Il segreto di Hanging Rock /2 di 4
Nel primo post che ho dedicato a Picnic a Hanging Rock ho parlato dell'esistenza di un capitolo, il diciottesimo, che pur scritto dall'autrice Joan Lindsay, non aveva poi trovato posto nell'edizione definitiva del libro e, a maggior ragione, nel film di Peter Weir.
Nel secondo post ho iniziato a addentrarmi nei dettagli del meccanismo che aveva portato alla rimozione del capitolo. Una rimozione che si è in realtà rivelata parziale, poiché una parte del Capitolo 18 è infine confluita nel Capitolo 3 creando un senso di ripetizione. E proprio la scoperta di questa intromissione un po' pasticciata ha permesso a un certo momento a John Taylor, un promotion manager della casa editrice che ha pubblicato il romanzo, di accedere al club esclusivo dei detentori del "segreto".
Adesso, in questo nuovo post, è giunto il momento di affrontare un'altra, ancor più decisiva conseguenza, della scoperta di Taylor. Fu infatti a lui che Joan Lindsay consegnò, alcuni mesi dopo il loro incontro, il manoscritto del diciottesimo capitolo, e sempre a lui, nel 1980, cedette il copyright sul medesimo testo.
Nel secondo post ho iniziato a addentrarmi nei dettagli del meccanismo che aveva portato alla rimozione del capitolo. Una rimozione che si è in realtà rivelata parziale, poiché una parte del Capitolo 18 è infine confluita nel Capitolo 3 creando un senso di ripetizione. E proprio la scoperta di questa intromissione un po' pasticciata ha permesso a un certo momento a John Taylor, un promotion manager della casa editrice che ha pubblicato il romanzo, di accedere al club esclusivo dei detentori del "segreto".
Adesso, in questo nuovo post, è giunto il momento di affrontare un'altra, ancor più decisiva conseguenza, della scoperta di Taylor. Fu infatti a lui che Joan Lindsay consegnò, alcuni mesi dopo il loro incontro, il manoscritto del diciottesimo capitolo, e sempre a lui, nel 1980, cedette il copyright sul medesimo testo.
1. Un incipit memorabile
Così John Taylor riporta l'evento nel suo scritto The invisible Foundation Stone:
Joan mi dette il copyright, da usare a sua discrezione dopo la sua morte (aveva 84 anni all'epoca), come parte di una sua più generale reazione di orrore nei confronti del diluvio di richieste di informazioni che le venivano rivolte, soprattutto dopo la realizzazione del film. Ogni volta che una "soluzione" farlocca veniva strombazzata da un quotidiano, il diluvio aumentava di proporzioni. Essendo io diventato all'epoca il suo agente letterario, dovevo far fronte a tutto ciò - semplicemente dicendo che Lady Lindsay non era interessata a discutere la questione.
E sebbene lei sapesse molto bene che l'enorme successo sia del libro che del film avesse a che fare con il mistero di "cosa fosse veramente accaduto", in certi momenti desiderava di aver pubblicato il capitolo finale ed essersi risparmiata tutto il fastidio.
Ma, proprio come richiesto dall'autrice, il Capitolo 18 vide la luce solo dopo la sua morte - tre anni dopo la sua morte, per l'esattezza - come parte centrale di un libricino in tre parti dal titolo The Secret of Hanging Rock, che comprendeva anche, come testo introduttivo, il citato The Invisible Foundation Stone di John Taylor e, come parte finale, un Commentario di Yvonne Rousseau.
Non era però la prima volta che Yvonne Rousseau si occupava del "caso". Aveva infatti già scritto sull'argomento un libro di duecento pagine, pubblicato nel 1980 con il titolo The Murders at Hanging Rock.
Proprio in questo libro, Rousseau proponeva una serie di possibili soluzioni al mistero della scomparsa, ciascuna basata su una diversa visione del mondo. Come spiega lei stessa nel Commentario, ai due estremi di questo spettro di ipotesi c'erano le soluzioni ispirate, rispettivamente, da una visione meccanicista della realtà e dalla visione magica dell'ermetismo occidentale. E tutto questo, ricordiamolo, senza che lei avesse avuto modo di disporre del finale del libro, ancora inedito all'epoca.
