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Trilogia delle Madri /12: Sulla via di Eleusi




Inno omerico a Demetra


314-319:

Dapprima, egli incitò Iride dalle ali d'oro a chiamare Demetra dalle belle chiome
che ha molto amabile aspetto. Così disse,
ed ella a Zeus dalle nere nubi, figlio di Crono, obbediva;
e corse con passi veloci attraverso lo spazio.
Venne alla rocca della odorosa Eleusi,
e trovò nel tempio Demetra dallo scuro peplo; [...] (R.F.)

Innanzi tutto incitò Iride dalle ali d'oro a convocare Demetra dalla bella chioma,
dal molto desiderabile sembiante. Così disse,
e essa obbediva a Zeus dalle nuvole nere, figlio di Kronos,
e corse dall'uno all'altro luogo con piedi veloci
e giunse alla rocca di Eleusi profumata,
e trovò nel tempio Demetra dal peplo scuro [...] (A.T.)

347-351:

«O Ade dalla chioma color porpora, che regni sui morti,
Zeus, il padre, mi ordina di condurre fuori dall'Erebo, fra gli dei,
l'augusta Persefone, affinché la madre
rivedendola coi suoi occhi ponga fine al rancore
e all'ira inesorabile contro gl'immortali; [...]» (R.F.)

"O Hades, dalla chioma scura, sovrano degli estinti,

Zeus padre mi ha comandato di portare fuori dall'Erebo tra gli dei
Persefone gloriosa affinché la madre
vedendola con i suoi occhi cessi dal rancore
e dalla furia tremenda nei confronti degli immortali, [...]" (A.T.)


* * *


Ci sono post che in corso d'opera prendono una piega molto diversa da quella preventivata. E' il caso di questo dodicesimo segmento della Trilogia delle Madri, che doveva anche essere il primo di una nuova sezione della serie intesa a collegare, attraverso il mito greco, le tesi di Rudolf Steiner ai film della trilogia argentiana, in particolare a La terza madre. In un certo senso le cose stanno ancora così, solo che il discorso prenderà avvio da più lontano del previsto.
Comincerò intanto col dire che se i due estratti dall'Inno omerico a Demetra sopra riportati compaiono in due diverse traduzioni, c'è naturalmente un motivo. Così come ha una sua ragione di essere l'aggiunta dei corsivi, che è opera mia. Ma su questo torneremo più tardi, al termine della storia, che come dicevo inizia da lontano e precisamente dalla lettura del mio primo libro dedicato per intero ai Misteri Eleusini: The Road to Eleusis. Col tempo se ne sono aggiunti molti altri di libri sull'argomento al mio curriculum di lettore, ma questo breve saggio di etnomicologia, che lessi alla fine degli anni '70, in lingua inglese, nelle sale della biblioteca nazionale di Firenze, mi è sempre apparso come una delle migliori conferme del detto che il primo amore non si scorda mai.

Scoprii il libro grazie all'interesse per i funghi magici messicani, e più in generale per gli stati intensificati di coscienza, che mi aveva suscitato la lettura dei libri di Carlos Castaneda. Perché di questo tratta in essenza The Road to Eleusis, nato da un'idea di Robert Gordon Wasson e scritto a sei mani con i contributi di Albert Hofmann e Carl A.P. Ruck. La mia scelta di rileggerlo adesso, a distanza di così tanti anni, è stata quindi forse più dettata da ragioni affettive che dalla speranza di una sua effettiva utilità per la compilazione di questo post e dei successivi della serie. A maggior ragione se si considera che non ho mai condiviso, neanche allora, l'ingenua convinzione di Wasson e soci che il mistero di Eleusi fosse stato finalmente risolto.
A questo mistero ci siamo dedicati in tre e crediamo di aver trovato la soluzione, a distanza di quasi duemila anni dall'ultima esecuzione del rituale e di circa quattromila dalla prima.
...scrive Wasson nella prefazione del libro. Per poi aggiungere, nel Capitolo Uno, in riferimento all'obbligo del Silentium a cui dovevano sottostare gli iniziati:
Non sarei sorpreso se alcuni studiosi del mondo classico ci ritenessero colpevoli di sacrilegio, per aver sollevato il velo del segreto.

