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The Pleasure of Pain II Extended - Da Sade a Pasolini /6: Salò o le 120 giornate di Sodoma, i nomi e i volti




Questo è il film dell'adattamento. Ho finito col dimenticare com'era l'Italia fino a una decina di anni fa e anche meno, e, poiché non ho altra alternativa, ho finito con l'accettare l'Italia com'è diventata. Una immensa fossa di serpenti, dove, salvo qualche eccezione e alcune misere élites, tutti gli altri sono appunto dei serpenti, stupidi e feroci, indistinguibili, ambigui, sgradevoli.
(Pier Paolo Pasolini)

Questo film va talmente al di là dei limiti che ciò che dicono sempre di me dovranno poi esprimerlo in altri termini. E' un nuovo scatto. Un nuovo regista. Pronto per il mondo moderno.
(Pier Paolo Pasolini)


* * *


Salò o Le 120 giornate di Sodoma è l'unico film di Pier Paolo Pasolini a non avere una sceneggiatura completa scritta di suo pugno, nonostante di sceneggiature del film ne esistano ben tre.
E' senza dubbio curioso notare come tutto sia incominciato, nel 1972, dall'idea di Enrico Lucherini, capo ufficio stampa della Euro Film, di trarre da Le centoventi giornate di Sodoma del Marchese de Sade un tipico erotico all'italiana, in linea con la più classica produzione di quegli anni. Per questo il primo regista a essere interpellato fu Vittorio De Sisti, reduce di fresco dalla regia del decamerotico Fiorina la vacca, vale a dire di uno di quei numerosi film, non proprio all'altezza del loro capostipite, che sfruttavano a fini di cassetta l'attenzione ottenuta dal Decameron di Pasolini. Incaricati di scrivere la sceneggiatura furono Pupi Avati, Antonio Troisi e Claudio Masenza. Ma per quanto provassero ad attenuare la carica di sesso e violenza del testo di de Sade, non c'era modo di attenuarla abbastanza da produrre una sceneggiatura adatta a essere messa in scena da un regista con le caratteristiche di De Sisti.
Avati suggerì così alla Euro Film di proporre la regia a Sergio Citti, e fu allora che Pasolini, che servì da intermediario per far pervenire la sceneggiatura a Citti, ebbe occasione di leggere la prima sceneggiatura de Le 120 giornate. Non la trovò per nulla buona, ma rimase incuriosito dalla storia al punto da sentirsi spinto a leggere il romanzo di de Sade. Dopodiché propose ad Avati e a Citti di scrivere insieme una sceneggiatura a sei mani. Il risultato fu una seconda sceneggiatura, intitolata I 120 giorni di Sodoma, che comprendeva l'Antinferno, il Girone delle manie e il Girone della Merda. Del terzo e ultimo girone esisteva invece un dattiloscritto separato intitolato Girone del sangue.

Le tre giovani vittime in questa foto di scena di Deborah Imogen Beer sono Antinisca (Antiniska Nemour,
seduta a sinistra), Franco e Renata (Franco Merli e Renata Moar, seduti sul pavimento).

