Questo sito utilizza cookie di Google e di altri provider per erogare servizi e analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google per le metriche su prestazioni e sicurezza, per la qualità del servizio, generare statistiche e rilevare e contrastare abusi. Navigando nel blog accetti l'uso dei cookie e il trattamento dati secondo il GDPR. Per maggiori dettagli leggere l'Informativa estesa.

Trilogia delle Madri /15: Verso il Mar Nero /3




MENELAO  Ma quali allucinazioni ti ammalano?
ORESTE  Mi è sembrato di scorgere tre vergini nere come la notte.
MENELAO  So a chi ti riferisci, ma non voglio pronunciare il loro nome.
ORESTE  Esigono reverenza: hai fatto bene a non nominarle.

(Euripide, Oreste, 407-410)

Dee sconosciute a voi mortali, da noi malvolentieri nominate.
(Mefistofele a Faust)


Abbiamo già incontrato la seconda di queste citazioni nell'ormai lontano secondo post di questa serie, dedicato a Plutarco e Goethe. E sappiamo che è tratta dal Faust di Goethe ed è riferita alle Madri. La prima proviene invece dalla tragedia Oreste di Euripide ed è riferita alle Erinni, dee deputate a perseguitare senza sosta gli assassini dei propri congiunti. Come è appunto il caso di Oreste, colpevole di aver ucciso la madre Clitemnestra per vendicare l'assassinio da parte di lei del marito Agamennone.

Ma aggiungiamo adesso, a questo primo, un altro confronto, stavolta tra la scena del film di Dario Argento La terza Madre in cui Sarah Mandy (Asia Argento) è in biblioteca, a caccia di indizi sulle Madri, e il brano del Suspiria de profundis di Thomas De Quincey a cui essa è chiaramente ispirata.

Scrive De Quincey a proposito delle Madri:
...queste dame sono i Dolori; e sono tre di numero, come tre sono le Grazie che adornano la vita dell'uomo; e tre sono le Parche, che tessono nel loro misterioso telaio il cupo arazzo della vita umana sempre con colori in parte tristi, talvolta accesi di tragico cremisi e di nero; e tre sono le Furie, che portano l'espiazione invocata dall'aldilà per gravi colpe che ancora si aggirano su questo mondo; e solo tre un tempo erano perfino le Muse, che intonano l'arpa, la tromba o il liuto al grave fardello delle appassionate creazioni dell'uomo...
Una successione di triadi femminili analoga a quella che vediamo scorrere sullo schermo mentre Sarah sfoglia le pagine di un volume d'arte, dove un'immagine delle Grazie è prima seguita da quella delle Furie (Oreste perseguitato dalle Furie di William-Adolphe Bouguereau, 1862) e poi delle Parche (A Golden Thread di John Strudwick, 1885).

Fin qui niente di nuovo. Avevo infatti già presentato, sebbene in post separati, sia il brano di De Quincey che la descrizione di questa particolare scena de La terza Madre. Ma proviamo adesso ad aggiungere un altro estratto, ancora dal Suspiria de Profundis e sempre riferito alle Madri:
Erano queste le Semnai Theai, o Dee Sublimi, erano queste le Eumenidi o Graziose Signore (così chiamate dall’antichità in trepida propiziazione) dei miei sogni di Oxford.

La nuova prospettiva aperta da questa frase di De Quincey è in realtà molto significativa, sebbene anche un po' spiazzante. Sia Semnai Theai che Eumenidi sono infatti epiteti di una specifica triade divina, le Erinni, citate sia nel Suspiria de profundis che ne La terza Madre con il loro nome latino di Furie. Parrebbe quindi che per De Quincey le Madri e le Erinni (o Furie) coincidano in un'unica e stessa. La stessa denominazione di Dolori richiama del resto a sua volta, in qualche modo, il nome Ἀραὶ (Maledizioni), che Eschilo, nella sua tragedia Eumenidi, dice essere quello con cui le Erinni sono conosciute nelle loro dimore sotterranee. E come ci è noto, prima da Goethe e poi da Dario Argento, pure le dimore delle Madri sono sotterranee.
L'ipotesi di una simile identità sembra però contrastare con l'inserimento, da parte dello stesso De Quincey, delle Madri (o Dolori) all'interno del citato elenco di triadi divine femminili che comprende separatamente anche le Erinni (o Furie). Ma poiché è anche impensabile che un esperto di cultura classica come De Quincey non abbia attribuito con cognizione di causa alle sue tre Madri gli epiteti specifici delle Erinni, ci sono fondati motivi per credere che la contraddizione sia solo apparente e quindi risolvibile. E magari proprio nel seguito di questa manovra di avvicinamento in corso - un po' lenta, lo riconosco - al Mar Nero, sulla cui riva, come certo ricorderete, Dario Argento ha collocato la nascita della stregoneria, intorno all'anno mille, a opera delle sue tre Madri.