Eppur qualcosa in me, per la seconda volta, si è mosso grazie a questo piccolo ma prezioso libro, arrivato in Italia solo nel 1996 grazie alle edizioni Urra. Tanto da produrre, a causa soprattutto di un incidente di percorso che descriverò tra breve, quella deviazione d'intenti di cui dicevo. Ma di nuovo, procediamo per gradi.
Tanto per cominciare, chi è Robert Gordon Wasson (1898-1986) in poche parole? E' il fondatore, con la moglie Valentina Pavlovna (1901-1958), e il più noto esponente, dell'etnomicologia, una branca dell'etnologia che studia gli effetti psicotropi del “fungo superiore” nei contesti del rito e della religione.
La prima scoperta di rilievo di Wasson e Pavlovna fu la differenza di attitudine verso i funghi che caratterizza le varie culture diffuse nel globo. E si trattò inizialmente di una scoperta compiuta grazie alle diverse nazionalità dei due scienziati. I russi si rivelarono infatti un popolo essenzialmente micofilo, e per questo disponevano di un ricchississimo vocabolario relativo al mondo dei funghi; gli anglosassoni erano viceversa un popolo di tradizione micofoba e il loro vocabolario si riduceva a tre soli termini, di cui i primi due caratterizzati da una valenza negativa: toadstool, mushroom, fungus. Wasson si chiede, in apertura del Capitolo Uno, quale di questi tre termini si presti meglio a servire da sinonimo di “fungo superiore”:
Nella lingua inglese manca un termine che designi il fungo superiore. "Toadstool"* è un epiteto, una definizione peggiorativa che abbraccia tutte le specie fungine di cui i cercatori di funghi, a torto o a ragione, diffidano.** "Mushroom" è ambiguo, poiché il suo utilizzo in riferimento ai funghi varia da persona a persona. In questo breve saggio utilizzeremo "mushroom" per tutti i funghi superiori. Ora che il mondo è finalmente giunto a conoscere le colture fungine nelle loro miriadi di forme, colorazioni, odori e consistenze, forse questo nuovo utilizzo del termine risponderà a un’esigenza diffusa e diverrà di impiego comune.***


Claviceps purpurea - Dal sito http://otago.ourheritage.ac.nz


Ma la vera svolta arrivò per Wasson e Pavlovna alla metà degli anni '50, con la loro sperimentazione diretta dei rituali col fungo messicani, a cui furono introdotti dalla curandera Maria Sabina. Furono forse i primi occidentali a essere iniziati ai riti e non è esagerato dire che si trattò di un evento epocale, fosse solo per le ampie e disparate conseguenze che ne derivarono, a cui però non posso qui accennare se non per dire che la somma delle sue esperienze sul campo convinse infine Wasson dell'esistenza di un minimo comune denominatore tra i "Misteri Messicani" e i Misteri Eleusini: il fungo. Si tratterebbe, nel caso di Eleusi, della specie Claviceps purpurea, parassita delle graminacee conosciuta con il nome comune di ergot.
Secondo Wasson, la cultura della Grecia classica era micofoba, e lo era proprio in virtù del tabù religioso che vedeva nel fungo qualcosa di pertinente al divino ed estraneo alla sfera umana.

