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The Pleasure of Pain II - Sul sadismo inconscio delle masse: una riflessione [Alessia H. V.]




* * *


Alessia H. V., Shattered, ink on paper, 2018
Eye on the TV
‘Cause tragedy thrills me
Whatever flavour It happens to be like¹
***
La folla, quando il corpo cessò di dibattersi, andò via.²
***

Ogni giorno ingurgitiamo una quantità immane di informazioni.
Notizie di cronaca, sportive, gossip di vario genere ottenebrano le nostre capacità mentali ed intellettive sostituendosi a momenti di silenzio e a vuoti necessari alla riflessione e alla costruzione personale.
La massiccia presenza dei media nelle nostre vite non è più una novità dagli anni ‘50 circa e neanche la dipendenza da essi riguardo le questioni impalpabili che regolano e interessano il mondo al di fuori di casa nostra; ne ha parlato e denunciato Orwell in 1984, profetizzando quella manipolazione dell’informazione cui oggi, suppongo personalissimamente, siamo perennemente abituati: alleanze, accordi sul nucleare, emergenze umanitarie costituiscono fra le basi più consistenti di quella che viene definita sicurezza mondiale, ma che in realtà risulta un concetto molto più astratto e virtuale di quello che crediamo. Non lo possediamo, non lo viviamo nel nostro quotidiano e semplicemente ci fidiamo di quello che ci viene detto e testimoniato attraverso reportage e interviste di cui non discutiamo la natura veritiera.
Fra le informazioni di cui veniamo nutriti, in particolar modo attraggono la nostra attenzione quelle in cui la vita di terzi è messa a repentaglio. Sentiamo la tensione dell’essere appesi ad un filo, seguiamo come ‘grandi fratelli’ ciò che accadrà al tizio o al caio che, dall’altra parte del mondo, sta lottando per la sopravvivenza ed il tutto comodamente seduti sul nostro divano, pronti a cambiare canale quando il livello di attenzione si satura. Questa fagocitazione continua alimenta un sentimento di tipo nevrotico, ci rende sensibili all’argomento trattato e partecipi agli eventi, ma uno spettro si annida dietro questo slancio di ritrovata filantropia, un fantasma che porta le sembianze del suo totale opposto, ovvero una forma sottile ed inconscia di sadismo, un atteggiamento sociale che, se ci si riflette attentamente, si nota come non sia cosa nuova.
That’s my kind of story // It’s no fun ‘til someone dies.³

Pensiamo, ad esempio, agli spettatori dei giochi del Colosseo, a quella brama di sangue, di scontro, quella voglia viscerale di veder qualcuno morire davanti ai propri occhi o, ancor peggio, di assaporare con gusto malsano l’idea che la vita di quello stesso individuo possa dipendere dalla volontà di un altro più potente e fortunato, o alle persecuzioni dei martiri con annesse torture cui sarà diretta discendente la caccia alle streghe, l’esecuzione di povere donne il più delle volte ignare ed innocenti delle accuse a loro mosse; accadimenti che lo stesso Nietzsche, durante il suo discorrere nell’ampio trattato ‘Al di là del bene e del male’, osserva dicendo che:
Ciò che il romano si gode nell’arena, il cristiano nell’estasi della croce, lo spagnolo al cospetto di auto-da-fé e corride, il giapponese di oggi nel mentre s’accalca per assistere alla tragedia, l’operaio dei sobborghi parigini mentre sente nostalgia delle rivoluzioni sanguinarie, la wagneriana che sospende la sua volontà per lasciare che Tristano e Isotta si ‘perdano’ dentro di lei , - quello in cui tutti costoro godono, e che con ardore minuziosamente dissimulato cercano di suggere fin nelle viscere, sono i filtri speziati della gran Circe: la crudeltà.⁴


Alessia H. V., Death is in the eye of the beholder, digital painting, 2018


Il gusto del sangue, della violenza osservata indirettamente da puri spettatori appare quindi connaturata all’essere umano, soprattutto se osservato come fenomeno di massa, cioè riguardante effettivamente le moltitudini dei popoli. Ma cosa è che potrebbe spingere gli individui a sfamare questo desiderio? Cosa alimenta questa innata crudeltà? Sarà forse causa di istinti repressi che creano una forma di aggressività che, non potendo trovare sfogo sul piano pratico, si appoggia su altri canali e, così facendo, illusoriamente si libera?
Seguendo un’analisi che Georges Bataille conduce sulla figura e letteratura di Sade è possibile giungere ad alcune riflessioni che riguardano principalmente il concetto di uno scatenamento di impulsi (o volontà insoddisfatta di questo scatenamento) posto in contrapposizione ad una chiara coscienza che ne costituisce e pone il limite:
Lo spirito umano non ha mai cessato di obbedire all’esigenza che porta al sadismo: ma ciò avveniva furtivamente, nella tenebra che nasce dall’incompatibilità fra la violenza, che è cieca, e la lucidità della coscienza. La frenesia allontanava la coscienza. Da parte sua la coscienza, nella condanna angosciosa, negava e ignorava il senso della frenesia.⁵

