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Solve et Coagula - Nota al capitolo 3 /1: Il libro posseduto da Dioniso /1




Il terzo capitolo di Solve et Coagula è decisamente bibliofilo, infarcito com'è di riferimenti a libri di vario genere. Si comincia con il Diario di Anais Nin e si prosegue con Il libro dell'Es, Le mille e una Notte, Follia di McGrath e Dio di Illusioni di Donna Tartt, per finire con l'Edda di Snorri.
Sono naturalmente tutti libri che ho letto, anche se con il Diario di Nin sono al momento fermo, proprio come Giulia nel mio racconto, a metà del secondo dei sei volumi. Per quanto riguarda poi Le mille e una notte, anche in questo caso è vero che come Luisa ho letto da cima a fondo l'interminabile edizione integrale, ma mai consiglierei a qualcuno di imitarmi.

Poiché però, tra tutti questi libri che ho citato, la parte del leone nella mia storia la fa sicuramente Dio di illusioni, è proprio a tale romanzo che voglio dedicare nello specifico questa nota.

1. Dio di illusioni

E' un libro che amo molto e che ho voluto perciò omaggiare con l'assegnargli, in questo terzo capitolo di Solve et Coagula, il ruolo di catalizzatore nel primo incontro tra Luisa e Giulia.
Abbondano del resto, anche in relazione a questo episodio, i miei consueti riferimenti autobiografici, a cominciare dal fatto che ho effettivamente acquistato il volumetto in un supermercato e in modo del tutto imprevisto, senza averlo mai sentito nominare prima. E' successo che sono stato folgorato dal titolo ma, soprattutto, dall'immagine di copertina (che vedete qui di fianco), a tal punto che ancor prima di prenderlo dallo scaffale ero certo al 99,9% che quello era esattamente il libro che volevo leggere in quel momento.
La conferma la ebbi poi in una manciata di minuti, dopo aver letto la nota in quarta di copertina e le due citazioni presenti nelle pagine iniziali. (Aggiungo qui, di passaggio, che non leggo mai una parola del contenuto di un libro, neppure l'incipit, prima di acquistarlo).

Ed ecco qui di seguito la trama del romanzo, così come è riassunta proprio nella quarta di copertina.
In una piccola università del New England, un eletto gruppo di studenti - Bunny, Henry, Francis, Charles e Camilla, sofisticati e intelligenti - segue il corso di greco antico di Julian Morrow. Splendido oratore, esteta raffinato, il professore esercita sugli allievi una forte seduzione spirituale, guidandoli alla scoperta del mondo degli antichi in una sorta di ossessiva ricerca della bellezza. Anche Richard Papen, squattrinato studente californiano con ambizioni intellettuali ne subisce il fascino. Tra intense ore di studio, disquisizioni letterarie, pigri weekend in campagna consumati tra gli stordimenti dell'alcol, dolci abbandoni, sottili giochi d'amore, i legami tra Richard e i suoi cinque compagni si rafforzano. A poco a poco egli scopre il loro segreto: un omicidio involontario commesso in una notte di esaltazione e follia, di vera "estasi dionisiaca". Mentre i colpi di scena si avvicendano, il vertiginoso crescendo delle angosce e dei sensi di colpa che tormentano i protagonisti conduce all'inatteso, sconvolgente finale. [...]

"Greco antico", "ossessiva ricerca della bellezza", "estasi dionisiaca" furono le varie parti di formula magiche che completarono l'incantesimo. Era infatti il 2003, ed io ero ancora completamente preso, all'epoca, da una ricerca sul mito di Dioniso che mi aveva anche aperto le porte, per una serie di coincidenze fortunate, alla partecipazione in Calabria, nell'Estate del 2002, a un autentico baccanale.
Per quanto riguarda poi il romanzo vero e proprio, superò agevolmente il mio "esame di lettura", grazie ai suoi tanti pregi e pochi difetti. Uno dei suoi punti di forza è sicuramente, dal mio punto di vista, la sua capacità di essere tante cose insieme: una mystery novel, un romanzo di formazione, un romanzo realista che funziona, volendo, anche da storia di fantasmi, e altro ancora. Ho anche scoperto, tramite l'inesauribile pozzo di Wikipedia, un recentissimo articolo del giornale inglese The Guardian (Ten reasons why we love Donna Tartt's The Secret History di John Mullan, 18/10/2013) che elenca dieci validi motivi per leggerlo:

1. Inizia con un omicidio.
2. E' un atto di amore verso l'antica Grecia.
3. Ha tutti i  migliori elementi dei romanzi che si svolgono in ambiente universitario.
4. Nelle sue pagine c'è il classico narratore solitario della storia.
5. E' pieno di citazioni.
6. Ha un maestro di cerimonia carismatico (Julian, l'insegnante di greco antico).
7. E' ossessionato dalla bellezza.
8. Crede nel fato.
9. E' posseduto da Dioniso.
10. Ti fa accedere a dei segreti.