Tocca poi allo studioso svizzero Albert Hofmann (1906-2008), noto soprattutto per aver sintetizzato e aver sperimentato per primo su di sé l'LSD, avallare la tesi di Wasson. E lo fa nel Capitolo Due (A Challenging Question and My Answer), dove analizza la Claviceps purpurea sia dal punto di vista biochimico che da quello della sua storia attraverso i secoli. Il tipo più importante di ergot, spiega, è un'escrescenza marroncino-purpurea che cresce sulle spighe di segale ed è conosciuta con il nome di "segale cornuta". Considerato a lungo un temibile veleno, fu causa di epidemie che ebbero fine solo nel XVII secolo, con la scoperta che la loro origine era il pane contaminato da questo particolare tipo di fungo. Dopo di allora l'ergot è stato utilizzato nell'ostetricia - dapprima per accelerare il parto, poi per controllare le emorragie post-partum - mentre i suoi alcaloidi, una volta isolati e sintetizzati, sono diventati ingredienti di farmaci destinati alla cura di diversi tipi di patologie.
L'invio a Hofmann dei campioni di funghi sacri messicani raccolti da Wasson, con il conseguente isolamento e sintesi dei loro principali alcaloidi - la psilocina e la psilocibina - fu all'origine dell'amicizia e futura collaborazione tra i due ricercatori. All'unione delle loro forze si deve, tra le altre, la scoperta che gli alcaloidi presenti nell'ergot e nei funghi sacri messicani sono in parte gli stessi.
Hofmann chiude infine il capitolo con la sua personale risposta alla domanda dell'amico Wasson:
La risposta è sì, i vecchi abitanti dell'antica Grecia possono essere arrivati a ottenere un allucinogeno dall'ergot. Possono averlo ricavato dall'ergot dell'orzo o del grano [la segale non cresceva nell'antica Grecia]. Un modo più semplice sarebbe stato usare l'ergot che cresce sulla diffusa erba selvatica chiamata paspalo. Questo, s'intende, se accettiamo l'assunto che gli erboristi dell'antica Grecia fossero altrettanto intelligenti e ricchi di risorse degli erboristi del Messico antecedente la conquista.

Accanto al paspalo (Paspalum distichum), Hofmann propone in realtà un altro possibile candidato, l'erba selvatica Lolium temulentum (nome comune: Loglio ubriacante o zizzania). La scelta di queste due erbe, diffuse anche nel Mediterraneo, è da lui motivata con il fatto che su di esse crescono tipi di ergot composti esclusivamente, o quasi esclusivamente, di alcaloidi allucinogeni, il che le rende di più semplice e immediato utilizzo.


Persefone e Ade in trono, particolare di pinax locrese, V sec. a.C.
(Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria)


E' quindi il turno, nel Capitolo Tre (Solving the Eleusinian Mystery), di un grecista, Carl A.P. Ruck (n. 1935), che al termine di una approfondita disanima sulla storia e la forma dei Misteri Eleusini alla luce delle fonti classiche, si unisce a Hofmann nell'avallare la tesi di Wasson:
Fino a ieri conoscevamo dei misteri eleusini solo quel poco raccontato dagli iniziati, ma la magia delle loro parole ha ammaliato l'umanità per generazioni. Ora, grazie al dottor Hofmann e a Gordon Wasson, quelli di noi che hanno sperimentato gli allucinogeni superiori, possono unirsi alla compagnia degli antichi iniziati in un duraturo legame di amicizia, un'amicizia nata dall'esperienza condivisa di una realtà molto più profonda di quella che abbiamo finora conosciuto.

Il Capitolo Quattro è invece compilato da tutti e tre gli autori insieme, e oltre a offrire una comparazione tra il rituale messicano e quello eleusino, evidenziandone le affinità e le differenze, serve anche a tirare le somme di quanto esposto nei precedenti capitoli.
Molto significativo, ai fini di quel che più interessa qui, è questo estratto dal paragrafo conclusivo:
...le imperatrici di Bisanzio, se in stato di gravidanza, vivevano in camere rivestite di porpora in modo che i loro figli potessero nascere nella porpora. Era questa porpora il colore della Claviceps purpurea e abbiamo qui una rievocazione postuma della tunica color porpora di Demetra e di Ade dai capelli color porpora?