Franz von Stuck, Oreste e le Erinni (1905)
Lo stesso Oreste, d'altronde, in un estremo tentativo di guarire la sua follia, arriverà a spingersi fin sulle rive del Mar Nero. Ma su questo torneremo al momento dovuto, mentre nel frattempo merita procedere con metodo filologico e cominciare dalla prima fonte di cui disponiamo a proposito delle Madri: il passo della Vita di Marcello di Plutarco in cui è narrato l'episodio di Nicia che, per salvarsi la pelle, si finge "inseguito ed agitato" dalle Madri (ho già presentato il racconto per esteso e potrete trovarlo nello stesso post su Plutarco e Goethe che ho linkato in alto). "Inseguito e agitato", viene da pensare, come Oreste, così che le figure delle Madri e delle Erinni appaiono a prima vista sovrapponibili anche in Plutarco.

Ma cosa sappiamo di preciso sulle Erinni? Non poco, visto che la loro presenza è diffusa nelle opere dei tre poeti tragici giunti fino a noi, Eschilo, Sofocle ed Euripide, ma non solo. Esiodo le dice, nella sua Teogonia, figlie di Gea, la terra, fecondata dal sangue versato dal suo sposo Urano mutilato da Crono. In Eschilo sono invece figlie della Notte (Nyx). Si privilegia in ogni caso, in linea con la loro natura e funzione, una genealogia tutta materna.

Venendo ora al loro aspetto, la Pizia, la profetessa di Delfi che vaticina su ispirazione di Apollo, così le descrive all'inizio di Eumenidi di Eschilo, quando le trova addormentate nei pressi del tempio a opera di Apollo:
...dorme una strana schiera di donne, accovacciate sui troni.
No! Non donne. Gorgoni le chiamo.
No! Neanche a Gorgoni posso paragonarle. Una volta vidi dipinte
le Arpie, che rapivano il pasto di Fineo. Ma queste, a guardarle, sono senz'ali, e nere. Abominevoli. Russano con fiati ripugnanti,
stillano dagli occhi umori non gradevoli,
le ornano addobbi certo non convenienti dinnanzi a immagini sacre di dei, o in case di umani.
Non sapevo a che razza appartenesse questa congrega,
né so quale terra si vanti di avere nutrito questa stirpe
senza proprio danno, senza pentirsi della fatica. (Eumenidi, 48-59)

Una descrizione impietosa, che Apollo, sempre profondamente avverso alle prerogative arcaiche di cui le tre dee sono portatrici, di lì a poco non fa che rincarare:
…vergini maledette e fanciulle decrepite, antiche bambine con le quali nessuno si è mai unito: nessun dio, nessun uomo, nessuna bestia. Sono nate per il male e abitano la mala ombra e il Tartaro, nel sottosuolo, detestate dagli uomini e dagli dèi dell’olimpo. (ivi, 68-73)
E qui siamo indubbiamente più dalle parti di Dario Argento che di Thomas de Quincey. Sebbene affiori alla mente anche la parte del Faust di Goethe dove il dottore così si rivolge alle Madri, durante il rituale d’evocazione delle immagini di Paride e Elena:
...e, pur socievoli, abitate in eterna solitudine.

Ma conviene inoltre a questo punto, visto che rivestirà comunque un ruolo fondamentale nel seguito di questa dissertazione, provare a riassumere la trama di Eumenidi, terza e ultima delle tragedie che compongono l'Orestiade di Eschilo (insieme ad Agamennone e Coefore). Le Erinni vi giocano infatti un ruolo fondamentale fin dal titolo, che fa riferimento al loro assumere, nel finale della tragedia, il nome propiziatorio di Eumenidi.