Ma le cose erano in rapido e costante mutamento. Pupi Avati a un certo punto decise di tirarsi fuori dal progetto (e anche in seguito scelse di non vedere mai il film di Pasolini); la Euro Film, entrata in crisi finanziaria, decise di rinunciare al progetto; Sergio Citti, che continuava a essere a tutti gli effetti il regista incaricato, era sempre più preso da altre idee e sempre più disamorato dell'idea. Il che era l'esatto opposto di quel che stava accadendo a Pasolini, che ne era invece sempre più catturato. Soprattutto dopo che aveva avuto l'illuminazione di trasporre la vicenda dalla Francia del tempo di de Sade all'Italia dell'occupazione nazifascista e della Repubblica di Salò (cosa di cui Citti non voleva sentir parlare)¹. Andò così a finire che dopo il ritiro definitivo di Citti, e anche a causa della circostanza che l'altro suo progetto in corso, un film su San Paolo, non riusciva a decollare, Pasolini propose l'idea di Salò ad Aurelio Grimaldi, direttore della PEA (Produzioni Europee Associate), ottenendo da lui il via libera. Ne nacque anche una terza sceneggiatura, intitolata stavolta Salò o le Centoventi giornate della città di Sodoma, che non era però nient'altro che una nuova trascrittura, probabilmente a opera di un incaricato della PEA, della precedente sceneggiatura a sei mani, con incorporate tutte le variazioni che Pasolini vi aveva apposto a margine di suo pugno.
Pasolini la utilizzò di fatto in fase di regia, assieme al fascicolo del Girone del sangue, sebbene poi in realtà il risultato finale del film trascenda di molto entrambi i dattiloscritti. Risultano infatti aggiunte nel corso delle riprese - che durarono poco più di due mesi, dal 3 marzo al 9 maggio 1975 - e/o in fase di montaggio, molte situazioni della pellicola, tra cui: le citazioni da Klossowski, le freddure raccontate dai quattro libertini², la scenetta teatrale tratta dal film Femmes, femmes di Vecchiali con protagoniste due delle narratrici - che sono poi le stesse due attrici francesi che avevano interpretato il film francese (vedi, nel seguito del post, l'Autointervista di Pasolini) - e altre scene cardine come quella del giovane che fa il saluto comunista prima di essere ucciso e quella del grido evangelico "Dio, Dio, perché ci hai abbandonato?" urlato da una delle mogli dei libertini (che sono coloro che, nel film come nel romanzo, subiscono il trattamento più crudele).



In quanto all'inconveniente di ritrovarsi con una narratrice in più, dovuto alla sua scelta di mutare la struttura di base del romanzo di de Sade riducendo da quattro a tre i cicli di racconti delle passioni, Pasolini lo risolse affidando a una delle attrici il ruolo di accompagnatrice al piano dei racconti delle altre tre.

Nel complesso, tuttavia, Pasolini ridusse di sei unità il numero dei protagonisti totali del romanzo, portandoli nel film da quarantasei a quaranta.
Ecco lo schema dei raffronti:

In de Sade
In Pasolini
4 libertini
4 libertini
4 narratrici
4 narratrici
4 mogli dei libertini
4 mogli dei libertini
4 vecchie di guardia ai serragli
4 militi
4 fottitori principali
4 collaborazionisti
4 fottitori secondari
8 ragazzi del serraglio maschile
9 ragazzi del serraglio maschile
8 ragazze del serraglio femminile
9 ragazze del serraglio femminile
6 addette al servizio del castello
6 addette/i al servizio della villa


Riguardo agli attori, Pasolini così li presenta nella sua Autointervista³:

Domanda: Chi sono gli attori che rappresentano i quattro mostri?
Risposta: Non so se saranno mostri. Comunque non meno e non più delle vittime. Nello scegliere gli attori ho fatto la solita contaminazione: si tratta di un generico che in più di vent'anni di lavoro non ha mai detto una battuta, Aldo Valletti [doppiato da Marco Bellocchio]; di un mio vecchio amico delle borgate romane (conosciuto ai tempi di Accattone), Giorgio Cataldi [doppiato da Giorgio Caproni]; di uno scrittore, Uberto Paolo Quintavalle, e infine anche di un attore, Paolo Bonacelli.


D.: E chi saranno le quattro "megere" narratrici?
R.: Saranno tre bellissime donne (la quarta nel mio film fa la pianista, perché i gironi sono appunto tre): Hélène Surgère [doppiata da Laura Betti], Caterina Boratto e Elsa De' Giorgi. La pianista sarà Sonia Saviange. Le due attrici francesi le ho scelte dopo aver visto a Venezia il film Femmes femmes di Vecchiali: bellissimo film in cui le due attrici, per restare nel contesto linguistico francese, sono "sublimi" (ma veramente).
D.: E le vittime?
R.: Tutti ragazzi e ragazze non professionisti (almeno in parte: le ragazze le ho scelte tra le fotomodelle, perché naturalmente dovevano essere dei bei corpi e, soprattutto, non dovevano avere paura di mostrarli).
D.: Dove gira?
R.: A Salò (esterni), a Mantova (interni ed esterni in cui si svolgono rastrellamenti e rapimenti), a Bologna e dintorni: il paesetto sul Reno sostituirà il distrutto Marzabotto...³


