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The man on the moon - Vita, opere e morte di Vaughn Bodé, messia del fumetto /6




Era oggetto di discussione tra i suoi amici cosa stesse accadendo a Vaughn. Quando uscì allo scoperto ci colse tutti di sorpresa.
Bernie Wrightson


* * *


Nella primavera del 1973, Bodé decise di lasciare Woodstock, e la casa che condivideva con l'amico e collega Jeff Jones, per fare ritorno alla sua Utica. L'idea era quella di affittare una casa e tentare di nuovo la strada della vita famigliare con la ex-moglie Barbara e il figlio Mark. Ma l'esperimento fu di breve durata e dopo poco tempo la moglie lo lasciò di nuovo per trasferirsi con il figlio a Rochester. "Era un padre eccellente quando era a casa, e io lo amavo davvero" raccontò lei in seguito, "ma mi era impossibile convivere con la sua malattia".
La malattia a cui si riferiva Barbara era la dipendenza del marito dai piaceri e i dolori del sesso estremo, di cui lui sembrava incapace di privarsi, con il risultato che ogni notte tornava a casa da lei con sempre nuovi lividi e ferite, conseguenza delle sue escursioni nel S&M e nel bondage.
Finché, nel dicembre dello stesso anno (cioè nello stesso mese dedicato all'autoindulgenza in cui National Lampoon pubblicava il poster dell'Adorazione), e contro il parere dei medici che non ravvisavano in lui nessuna delle caratteristiche del candidato al cambio di sesso, Bodé dette inizio a un primo ciclo di iniezioni di ormoni femminili. Ma dopo sole cinque iniezioni, davanti all'evidenza degli effetti delle iniezioni sulla sua virilità, ebbe un ripensamento e interruppe la serie, avvalorando così l'opinione dei medici. Ed è in effetti molto probabile che Bodé, come il suo amico e compagno di travestitismo Jeff Jones, non sia mai stato nella sua vita qualcosa di diverso da un eterosessuale puro, e che solo la sua aspirazione alla totalità lo abbia spinto verso quell'androginia che ne è una delle rappresentazioni più evidenti.

Ma accanto e a dispetto delle sue vicissitudini personali, Bodé stava anche raggiungendo a tutta velocità l'apice del suo successo professionale. I volumi che raccoglievano i suoi fumetti contavano ormai in America tirature di sei cifre, e anche l'Europa si stava accorgendo di lui. La Francia, da sempre la nazione europea meglio disposta nei confronti del fumetto, realizzò un'edizione di lusso a tiratura limitata delle sue opere. Il merchandising tratto dai suoi fumetti includeva tutto il possibile: dalle magliette ai poster, dalla carta da lettere ai puzzle. Mentre il suo Cartoon Concert fu arruolato dal Bantam Lecture Bureau (fondato nel 1971 allo scopo di ottenere conferenze a pagamento per gli autori pubblicati dalla casa editrice Bantam), per la cifra di 2500 $ a performance. Bodé poté così portare il suo spettacolo attraverso tutti gli Stati Uniti, il Canada e l'Europa.

Il 1974 iniziò, da questo punto di vista, sotto i migliori auspici. In primavera realizzò quella che secondo alcuni è la sua opera più importante: un breve monologo pittografico che occupava la parte inferiore di un albo della Last Gasp, Schizophrenia, dedicato per il resto alle strisce di Cheech Wizard. Il monologo, che come titolo portava semplicemente il nome "Bodé", era disegnato in senso verticale ma stampato in orizzontale, così che era necessario, per leggerlo nel verso giusto, ruotare l'albo di 90°.
Quello che si apriva allora agli occhi del lettore, era una confessione autobiografia di rara intensità emotiva e oltremodo coraggiosa. L'ennesima riprova di quanto Bodé fosse ormai lontano anni luce dal suo proposito infantile di non condividere con nessuno la realtà del suo mondo interiore sostituendolo con dei fumetti di facciata. La qualità della scrittura è inoltre tale, pur nell'utilizzo del consueto slang, da permettere al testo di reggersi anche senza l'ausilio delle immagini. Ho quindi deciso di tentare una sua traduzione in lingua italiana, e di proporvela qui di seguito in forma di monologo letterario. Va da sé che tradurre Bodé, ormai lo si sarà capito, è tutt'altro che una passeggiata...