Ma proprio la pubblicazione del Capitolo 18 renderà, alla fine, parzialmente vani i suoi sforzi, invalidando proprio quella visione pluralistica della questione su cui lei aveva basato The Murders at Hanging Rock.
Il che la spinge a scrivere, nel Commentario:
...stavolta non supporterò più in alcun modo l'affermazione di Joan Lindsay che la soluzione del mistero non è importante. Cercherò invece quell'unica visione del mondo che rende il capitolo in sé coerente. E farò questo chiarendo cosa effettivamente succede e come il capitolo si relaziona al resto del libro.
In altre parole: la pubblicazione del Capitolo 18 ha finalmente messo fuori gioco tutte le ipotesi (e le relative visioni del mondo) salvo una. E fra poco dirò qual è. Non prima però di aver trascritto l'incipit - mozzafiato!, va detto - del capitolo. Un incipit che, per qualcuno, potrebbe perfino rappresentare un indizio sufficiente.
Sta accadendo adesso. Come accade da quando Edith Horton corse inciampando e urlando verso la pianura. Come continuerà ad accadere fino alla fine del tempo. La scena non è mai cambiata al di là del cadere di una foglia o del volo di un uccello. Per le quattro persone sulla roccia tutto accade sempre nel tiepido crepuscolo di un presente senza un passato. Le loro gioie e agonie sono nuove ogni volta.
Miranda è poco più avanti di Irma e Marion, mentre si apre un varco attraverso i cornioli; i suoi lisci capelli biondi fluttuano liberi come seta di granturco sulle sue spalle che a forza di spinte fendono, come fosse una nuotatrice, un’onda dopo l’altra di verde polveroso. Un'aquila che si libra alta allo zenith, veduto un tremolio insolito di macchie più chiare in basso tra la boscaglia, si allontana verso zone più alte e più pure. Finalmente la macchia comincia a diradarsi, davanti a un breve dirupo che trattiene gli ultimi raggi del sole. E così è per milioni di sere estive, mentre lo schema si forma e si riforma tra gli speroni di roccia e i pinnacoli di Hanging Rock.
* * *
2. Mitopoiesi e Tempo del Sogno
Potrà sembrare strano, ma la prima volta che lessi queste righe straordinarie non solo rimasi, come ho detto, senza fiato, ma il mio pensiero andò spontaneamente a una frase che ho sempre conservato gelosamente nella mia memoria fin dalla prima volta che ebbi occasione di leggerla.
E' in realtà una frase famosissima, inserita anche da Roberto Calasso in epigrafe alle Nozze di Cadmo e Armonia, ed è tratta da Degli dei e del mondo, piccolo catechismo pagano scritto dal filosofo romano Salustio. Costui visse nel IV secolo d.C. e fu amico di Giuliano, imperatore dell'impero romano d'Oriente, detto "l'apostata" per il suo tentativo (fallito) di reintrodurre il paganesimo come religione ufficiale dell'impero.
Ma ecco la frase:
Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre.
E poiché queste parole sono riferite al tempo senza tempo in cui si "svolgono" gli eventi del mito, non posso che sottoscrivere in pieno la convinzione di Yvonne Rousseau che sia proprio la visione mitopoietica l'unica in grado di "spiegare" in modo coerente gli eventi di Picnic a Hanging Rock, soprattutto quelli del Capitolo 18.
Dobbiamo, in particolare, e non può essere altrimenti dal momento che è di Australia che stiamo parlando, rivolgere la nostra attenzione al Tempo del Sogno, il sistema religioso, mitico e cultuale su cui si fonda la visione del mondo degli aborigeni australiani.
Dobbiamo, in particolare, e non può essere altrimenti dal momento che è di Australia che stiamo parlando, rivolgere la nostra attenzione al Tempo del Sogno, il sistema religioso, mitico e cultuale su cui si fonda la visione del mondo degli aborigeni australiani.
