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Il Re dei gatti e il tramonto degli oracoli /2




Nell'ora in cui L'Uomo di Sion
morì sulla croce per amore -
Nel momento in cui la sua fronte si distese nella morte,
e la sua anima venne meno;
Quando il suo sangue benedetto gocciò in basso,
e i suoi occhi regali guardarono in alto verso il trono, -
Fu allora che morì Pan.
Elisabeth Barrett Browning, The Dead Pan, vv. 183-189


* * *


La versione del Re dei gatti che offrono Santillana e von Dechend nel loro libro Il mulino di Amleto è singolarmente striminzita rispetto a quella che ho scelto di offrire nella prima parte dell'articolo:
Moltissimi gatti si sono radunati in una casa deserta e diroccata, dove un uomo li sta osservando di nascosto. Un gatto balza sul muro e grida: “Dite a Dildrum che Doldrum è morto”. L’uomo va a casa e ripete la frase alla moglie, al che il gatto di casa fa un balzo e miagola: “Allora il re dei gatti sono io” e scompare su per il camino.

E' quasi impossibile riassumerla ulteriormente: un gatto dice a un uomo di passaggio di dire a Tizio che Caio è morto. L'uomo ripete la frase alla moglie, ma il vero destinatario della frase è il gatto di casa, che ascolta e reagisce dicendo che adesso è il suo turno di essere Re. Forse è tutto qui l'essenziale della storia?

Arnold Bocklin - Rovine vicino al mare (1880)

Secondo l'opinione, e il metodo operativo (che è quel che più interessa qui) dei due studiosi, sembrerebbe di sì. E si può capire perché ricorrendo a un racconto di estrazione molto diversa, e che sembra inoltre, a prima vista, occuparsi di cose abbastanza lontane da queste:
« Quanto alla morte di questi esseri [semidivini], io ho sentito la storia di un uomo che non era né uno sciocco né un imbroglione. Alcuni di voi hanno ascoltato il retore Emiliano, che era figlio di Epiterse, mio concittadino e maestro di grammatica. Proprio lui mi raccontò che una volta si era imbarcato per l'Italia su un mercantile con molti passeggeri a bordo: alla sera, quando già si trovavano presso le isole Echinadi, il vento cadde di colpo, e la nave fu trasportata dalla corrente fino a Paxo. Quasi tutti i passeggeri erano svegli, e molti, terminata la cena, stavano ancora bevendo. All’improvviso si sentì una voce dall’isola di Paxo, come di uno che gridasse il nome di Tamo. Tutti restarono sbalorditi. Questo Tamo era un pilota egiziano, ma quasi nessuno dei passeggeri lo conosceva per nome. Due volte la voce dell'uomo lo chiamò, e lui stava zitto. Alla terza rispose, e allora quello con tono più alto disse: “Quando sarai a Palode, annuncia che il grande Pan è morto”.« A queste parole, diceva Epiterse, tutti restarono sbalorditi, e si domandavano se fosse meglio eseguire l’ordine oppure non darsene cura. Allora Tamo decise che, se ci fosse stato vento, avrebbero costeggiato la riva in silenzio; se invece giunti là avessero trovato bonaccia, avrebbe riferito la notizia. Quando infine arrivarono a Palode, non un soffio di vento, non un’onda. Allora Tamo, sulla poppa, guardò verso terra e gridò: “Il grande Pan è morto”. Non aveva quasi finito di dirlo, che subito si levò un gran gemito, non di una persona sola, ma di tante, pieno di stupore.
In molti avevano assistito al fatto, e ben presto la sua fama si sparse per Roma. L'imperatore Tiberio, allora, mandò a chiamare Tamo, e tanta fu la sua fede nel racconto del marinaio che volle informarsi e fare indagini su questo Pan: i filologi di corte congetturarono che fosse il figlio di Ermes e Penelope. »

Questo racconto, piuttosto famoso anche se forse poco letto, è parte del Tramonto degli oracoli di Plutarco.
Scompaiono i gatti, ma sopravvive la formula:
Uomo, di' a Tizio che Caio è morto!

