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The Studio - Section One: Barry Smith /2




Sentivo un grande affetto per il personaggio di Conan quando lavoravo alla serie mensile Conan the barbarian. Ma era soprattutto perché avevo instillato in lui alcune mie caratteristiche e di conseguenza aggiunto una visione personale che non può essere rintracciata nelle storie originali di Howard o nel lavoro degli artisti che hanno continuato la serie dopo di me.
Barry Smith

Il Conan dei fumetti di Barry Smith è sotto certi aspetti una versione hyboriana del suo autore. Le notti d'estate del 1968, in cui il diciannovenne artista inglese si trovava a muoversi tra i canyon di vetro e acciaio dei grattacieli di Manhattan, gli lasciarono una forte impressione che lui trasferì ben presto nei disegni delle sue tavole, dove gli elementi architettonici hanno un grande risalto e spesso in ambientazioni notturne. Questi stessi elementi gli consentirono inoltre di definire al meglio, per contrasto, la sua personale versione del personaggio: il suo Conan è un ragazzottone, poco più che adolescente, che si muove con solo un minimo di consapevolezza tra le complessità architettoniche di una civiltà che lo sopravanza infinitamente; in qualunque luogo si trovi a vivere le sue avventure, è comunque uno straniero, un pesce fuor d'acqua che per salvarsi la vita può contare solo sulla sua spada e le sue abilità guerresche. Non è così difficile fare il confronto con la situazione di vita di Barry Smith nel suo primo periodo americano (ma non solo, come vedremo). Anche il giovane artista irrequieto, ingenuo e romantico, era uno straniero, e lo era sia in patria, cioè a un oceano di distanza da dove si faceva la storia del fumetto, sia nella New York della fine degli anni '60, dove era costretto a vivere da clandestino, tra mille difficoltà. Le sue armi vincenti: la mano felice nel disegno e una grande capacità di narrare storie per sequenze di immagini.

Scacciato dall'America nel dicembre del 1968, dopo cinque mesi di esistenza precaria sebbene da professionista del fumetto, l’esilio in patria di Barry Smith si protrasse per oltre due anni, fino al marzo 1971. Sebbene l’impossibilità di tornare negli States in tempi rapidi lo deprimesse, lavorava con grande profitto, sette giorni su sette, nell'angolo di soggiorno della casa dei genitori che aveva adibito a studio. Fu in questo spazio casalingo che videro la luce i disegni per i primi nove albi del mensile Conan the barbarian, dopo la prova generale di The Sword and the Sorceress!, storia di sette pagine che vide la luce nel quarto numero di Chamber of Darkness dell'aprile 1970 e presentava nelle sue pagine la figura di Starr the Slayer, fedelissima anticipazione, a livello grafico, del personaggio di Conan. 
Il problema principale era che la sua richiesta di green card arrivava in un momento, l’inizio degli anni ’70, in cui il dipartimento per l'immigrazione degli Stati Uniti aveva drasticamente ridotto le ammissioni di cittadini inglesi, confinandole a quei soli soggetti che erano considerati rientrare nella categoria di “geni delle arti, delle lettere e delle scienze”. Barry Smith inviò, come da prassi, i suoi disegni alla commissione apposita, perché fossero sottoposti alla valutazione di rito, è il risultato che ottenne fu proprio quello che voleva ma disperava di ottenere: quell’imprimatur di registered genius che gli permise di iniziare, a ventuno anni di età, la sua nuova vita di immigrato regolare in America.

Eppure per la seconda volta, sebbene per motivi diversi dalla mancanza di soldi e dallo stomaco vuoto, la vita a Manhattan si presentò per lui ricca di incognite e di problemi. Alla fine del 1971 lo troviamo così di nuovo a Londra, nelle sue parole "per rivitalizzarmi socialmente e consultare uno specialista in riaggiustamento della colonna vertebrale" (Opus volume 1, p. 110).
Un secondo “esilio” che si protrae stavolta per circa un anno, nel corso del quale Barry Smith lavora a The Song of Red Sonja, destinata a essere la sua ultima storia per il mensile Conan the barbarian.
The Song of Red Sonja appare nel numero 24 della collana ed è la seconda avventura di Conan, dopo The Shadow of the Vulture, a ospitare l'eroina dai capelli rossi creata da Robert Ervin Howard nel 1934. E qui vale la pena soffermarsi un momento sull'efficace operazione messa in atto dallo sceneggiatore della Marvel Roy Thomas (co-autore, con Barry Smith, dei fumetti di Conan). La metamorfosi letteraria a cui lui sottopone l'eroina di Howard non è solo singolare e affascinante, ma dagli imprevedibili effetti a cascata. Red Sonya da Rogatino altri non era in origine che una donna di nazionalità russa, protagonista appunto del racconto di Howard del 1934 The Shadow of the Vulture, un racconto estraneo al ciclo di Conan, ambientato nel periodo Rinascimentale, dove lei appare così descritta (traduzione mia):
Alta, dalle splendide forme ma sinuosa... con trecce ribelli che si increspano nel sole come onde di oro rosso sulle sue solide spalle. Stava in piedi come un uomo, ben piantata sulle gambe calzate negli stivali e i pollici infilati nella cintura, ma era in tutto e per tutto una donna.