Alessia H. V.
Demons: the Devoured, digital painting, 2018
Da questa contraddizione, questa continua lotta, si sviluppa un’attrazione sensuale, un desiderio di tipo sessuale che cerca la propria soddisfazione nella tragedia, nella violenza e nella morte, e mentre nel sadismo propriamente detto il tutto si attua nell’esecuzione di questa pulsione, il compimento pratico del desiderio, nella società contemporanea e nella società di sempre in senso esteso, governata non solo da una coscienza individuale ma anche da una coscienza collettiva, ci si è concessi di sublimare l’impossibilità dello scatenamento diretto nella forma indiretta dell’osservazione, mascherandola da partecipazione morale.

‘Cause I need to watch things die,
- From a distance -
Vicariously I live while the whole world dies
Much better you than I.

E forse proprio i Tool in uno dei loro pezzi più celebri (il quale ha accompagnato tutta la trattazione), Vicarious, riassumono il punto dichiarando che ‘We all feed on tragedy. It’s like a blood to a vampire’ e non importa di quale natura sia la tragedia di cui ci stiamo nutrendo: abbiamo bisogno di arrabbiarci con qualcosa, di inorridire per qualcosa, di bere sangue sempre nuovo, di essere attratti dal male, quel male che ormai risiede ovunque e che viene alimentato costantemente e vive di vita propria ogni qual volta si assiste allo sbandieramento ossessivo di un fatto.
Per concludere, quindi, cosa c’entra allora l’informazione tutta, la sua manipolazione e la sua onnipresenza nella nostra quotidianità? C’entra perché si può far leva sulle pulsioni e lo scatenamento simile ad un coito interrotto degli individui, perché si può giocare su di una debolezza inconscia, un’insicurezza alla quale dare una forma, una struttura esterna, che paia solida e consistente allo scopo di creare un’opinione pubblica molto più fittizia di quello che si crede.

***

¹٬³ Tool, Vicarious (10,000 Days, 2006).
² Italo Calvino, Il barone rampante, cap. XII, pag. 109, Mondadori.
 Friedrich W. Nietzsche, Al di là del bene e del male, cap. VII, pag. 178, Rusconi.
 Georges Bataille, La letteratura e il male, cap. V, pp. 97-115, SE.


* * *


Con questa bellissima riflessione che avete appena letto, e con cui Alessia dimostra ancora una volta la capacità di trovarsi a proprio agio tanto nella parola scritta quanto nella rappresentazione grafica e pittorica (che è il suo principale campo di attività creativa), si conclude la prima metà del progetto The Pleasure of Pain II. Otto post per venti giorni: è questa la formula che si è alla fine imposta per il mese di ottobre e che si replicherà in modo speculare nel mese di novembre. Fin da lunedì 5, giorno in cui, salvo imprevisti, apparirà il seguito del mio post di inizio dello Speciale: Dal sadismo a Sade.