2. Quasi una parentesi: Nietzsche e Wilamowitz



Non sono sicuro di voler sottoscrivere tutte e dieci le ragioni elencate dal giornalista del Guardian, ma è certo, ed è ciò che più conta, che Dio di illusioni mantiene le sue premesse/promesse. La sensazione che ho avuto, leggendolo, è che Donna Tartt sapesse di cosa stava parlando, come sembra del resto voler sottolineare lei stessa con la sua scelta di aprire le danze con questa citazione dalle Considerazioni inattuali di Nietzsche:
Analizzo ora la formazione dei filologi e affermo quanto segue:
1. Un giovane può anche non sapere nulla dei greci e dei romani.
2. Egli non sa se possiede gli strumenti per conoscerli.

Ora, le Considerazioni inattuali sono una serie di quattro opere polemiche, piuttosto brevi, che Nietzsche scrisse dopo La nascita della tragedia, e la frase citata da Donna Tartt va inquadrata proprio nell'ambito della polemica del filosofo tedesco contro i filologi accademici. Detto in modo molto conciso, Nietzsche sosteneva l'impossibilità di comprendere alcunché degli antichi esaminandoli con il distacco e gli strumenti della moderna filologia, fondata su modelli scientifici e razionalistici.
Gli rispose il filologo Ulrich von Wilamowitz che gli consigliò, altrettanto polemicamente, di abbandonare la carriera universitaria e (prendendo spunto proprio da una frase della Nascita della tragedia) di mettersi alla testa del suo seguito di baccanti e satiri:
Nietzsche afferri subito il tirso e impazzi dall'India alla Grecia, ma scenda dalla cattedra dalla quale dovrebbe insegnare la scienza...*

Ma ancora Wilamowitz scriverà molti anni dopo, in Filologia e memoria, con tono più pacato e parzialmente autocritico:
Sebbene il mio scritto sia molto ingenuo, in fin dei conti ho colpito nel segno. Nietzsche ha fatto ciò cui lo sollecitavo: ha abbandonato l'insegnamento e la scienza ed è diventato profeta di una religione irreligiosa e di una filosofia non filosofica. Dica il futuro se l'autodeificazione e le bestemmie contro il socratismo e il cristianesimo gli assegneranno la vittoria.


* * *

Note e crediti

* U. von Wilamowitz, Zukunftphilologie, 1872

L'immagine di apertura del post è: Maerten Jacobsz van Heemskerck, Triumphzug des Bacchus.



Commenti

  1. Visti da un altro punto di vista, quelli che hai elencato potrebbero essere i 10 validi motivi per NON leggerlo. Ecco perchè recensioni così schematiche come quella di The Guardian hanno nessun senso.

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    1. In realtà, Marco, l'articolo del Guardian approfondisce ciascuno dei 10 punti dell'elenco. Io ovviamente non potevo riportare tutto altrimenti non mi sarebbe bastato l'intero post. Anch'io poi, come ho scritto, certi punti non li sottoscrivo; per esempio il numero uno: perché il fatto che un romanzo cominci con un delitto dovrebbe essere un punto di forza? Invece altri li condivido appieno, in particolare il 2 e dal 5 al 10. Quello che mi interessava sottolineare era l'importanza di questo libro per chi come me ama l'antica Grecia.

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    2. Mi riferivo più che altro al fatto che erano cose già viste, quindi non sembrano ottimi motivi. Poi un libro va letto a prescindere dalle critiche,

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    3. Be' ovviamente i motivi devono trovare una risonanza in te. Io un libro in cui è presente almeno la metà di questi 10 lo compro all'istante.

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    4. Io cerco di non guardare le critiche e di essere obiettivo. Un libro presentato in quella maniera non m'interesserebbe perchè penserei che l'autore abbia scopiazzato di qui e di là (Dorian Gray, L'Attimo Fuggente, metà dei gialli scritti... quella del narratore solitario, poi, è una stronzata di motivo). Secondo me The Guardian gli ha fatto una recensione positiva, ma scritta proprio da cani.

      Marco

      P.S. = Non centra nulla, ma uno dei tuoi commenti al post sui Pink Floyd sul blog illustraidee è sparito... Se hai voglia e pazienza di riscriverlo, ti rispondiamo volentieri

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    5. Il secondo commento al post sui Pink Floyd l'ho cancellato io perché era un doppione del primo. Avevo postato due volte per sbaglio.

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  2. Articolo molto interessante, come sempre nelle note al capitolo.

    Per quanto riguarda Donna Tartt, la tua frase "sapeva di cosa stava parlando" è uno dei grandi complimenti per chi scrive. Tra l'altro mi ha ricordato tutti coloro che scrivono, invece, tanto per farlo, e pure di malavoglia. Un esempio su tutti, Fred Vargas in "Tempi glaciali": un giallo con un'idea di base ottima sui meccanismi di identificazione politica e caratteriale inerenti i maggiori protagonisti della Rivoluzione Francese. In alcune parti di rimando storico, però, decisamente fuori obiettivo. Si percepisce a pelle quando un autore scrive sulla spinta soprattutto di un'idea interiore fortissima, quasi di un'esigenza, e non sulla base delle pressioni esterne, magari di carattere commerciale.

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    Risposte
    1. Grazie Cristina :)
      Alla fine acconsentirei anche a scrivere solo per soldi, perché troverei sempre preferibile guadagnarmi da vivere scrivendo che in altro modo, ma per il momento non corro certo di questi rischi ;D

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