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The Studio Section Four - Jeffrey Catherine Jones /3




La mia speranza è che ogni mia opera mi lasci insoddisfatto. Questo mi dà la spinta per passare all'opera successiva. Il giorno che penserò di aver creato qualcosa di grande finirà tutto.

* * *

Un anno importante per Jeff Jones (per ora continuerò a chiamarlo così, a dispetto dei titoli dei post) è il 1969. Una storia da lui disegnata - forse nel 1966, se è vero ciò che riportano le cronache - su testi di Bill Pearson, trova posto sul numero 6 di Witzend, presumibilmente proprio grazie al passaggio di testimone da Wallace (Wally) Wood (1927-1981), che aveva curato, tra il 1966 e il 1968, i primi quattro numeri della prozine, allo stesso Pearson.

Copertina di Jeff Jones per
The W.C. Fields Book (Witzend # 9, 1973)
In realtà Witzend l'abbiamo già incontrata in passato su questo blog, per l'esattezza nella seconda parte della mia biografia artistica su Vaughn Bodé; ma allora, preso com'ero nel vortice bodeiano, non mi ci ero soffermato a dovere, nonostante il format rivoluzionario per l'epoca. E a ragione Wally Wood ne rivendicò con orgoglio, nel non statuto con cui apre il primo numero, la natura di magazine autopubblicato:
La nostra sola meta è realizzare questo magazine al meglio, renderlo il più appassionante possibile. La nostra teoria è che il miglior editore di un'artista è l'artista stesso, e sta a lui ottenere il massimo dai propri mezzi.
Ci rendiamo senza dubbio conto che, l'umana natura essendo quella che è, cadremo spesso nella tentazione della Critica Costruttiva e dei Suggerimenti Utili, ma essendo questo genere di cose nemico al nostro scopo, noi proveremo a controllare questi impulsi.
Altre pubblicazioni sono appesantite da una Politica Editoriale, da un Format o da un Pubblico di riferimento. Noi non abbiamo di questi problemi e ce ne usciamo, di conseguenza, con un prodotto che è abbastanza difficile da definire.
Questo primo numero potrà un po' disorientare... E' - e non è - un albo a fumetti. E non è nemmeno Fantascienza, Fantasy, Mostri o Pupattole. E' una piattaforma, un veicolo, per qualsiasi idea sotto qualsiasi forma.
Finora questa iniziativa è stata soprattutto un modo per divertirsi, e noi speriamo di continuare così. Se rimane divertimento e passione, non potremo sbagliare, perché una parte di questa passione è destinata a trasmettersi a voi. Se diventerà un noioso tran tran, smetteremo di portarla avanti... La vita è troppo breve!

Si può in effetti dire che sulle pagine in bianco e nero dei dodici numeri complessivi di Witzend, usciti in un arco di tempo che va dal 1966 al 1982, sia passata buona parte dei maggiori autori del fantastico disegnato di quegli anni ,che hanno lasciato traccia di sé con alcune delle loro opere migliori, veri e propri capisaldi della storia del fumetto.

La storia di Jeff Jones, Alien, anch'essa sceneggiata da Bill Pearson, appare sul numero 6 della rivista e ha disegni sorprendentemente maturi per essere stata realizzatanel 1966.
Per il resto, l'anno 1969 vede Jones dividersi tra le copertine per riviste e paperback di fantascienza e l'aiuto agli amici in ritardo con le deadline, per esempio Berni Wrightson, in quel periodo alle prese con la prima avventura di Nightmaster (potrete rinfrescarvi la memoria seguendo questo link, se vorrete).

In quello stesso 1969, e sempre su testi di Bill Pearson, Jeff Jones ha inoltre modo di disegnare una dimenticale storia di Gordon, Monster Men of Tropica, apparsa sul numero 13 del comic-book Flash Gordon della Charlton Comics. E' l'occasione, per lui, sia di figurare per la prima volta come disegnatore principale in un albo mainstream, con una storia di 15 pagine, sia di esercitarsi su un altro dei suoi miti, qual era il leggendario personaggio nato dalla mente e dalle matite del mai troppo rimpianto Alex Raymond (1909-1956). Ci si aspetterebbe così, da parte sua, una dedizione assoluta al progetto, invece lo stesso Jones ha in seguito ammesso di aver lavorato alla storia a tempo perso, convinto com'era che alla fine gliela avrebbero rifiutata comunque. E a conti fatti il risultato finale, testimoniato anche dalla pagina di apertura qui a fianco, non sembra in alcun modo in grado di smentirlo.
Per fortuna in quell'anno succede anche altro. Per esempio che James Warren, che ha fatto spesso capolino in questa serie di post, riprenda le redini della casa editrice da lui fondata, la Warren Publishing, nel tentativo di risollevarne le sorti. La sua felice intuizione è che nel 1969 i tempi siano ormai maturi per dare spazio a una testata horror al femminile da affiancare a Creepy e Eerie. Nasce così Vampirella, il cui esordio è contrassegnato da una copertina (qui a lato) di Frank Frazetta (1928-2010) destinata a diventare una vera e propria icona dell'illustrazione fantastica.

Come nel caso dei fratelli maggiori Creepy e Eerie, con Uncle Creepy e Cousin Eerie, anche Vampirella si personifica... in Vampirella ("Vampi" per gli amici). Ma mentre i due titolari di testata più anziani si limitano a fare da anfitrioni, lei diventa ella stessa protagonista di una serie di storie (destinata a formare nel tempo una vera e propria saga) dal presupposto quantomeno bizzarro: l'esistenza di un pianeta, chiamato Drakulon, dove a fare le veci dell'acqua c'è il sangue. Vampirella è uno dei suoi abitanti.