Su altre due cose mi preme inoltre porre l'accento in questa postfazione. La prima è che delle tre immagini del post, quella con il teschio verde che risalta al centro è stata da lei appositamente realizzata per questo Speciale, cosa di cui posso solo sentirmi onorato. Le altre due immagini sono state invece da lei scelte tra quelle già apparse sul suo blog, Alessia H.V., che vi invito senz'altro a visitare, così come vi invito a leggere, se non lo avete ancora fatto, il suo intervento nella prima parte di The Pleasure of Pain sul sacrificio umano e l’autosacrificio nella cultura azteca: Una storia mesoamericana. La seconda cosa che mi piace sottolineare è invece la coincidenza della presenza, qui come nel mio post di apertura di questo Speciale, di una citazione da uno stesso libro: La letteratura e il male di Georges Bataille, autore che può essere considerato uno dei più diretti discendenti letterari del Marchese de Sade, oltre che uno dei maggiori interpreti del suo pensiero. L'estratto scelto da Alessia mostra tra l'altro bene come Bataille abbia fatto suo il concetto del dualismo apollineo/dionisiaco elaborato da Nietzsche (non a caso, un altro autore debitore di Sade che appare citato in questo post), con il contrapporre tra loro la chiara coscienza e la frenesia. Ma vale anche la pena chiarire a questo punto, a proposito del titolo del libro, che la nozione di Male in Bataille non corrisponde che in modo approssimativo a quella intesa in genere nel linguaggio comune. Nel termine "Male" Bataille racchiude in realtà tutto ciò che è esuberante e trasgressivo rispetto a quell'insieme di valori "costruttivi" che la società racchiude sotto l'ombrello del "Bene" e a cui conferisce un valore normativo. Esempi di Male sono così il superfluo del gioco contrapposto all'utilità del lavoro; la dispersione di sé nell'eterno presente in opposizione al senso di scopo e alla progettualità proiettata nel futuro; lo scatenamento e la fusione dell'estasi opposti alla delimitazione dei confini dell'io sociale. Sono queste tutte "norme" dell'età dell'infanzia che diventano possibili armi della trasgressione una volta che, nell'età adulta, sono sottoposte al vaglio della coscienza riflessiva. L'interdizione è il modo in cui la società ne limita l'influenza e se ne difende garantendosi la propria sopravvivenza. In quanto alla letteratura, ogni volta che parla con la propria voce essenziale (e "la letteratura è essenzialità o non è niente"), essa rappresenta per Bataille "il sospirato ritrovamento dell'infanzia". E poiché è una forma acuta del Male ciò che vi si esprime, La letteratura non può infine che dichiararsi "colpevole".

[I. L.]

Commenti

  1. Ringrazio ancora nuovamente tutti per avermi fatta parte di questo grandissimo progetto.
    È come se abbia un po’ vissuto insieme a noi durante questi mesi e, di sicuro, ne sentirò la mancanza quando sarà finito. Abbiamo creato tutti insieme qualcosa di bello (nonostante il tema possa incutere altri tipi di emozioni probabilmente) ed è questa l’emozione principale che mi rimane dal lavoro svolto: dopo anni di commenti, guest post, va e vieni siamo stati una squadra. Questo mi sento di condividere e di sottolineare.
    Grazie per le parole, per l’occasione e per la fiducia!

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    1. Grazie mille a te Alessia! Il tuo intervento l'ho già commentato nella mia postfazione e non sto a ripetermi, ma la tua presenza in questo Speciale ha sicuramente contribuito non poco a renderlo quell'esperienza di bellezza che hai giustamente evidenziato che è a dispetto delle premesse evocate dal tema.

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  2. Complimenti ad Alessia per il post e naturalmente per le immagini. Quella con il teschio verde poi, che leggo essere stata preparata apposta per lo speciale, è particolarmente bella. Non saprei dire bene perché, ma al di là del soggetto trovo che abbia una qualità tipicamente femminile (e lo intendo come complimento, ovvio ^^). Questo però è anche l'articolo più difficile da commentare tra quelli letti finora. Forse perché commentarlo vuol dire rivelare qualcosa di se stessi, perché nessuno è immune da quel lato oscuro di cui tanto si parla nel post. Forse lasciar sfogare questo istinto voyeuristico, questo nostro innato sadismo in forme il più possibile innocue è davvero l'unico antidoto contro l'esplodere della violenza e del caos nella società. Come scrive Alessia la curiosità morbosa si traveste oggi da finta pietà, la gogna è diventata mediatica... Concludo con una citazione da una canzone dei Nevermore che mi sembra abbastanza calzante - e scusate per il commento un po' inconcludente: "The media loves the latest tragic suicide, they exploit it, then package it and profit from the people who die" (Final product).

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    1. Non lo trovo affatto inconcludente, anzi. La citazione finale riassume e completa il discorso che ho cercato di portare avanti e ti ringrazio infinitamente per averla condivisa.
      Grazie di tutto, per il tempo, la riflessione ed i complimenti.

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    2. Il disegno con il teschio verde è enigmatico e inquietante. Il teschio non sembra dotato di particolari capacità offensive eppure ha ugualmente un'aria poco rassicurante.

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  3. Bella riflessione ed ancora più belle immagini (che ovviamente userò presto) ;)

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    1. Naturalmente, Nick, per quella del teschio verde i diritti di riproduzione sono salati ;-D

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    2. Grazie Nick, come al solito hai il via libera!