E' stato infatti a questo punto, leggendo di "Ade dai capelli color porpora", che un campanellino d'allarme è squillato in me e mi ha fatto precipitare a cercare, tra i miei libri, l'originale greco dell'Inno. Dove ho trovato una conferma ai miei peggiori sospetti.
"Demetra dalla tunica color porpora" e "Ade dai capelli color porpora" nell'originale sono scritti rispettivamente così:

Δημήτερα хυανόπεπλον

Ἅιδη хυανοχαῖτα

Vale a dire che sia in riferimento al peplo di Demetra che ai capelli di Ade ricorre il termine "kýanos", che Angelo Tonelli rende con "scuro", come mostrano i due estratti dalla sua traduzione che ho pubblicato all'inizio del post. Gli altri due estratti li ho invece ripresi da Alla scoperta dei Misteri Eleusini, traduzione italiana della prima edizione di The Road to Eleusis.
Ma cos'è esattamente "kýanos"? Lo scrittore e studioso di miti Roberto Calasso lo spiega così:
Kýanos è lo smalto blu che si trova già descritto per oggetti micenei. Blu scura è la chioma di Poseidone. O il peplo luttuoso di Demetra e di Teti. Platone spiega che per produrre il kyanoûn occorre mescolare al bianco e al nero il lamprόn, il «lucente». Anche i piedi di un tavolo possono essere blu o una prua o le nuvole. E anche le sopracciglia di Zeus.****

Che conclusioni trarre da tutto ciò? Le cose stanno davvero come sembrano? Che cioè R. Gordon Wasson e soci hanno forzato la traduzione dell'Inno omerico a Demetra ai fini di meglio convalidare la loro tesi che ci sia la Claviceps purpurea alla base del segreto dei Misteri Eleusini? Vorrei credere a una spiegazione diversa, ma devo comunque aggiungere, e concludo, che la traduzione inglese dell'Inno a cura della Loeb Classical Library riporta, al verso 347, Dark-haired Hades. Anche in questo caso, niente chioma color porpora.


* * *


* "Sgabello del rospo" nella traduzione italiana del libro.

** Detto per inciso - precisa Wasson in una nota - "toadstool" era in origine il nome specifico della Amanita muscaria, il fungo divino, dalla bellezza degna della sua divinità.
A causa del tabù, la parola “toadstool” perse tale specificità e cominciò a designare tutte le popolazioni di funghi che i micofobi evitano.

N.B. Potrete trovare notizie più specifiche sull'Amanita muscaria e il suo importante ruolo in ambito religioso nei post della serie Orizzonti del reale pubblicati sul blog The Obsidian Mirror.

*** Sulla stessa falsariga, l'edizione italiana sceglie di adottare il termine "fungo".

**** Roberto Calasso, Il cacciatore celeste. Adelphi, 2016; pag. 97.

Le traduzioni dell'Inno omerico a Demetra sono di Roberto Fedeli (R.F.) e Angelo Tonelli (A.T.) e sono tratte rispettivamente da:
R. Gordon Wasson, Albert Hofmann , Carl A.P. Ruck, Alla scoperta dei Misteri Eleusini. Urra, 1996.
Eleusis e Orfismo. Feltrinelli, 2015. A cura di Angelo Tonelli.

Tutte le altre traduzioni sono a mia cura.

L'immagine in alto sotto il titolo è: Joseph Gandy, The Temple of Demeter (1818).

Commenti

  1. Interessante!
    Lo rileggo domani con calma. Ora devo chiudere.

    ps stavo per scriverti... mi stavo chiedendo dove eri finito :) A presto

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    1. Grazie mille Patricia!
      In realtà non sono finito molto lontano. Sto cercando di riprendere in pieno l'attività del blog, ma a quanto pare è un processo che richiede più tempo del previsto. Sono comunque soddisfatto di questo nuovo post. E già fremo per la parte numero 13.
      A presto e buon fine settimana!

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  2. Avelo letto una volta qualcosa di simile riguardo le sacerdotesse di Apollo. Basandosi su alcune descrizioni che ne parlano come se fossero avvolte dal fumo, e basandosi anche su studi naturalistici del terreno in cui verosimilmente sorgeva il tempio dell'oracolo che lasciavano ipotizzare sorgenti di vapore e gas, si è pensato a una sorta di allucinogeno naturale, ovvero la respirazione di quel gas come origine dei responsi "onirici" delle pizie.