Nella prima storia di Vampirella, Drakulon attraversa una grave siccità che sembra destinata ad annientare ogni traccia di vita sul pianeta, finché il destino non ci mette lo zampino nella forma di un'astronave terrestre in panne che compie un atterraggio di fortuna. Immaginate la sorpresa della nostra eroina quando, mandata sul posto a indagare, scopre la stranezza che nelle vene dei membri dell'equipaggio scorre quella che per lei è l'acqua! Una risorsa insospettata che lei è intenzionata a sfruttare, grazie al suo elevato Q.I. - pari a 2000 - che le permette di riparare l'astronave e con essa raggiungere la Terra. Quel che succede dopo è, come si dice, un'altra storia, mentre quello che interessa noi è che il magazine Vampirella abbia almeno un paio di caratteristiche in grado di attrarre Jeff Jones: è virata al femminile, e affianca all'horror una buona dose di sensualità. Il debutto del nostro sulle sue pagine avviene tuttavia non con una storia ma bensì con una copertina realizzata a quattro mani con Vaughn Bodé per il numero 4 dell'aprile 1970. Quella delle copertine memorabili è del resto una tradizione di cui la Warren può andare giustamente fiera.

La prima storia completa di Jeff Jones per Vampirella (numero 5 del giugno 1970) è invece An Axe to Grind (Un'ascia da affilare, a lato un esempio) di cui lui scrive anche il testo. A rivederle oggi, le sue sette tavole fanno pensare a una via di mezzo tra Wrightson e Bodé, e se è difficile allontanare da sé il sospetto che possa esservi lo zampino di entrambi, è anche vero che è quasi impossibile, negli anni presi in esame, stabilire chi davvero abbia influenzato chi e chi davvero abbia disegnato cosa. Di certo c'è che in quello stesso periodo Jones va per la maggiore come illustratore di copertine per paperback di SF e Fantasy ed è talvolta costretto a ricorrere, per far fronte alle richieste degli editori, all'aiuto degli amici, Berni Wrightson in primis.

L'incertezza dello stile del giovane Jones non si misura però tanto sulla sua attività di autore di fumetti quanto su quella di illustratore, che gli ha procurato la nomea, fastidiosa ma tutt'altro che immotivata, di "clone di Frazetta". Basta in effetti mettere soltanto a confronto le illustrazioni dei due in quegli anni per vederla confermata.

Copertine a confronto:
Frank Frazetta (a sinistra) e Jeff Jones (a destra)

E' forse da addebitarsi a questa eccessiva somiglianza se anche la seconda copertina di Jeff Jones per la Warren (Eerie #27 del maggio 1970) è realizzata a quattro mani con Vaughn Bodé?


Qualunque sia la risposta a tale domanda, una nuova svolta è comunque vicina. Il 1971 sarà per Jeff Jones un anno di decisa maturazione stilistica (come testimonia anche il ritaglio di illustrazione in apertura del post), che lo vede ancora dividersi tra le fanzine, i paperback e i magazine della Warren, al tempo stesso che la sua anima di artista è ormai pronta ad aprire le porte finora tenute sigillate e a riversare nelle strade del mondo tutte, o quasi, le sue riposte ricchezze.


* * *


L'immagine in alto sotto il titolo è un dettaglio dell'immagine di copertina di Nightmare #6, Skywald Publications, 1971.
Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.



Commenti

  1. Ecco, a me piace molto Frazetta, infatti ammetto che scegliendo fra i due stili preferisco il suo.
    Però anche il tono più sfumato di Jones è di notevole impatto, si vede il talento.

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    1. La differenza fondamentale tra i due, che è stata poi riconosciuta dallo stesso Frazetta, è che Jones, una volta sganciatosi dal suo modello si è avventurato fin nella pittura in sé per sé, mentre Frazetta è rimasto per tutta la vita legato agli stilemi classici dell'illustrazione fantastica.

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  2. La prima tavola è davvero di grande bellezza! Mi chiedo quanto tempo ci mettesse/mettessero a realizzare tavole con questa complessità di sfumature.

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    1. Non credo i tempi fossero lunghi, Cristina, perché gli editori erano sempre di fretta. Anche per questo Jones ha voluto emanciparsi il prima possibile, per poter decidere da sé i propri ritmi.

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    2. Allora dico: doppiamente bravi in considerazione del rapporto tempo/qualità del risultato!

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  3. L'immagine iniziale è veramente potente, bellissima! Effettivamente si rimane incantati pensando anche al lavoro che c'è dietro opere simili, come ha scritto Cristina.
    Invece... tra le due copertine affiancate, devo dire che lo sfumato rende la tavola del nostro più "intrigante", mentre l'altra è sicuramente perfetta e bellissima ma più statica.
    Ma quanto corri Ivano! :O Fatico a seguirti, sai ho la bradipite XD E complimenti per il lavorone fatto finora!

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    1. Anche se in questa fase Jeff Jones guarda senza dubbio a Frank Frazetta, i loro stili divergeranno poi moltissimo. Jones fonderà con Barry Smith la corrente neo-romantica, per molti versi opposta alla concezione frazettiana dell'arte.

      Grazie per i complimenti, Glò. Ma io pensavo che il bradipismo riguardasse la produzione dei post non la loro fruizione ;D

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  4. L'idea del pianeta Drakulon è una tale trashata che solo in un fumetto poteva funzionare...

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    1. Sono d'accordo, Marco. Anche se poi il personaggio di Vampirella si è evoluto con il tempo, fino a esiti, almeno in certi casi, autoriali :-)

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