Arnold Bocklin - Idyll (1875)
Un passo, affermano Santillana e von Dechend, che va inteso in questo senso: una Potenza è trapassata, lasciando aperta la successione. Il cosmo ha registrato un evento-chiave.
E a questo proposito, la mitologia tramanda almeno un paio di esempi illustri di "successione di Potenze": gli spodestamenti di Urano da parte di Kronos e dello stesso Kronos a opera di Zeus.
Ma chi è che sostituisce Pan?
Plutarco non lo dice, perché il suo proposito è semplicemente quello di offrire una spiegazione al sopraggiunto silenzio degli oracoli, o al fatto che gli oracoli abbiano smesso di parlare in forma poetica. Fedele alla visione platonica, Plutarco mira a salvaguardare la visione di Dio come bene assoluto, da cui non può venire nessun male, e per questo si rifiuta di attribuire al volere diretto di Dio la causa di quel silenzio. La sua spiegazione è un'altra:
Poiché la materia è per se stessa annientamento, accade sovente che essa svanisca, e si decomponga ciò che era stato creato da una causa superiore.

Allo stesso modo, si può dire che non il Dio è responsabile delle periodiche distruzioni del mondo a opera del fuoco o dell'acqua, ma l'iniquità delle sue creature.
"Chi mescola Dio alle funzioni umane" continua Plutarco, "non rispetta la sua maestà, e offende la dignità e il prestigio della Sua superiore statura".
Plutarco addebita così, al seguito sempre della tradizione platonica, il silenzio degli oracoli alla morte dei demoni, creature semidivine che sono però, a differenza degli dei, ancora mortali. E il racconto della morte di Pan ha appunto lo scopo di dimostrare che qualsiasi essere non completamente divino è soggetto alla morte. Secondo i filologi della corte di Tiberio, infatti, il Pan che qui muore è figlio di Hermes e Penelope, una mortale. (Perché i contemporanei di Tiberio identificavano con ogni probabilità questa Penelope con la moglie di Odisseo).

George Demetrescu Mirea - Baccante 

Forse proprio a causa di questo scopo limitato, tutta l'interpretazione dell'episodio a opera di Plutarco è stata messa in dubbio. Non era chiaro, per esempio, perché Pan fosse oggetto di un simile rituale. Il filologo francese Théodore Reinach propose all'inizio del '900 una sua spiegazione, che incontrò un grande favore tra gli studiosi suoi contemporanei e successivi. La voce che proviene dall'isola non si appellerebbe, secondo lui, al pilota Tamo (Thamus), bensì evocherebbe per tre volte, in modo rituale, il nome Tammuz, nome orientale del dio che i greci conoscevano come Adone. In questo caso la parola "pan" andrebbe intesa nel senso di "tutto" e non nel senso del nome del dio. Pan megiste non significherebbe "Il grande Pan" ma "Il grande tutto". (Mentre l'origine del nome del dio sarebbe da ricondursi alla radice *pā-, la stessa del nostro "pastore", da cui deriverebbe la forma Pa-on (Πάων). Altri studiosi considerano invece una forma ancora più antica che attribuirebbe al dio greco una lontana origine indoeuropea).

Arnold Friberg
Christ appears in the New World
(1952-55)
Il tramonto degli oracoli ha tuttavia finito per simbolizzare, nel suo significato più ampio, il declino di un intero mondo, quello della paganità greco-romana, e, almeno nell'ottica cristiana, l'avvento dell'unico figlio di Dio come nuovo Signore del mondo. E Pan è stato eletto, di conseguenza, dai cristiani sia a simbolo del paganesimo tout-court sia a rappresentazione iconografica del diavolo. Ma è proprio in questa ottica, o in una simile, che si può considerare l'episodio di Plutarco come un passaggio di consegna tra Potenze e l'avvicendarsi di un'era a un'altra (l'evento chiave di proporzioni cosmiche).
Ammettiamo quindi, per un momento, che sia la storia del Re dei gatti ad avere registrato nel modo più completo lo svolgersi dei fatti. In questo caso il timoniere Tamo annuncerebbe un passaggio di consegne e l'avvento di una nuova era.
Ma a questo punto si ripropone anche l'interrogativo su chi sia effettivamente questo Pan, figlio di Hermes e Penelope (la ninfa o la donna) e morto ai tempi di Tiberio.
Un altro filologo, il tedesco Georg Friedrich Creuzer, non ebbe dubbi sulla risposta: quel Pan altri non era che Sirio, la stella che costituiva il perno attorno al quale ruotava l'astronomia arcaica.




