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Trilogia della Madri /5 - Le origini: Il Faust di Goethe al Goetheanum (Rudolf Steiner)




Quasi un guest-post. Mi sento di definire così questo mio secondo intervento che va a inserirsi nel mio mese di pausa dal blogging, dal momento che consiste per oltre la metà di un estratto da un articolo di altri. Non si tratta comunque di una scelta dettatami da un accesso di pigrizia, ché in fin dei conti mi sono dovuto tradurre tutto il pezzo dall’inglese, né di una mancanza di ispirazione o di un sopravvenuto oblio di quanto ho scritto nel post precedente della serie. Ricordo benissimo dove eravamo rimasti a luglio: sulle coste del Mar Rosso, a disquisire sull'insegnamento di una specie di guru. E lì presto torneremo, come esito naturale di questa svolta solo all'apparenza scollegata dal corpo principale del ciclo di post sulle Madri.
Cominciando dal Goetheanum del titolo, che per alcuni può suonare come qualcosa di molto misterioso, dico subito che è la sede fisica centrale del Movimento antroposofico creato dal filosofo ed esoterista austriaco Rudolf Steiner (1861-1925) e che si trova a Dornach, in Svizzera. L'edificio, progettato dallo stesso Steiner secondo i principi della sua architettura organica, fu costruito una prima volta in legno tra il 1908 e il 1913, e portò fino al 1918 il nome di Johannesbau (Edificio di Giovanni). Distrutto alla fine del 1922 da un incendio doloso, fu poi ricostruito in cemento armato su un nuovo progetto di Steiner e completato nel 1928. Fu in questo secondo edificio che andò in scena, nel 1936, il primo allestimento integrale in assoluto del Faust, comprensivo cioè di tutte le sue 12.111 strofe - una produzione teatrale imponente che da allora continua a essere riproposta al Goetheanum a cadenza quinquennale o giù di lì.


Il primo Goetheanum.


Goetheanum, messa in scena integrale del Faust... Solo questo dovrebbe bastare a far capire l'importanza attribuita dal fondatore dell'antroposofia al pensiero e alle creazioni di Goethe. Già nei suoi anni giovanili del resto, prima del suo definitivo distacco dal mondo accademico, Steiner aveva collaborato alla sistemazione degli scritti scientifici di Goethe in vista della loro pubblicazione nell'edizione weimariana dell'opera omnia dello scrittore tedesco. Allo stesso modo, nella sua successiva veste di guida del Movimento da lui fondato, non mancherà di dedicare alcuni dei suoi famosi, e numerosi, cicli di conferenze agli scritti di Goethe, e tra questi più di uno proprio al Faust. Me ne occuperò molto presto, almeno per la parte che riguarda la discesa di Faust al regno delle Madri - tema che, secondo Steiner, gioca un ruolo rilevante nel contesto dell’opera.


Vista aerea del nuovo Goetheanum. (Foto: Taxiarchos228)


Tornando invece al presente post, quello che pubblico di seguito è un mio estratto da un saggio di David G. John, The Complete Faust on Stage: Peter Stein and the Goetheanum. Si tratta in realtà di un breve scritto polemico in cui lo studioso, germanista dell’Università di Waterloo (Ontario, Canada), contesta la pretesa di Peter Stein di essere stato il primo a portare sulla scena, in occasione dell'expo di Hannover del 2000, l’integrale del Faust in una versione professionale. Ma anziché sui dati della polemica, ho scelto di concentrare la mia attenzione sul reportage che lo studioso offre della sua esperienza al Goetheanum durante la rappresentazione teatrale del 2004. A me serve in primo luogo per creare il contesto adeguato in cui inserire la successiva discussione sull'approccio steineriano al tema delle Madri, ma il brano in sé ha anche una sua indubbia utilità supplementare, dovuta al divieto vigente sulle registrazioni video delle installazioni del Faust al Goetheanum, che fa sì che non vi sia altro modo di crearsi un'idea dello spettacolo eccetto l'assistervi di persona dal vivo. Una cosa certo desiderabile, ma forse non proprio a portata di mano.


Interno del Goetheanum. (Foto: Taxiarchos228)


Voglio infine sottolineare a scanso di equivoci, prima di lasciarvi al mio estratto dal suo articolo, che David G. John non ha nessun collegamento con il Movimento antroposofico.