Come scrive Yvonne Rousseau:
La mia personale spiegazione delle anomalie del Capitolo 18 invocherà il modello di sovrannaturale degli aborigeni australiani - che è tradotto in inglese come "Dreaming" [e in italiano come "Tempo del Sogno"]. Nella visione dell'occultismo occidentale, il corpo di un essere umano può giacere in trance o in stato di sogno mentre la coscienza si muove in forma astrale, invisibile agli altri. Allo stesso modo, possiamo supporre che il paesaggio australiano abbia un corpo astrale per un utilizzo nel Tempo del Sogno, e che le persone e gli Antenati che compaiono nelle leggende del Tempo del Sogno si stiano muovendo nella coscienza astrale del paesaggio, essendo stati rimossi dalla loro consapevolezza fisica. E' stato così nel caso delle ragazze e della McCraw. Mentre rimangono nel paesaggio astrale o consapevolezza di sogno, sono solo esseri virtuali; non hanno realtà fisica più di quanta ne abbia lo scenario in cui sono immerse, con la sua strana luce.
Incontriamo qui, tra le altre cose, un nome, McCraw, che non aveva ancora trovato posto in questa serie di articoli. Ms Greta McCraw è l'insegnante di matematica del College, ed è lei la quarta persona citata nell'incipit in alto, poiché una delle ragazze, Edith Norton, fuggirà urlando dalla Roccia e farà ritorno all'area del picnic alla fine del Capitolo 3.
Sebbene, in realtà, se nel terzo capitolo del romanzo non fosse stata inserita una parte del Capitolo 18, creando l'effetto di ripetizione di cui ho parlato nel post precedente, Edith Norton avrebbe abbandonato la Roccia quasi subito, già al termine della prima salita, e non dopo la seconda com'è invece nel libro pubblicato.
Ed è proprio dopo che Edith è scomparsa dalla scena della Roccia e Miranda, Marion e Irma sono passate oltre il monolite (Ms McCraw si aggiungerà solo in seguito), che alla realtà familiare del mondo fisico si sostituisce il Tempo del Sogno, e possono aver luogo gli eventi straordinari narrati nel Capitolo 18.
* * *
Ammazza, ma mica me lo aspettavo che potessero esserci risvolti così complessi!
RispondiEliminaQuesto fantomatico capitolo finale di certo è una rivelazione, nel vero senso della parola: svela e rivela... Sogno e mitologia si intersecano...Ma c'è una soluzione reale?
Moz-
Ne vedremo ancora delle belle, Miki, e ci sarà anche una specie di epilogo che temo rimarrà, forse per sempre, il massimo di verità raggiungibile.
RispondiEliminaPoi, più vado avanti più mi convinco che la scelta di togliere il capitolo sia stata dettata da motivi puramente commerciali... dal voler rendere il libro una lettura da svago, un giallo alla portata di tutti.
Dici che il finale sarebbe stato troppo... complesso?
EliminaTroppo "oltre"?
Moz-
Sì, penso che avrebbe rischiato di ridurre la platea dei lettori. Dopotutto eravamo ancora nel 1967 e in un paese all'epoca molto "British" come l'Australia. Forse in America sarebbe stato diverso.
EliminaVeramente complesso!
RispondiEliminaNon mancherò al prossimo appuntamento.
Sei sempre il benvenuto, ovviamente :))
EliminaUn diciottesimo capitolo che pare faccia discutere più della versione monca. E se esistesse un diciannovesimo capitolo?
RispondiEliminaMai dire mai, TOM, ma la vedo altamente improbabile come eventualità. Direi proprio che a questo punto le jeu sont fait, rien ne va plus.
EliminaMa tradotto in italiano, si trova il diciottesimo capitolo?
EliminaBuongiorno e benvenuto nel blog :-)
EliminaLa risposta è no, non esiste una traduzione italiana del Capitolo.