Fu Roy Thomas a cambiarle il nome in Red Sonja e a trasferire di peso lei e la storia di cui era protagonista dalle steppe turaniche e dal rinascimento all'era hyboriana, con il risultato di adombrare completamente il personaggio originale e creare un'icona guerriera al femminile che sarà protagonista non solo di un discreto numero di albi a fumetti, ma anche di varie produzioni cinematografiche.

Altrettanto dirompente appare comunque la trasformazione stilistica cui va incontro Barry Smith nei due anni in cui lavora alla serie di Conan the barbarian. Basta mettere a confronto alcune vignette della prima storia di Conan da lui realizzata (la prima in basso) con altre prese da The Song of Red Sonja (la seconda in basso), per rendersene conto.



Come appare chiaro dal confronto, il tipico stile supereroistico, codificato all'epoca soprattutto nel dinamismo esasperato dei disegni del maestro Jack Kirby, si evolve con sorprendente rapidità in un disegno classicheggiante e sofisticato che ne è per certi versi l'antitesi. Ma è tuttavia una maturazione stilistica ancora in corso, come testimonierà di lì a poco la bellissima Red Nails, ultima storia in assoluto di Conan realizzata da Barry Smith. Lo vedremo presto.

Barry Smith fa il suo nuovo ritorno in America, dal secondo esilio londinese, all'inizio del 1973. Sempre più insoddisfatto del suo posto fisso alla Marvel, con i cui dirigenti è in conflitto non solo per ragioni di politica editoriale ma anche per motivi di diritto d'autore e di dividendi sui profitti, è alla ricerca di nuove strade in cui realizzarsi come artista. In attesa di una sistemazione più definitiva, prende dimora a Brooklyn, presso un amico di nome Michael Doret e la sua famiglia. Michael Doret condivide a sua volta uno studio professionale con l'illustratore pubblicitario, trapiantato dalla California, Charles White III, e proprio questo secondo dettaglio si rivelerà presto destinato a influire, per vie impreviste, sul futuro artistico e professionale del giovane artista inglese.

Nel frattempo, lo sceneggiatore Roy Thomas (lo stesso che abbiamo incontrato un paio di paragrafi fa nelle vesti di creatore di Red Sonja) gli propone di realizzare una storia di Conan per una nuova testata Marvel - pubblicata in formato magazine e stampata in bianco e nero, secondo una formula ampiamente collaudata dalla Marvel negli anni immediatamente precedenti: Savage Tales. La storia è un adattamento a fumetti del racconto di Howard Red Nails, apparso sul numero di Weird Tales del luglio 1936 (il mese successivo alla morte dello scrittore).
Barry Smith accetta, sia perché ha bisogno di soldi sia perché il numero di pagine che ha a disposizione non è stavolta limitato alle venti pagine circa della serie mensile, e questo sembra muoversi nella direzione che interessa a lui, che è quella di un continuo superamento dei limiti imposti dall'esterno alla sua ricerca artistica.
E' lui stesso a certificare la nuova evoluzione stilistica nel primo volume di Opus, la sua monumentale autobiografia per parole e immagini, dove scrive che in Red Nails il suo stile passa dal segno spesso, e caratterizzato da punti e trattini, di The Song of Red Sonja a "una linea più accurata che poteva essere stata influenzata dal mio recente interesse nell'opera di Arthur Rackham".
Quel che è certo è che Red Nails è un capolavoro del fumetto, come ben testimoniano questi frammenti che ho scelto di pubblicare qui di seguito (cliccate sulle immagini per vederle nella versione ingrandita e godervi meglio i disegni).