* * *

David G. John, The Complete Faust on Stage: Peter Stein and the Goetheanum (2012, Estratto)

Ho assistito alla produzione del Goetheanum, diretta da Wilfried Hammacher, lunga 18 ore e suddivisa nell’arco di tre giorni del mese maggio 2004.
[…]
L’ostinata ricerca di Steiner dello “spirituale”, il regno dell’anima umana, l’essenza dello spirito umano, e il nucleo centrale del suo insegnamento, che è nostra responsabilità esplorare ed espandere questa dimensione, poggiano sul credo che una dimensione spirituale di fatto esiste al di là del mondo sensibile (sinnliche). Steiner suddivide ulteriormente questa dimensione spirituale in due parti: “superiore”(ϋbersinnlich) e “inferiore” (untersinnlich), associando la prima all’auspicata elevazione dell’esperienza umana in direzione di un’accresciuta consapevolezza spirituale e della speranza, la seconda allo sprofondamento dell’esperienza umana nella tenebra e nella disperazione. Nello scontro tra Dio e Mefistofele per l’anima di Faust, la tragedia di Goethe mostra una costante oscillazione tra i tre mondi. La maggior parte delle scene e dei personaggi che le popolano appartengono chiaramente all’uno o all’altro dei tre. Per esempio, tutta la tragedia di Margherita della prima parte del Faust e le scene storiche della seconda parte appartengono in genere al “mondo sensibile” e le parti dominate da Mefistofele, come la Cucina della strega e le due scene della Notte di Valpurga alla “dimensione spirituale inferiore”, mentre le scene o parti di scene in cui dominano Dio o i suoi rappresentanti, come il Prologo in cielo della prima parte e il coro mistico che conclude la seconda appartengono alla “dimensione spirituale superiore”. Nelle sezioni in cui prevale un tipo o l’altro di dimensione spirituale, gli euritmisti * offrono 
in genere un commentario supplementare in forma cinetica e gestuale, sia individuale che corale, in gruppi talvolta di più di venti persone di numero che si esibiscono in lunghe, elaborate scene di danza, accompagnati dall’orchestra. Si crea in questo modo un costante rimando visivo all’oscillazione del testo tra le dimensioni fisiche e metafisiche, e un ponte tra il mondo fisico e ciò che esiste al di là di esso.
Per circa cinque ore [delle diciotto complessive], gli spettatori a Dornach hanno così modo di visualizzare quelle dimensioni del Faust che secondo il credo antroposofico non possono essere espresse né mediante le parole né attraverso la mimica teatrale. Il pubblico è guidato a comprendere quelle parti dell’opera che trattano dei viaggi e delle esplorazioni al di sotto e al di sopra del mondo sensibile, e si può dire che questo sia uno straordinario arricchimento dell’opera di Goethe. Come minimo è di grande interesse sia per il pubblico sia per gli studiosi.
[…] gli euritmisti impiegati nella produzione del Faust sono, come gli attori, professionisti di alto livello, alcuni di loro tra i più esperti e preparati nel proprio ramo, e la loro presenza raddoppia di fatto il numero di persone sulla scena […] a loro vanno aggiunti i quaranta musicisti dell’orchestra, alloggiati in una balconata nella parte posteriore della sala, da dove eseguono un accompagnamento musicale formato di sessantadue brani di Jan Stuten (1890-1948), il primo regista dell’integrale del Faust a Dornach, da lui composti con la consulenza di Steiner tra il 1915 e il 1926, e usati in tutte le produzioni del Goetheanum.
[…]
Confesso di essere stato scettico all’inizio sull’effettiva possibilità, da parte degli euritmisti, di comunicare attraverso gesti e movimenti le sottigliezze del testo di Goethe e, in particolare, che gli spettatori riuscissero a comprendere ciò a cui assistevano. Avevo vissuto la stessa esperienza durante un viaggio nel Sud dell’India per fare ricerche su una produzione del Faust nello stile di danza kathakali. Nel kathakali, dei danzatori dai costumi e dal trucco incredibilmente elaborati, riescono a comunicare un testo parola per parola attraverso una serie di complessi gesti e movimenti delle dita, delle mani, degli occhi e di tutto il corpo. Misi alla prova la capacità degli spettatori di leggere simili “segnali” e mi convinsi che erano del tutto in grado di riuscirvi. Ho fatto lo stesso a Dornach e ne sono uscito altrettanto convinto. È parte dell’essere un seguace dell’antroposofia imparare cos’è l’euritmia, e a un certo grado anche imparare a eseguirla, con grande disappunto di molti allievi delle scuole Warldorf * *.
[…]
I seguaci seri di Steiner hanno una certa familiarità con la teoria dei colori di Goethe, ai cui principi, nelle produzioni del Goetheanum, viene dato grande risalto attraverso l’illuminazione, le scenografie e i costumi… [La maggior parte dei costumi di scena] consiste di gonne fluttuanti, che rappresentano il contenuto e lo spirito delle parole e delle situazioni narrate, come anche la natura e il sentire dei personaggi. I colori sono collegati alla gamma dei sentimenti umani per mezzo di una ruota zodiacale dei colori, fondamentale nella teoria antroposofica per la comprensione del loro simbolismo. Espandendo allo stesso tempo il vocabolario degli 
euritmisti, che con i loro movimenti coinvolgono l’intera gamma dei sentimenti e ne esplorano le infinite variazioni in una sorta di arcobaleno sempre cangiante, dalle due dimensioni della gestualità e del movimento cinetico individuali, corali se in congiunzione con altri euritmisti, a tre, perché il colore funziona come un terzo linguaggio. Nella sua essenza fisica, questo dispiegamento di colori è una rappresentazione in costante mutamento del fenomeno della luce nelle sue rifrazioni, e va a formare, con il contrappunto che trova nella tenebra, l’essenziale polarità simbolica della tragedia.

