli scritti originali di Bataille e non alla traduzione italiana.
      Grazie mille per l'apprezzamento della "genesi" :))

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  2. Quando pubblicherai Solve et coagula (tra l'altro ho scoperto che era il "motto" degli alchimisti) inserirei anche queste note ai capitoli?

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    1. Pensavo di sì, Marco, di integrare anche le note. Comunque ce ne è ancora di tempo prima della pubblicazione...

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  3. Finalmente un autore erotico le cui pagine non facciano scompisciare dalle risate. Secondo me la letteratura erotica è uno dei generi più difficili in assoluto da trattare.

    Molto interessante e significativo anche il lavoro di sottrazione sul testo eseguito dall'autore; significativo in quanto constato sempre di più che si inizia a scrivere in maniera abbondante e poi, con l'età e l'esperienza, si toglie, si lima e si cesella.

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    1. Ne La storia dell'occhio l'erotismo, nella sua ricercata esagerazione, finisce con l'assumere una connotazione quasi astratta, sganciata dalla dimensione della realtà quotidiana. E credo che anche il lavoro di riduzione operato da Bataille vada inteso nel senso di una crescente astrazione. Arrivare all'essenziale del dicibile, il limite oltre il quale non c'è più discorso.

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