Il segreto di Hanging Rock /1 di 4
Nota: Per una migliore comprensione del contenuto dell'articolo è consigliabile leggere prima il post Incantesimi cinemusicali /2. Questo post ne è il seguito ideale.
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1. Un club esclusivo
...il Mistero del Collegio, come quello del famoso caso della Marie Celeste, rimarrà probabilmente per sempre insoluto.
E' con queste parole che si conclude il romanzo Picnic a Hanging Rock di Joan Lindsay, nella versione ufficiale che possiamo acquistare in qualsiasi libreria. Niente da eccepire: delle persone scomparse nessuna traccia, ma sono state svolte tutte le indagini necessarie e credo che nessun lettore medio possa mai percepire il libro come monco, mancante di un finale.
Eppure qualche rara persona, forse meno frettolosa della media nella lettura, si era accorta molto presto che qualcosa nella storia non quadrava. Una di queste persone fu John Taylor, destinato a diventare in seguito l'agente letterario di Joan Lindsay, nonché l'autore di un breve saggio dedicato proprio al mistero del finale assente: The Invisible Foundation Stone.
Ma cominciamo dall'inizio, cioè dagli anni settanta del secolo scorso.
A quell'epoca fu affidato a Mr. Taylor l'ingrato compito, in qualità di promotion manager della casa editrice che aveva pubblicato il romanzo (la Cheshire di Melbourne), di gestire la questione dei diritti cinematografici. Doveva in pratica incontrare i vari pretendenti alla realizzazione del film e decidere a chi fosse meglio affidare il compito. La sua scelta cadde infine su Patricia Lovell e Peter Weir, come futuri produttore e regista del film, e portò entrambi loro a incontrare la scrittrice.
La sua descrizione dell'incontro è così spassosa che merita di essere riportata per esteso:
Come d’abitudine con Joan, lei decise subito che erano loro [Lovell e Weir] le persone giuste e avremmo potuto andarcene già dopo cinque minuti. Passammo però un piacevole pomeriggio a conversare e guardare le sue foto, e a subire il suo fascino – un effetto che lei produceva senza nessuno sforzo o artificio.Io naturalmente, essendo un professionista dell’editoria, non avevo letto il libro. Le persone nel campo dell’editoria raramente hanno tempo di leggere qualcosa – un fatto che dà conto di gran parte delle tensioni che si accumulano tra loro e gli autori. Gli editori identificano i singoli libri con i loro “titoli” e qualificano un insieme di più libri come un “elenco”. Gli elenchi di titoli sono tutto ciò con cui ha a che fare l’editoria. Le pagine stampate vere e proprie portano via troppo tempo.
Ero di conseguenza disorientato da alcuni punti della conversazione che vertevano su qualcosa del genere di un mistero insoluto. Io annuivo con convinzione, mentre dicevo a me stesso che era meglio che mi procurassi una copia del libro da leggere nel weekend; cosa che poi feci.
La volta successiva che vidi Joan, le dissi che avevo notato alcune cose che non tornavano e avevo tratto delle conclusioni. “Ah” rispose, “sei una delle poche persone che se ne sono accorte”. Ero contento di essere entrato a far parte di un club esclusivo.
Ciò di cui si era accorto John Taylor, e con lui le persone che facevano parte del "club esclusivo", era un'incongruenza presente nel terzo capitolo del libro, quello che racconta la sparizione delle ragazze.
Prima troviamo scritto:
Prima troviamo scritto:
Le felci lasciarono preso il posto a una fascia di arbusti folti e spinosi che terminava in una sporgenza rocciosa, tanto alta da giungere loro fino alla cintura. Miranda fu la prima a uscire dalla boscaglia [...]
Si ritrovarono su una piattaforma quasi circolare racchiusa tra rocce, macigni e pochi alberelli dritti. Irma scoprì subito una specie di feritoia in una delle rocce e contemplava affascinata, laggiù, il campo del picnic.
Poi, solo poche pagine dopo:
Miranda avanzava per prima mentre le altre ragazze si dovevano aprire un varco attraverso i cornioli, ed Edith arrancava dietro a loro.
[...]
La piattaforma semicircolare sulla quale adesso erano sbucate aveva quasi la medesima configurazione di quella più in basso, circondata di massi e di pietroni sparsi. Cespugli di felci gommose, immobili nella luce diafana, non proiettavano alcuna ombra sul terreno di secco muschio grigio. La pianura sottostante si vedeva appena, infinitamente vaga e lontana. Aguzzando lo sguardo tra i massi, Irma distingueva lo scintillio dell'acqua e minuscole figurine che andavano e venivano tra banchi di fumo rosato, o di nebbia.
L'impressione che ebbe Taylor leggendo fu che la stessa scena, per qualche misterioso motivo, fosse stata descritta due volte in due modi diversi. E poiché in questo modo finivano per esserci due salite e due piattaforme semicircolari là dove ne esistono effettivamente solo una e una, la topografia nel romanzo non coincideva più con quella fisica di Hanging Rock. (Con grave disagio, va aggiunto, per i tanti escursionisti che si proponevano di ripetere sulla Roccia lo stesso percorso descritto nel libro).