David G. John conclude il suo articolo affermando che le due sole produzioni integrali del Faust esistenti, quella del Goetheanum e quella di Peter Stein, sono ambedue di alto livello sebbene la prima sia da ritenersi per più di un verso superiore, e che è del tutto possibile apprezzare e trarre profitto dall’approccio antroposofico all’opera senza dovere per questo condividere la filosofia steineriana nel suo complesso.


* * *

Note

* L'euritmia è un'arte di movimento creata da Rudolf Steiner insieme a Lory Maier-Smits e sviluppata successivamente grazie al lavoro di Marie Steiner von Sivers, che vuole rendere visibile ciò che vive nella parola e nella musica. Distinguendosi per la sua ricerca di oggettività dalla danza e dalla ginnastica ritmica, l'euritmia artistica è praticata da solisti o da gruppi e viene anche inserita in rappresentazioni teatrali. Oltre a questo, trova applicazione in campo terapeutico, come parte della medicina antroposofica, in campo pedagogico, costituendo parte del curriculum delle scuole steineriane (scuole Waldorf), e come euritmia sociale e aziendale. (fonte: Wikipedia)

** La pedagogia Waldorf o steineriana è un approccio educativo sviluppato a partire dal 1919 su indicazioni di Rudolf Steiner. Le scuole con pedagogia steineriana sono oggi diffuse in tutto il mondo, e coprono l'arco educativo che va dal pre-asilo fino a diciotto anni. Oltre alle scuole esistono anche istituti di pedagogia curativa. Secondo un rapporto ufficiale del 2015 sono presenti a livello mondiale 1063 scuole Waldorf delle quali 720 in Europa e 31 in Italia. (fonte: Wikipedia)

L'immagine di apertura del post è: Faust 2 - Weitläufiger-Saal (Dalla performance al Goetheanum di Dornach del 2016; Foto: Georg-Tedeschi).

Commenti

  1. Bellissimo post e bentornato dalle vacanze ;-) Cheers!

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    1. Grazie infinite, Cassidy! Si torna a mollo tra i piaceri e i dolori del blogging... ;-)

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  2. Sei troppo avanti! Qui io sto cominciando a perdermi. Chissà, forse il prossimo articolo mi riporterà in carreggiata...