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  4. Complimenti a Alessia per la sua bravura come disegnatrice e per la sua capacità di analisi che condivido in pieno. Più ancora che nei tiggì, questa morbosità verso il sangue la vedo in programmi come "Quarto grado", squallido ma ahimè riuscito tentativo di creare un voyeurismo della violenza e della morte con spettatori che si giustificano dicendo che vogliono solo "tenersi informati" sui fatti di cronaca nera...

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    1. Finché non uscirà un programma ad hoc denominato Quinto Grado che farà diretta concorrenza ai Mondo Movies del passato...

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    2. Intanto ti ringrazio Ariano e poi concordo sul fatto che siamo circondati da cose del genere, basta vedere anche solo i palinsesti di alcune reti che sono pieni, stracolmi, di programmi che hanno come tematica la disgrazia altrui, di qualsiasi tipo sia. Si drammatizza tutto rendendolo show.

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  5. "Se uno dei tuoi compagni ti offendesse, tu non saresti felice di ucciderlo? - Ma è proibito! - Non quanto credi. Si tratta solo di non lasciarsi arrestare. La giustizia espressa dalle leggi vale niente; ciò che conta è la giurisprudenza dell’offeso."
    Nel citare nuovamente Maldoror, un passaggio che mi sembra perfettamente centrato in questo contesto, mi vine da dire che in realtà non non abbiamo bisogno di arrabbiarci con qualcosa, di inorridire per qualcosa, di bere sangue sempre nuovo, di essere attratti dal male...
    Noi siamo già arrabbiati, già inorriditi, già assetati di sangue, già attratti dal male. La malvagità è il più grande istinto dell'essere umano, particolare che ci differenzia da tutte le altre specie, nelle quali l'impulso sessuale prevale su ogni cosa. Se non arriviamo fino in fondo, come suggeriva Lautreamont, è solo perché temiano che qualcun altro arrivi in fondo con noi (e forse anche perché inconsciamente ci ricordiamo del tragico cammino di Raskòl'nikov).

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    1. Questo post di Alessia sta suscitando una serie di commenti mica male. Direi che ha centrato il bersaglio ;-)

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    2. Ma sai, secondo me, da cosa deriva tutto questo? Dalla creazione della società, della moralità.
      Di per sé queste cose non sono un male, perché servono a creare un ordine, però in molti casi hanno ristretto il raggio di azione degli individui con dei provvedimenti e delle proibizioni fin troppo restrittivi e innaturali. Il che non vuol dire andare in giro ad uccidere la gente e fare liberamente del male, questo MAI perché abbiamo la ragione che ci permette di comprendere che possiamo non farlo, però si dovrebbe trovare un modo per far sì che ci si liberi di tante inutili imposizioni. Il segreto, credo, sta tutto nel comprendere cosa vuol dire essere liberi.

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  6. Ciao Alessia.
    Interessante riflessione sulla quale mi trovo quasi completamente in disaccordo.
    Non vedo i media come valvola di sfogo del sadismo inconscio delle masse.
    Quello che definisci sadismo io lo vedo più come interesse morboso , neanche troppo malato in alcuni casi ...ma è un mio pensiero chiaramente.
    C’è ne sarebbe da argomentare ma essere sintetico non è una mia qualità purtroppo.😀
    Invece mi sembra mi piacerebbe chiederti essendo ignorante in materia cos’è il digital painting?
    Cioè tu usi colori “ digitali”?
    Dopo chiaramente la tua idea il resto è tutto “disegnato e colorato “ al computer?
    L’ Informatica sostituisce il pennello e la tavolozza?
    Ma tu parti che ne so da una bozza fatta a matita ...son molto curioso, scusami.
    L’opera che hai fatto per lo speciale mi ricorda un po’ lo stile dei fumetti americani.
    Mi sembra quasi Pop Art.
    Volevo chiederti a chi ti ispiri per le tue opere.
    Ciao

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    Risposte
    1. Caspita, un'intervista in piena regola per la cara Alessia!
      Io il disegno con il teschio lo vedo al limite come possibile illustrazione di copertina di un fumetto, Max. Mi sembra che esprima tutto quel che ha da dire in un colpo solo e non lo vedo come una parte di un racconto. Ma sentiamo che ne pensa l'artista in persona...