Il racconto inizia con il nostro sulla luna, seduto assorto in se stesso, la testa premuta sulle ginocchia. Indossa una tonaca di colore blu e dei lunghi stivali. All'improvviso la caduta di un piccolo meteorite lo distrae dalle sue riflessioni, spingendolo ad alzarsi in piedi e dare inizio al suo monologo.

Chi è là?
...Un piccolo meteorite. Bene,
è ora di mettersi in piedi e fare quel che c'è da fare.

Oh sì, mi sono svegliato anche oggi.
Cazzo, gente, io esisto! E' bello esistere...

Mentre saltello tra le polverose colline lunari
la mia testa è leggera come la luce.

Sììì. Io sono io,
e sono vivo!!

Nessuno mi conosce
meglio di quanto io mi conosca,
e questo è vero anche oggi.

E anche se tu non lo sai,
sto mettendo in fila tutti i miei viaggi.

Sì mamma, inseguo
la mia personale coda di cometa
nel cosmo della mia mente!

Amico mio, un tempo ero
il più triste fottuto spermatozoo
che tu abbia mai visto...
Ero così disintegrato da credere di essere integro.
O annebbiata miseria della mia testa squassata dal dolore,
ero un morto vivente che cammina.

Ero:
gelido acciaio-grigio-blu
e spento, malato terminale.
Come avrei voluto morire!
Non c'era altro posto se non la tomba
per un povero ragazzo confuso come me.

Come fai a dirlo al tuo mondo:
a tua madre, a tua moglie, a tuo figlio, ai tuoi amici.
Come fai a dir loro tutto quel che sei...
Come fai a dire a te stesso
che non c'è nulla che non sia deviato
dentro quel tuo cavolo di testa?

Gesù, quando hai cose, cose che ti consumano da dentro!
Quando hai una deviazione culturale e ti trovi
a baciargli il culo perché sei tu!

Mamma, tu hai fatto di me
un travestito!

Non mi sto piangendo addosso!
E' che sono stato privato della possibilità di scegliere
prima ancora di sapere che c'era una scelta!!
Che fottuta fregatura!

Spingi giù, ragazzo, reprimi e
va a nasconderti nell'armadio delle false identità!
Pretendi che non sia così quando è così!
Pretendi di odiare qualcosa quando la ami!
Essere ridotto a niente!

Caro mio, dalla confusione della mia mente
crebbero milioni di contraddizioni assassine,
conflitti irrisolvibili tra cosa si supponeva dovessi essere
e ciò che ero.
Precipitai verso oscure regioni suicide.

Anni di repressione, di lacerazione
del tessuto naturale della mia anima.
La morte divenne l'oscura signora dei miei sogni.
Dormire soltanto, e smettere di piangere dentro.
Una vita bella, intoccabile.

Mentre crescevo, dentro e fuori,
la mia intensità era paragonabile
a quella di una tigre selvaggia in un vulcano ghiacciato!
...costruii una gabbia in cui rinchiudermi così che nessuno,
neanche io stesso, potesse vedere cosa c'era davvero.

Come potrei mai giustificare le cose che ho fatto?
La vita sessuale segreta a tutto campo
che mi ha spinto verso le stesse cose che ho a lungo combattuto.
Verso cose che credevo confinate in quella gabbia mortale.

Io ero:
autosessuale, eterosessuale,
omosessuale, masosessuale,
sadosessuale, transessuale,
unisessuale, onnisessuale.

Il mio problema era che non volevo
più essere una unica cosa.
Volevo coprire tutto lo spettro delle cose umane:
uomo, donna, bambino, artista, studioso, amante, guerriero.
Oh la mia povera testa!

Ho incontrato un uomo un giorno
che mi ha fatto distendere sul lettino della sua mente
e per anni ha messo pace nella mia mente devastata.
Il mio primo guru mi ha spinto verso regioni inesplorate.
Lo amo ancora, anche da qui.

Crescevo, Gesù mio, crescevo come un fiore
che si apre alla rugiada del mattino!
Iniziai a vedere abbastanza da capire
che non ero capace di vedere.
Gettai uno sguardo in tutta questa complessità.

Un giorno incontrai un ragazzo indiano
che mi toccò il terzo occhio e mi disse:
Vedi? Il seme è nella tua mente meravigliosa!
Crebbi, come un gioiello, amico,
trasformai tutta quella robaccia da negativa
in positiva da cima a fondo.

Bene, cazzo, è tutto lì da sempre, è tutto dentro di me,
tutto collegato insieme.
Basta allungare la mano e aprire la gabbia.
La libertà di esistere è la chiave.
Mi piace tutto di me.
Bang! Luce pansessuale!