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    1. Questo post, TOM, serve anche e soprattutto a fornire un minimo di base per affrontare la prossima parte, dove le cose cominciano a farsi davvero complesse. In ogni caso rientrano in scena le Madri, quindi si torna in carreggiata ^_^

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  3. Mi affascina la parte gestuale e cinetica degli euritmisti.
    Bella traduzione, un gran lavoro, come sempre! :)

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    1. Grazie, Marina! Deve essere davvero una bella cosa da vedere, soprattutto per un appassionato del "Faust". La prossima edizione dello spettacolo dovrebbe essere, se dispongo dei calcoli giusti, nel 2021. Da farci un pensierino fin da adesso... ^_^

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  4. Be' non c'entra molto, ma entrambi gli edifici del Goetheanum sono assai belli dal punto di vista architettonico.

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    1. Concordo, Bruno. L'architettura organica di Steiner, di cui ho avuto anche modo di vedere degli esempi dal vero, è un'affascinante combinazione di liberty ed espressionismo. Una via di mezzo tra Gaudì e "Il gabinetto del dr. Caligari".

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  5. Ottimo, ottimo Ivano. Leggendo il post, mi è venuta in mente una piccola discussione molto interessante che io e te avemmo tempo fa in merito allo stato etico e all'etica di stato. Il riferimento a Steiner mi ha stimolato a ricordare, scusami per la divagazione. Steiner e la sua "Triarticolazione sociale" ha senza ombra di dubbio inferto un duro colpo al tipo di concezione di cui parlammo. Stranamente, il nascente partito nazionalsocialista, nonostante le innumerevoli personalità vicine alla sfera esoterica osteggiò Steiner, riducendo tutto il percorso spirituale e filosofico a mera ritualità fine a se stessa, di fatto assolutamente e infimamente celebrativo, senza analisi. Ti rinnovo le scuse per la divagazione, ma il valore aggiunto di questo genere di post è proprio la possibilità di riallacciarsi a tematiche che, mi pare di capire, ad alcuni di noi sono molto care.

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    1. Grazie del bel commento, Massimiliano, tutt'altro che divagante!
      Steiner era in un certo senso preso tra due fuochi. Da un lato la sua tripartizione sociale si ispirava alla rivoluzione francese e propugnava proprio quei principi di libertà, uguaglianza, fraternità guardati da sempre con forte sospetto dalle diverse correnti esoteriche e tradizionaliste. Dall'altro, con la stessa concezione, si opponeva tanto al comunismo quanto al nazionalismo e al capitalismo.

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  6. Quoto Tom, sei davvero troppo avanti, soprattutto a livello di profondità di tematiche culturali rispetto alle quali mi sento come uno scolaretto che sta ancora imparando l'alfabeto della sua lingua e si ritrova al cospetto di uno che ne studia l'etimologia delle parole...
    Comunque, molto bello il Gothenaum. Ha un qualcosa di gaudiano, con quella preminenza di linee curve rispetto alle rette...

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    1. Come ho scritto poco sopra a Bruno, ho visto dal vivo degli edifici costruiti con i principi dell'architettura organica steineriana, anche se non purtroppo il Goetheanum. L'impressione che ho avuto è stata di qualcosa collocato a metà strada tra le opere di Gaudì e le scenografie del film "Il gabinetto del dottor Caligari". In altre parole, di una corrente artistica che va a inserirsi alla perfezione nel periodo storico-culturale in cui è stata concepita.

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  7. Et voilà, corretti anche i vari refusi presenti nella mia traduzione del testo di John. Stranamente, riesco a vederli bene solo dopo aver pubblicato.

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  8. Bentornato Ivano :) Sempre accurati e interessanti i post di questa serie. Sei veramente un pozzo di conoscenze...
    Una delle mie speranze è di avere occasione di vedere il Goetheanum dal vivo prima o poi, non tanto per un interesse architettonico ma per l'interesse e ammirazione che nutro per l'antroposofia da un bel po' di anni.

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    1. Grazie Maria Teresa! In effetti questa serie di post richiede un accumulo di nozioni non indifferente. Anche se in linea di massima so dove vado a parare, è un continuo verificare fonti, alcune delle quali davvero poco accessibli.
      Ricordo che mi avevi accennato in passato del tuo interesse per l'antroposofia. Io, durante la mia permanenza in Svezia, ho visitato due volte l'università steineriana di Jarna. Mentre il Goetheanum, a questo punto, amerei vederlo in coincidenza con la prossima rappresentazione del Faust.

