Solve et Coagula - Pagine 48 e 49
Capitolo 4 - parte 10
Solo quando
ebbe varcato la soglia del portone si fermò per riprendere fiato. La sua era stata
una fuga in piena regola, si disse, ma da cosa? Era forse fuggita da Fabrizio?, dal Ragnarock?, da se
stessa? Se fossero state vere le prime due ipotesi, una o entrambe, il suo
comportamento era come minimo ambivalente dal momento che era impegnata, in
quegli stessi giorni, in manovre di avvicinamento in piena regola sia nei
confronti di Fabrizio sia del
Ragnarock. Se invece fosse stata vera l’ultima delle tre, allora non le sarebbe
valso a niente fuggire, perché si sarebbe portata dietro se stessa ovunque.
Ma la vera
risposta poteva trovarsi altrove. Forse la sua serata era stata semplicemente
condizionata dall’incubo che aveva avuto quel pomeriggio e tutto le era apparso
più nero di quanto fosse in realtà. Con questo pensiero, solo in piccola parte
rassicurante, cominciò a salire la prima delle numerose rampe di scale che
l’attendevano. Aveva in realtà sempre considerato una fortuna abitare al quarto
e ultimo piano di un vecchio palazzo senza ascensore, perché le garantiva un
minimo di esercizio quotidiano, soprattutto quando doveva portare con sé le
borse della spesa. Ovviamente molte delle persone che conosceva, non ultima
Giulia, la pensavano diversamente. Già, la sua Giuli. Non c’erano dubbi su cosa
avrebbe detto se fosse stata al corrente di quello che era appena successo:
avrebbe detto che la sua era stata una fuga da Fabrizio. O, più precisamente,
una fuga da quei suoi sentimenti verso Fabrizio che lei si ostinava a non voler
guardare in faccia, a respingere in profondità ogni volta che minacciavano di
affiorare in superficie. Ah, se fosse riuscita a far entrare nella zucca dura
della sua amica l’idea di quanto lei era lontana dal sentire la benché minima
attrazione nei confronti del suo supposto imperatore! Ma
in fondo non poteva neanche addossarle tutta la colpa; certo non dopo che lei
aveva gettato abbondante benzina sul fuoco con la sua iniziativa della cena a
tre, che era poi una prova in vista dell’incontro a due che avrebbe
probabilmente avuto con lo stesso Fabrizio il mercoledì successivo. Sì,
decisamente ce la stava mettendo tutta per far rimanere Giulia ben salda nelle
sue convinzioni e si chiese in quel momento perché non si era fermata in tempo,
perché era arrivata fino a quel punto a dispetto di tutte le sue riserve che
restavano, in fin dei conti, immutate.
Inoltre, ancora in base alla bislacca teoria di
Giulia, lei in quel momento era particolarmente vulnerabile al fascino della
sua bella inquilina. Provò così, suo malgrado, un brivido quando infilò la
chiave nella toppa. Esitò ancora un istante trattenendo il respiro, poi la fece
girare una prima volta, una seconda e una terza. Alessandra non era in casa. Ma
chissà cosa ci faceva poi fuori a quell’ora, si chiese Luisa. Anche se le uscite
serali della sua inquilina erano in realtà, almeno da un po’ di tempo a
quella parte, molto più numerose delle sue ed era questa una delle tante
stranezze con cui lei si trovava a dover convivere in quello strano periodo
della sua vita.
Capitolo 4 - parte 11
Luisa non sapeva proprio cosa pensare. A giudicare dalla ricerca che aveva
appena svolto sul suo computer, non esisteva e non era mai esistito un gruppo
musicale che si chiamasse Hel. L’opzione alternativa che le era stata
offerta in campo musicale era una band di nome Hell nata negli anni '80
e ancora in attività, mentre, per tutto il resto, il termine era riferito
unicamente alla dea dell’oltretomba scandinavo.
Entrò allora
nella pagina web del pub Ragnarock di Firenze (ne esistevano altri in altre
città, aveva scoperto) e cercò il calendario degli eventi. Alla data del giorno
precedente, il 6 febbraio, era riportata come previsto la notizia del concerto,
con in più la nota che sarebbe iniziato alle ore 23 e si sarebbe concluso alle
ore 24. Un’altra bizzarria, pensò Luisa: da quando in qua si dava notizia di un
concerto musicale in questi termini? Seguiva poi il testo: Ingresso
solo su invito. Per prenotarsi chiamare il numero di
telefono... Nient’altro.
Nessuna notizia, per esempio, sui nomi delle componenti del gruppo o sui loro
strumenti. E neanche era citato che si trattava di un gruppo tutto al
femminile, una caratteristica che avrebbe potuto fare da cassa di risonanza
all’evento.
Si chiese così se
non fosse stata troppo frettolosa nella sua conversazione con Fabrizio, se già
che c’era non avrebbe dovuto chiedergli qualcosa di più su Eva Luna. In ogni
caso, se era stata veramente lei a creare le Hel, doveva essere anche una
produttrice musicale. E, come è noto, i
produttori musicali sono tipi che badano al sodo. Quindi perché Eva Luna non si
dava da fare per pubblicizzare al meglio il suo gruppo? Non era interessata ai
soldi che le Hel potevano fruttarle?
Luisa si rese improvvisamente conto che la sua lista
delle domande diventava ogni giorno più lunga, mentre le risposte continuavano
a latitare. Non importava da quale lato si voltasse, si vedeva come circondata
dalla nebbia. Ed era anche, per la prima volta in quei giorni, a un passo dal
convincersi che aveva fatto la scelta giusta organizzando la cena di sabato. In
fin dei conti, qualunque cosa era preferibile a quell’opprimente situazione di
stallo che la faceva sentire come pietrificata.
Stava per uscire dal
sito, quando decise di dare comunque un’occhiata alla galleria fotografica del
pub. Non perché si aspettasse di trovarvi delle foto del concerto, ma per farsi
almeno un’idea dell’interno del locale. Cliccò così sul link apposito e comparve
una pagina con varie foto di dettagli dell’arredamento della stanza d’ingresso
e delle sue pareti, tutte dipinte di rosso e disseminate di targhe metalliche e
quadretti in legno. Ma Luisa sentì veramente solleticata la sua attenzione solo
nel momento in cui riconobbe il varco nella parete a cui, la sera prima, aveva
visto accedere i presunti spettatori del concerto.
(Il dedalo delle storie, 10 novembre 2013)
Ciao Ivano, grazie per il commento.
RispondiEliminaHo letto il tuo pezzo, mi piace il tuo ritmo, molto da noir - ti prende, ti trascina sino alla fine.. crei il patto con il lettore!
A rileggerci,
Giorgio D'Amato
Ah, grazie mille Giorgio! E pensa che questa storia l'ho scritta quasi per gioco, su un blog ora chiuso, a schegge di 500 parole quasi ogni giorno (a volte, come nel caso di questo post, 1000 parole in un giorno). Sto "ristampando" qui le 68 pagine che avevo scritto fino al momento della chiusura del blog, poi la continuerò con la stessa soluzione delle 500 parole a volta.
RispondiEliminaVolentieri a rileggerci,
Ivano
Concordo con i commenti precedenti. In ogni puntata c'è quel dettaglio, o ci sono quei dettagli, che ti portano a voler andare avanti a sapere. E' come una lenta discesa agli inferi...
RispondiEliminaInizialmente era intesa in questi termini, poi, come vedrai, mi sono lasciato tentare da altri percorsi, un po' meno scontati.
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