Si tratta di un film un po' diverso perché vorrei, per una volta, che gli attori non professionisti recitassero come attori professionisti. Le parole devono essere dette correttamente dalla prima all'ultima: esatte. Una colonna guida esatta. Voglio montarlo perfettamente. Voglio un film che sia un cristallo, formalmente. Non deve essere magmatico, caotico o inventato, sproporzionato. Tutto deve essere molto calcolato: i movimenti, le composizioni, i trucchi.
Una volta li facevo un po' così..., adesso no. Se uno deve cadere a terra morto, glielo faccio ripetere mille volte finché sembra proprio un corpo che cade morto. Insomma un punto di perfezione formale che mi serve per chiudere in una sorta di involucro le cose terribili di de Sade, del fascismo.

Pasolini qui la fa breve, ma in realtà alcune delle vittime, soprattutto tra le ragazze, sono interpretate da nomi noti a tutti gli appassionati del cinema di genere italiano degli anni '70, in particolare per quel riguarda il poliziottesco, i nazi movies (dei quali proprio Salò o le 120 giornate di Sodoma è l'ignaro capostipite) e l'erotico in genere.
Tra loro voglio almeno ricordare:

Franco Merli (n. 1956, Franco in Salò) aveva già lavorato con Pasolini interpretando Nur Ed Din ne Il fiore delle Mille e una notte (1974), per poi, dopo Salò, recitare ancora ne La collegiale (Gianni Martucci, 1975) e in Brutti, sporchi e cattivi (Ettore Scola, 1976), prima di concludere la sua breve carriera cinematografica con una particina ne Il malato immaginario (Tonino Cervi, 1979).

Franco Merli ne Il fiore delle Mille e una notte di Pier Paolo Pasolini (1974).


Antonio Orlando (1960–1988, Tonino in Salò), ha fatto il mestiere di attore per tutta la durata della sua breve vita. Prima di Salò aveva già recitato nei poliziotteschi I guappi (Pasquale Squitieri, 1974) e Il testimone deve tacere (Giuseppe Rosati, 1974).

Antonio Orlando nel ruolo di Rufus in Ars Amandi - L'arte di amare di Walerian Borowczyk (1983).


Dorit Henke (n. 1953) attiva come attrice tra il 1971 e il 1977, prima di Salò aveva già recitato in una dozzina di erotici in lingua tedesca. L'anno dopo Salò interpretò la vittima di Dracula nel primo segmento (La cavallona) del film a episodi 40 gradi all'ombra del lenzuolo (Sergio Martino, 1976).

Dorit Henke nel ruolo della vampirizzata in 40 gradi all'ombra del lenzuolo di Sergio Martino (1976)


Renata Moar (Renata in Salò) era già apparsa l'anno prima in La polizia chiede aiuto (Massimo Dallamano, 1974) e in seguito avrebbe interpretato, come suo terzo e ultimo film, La svastica nel ventre (Mario Caiano, 1977).

Renata Moar nel ruolo di Laura in La polizia chiede aiuto di Massimo Dallamano (1974) 


Antiniska Nemour (n. 1957, Antinisca in Salò), tra il 1974 e il 1978 interpretò dieci film, tra cui alcuni classici dell'exploitation italiana degli anni '70: Il giudice e la minorenne (Franco Nucci, 1974), Storie di vita e malavita (Carlo Lizzani, 1975), L'ultima orgia del III Reich (Cesare Canevari, 1977), La sorella di Ursula (Enzo Milioni, 1978).
Nella sua scheda biografica sul sito IMDB è riportato: "She was 18 when Pasolini found her in a model agency and gave her her role in the movie where she, like the rest of the young cast, played a character with her own name". Circostanza altamente improbabile, visto che, essendo lei nata il 31 maggio 1957, compì quell'età a riprese del film già ultimate.