Gustave Moreau, Oreste e le Erinni
Eumenidi, in due parole, ci racconta di Oreste che, in fuga dalle Erinni dopo aver ucciso la madre Clitemnestra e il suo amante Egisto, colpevoli dell'assassinio di suo padre Agamennone, trova dapprima rifugio nel tempio di Apollo a Delfi. Il dio, che aveva in origine ispirato la vendetta di Oreste, accetta di purificarlo del suo delitto con il sangue del sacrificio di un porcellino nero, nel frattempo che fa scendere il sonno sulle Erinni. Inutilmente, poi, lo spettro di Clitemnestra appare a cercare di risvegliarle per tempo, prima che il rituale sia completato.
Oreste, tuttavia, sebbene purificato continua a essere tallonato dalle Erinni e cerca stavolta rifugio nel tempio di Atena sull'Acropoli. E' qui che la dea, ascoltata la versione dell'inseguito e delle inseguitrici, decide che il matricida sia giudicato da un tribunale che lei stessa riunisce e presiede sulla collina dell'Aeropago.
Il dibattimento, che vede Apollo nelle vesti della difesa e le Erinni in quelle dell'accusa, si conclude con il proscioglimento di Oreste, mentre le tre dee acquisiscono il nome Eumenidi e trovano una nuova dimora ad Atene, in una cavità sotterranea della collina dell'Aeropago.*

Ancora nella tragedia di Eschilo ricorre inoltre, per due volte (383, 1041) e sempre riferito alle Erinni, l'altro epiteto che De Quincey nel Suspiria de Profundis collega alle Madri: Semnai (Venerande). Così come ricorrerà in Sofocle ed Euripide. E così come ricorre tre volte, di nuovo esclusivamente in riferimento alle Erinni, in Descrizione della Grecia di Pausania (i, 28.1, 31.4; ii, 11.4).

Due passi della Descrizione in particolare, offrono notizie preziose sulle Erinni:
Da questo lato è l’Areopago, che così si chiama per esservi stato prima di ogni altro giudicato Marte. Il mio discorso ha già dimostrato, come, e perché uccise Alirrozio**. Vogliono poi, che in tempi posteriori vi sia stato giudicato anche Oreste, per la morte data alla madre; e vi è l’altare di Atena Arèa da lui dedicato, allorché fu assolto. Le pietre rozze sulle quali siedono accusati e accusatori sono dette della contumelia e dell'impudenza.
Lì vicino si trova anche il tempio delle Dee che gli Ateniesi chiamano Venerande, ed Esiodo, nella Teogonia, Erinni. Eschilo fu il primo a descrivere queste Dee con i serpenti intrecciati ai capelli; ma riguardo alle statue, non hanno niente di terribile né queste, né tutte le altre consacrate agli Dèi inferi. Sono ancora visibili quelle di Hades, di Hermes, e di Gea. E' qui che sacrificano tutti coloro che nell’Areopago sono assolti del delitto a loro imputato, e vi sacrificano promiscuamente sia stranieri che cittadini. (Pausania, Descrizione della Grecia, i, 28.1)
La strada che porta a Titane è lunga circa sessanta stadi, e per la sua strettezza è inaccessibile ai carri. Dopo venti stadi (mi pare) di strada a sinistra attraversato l’Asopo, si vede un bosco di elci, e al suo interno un tempio delle Dee che gli Ateniesi chiamano Venerande e i Sicioni Eumenidi. Nella festa che ciascun anno vi si celebra, si sacrificano a queste Dee pecore gravide e si fanno libagioni con miele misto ad acqua, mentre si usano fiori al posto delle corone. Lo stesso per i sacrifici sugli altari delle Moire, situati nel bosco a cielo aperto. (ivi, ii, 11.4)

Analogo accostamento agli dei inferi si rinviene anche in Elettra di Sofocle, dove la sorella di Oreste così si dispera per l'assassinio del padre Agamennone:
O dimora di Ades e Persefone!
O Hermes sotterraneo! Maledizione possente!
E voi, Erinni venerande, figlie degli dei,
che volgete lo sguardo su chi muore contro giustizia
su chi viene tradito nel letto nuziale, accorrete! Aiutateci! (Sofocle, Elettra, 110-115)

E anche qui risuona l'epiteto Semnai (Venerande), con in più il πότνι Ἀρἀ immediatamente precedente che appare come una sorta di doppione del nome Erinni, se consideriamo ciò che rispondono le Erinni ad Atena in Eumenidi, quando la dea, che le incontra e vede per la prima volta sull'Acropoli, chiede loro chi sono. La dea, naturalmente, non prova paura, ma appare comunque in qualche modo scossa alla vista di qualcosa che non somiglia "a nessuna specie di creatura generata" né divina né mortale.