* * *

Note e crediti


I passi plutarchei sono tratti da: Dialoghi delfici. Adelphi, Milano 1995. Traduzione di M. Cavalli.

L'immagine di apertura del post è: Gustave Doré, La Vallée de larmes (1883).

Commenti

  1. Il discorso viene affrontato in modo molto ampio vedo (non so se da te, o dai due etnologi che stai citando interamente?)
    Comunque il tema del tramonto di un'era annunciato dalla morte del suo uomo (o creatura) simbolo è sicuramente molto suggestivo.
    Non c'entra molto con l'ipotesi dei due studiosi, è solo una divagazione letteraria, ma c'è un bellissimo racconto di R.E. Howard, il creatore di Conan il Barbaro, proprio incentrato sul crepuscolo di un vecchio olimpo di divinità (nella fattispecie quello nordico, ma sempre a vantaggio del cristianesimo) che avviene tramite una battaglia il cui esito, in realtà, è già noto agli stessi dei che sanno in anticipo di dover perdere e abdicare.

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    1. Il mio contributo personale riguarda soprattutto le notizie su Plutarco e in parte anche quelle su Pan, che sono in entrambi i casi frutto di altre mie ricerche. Dai due autori del libro dipende la visione astronomica della questione oltre all'assunto fondamentale della parentela fra il testo di Plutarco e la fiaba del Re dei gatti.
      Di Howard ho letto solo alcuni racconti del ciclo di Conan. Ma gli dei nordici in definitiva sono quelli che sono sopravvissuti più a lungo all'avanzata del cristianesimo. L'Islanda se ricordo bene si è cristianizzata solo a partire dal X secolo.

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  2. Io sapevo che la radice del nome Pan era quella da cui deriva la parola "panico", perché questo dio appariva di colpo nei boschi spaventando la gente.
    Comunque, è simpatico vedere come un semplice fauno sia stato demonizzato dalla chiesa...

    Moz-

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    1. Le cose stanno in realtà un pò diversamente, Miki: la parola "panico" deriva da Pan (a causa proprio della caratteristica che citi anche tu) e non da una radice comune a entrambi.
      La Chiesa potrebbe aver scelto il dio greco più facile da colpire, a causa del suo aspetto molto terreno e poco celeste. Del resto la stessa iconografia pagana dell'età ellenistica stava già facendo delle correzioni in questo senso.

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    2. Capito, grazie mille per la delucidazione!
      Io comunque tifo per i satiri :P

      Moz-

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    3. Non c'è di che, son sempre pronto a tirare a lucido!
      E che tu tifassi per i satiri avevo pochi dubbi XD

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  3. Vedo che condividiamo la passione per i quadri di Arnold Bockin

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    1. Proprio così Nick, è uno dei miei pittori preferiti. Anche se per la verità ho una lunga lista di pittori preferiti XD

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  4. Ho appena terminato di leggere "Radio libera di Albemuth" di Dick (a proposito: mi sto ricredendo sui suoi romanzi, se ti ricordi che ne avevamo parlato). C'è un passaggio interessante sui gatti come animali-guida.

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    1. Sì ricordo lo scambio di commenti. Io di lui ho letto solo La penultima verità, che, come ti ho scritto, mi ha lasciato abbastanza freddo.
      Ma cosa dice esattamente dei gatti?

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    2. Mah, non molto più di quello che ti ho detto. Adesso non ricordo benissimo, comunque il gatto fungeva da sua guida e protettore e lo indirizzava verso la giusta direzione quando era temporaneamente cieco.

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    3. E' un concetto tipico dello sciamanesimo. Probabilmente Dick ha attinto da lì.

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  5. Anche la storia nella versione gattesca potrebbe quindi riferirsi alla chiusura di un'epoca?

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    1. Secondo Santillana e von Dechend il racconto dei gatti sarebbe un pallido ricordo, mantenuto vivo dalla tradizione popolare, del mito originale. Si tratterebbe, in altri termini, dello stesso racconto, solo che alle potenze del mito, osteggiate dal Cristianesimo, sono stati sostituiti i più innocui animali magici tipici della fiaba.

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