Antiniska Nemour nel ruolo di Chiara (la sposina) in La sposina di Sergio Bergonzelli (1976).


Ines Pellegrini (n. 1954), nata a Massaua da padre italiano e madre eritrea, si trasferì in Italia a diciotto anni. Lavorò come attrice e modella dal 1973 al 1985. Prima di Salò, Pasolini l'aveva già chiamata a recitare nel ruolo di Zumurrud ne Il fiore delle Mille e una notte (1974) e aveva anche ottenuto una parte di rilievo nel thriller Gatti rossi in un labirinto di vetro (Umberto Lenzi, 1975).

Ines Pellegrini nel ruolo di Naiba in Gatti rossi in un labirinto di vetro di Umberto Lenzi (1975)


* * *

Note al testo


¹ "La ragione pratica dice che durante la repubblica di Salò era particolarmente facile e 'in atmosfera' organizzare ciò che hanno organizzato gli eroi di de Sade: una grande orgia in una villa presidiata dalle SS." (Pier Paolo Pasolini, Le regole di un'illusione, pag. 317-18):

² "In tal senso la regia si esprime soprattutto nel montaggio: è lì che avviene il dosaggio tra serietà e impossibilità della serietà, fra un truce sanguinolento Thanatos e un Baubon cheap (Baubon o Bauba era una divinità greca, non ben definita, del riso liberatore: o meglio osceno e liberatore). A ogni inquadratura, si può dire, devo pormi il problema di rendere lo spettatore intollerante e subito dopo smontarlo." (Ibid, pag. 318-19).

³ Auto intervista: il sesso come metafora del potere (Corriere della Sera, 25 marzo 1975). In: Pier Paolo Pasolini, Le regole di un'illusione, pag. 316-17.

Crediti delle immagini

Le foto di scena in bianco e nero sono di Deborah Imogen Beer, fotografa ufficiale sul set del film, e sono tratte dal film Pasolini prossimo nostro. Cinemazero/Ripley's Film, 2006. Regia di Bernardo Bertolucci.

Commenti

  1. Beh, leggere Pasolini che dice che chiede agli attori di ripetere la scena finché non è perfetta e scandire correttamente le parole, in effetti va contro il suo "stile". É anche vero però che un film ambientato in un contesto sociale tipo rione romano ha "bisogno" di gente che parli italiano in modo approssimativo, mentre qui evidentemente voleva teatro più che cinema realista.

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    1. In realtà ai ragazzi e alle ragazze avrebbe potuto dare ugualmente il suo placito a una loro recitazione dilettantesca, visto che anche in questo caso si trattava di figli del popolo, rastrellati nelle strade. La sua era quindi una scelta puramente stilistica, una modifica sostanziale del suo modo di fare cinema, che sarebbe con ogni probabilità proseguita anche nel successivo Porno-Teo-Kolossal. Ma la conferma di ciò purtroppo non potremo mai averla...

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  2. Se non erro Antonio Orlando è apparso anche ne "Il Soldato di Ventura" con Bud Spencer, ma ovviamente diversi anni dopo aver lavorato con Pasolini.

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    1. In realtà solo l'anno dopo, Nick, visto che "Il soldato di ventura" è del 1976.

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  3. Un post del genere lo cercavo da tempo. Splendido.

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    1. Grazie mille dell'apprezzamento e benvenuto sul mio blog, Roberto. Non ricordavo che fossimo in contatto su Google Plus, ma è un social che frequento davvero poco. Ho comunque avuto modo di vedere che sei a tua volta un blogger...

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  4. Te ne puoi andare in giro a tenere conferenze... Dico sul serio

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    1. Ah ah, grazie Ferruccio! Il problema è che non mi invita nessuno.
      Per la verità (grazie al blog) sono stato contattato di recente da un cineasta, ma per una consulenza su una cosa molto diversa... Magari, in futuro, chissà.

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    2. Vai avanti così che il futuro e lì (rima non voluta)

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