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    2. Ciao Max!
      Allora, riguardo al post sono partita dal presupposto che il confine fra curiosità morbosa e 'sottile piacere' nell'apprendere alcune informazioni e storie sia molto sottile, ma come ben dici si tratta poi di punti di vista e di come, personalmente, si reagisce a determinati impulsi.
      Riguardo le domande: digital painting in sostanza vuol dire che faccio tutto (o quasi) al computer grazie ad una tavoletta grafica+penna e programma che permette di disegnare, come Photoshop ad esempio; a volte parto da disegni realizzati a matita, altri vado direttamente sul programma, apro un nuovo file e comincio a colorare/disegnare in formato virtuale, più che di informatica si tratta di grafica, non ci sono codici da inserire o algoritmi, è come se si stesse lavorando con pennelli e matite, solo che è tutto virtuale, tutto computer.
      Diciamo che quello che disegno ha molto a che fare con degli stati d'animo personali, nel corso del tempo ho avuto e ho ancora tantissimi artisti di riferimento, fra i miei preferiti ci sono: Klimt, Schiele, Gauguin, Toulouse-Lautrec, Mucha, Klinger, Sergio Toppi, alcuni artisti polacchi, Kuksi... amo tutta l'arte in generale, ma quando creo, ultimamente, cerco di rispondere a qualcosa che sta dentro. Avendo cominciato anni fa con i manga e adorando l'illustrazione, ho un'impostazione illustrativo/fumettistica che sto, per l'appunto, coltivando.
      Grazie per queste domande, se hai altro da chiedere fa pure!

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  7. Ivano se vedi i disegni di Mike Allred per Silver Surfer e F.F ( credo 2011 il primo e 2012 i secondi) capisci a cosa mi riferisco.
    Cassidy in un suo post dedicato al surfista argenteo della Marvel aveva descritto i disegni di Allred onirici e psicadelici.
    Ricordo invece altre note sempre riguardo all suo stile che parlavano quasi di Pop art.
    Comunque si è quello che intendevo io chiedendo ad Alessia se si fosse ispirata ai fumetti “in generale” riguardo al suo lavoro.
    Grazie Alessia per risposte.
    Anche a me piace l’arte ( non tanto quella contemporanea) , fra gli artisti che citi ( ne conosco solo tre��) mi piace molto Toulouse-Lautrec è quella sua Parigi un po’ “sporca “.
    Ciao

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  8. Un gran bel post su un argomento che ci riguarda tutti, come ha giustamente rilevato anche Simona: da un lato la gran massa di tragicità che ci viene riversata continuamente addosso dai media, e che ci conduce all'assuefazione, dall'altra il risveglio di un sentimento di crudeltà che ci fa pensare, a livello inconscio ma non troppo: "Meno male che non sono io al suo posto." Il problema è che i paletti nella spettacolarizzazione del dolore vengono spostati sempre più in là. Parafrasando la frase: "La religione è l'oppio dei popoli", direi ora: la TV, ma anche le nuove tecnologie come gli smartphone cui siamo sempre incollati.
    E' indubitabile, tra l'altro, che il torturatore provi un godimento fisico nell'assistere ai patimenti della vittima: mi hai fatto venire in mente, in modo particolari, gli inquisitori medievali e le povere donne che venivano seviziate e poi mandate al rogo.
    Per quanto riguarda le tue opere, sono davvero molto ammirata dalla tua bravura. Anche a me piace da sempre disegnare e dipingere, ma naturalmente lo faccio a livello dilettantistico. Lo trovo perciò molto rilassante, molto più della narrativa che è assai cerebrale.
    E prima o poi voglio assolutamente leggere questo libro di Bataille!

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    Risposte
    1. Il percorso proposto da Bataille nel suo libro è affascinante, Cristina. Vi esamina, nell'ottica di cui ho scritto sopra, l'opera di otto scrittori: Emily Bronte, Baudelaire, Michelet, William Blake, de Sade, Proust, Kafka e Genet.

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    2. Ciao Cristina, intanto grazie per il commento e poi volevo proprio dirti questo, ultimamente mi sono accorta sempre di più come le persone 'per perdere tempo' facciano un utilizzo massivo del cellulare. Lo faccio anche io, per carità, però di solito preferisco sempre una chiacchierata e non mi sopporto se sto troppo attenta al telefono.
      Chiusa questa parentesi, credo sia un processo inconscio e totalmente connaturato all'essere umano che si è poi complicato per tutta la serie di motivi che ho trattato nell'articolo; mi fa piacere che ti siano piaciuti i miei lavori, c'è ancora tantissimo da imparare però. Continua a dipingere o disegnare, fa sempre bene!

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