Così le rispondono le Erinni:
Saprai tutto per rapidi accenni, o vergine nata da Zeus.
Noi siamo le figlie luttuose della Notte, Maledizioni [Ἀραὶ] ci nominano nelle dimore di sotto terra. (Eumenidi, 415-417)

Per ora mi fermerei qui, altrimenti il post si allunga troppo. Si è trattato finora più che altro, come si è visto, di raccogliere indizi sufficienti a permettermi di mettere meglio in luce, per poi tentare in seguito di risolvere, l'apparente contraddizione contenuta nel Suspiria de Profundis di Thomas De Quincey, che sembra suggerire una possibile identità tra le Madri e le Erinni. Cercherò di non farvi aspettare troppo, anche se mi è impossibile, al momento, prevedere un qualsiasi tempo di pubblicazione verosimile.


* * *

Note al testo


* I tre cambi di scena corrispondono alle seguenti parti della tragedia: 1-234 (Delfi); 235-565 (Acropoli); 566-1047 (Aeropago).

** Alirrozio (gr. ᾿Αλιρρόϑιος) Mitico figlio di Posidone e della ninfa Eurite, che, avendo fatto violenza ad Alcippe, figlia di Ares, fu ucciso dal dio presso una fontana alle pendici dell’acropoli di Atene. Ares fu quindi chiamato in giudizio da Posidone davanti al tribunale divino riunito sul colle che poi prese il nome di Areopago. (Fonte: Treccani)

Tutte le citazioni di De Quincey sono tratte da: Confessioni di un oppiomane; Garzanti 1977. Traduzione di Renata Barocas

Le citazioni di Goethe sono da: Johann Wolfgang Goethe, Faust. Einaudi, 1965. Traduzione di Barbara Allason.

Gli estratti dalle tragedie sono nella versione di Angelo Tonelli. Da: Eschilo, Sofocle, Euripide, Tutte le tragedie. Bompiani, 2011

L'immagine di apertura del post è: David Stoupakis, Ozezos (detail).
Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.

Commenti

  1. É leggendo post come questo che rimpiango di avere una cultura classica assai limitata... Ho solo qualche nozione da autodidatta, ahimè.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come dico sempre, a ciascuno il suo, Ariano. Pure io sono autodidatta, ma l'argomento mi ha appassionato abbastanza da immergermici dentro fin dai primi anni '80. Tu hai seguito altre strade, sicuramente più vicine al tuo sentire.

      Elimina
  2. Di questi sviluppi del mito di Oreste non ne sapevo proprio nulla. Molto interessante...

    RispondiElimina
  3. Sono post come questi che mi fanno amare il tuo blog!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, eh, comincia anche a esserci aria di stregoneria. Ma non sconfinerò di molto nei tuoi territori... continuerò a mantenermi soprattutto nei confini della classicità ^__^

      Elimina
  4. Che posso dirti, se non che scrivi da Dio?
    Io Le Euminidi e Le Erinni le ho scoperte grazie a Neil Gaiman ed il suo bellissimo Sandman.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Da dio greco, immagino, eh eh. Scherzi a parte, grazie per l'apprezzamento iperbolico, Raffaele (faccio finta di niente e incasso con goduria).
      Ora che mi ci fai pensare, ho qualche vago ricordo delle Erinni in Sandman. Ma davvero troppo troppo vago per essere utilizzabile.

      Elimina

Posta un commento

Chi commenta su questo sito lo potrà fare solo da loggato con Google. Deve quindi essere consapevole che il suo username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile. Potrà portare al Profilo di Blogger o a quello di Google+ a seconda della impostazione che si è scelta.
Gli utenti possono eliminare i commenti che hanno inserito. A una eliminazione definitiva provvederà direttamente l'amministratore del sito nel minor tempo possibile. Gli estremi dell'account saranno memorizzati per facilitare commenti successivi.
Tutti i commenti contenenti link per scambio visite o con link che indirizzano a contenuti non attinenti a quanto trattato nei post saranno celermente rimossi dal blog.

Post popolari in questo blog

Non ho dimenticato... Alessandro Momo /2 di 2

Non ho dimenticato... Alessandro Momo /1 di 2

10 serie a fumetti che hanno scandito i miei anni '70

Vikings S03 E07-10: La presa di Parigi

Il libro azzurro della fiaba - I sette libri della fiaba Volume 1

Sette opere d'arte per sette poesie

I misteriosi Quindici