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  9. Prima di tutto ben tornato, anche se lo scopro con ritardo.
    Lasciami fare i complimenti per lo stupendo post: con pochi sapienti tratti hai gettato semi in più direzioni e sciolto le briglie a cavalli di razza pronti a portarci lontano...
    Tutti i nomi che hai citato li ho apprezzati particolarmente tramite Borges, che lì amava e li citava di continuo, ed amando io il Maestro di Buenos Aires di riflesso amo ciò che amava.
    18 ore di Faust sono una ben dura prova, ma magari servono a perdere così tanto i contatti con la realtà da entrare nel profondo del testo. (Una volta a teatro, dopo una infelice messa in scena dostoevskijana di 3 ore, speravo che il protagonista uccidesse me invece dell'attore così da mettere fine a quella agonia! Ed era pure un testo che mi piaceva...)
    L'euritmia che "rende visibile ciò che vive nella parola" è qualcosa di potente, e in fondo è la neanche tanto segreta ambizione di ogni autore: giocare impunemente con le parole per rendere visibile l'èidos (il concetto geometrico platonico che noi rendiamo fiaccamente con "idea") che si nasconde nelle parole. Senza rendersi conto che una volta creato... è un golem difficilmente gestibile!
    Insomma, il tuo post mi ha infiammato e reso elettrici i pensieri, quindi... ben tornato ^_^

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    1. Grazie mille Lucius! In effetti sono tornato il 21, richiamato dall'appuntamento mensile di Insieme Raccontiamo, a cui non so resistere ^_^
      Sai che non avevo idea che Borges si fosse occupato di Steiner? Dello scrittore argentino ho letto alcuni saggi e raccolte poetiche, ma non mi sono mai imbattuto in niente del genere.
      E sono contento di averti infiammato, anche se in questo caso la maggior parte del merito va senza dubbio a David G.John, mio ospite a sua insaputa ;-)

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    2. La memoria mo ha ormai abbandonato quindi non so citarti al volo i punti dove Borges ha parlato di Steiner, ma appena torno a casa mi rivolgo al mio archivio e ti faccio sapere ;-)

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  10. Ne “La penultima versione della realtà” (raccolto nel volume “Discussione”, 1932; Adelphi 2002) Borges riporta l’analisi di Francisco Luis Bernárdez su un saggio del conte Korzybski: sono veri autori ma non si sa mai con Borges, troppo amante delle “ficciones” per astenersi dall’attribuire falsi testi a veri autori!

    Ad un certo punto Borges cita questo passo di Bernárdez:

    «La differenza sostanziale tra la vita vegetale e la vita animale consiste in una nozione. La nozione di spazio. Mentre le piante la ignorano, gli animali la possiedono. Le une, afferma Korzybski, vivono assommando energia, e gli altri ammucchiando spazio. Su entrambe le esistenze, quella statica e quella erratica, l’esistenza umana proclama la sua originalità superiore. In cosa consiste questa suprema originalità dell’uomo? Nel fatto che, analogamente al vegetale che assomma energia e all’animale che ammucchia spazio, l’uomo fa incetta di tempo.»

    Al che commenta:

    «Questo tentativo di classificazione ternaria del mondo sembra una divergenza o un prestito dalla classificazione quaternaria di Rudolf Steiner. Questi, più generoso di un’unità con l’universo, prende le mosse dalla storia naturale, non dalla geometria, e vede nell’uomo una sorta di catalogo o di compendio della vita non umana. Fa corrispondere lo stare puramente inerte dei minerali a quello dell’uomo morto; quello furtivo e silenzioso delle piante a quello dell’uomo addormentato; quello soltanto presente e immemore degli animali a quello dell’uomo che sogna. (Ciò che è certo, banalmente certo, è che facciamo a pezzi i cadaveri eterni dei primi, che approfittiamo del sonno delle seconde per divorarle o addirittura per derubarle di un fiore e che degradiamo il sogno degli ultimi a incubo. A un cavallo prendiamo l’unico minuto che possiede – minuto senza uscita, minuto grande quanto una formica e che non si allunga in ricordi o speranze – e lo rinchiudiamo tra le aste di un carro e sotto il regime criollo o Santa Federazione del carrettiere). Signore di quelle tre gerarchie è, secondo Rudolf Steiner, l’uomo, che inoltre possiede l’io: vale a dire la memoria del passato e la previdenza del futuro, vale a dire il tempo. Come si vede, la prerogativa concessa agli uomini di essere gli unici abitanti del tempo, gli unici previdenti e storici, non è originale di Korzybski.
    Né lo è la sua implicazione – anch’essa stupefacente – che gli animali si collocano nel puro presente o eternità. Steiner lo insegna; Schopenhauer lo postula continuamente nel trattato, con modestia definito capitolo, che si trova nel secondo volume del “Mondo come volontà e rappresentazione”, e che verte sulla morte.» (Traduzione di Lucia Lorenzini)