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    1. Quella che citi, Ariano, è un'ipotesi molto antica, visto che è già presente in uno dei Dialoghi Delfici di Plutarco, sacerdote di Apollo a Delfi. Uno degli interlocutori del dialogo invoca appunto come una delle cause del declino della qualità dei responsi della Pizia il progressivo esaurirsi del gas naturale che fuoriesce dalla fessura ai piedi dell'oracolo.

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  3. Grande Ivano!
    Questa finora e una delle parti migliori della tua analisi sulle " madri'

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    1. Grazie mille Nick, ma è anche la più lontana finora dal tema delle Madri. Sembra più una parte di "Orizzonti del reale" di TOM ;-)

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  4. Ciao Ivano, che bella questa tua ricerca sul mistero di Eleusi! Non sono in grado di contribuire ad arricchire l'argomentazione, ma trovo molto interessante il post. :-)

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    1. Grazie per l'apprezzamento, Clementina :-)
      Non so se continuerò il discorso Eleusi anche nel prossimo post della serie, o se passerò a un altro argomento. Rimarrò comunque nell'ambito del mito greco.

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  5. Ho fatto lo stesso pensiero che feci quando studiai questi fenomeni in antropologia: in antichità tutto questo rientrava in un canone di normalità assoluta, la ricerca spasmodica del mistero, la sua "visualizzazione" rendeva necessaria la ricerca.
    Poi accade qualcosa nella storia dell'uomo e tutto diventa tabù, proibito, non preferibile, anzi immorale. Peccato esserci persi quella autenticità tipica delle origini delle nostre culture.

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    1. Grazie Luz, per aver messo in luce un punto fondamentale della questione. Un vizio mentale tutto moderno attribuisce agli antichi la stessa paura dell'ignoto che sperimenta in prima persona. In realtà il principale motore che animava le antiche società era, proprio come dici tu, la ricerca spasmodica dell'ignoto e la sua esplorazione.
      Ancora grazie e a presto :-))

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  6. Bello, quante cose che ho imparato! Mi hai dischiuso un mondo, non sapevo nemmeno dell'esistenza dell'etnomicologia. L'ergotismo era molto diffuso nel Medioevo, e costituiva un vero e proprio flagello, secondo soltanto alla peste. I sintomi erano terribili e le sofferenze atroci. Solo dopo molti secoli si scoperse che derivava dal fungo che cresce sulle spighe della segale, come hai detto. Certe allucinazioni mistico-religiose, o viceversa apparizioni demoniache, potevano essere derivate dall'ingestione di questo fungo.

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    1. Secondo Wasson e soci, il collegamento tra ingestione di ergot e allucinazioni era invece ben noto alle culture classiche. Quindi si tratterebbe di una non insolita perdita di una nozione durante il passaggio traumatico da un'epoca storica a un'altra.
      Grazie per aver gradito il post, Cristina :-))

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  7. "Ci sono post che in corso d'opera prendono una piega molto diversa da quella preventivata.".... capisco perfettamente. Mettere insieme un lavorone del genere andando per gradi (navigando più o meno a vista come faccio io) non è facile, e le tentazioni di deviare dalla struttura iniziale sono tante, troppe.
    Pare che il mio OdR e il tuo TdM si stiano avvicinando sensibilmente. Chi l'avrebbe mai detto all'inizio?

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    1. Pensa che ero partito con l'idea di confrontare la tesi di Steiner sulle Madri nei Misteri Eleusini con le fonti greche classiche. Rileggere però, per l'occasione, "The Road to Eleusi" mi ha fatto andare fuori tema. In effetti questo mio post avrebbe potuto funzionare anche come guest-post per Orizzonti del reale...
      Non so se ci saranno altri avvicinamenti di questo tipo... Intanto, a presto rileggerci! :-))

      Elimina

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