Savage Tales # 2, oct 73, p. 19 (detail)

Savage Tales  # 2, oct 73, p. 21 (detail)

Savage Tales # 3, feb 74, p. 13 (detail)

Barry Smith fece poi seguire le cinquantasette tavole di Red Nails, con altre quattro che illustravano la poesia di Howard Cimmeria. Questa che segue, è la tavola di apertura:


Savage Tales  # 2, feb 74, p. 47

Dopo queste quattro pagine di illustrazioni, che coronano la prima fase del suo cammino artistico, Barry Smith non solo dichiarò concluso il suo sodalizio professionale con la Marvel, ma prese anche la decisione di uscire, una volta per tutte, dal mondo del fumetto, che perdeva così per strada, all'apparenza in modo irreparabile, uno dei suoi maggiori talenti di sempre.

* * *


L'immagine di apertura del post è: Barry Windsor-Smith, The Brazen Thief (1987, detail).
Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.



Commenti

  1. Bellissimo excursus, dettagliato e di piacevole lettura. L'ho letto con vero piacere. Grande Ivano. Non immaginavo fosse così giovane quando creò Conan.

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    1. Wow, grazie un milione Massimiliano :))
      Questa serie di post sta prendendo molto anche me. Ho passato mesi alla ricerca di un tema che mi permettesse di vivere un'esperienza analoga a quella che avevo vissuto con la lunga serie dedicata a Vaughn Bodé e che mi aveva riempito di entusiasmo durante la realizzazione.
      Tra parentesi, le immagini a colori della versione italiana di Conan che illustrano il post... indovina da dove vengono? ;D

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    2. Wow, allora sono doppiamente felice di essere stato in minima (minimissima) parte utile.

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  2. Lo sai che io, pur avendo letto tutti i racconti di Conan originali (quelli di R.E. Howard) non ha mai letto un solo fumetto ispirato ai libri? É come se temessi di non ritrovare l'atmosfera creata dalle parole scritte.

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    1. Anch'io ho letto a suo tempo tutto il ciclo di storie di Conan scritto da Howard, ma non è che mi abbia lasciato una così grande impressione, a parte forse The Slithering Shadow, che ricordo come un po' sopra alla media.
      Viceversa sono sempre stato legatissimo al ciclo a fumetti di Roy Thomas e Barry Smith, grazie proprio al contributo personale dei due autori.
      Mi appassiona un po' di meno il Conan a fumetti successivo, quello disegnato da John Buscema e Ernie Chan, di cui ho collezionato solo le storie più importanti (in pratica quelle ristampate nella Marvel Treasury Edition).

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  3. In b/n dà il meglio di sé, mamma mia. Mi ricorda certi disegni di scuola francesce o anche italiana degli anni '60-'70.
    Insomma, un flipper vivente tra USA e Inghilterra, questo tizio XD

    Moz-

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    1. Un vero maestro il grande Barry Smith :)
      Il gioco del flipper finisce qui però. Il nostro da questo momento in avanti sarà un vero americano. E troverà anche l'amore ^_^

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  4. Uau! Bellissime le tavole pubblicate! E intanto colmo le mie enormi lacune sui comics di quel periodo...

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    1. Lacune comprensibili, Glò, visto che non c'eri. Il cammino di Barry riprende dopo le feste con nuove emozionanti tavole :)

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  5. Da ragazzina leggevo fumetti (i classici "Lanciostory" e "Skorpio"), ma non so nulla di quanto mi hai raccontato. Le tavole sono spettacolari. Grazie! :-)

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    1. Grazie a te che mi offri l'occasione di rileggere i post e di trovare refusi che mi erano sfuggiti in origine. In questo ce ne erano un paio davvero grossi come una casa :P
      Lanciostory e Skorpio appartengono in effetti a una corrente del fumetto completamente diversa da questa.

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  6. Per quanto riguarda i refusi, in editoria scolastica li chiamiamo i topi morti (o cammelli morti se preferisci)... ;-) ma penso che si usi dire così anche altrove.

    Immaginavo che Lanciostory e Skorpio fossero di una differente "parrocchia".

    Approfitto per dirti che ho lasciato un commento anche sul post n. 1 di Barry Smith.

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    1. Ho lavorato per cinque anni e mezzo nell'editoria, ma non ho mai sentito di queste terminologie zoologiche :O

      Ti avevo risposto anche nel post precedente ma il commento è sparito. Provo a ricostruire a memoria...

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    2. Se vuoi, c'è anche il "cavallo morto"... ;-) ma il concetto è sempre quello. Li usiamo quando le bozze vengono talmente corrette e rilavorate che poi rimangono dentro queste entità che non dovrebbero esserci.

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