Solve et Coagula - Pagina 25
Capitolo 2 - parte 13
«No, non credo che
mentisca. Mi ha anche invitata ad andare a vederla suonare. Inoltre, un paio di
volte è salita da noi una sua collega musicista con cui fa dei duetti».
«Questa sì che è una notizia» esclamò Giulia «la
mummia egizia che intrattiene relazioni con il mondo dei vivi!».
«Già, proprio così. E come vedi non sono la sola a
essere prevenuta verso qualcuno».
«Ma l’ha anche fatta entrare nella sua stanza?»
insisté Giulia.
La domanda stavolta non lasciò indifferente Luisa che ci rifletté
su per una manciata di secondi prima di essere, però, costretta alla resa: «Sai
che non te lo so dire? Non ci ho proprio fatto caso».
«Caspita!» esclamò all’improvviso Luisa «Giulia, hai
visto anche tu?».
«Visto cosa?».
«Io per aprire quel cavolo di portone devo spingere
con due mani e faccio ancora fatica. Lei, Alessandra, sembra averlo fatto con
un dito…».
«Come fai a dirlo con questa poca luce?» replicò l’amica.
«In ogni caso, non mi resta che imitarla» aggiunse
Luisa, facendo seguire alle sue parole un gran sospiro che lasciò a dir poco
sorpresa l’amica.
Non si scambiarono tuttavia altre parole se non la
promessa di risentirsi l’indomani e, dopo il rituale bacio di saluto, si separarono.
Dopo meno di due minuti Luisa fu al di là del portone
e ai piedi delle scale che la separavano dal suo appartamento. Le stesse scale,
si fermò a riflettere, che la sua inquilina saliva ogni giorno con il
violoncello in spalla. Dove trova tutta quella forza?, si chiese, sono forse gli
intrugli energetici che beve? Ricordò a quel punto di essersi anche
ripromessa di fare una ricerca in internet a proposito delle diete liquide, ma
era qualcosa che poteva aspettare. Le urgenze, al momento, erano altre, a
cominciare dal conflitto interiore in cui era immersa e che la lasciava
completamente disorientata, combattuta com’era tra due i desideri opposti di
affrontare di nuovo, al più presto, Alessandra e quello di evitarla invece come
la peste.
Dovette in ogni caso ammettere con se stessa di
essersi segretamente augurata, per gran parte di quel pomeriggio, di non
rivederla mai più. E, anche in quel momento, non aveva perso del tutto la
speranza che ciò
che era successo tra loro quel giorno si rivelasse alla fine sufficiente a spingere la sua
inquilina definitivamente fuori, armi e bagagli, dalla sua vita. Dopotutto, così schiva,
così diffidente, così corazzata com’era… come poteva tollerare non una, ma due
intromissioni nel suo mondo nel giro di così poco tempo? Poteva però benissimo
avere sottovalutato la sua capacità di adattamento, così come, tratta in
inganno dalla sua figura minuta, aveva sottovalutato le sue capacità fisiche.
Ma comunque stessero le cose, concluse dentro di sé
Luisa, restava il dato di fatto che lei, a ventisei anni di età e senza nessun
preavviso, si ritrovava per la prima volta con i confini della sua identità
sessuale come smangiucchiati da qualcosa che continuava suo malgrado a
percepire come esterno a sé, come poteva esserlo un branco di famelici pesci.
(Il dedalo delle storie, 25 settembre 2013)
Non credo che mentisca?! Forse vorrai dire "che menta"!
RispondiEliminaSono corrette entrambe le forme, Marco. Io mento, tu menti, egli mente... Oppure: Io mentisco, tu mentisci, egli mentisce,...
EliminaBeh, allora sta mentendo sapendo di mentine.
EliminaEsatto! E' come diceva il famoso conte: "Buon sangue, non mente!".
EliminaA proposito di conti con i denti lunghi, questa Alessandra mi ricorda una sua "consanguinea"...
RispondiElimina(Non sapevo che fosse corretta anche la forma 'mentisca'...).
In realtà certe caratteristiche vampiresche di Alessandra sono in parte dovute al tentativo di far partire un nuovo ramo della storia di stampo più horror. Qui siamo ancora ai tempi del Dedalo delle storie.
EliminaRiguardo invece alla forma "mentisca", non so bene neanch'io perché mi sia venuto spontaneo usarla al posto del ben più diffuso "menta".
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