Ho aperto vie per queste oscure zone imprigionate
e ho comandato loro di uscire alla luce e agire.
Le ho lasciate libere di fluire con me sul mio cammino.
Alcune se ne sono andate, altre sono rimaste
come mie buone compagne di esistenza.

Perché non essere tutto ciò che posso essere?
Perché pormi dei limiti?
Perché non essere tutto il fiume
anche se sono programmato per pensare
di essere solo una bolla della corrente?

Il prezzo per essere me stesso è alto
e non ancora saldato del tutto,
ma ho trovato il mio filo a piombo per l'anima.
Siamo allineati e scorriamo senza ostacoli
ovunque la nostra strada sia destinata a condurci.

Mamma,
io sono io,
e sono vivo!


E' qui chiaramente descritto un percorso di ascesa dalle tenebre alla luce di cui Bodé è il protagonista assoluto. Le tenebre sono rappresentate nel suo caso dalla repressione della sua vera natura, mentre la luce è il risultato di un faticoso lavoro di scavo e di recupero che conduce gradualmente all'auto-accettazione. Un lavoro individuale che non è però del tutto esente da interventi esterni, come quello, a cui ho accennato in un post precedente, del giovanissimo guru Maharaj Ji.

E chissà che non sia stato proprio Bodé a consigliare alla Bantam Books, la stessa casa editrice che pubblicava le raccolte in paperback delle sue storie a fumetti, la pubblicazione del libro a sinistra dedicato al Maestro "il cui messaggio di pace ha cambiato milioni di vite" (come recita la copertina).
Uno dei punti cruciali del monologo è tuttavia, senza alcun dubbio, quello in cui Bodé chiama direttamente in causa la madre a proposito dell'origine della sua passione per il travestitismo. Questo passaggio è probabilmente da riferirsi a ciò che ha scritto Bob Levin, nel 2005, in un suo lungo articolo su Bodé, I see my light coming shining. Quando Vaughn era piccolo - scrive Levin - sua madre Elsie, che desiderava una bambina, gli faceva crescere i riccioli lunghi e lo vestiva in modo da farlo assomigliare a Shirley Temple!

* * *


L'immagine di apertura del post è un dettaglio della copertina di Junkwaffel #1 (The Print Mint, 1971). Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.

Commenti

  1. Santo dio, quante sfumature ha questo autore! E io che non lo conoscevo...! Come sempre, ottimo articolo, anche se quelli dove analizzi le tavole (tra simboli, scritte ecc) sono i miei preferiti.
    Ho tagliato i capelli proprio oggi, altrimenti potevo vestirmi anche io da Shirley! :p

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Già, era un autore che aveva molto da dire... peccato che sia morto così giovane. Adesso avrebbe avuto settantadue anni!
      Per quanto riguarda tu in versione Shirley, niente è perduto... i capelli ricrescono XD

      Elimina
    2. Ahahaah, ma sai, non so ballare :p

      Moz-

      Elimina
    3. Ma noi ci accontentiamo comunque... sentiti libero XD

      Elimina
  2. Onestamente un personaggio inquietante... Per carità, non faccio il moralista e non ho neppure lo spessore per poterlo fare, ma trovo sempre inquietanti queste persone così tormentate da cercare sempre di alzare l'asticella dell'eccesso... Mi fa venire in mente Sade, ma non quello reale, bensì quello evocato da Mishima nella sua piece teatrale "Madame De Sade".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prima di risponderti, Ariano, ho fatto una ricerca sull'opera di Mishima che citi. Mi ha stupito scoprire che Ingmar Bergman nel 1991 ne ha ricavato un film per la tv svedese che segue alla lettera lo script di Mishima. Ero convinto di conoscere tutti i film di Bergman ma questo mi era proprio sfuggito. Grazie per il suggerimento anche se involontario :)
      Riguardo a Bodé, io lo conosco come autore da quasi 40 anni ormai e gli sono molto affezionato. Pensa che ho mancato di un soffio la possibilità di vederlo dal vivo... lui era a Lucca Comics nel 1974 e io cominciato a frequentare la manifestazione dal 1975.

      Elimina
  3. La madre che veste il bambino da femmina è un classico, basti pensare a Oscar Wilde. Comunque Bodé mi ispira compassione: le sue parole evocano la storia di una farfalla imprigionata in un bozzolo e che lotta per liberarsi dalla sua prigione.

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    Risposte
    1. In un certo senso è la condizione umana in generale a essere così, no?

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