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  11. Abuso della tua pazienza riportandosi il delizioso “Gli esseri termici”, raccolto nello splendido “Manuale di zoologia fantastica” (1957; Einaudi 1962)
    «Al visionario e teosofo Rudolf Steiner fu rivelato che il nostro pianeta, prima d’essere la terra che conosciamo, passò per una fase solare, e prima per una fase saturnina. L’uomo, attualmente, consta di un corpo fisico, di un corpo etereo, di un corpo astrale e di un “io”; al principio della fase o epoca saturnina era un corpo fisico, unicamente. Questo corpo non era visibile né tangibile, perché non c’erano allora né solidi, né liquidi, né gas. Solamente c’erano stati di calore, forme termiche. I diversi calori definivano nello spazio cosmico figure regolari e irregolari; ogni uomo, ogni essere, era un organismo fatto di temperature cangianti. Secondo la testimonianza di Steiner, l’umanità dell’epoca saturnina fu un cieco e sordo ed impalpabile insieme di caldi e di freddi articolati. «Per l’osservatore, il calore non è altro che una sostanza ancora più sottile d’un gas», leggiamo in una pagina dell’opera “Die Geheimwissenschaft im Umriß”. Prima della fase solare, spiriti del fuoco o arcangeli animarono i corpi di quegli “uomini”, che cominciarono a brillare e a risplendere.
    Le sognò, queste cose, Rudolf Steiner? Le sognò perché forse erano accadute, nella notte dei tempi? Certo è che sono molto più sorprendenti dei demiurghi, dei serpenti e dei tori di altre cosmogonie.» (Traduzione di Franco Lucentini)

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    1. Caspita, Lucius, che meraviglia! I tuoi archivi fanno davvero invidia a quelli di Uruk. Grazie davvero per l'impegno profuso. Mi auguro soltanto che tu abbia dovuto fare un semplice copia-incolla e non trascrivere ogni cosa.
      Noto però una possibile imprecisione nel testo del "Manuale". In realtà le fasi di passaggio decritte da Steiner che hanno portato all'uomo come lo conosciamo oggi non sono due ma tre: saturnina, solare e lunare.

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  12. Ho confrontato con "Il libro degli esseri immaginari" (la ristampa-revisione ampliata dell'opera) e il passo è identico. Magari l'imprecisione delle fasi è dovuta al fatto che Borges sta semplicemente accennando all'opera di Steiner per arrivare a ciò che gli interessa: gli "esseri immaginari" di cui stava curando la raccolta ;-)
    Borges, el memorioso, poteva contare su una memoria vasta (ma spesso imprecisa) fino agli 80 anni: io invece già varcata la soglia dei 40 ho iniziato a perdere quel poco di memoria che avevo, così archivio tutto e consulto sempre: se il bonaerense era un memorioso, io sono... un archivioso :-D

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  13. Prima di tutto complimenti per il lavoro titanico di traduzione di questo testo, che credo non sia semplice. Come seconda cosa mi sto riportando lentamente in parti anche con i post inerenti la Triologia delle Madri, ripartendo da questo.

    Leggendo alcune opere di Steiner, mi ha sempre colpito l'importanza che annetteva al Goetheanum e l'insistenza con cui parlava della sua architettura organica. Molto bello l'interno, irradia una grandissima solarità.

    Diciotto ore di spettacolo non sono uno scherzo per nessuno. Non ho capito se la suddivisione in tre giornate prevede che gli spettatori dormano all'interno dell'edificio, o rientrino come se fossero atti. So di uno spettacolo teatrale tedesco molto lungo che prevedeva proprio questa modalità: gli spettatori potevano dormire in stanzette allestite appositamente oppure si portavano i sacchi a pelo.

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