Ma cos'era successo esattamente?
Era successo che alla casa editrice di Melbourne, al momento di pubblicare il libro, avevano richiesto a Joan Lindsay il consenso a pubblicarlo senza il diciottesimo e ultimo capitolo, e lei aveva acconsentito. E per supplire alla carenza di informazioni che derivava dall'eliminazione del finale si era ricorsi all'espediente di prendere una parte di quel capitolo e trasferirla nel Capitolo 3. Di qui la ripetizione.
Ed è a questo punto che entra in gioco la scoperta di John Taylor:
Ed è a questo punto che entra in gioco la scoperta di John Taylor:
Cosa avevo scoperto? Niente di più che alcune parole nel Capitolo 3 non sembravano starci bene - che i riferimenti a "banchi di fumo rosato" e "il battere remoto dei tamburi" sembravano anticipare eventi successivi e che l'autrice sembrava divertirsi a giocare con il tempo.
Com'è adesso chiaro, alcune parti del Capitolo 18 sono state trasferite (senza grande perizia) nel Capitolo 3.
Il manoscritto usato dall'editore e dal tipografo non è sopravvissuto, così nessuno può esaminare il metodo con cui si è proceduto. A posteriori, sembra più un lavoro di copia-incolla che di riscrittura del capitolo.
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2. Il film impossibile
Evidentemente l'editore, o chi per lui, aveva ritenuto preferibile un finale avvolto nel mistero, che non spiegasse troppe cose. Ma si trattò anche di una decisione che ebbe ripercussioni importantissime in seguito, al momento di trasporre l'opera sullo schermo.
E anche a questo proposito, vale la pena citare John Taylor:
[Cancellare il capitolo] fu una decisione puramente letteraria, ma gli storici possono ben affermare che il suo risultato indiretto fu la creazione dell'industria cinematografica australiana così come la conosciamo - perché è molto improbabile che ci sarebbe stata, nel 1972, una corsa all'acquisto dei diritti del film se il Capitolo 18 non fosse stato cancellato.
Come chiunque può vedere, il capitolo è assolutamente non filmabile. I film possono funzionare solo con ciò che gli ha dato Dio, e Dio non ha loro concesso la stessa flessibilità che ha garantito ai romanzi - sebbene la gente continui a fare tentativi, come i cumuli di scarti di pellicola continuano a testimoniare.
Ora, è quasi superfluo dire che al giorno d'oggi problemi simili non si pongono neppure; ma in effetti è facile credere, anche senza voler condividere in toto il pessimismo di Taylor, che prima dell'era digitale la trasposizione filmica del Capitolo 18 avrebbe richiesto un notevole dispiego di ingegno e di mezzi, tale forse da spaventare molti registi e produttori.
Si trattava in essenza (lo dico senza svelare troppo del testo del capitolo) di trasformazioni di esseri umani in animali molto diversi da loro e tra loro. Cioè non proprio la stessa cosa che trasformare, per esempio, Lon Chaney Jr. in Uomo Lupo, dove bastava filmare le differenti fasi di make-up e poi collegarle tra loro con un effetto di dissolvenza per ottenere il risultato desiderato.
Ma a questo punto è anche chiaro, per chi ha letto Picnic a Hanging Rock nella versione pubblicata, che abbiamo a che fare in questo capitolo scomparso con un tipo o livello di narrazione molto lontano da tutto ciò che lo precede nel libro. Non c'è infatti nulla nei primi diciassette capitoli, come anche nel film che ne è stato tratto, che operi su un piano così totalmente fuori dell'ordinario. Esiste sì una sorta di "sottotesto" magico che percorre un po' tutto il romanzo (e il film) e che preme in più punti per affiorare, ma in nessuna pagina ci troviamo davanti a qualcosa di paragonabile a quello che ci aspetta nel Capitolo 18. Al massimo ci viene detto che a mezzogiorno in punto nell'area del picnic ai piedi della Roccia si arrestano le lancette di tutti gli orologi.
E sarà proprio di questa differenza, e di molto altro ancora, che parlerò nella prossima parte...
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Note e crediti
La citazioni da John Taylor sono tratte da: The Invisible Foundation Stone. In: VV.AA., The Secret of Hanging Rock; Angus & Robertson, UK and Australia, 1987. Traduzioni di Ivano LandiLe citazioni dal libro Picnic a Hanging Rock sono tratte dal Capitolo 3 dell'edizione Sellerio (1993). Traduzione di Maria Vittoria Malvano.
Quindi in realtà il romanzo sfociava nel soprannaturale in modo palese, non sfumato... In effetti ho sempre trovato il film troppo "incompiuto" nel senso che fa di tutto per lasciar presagire eventi innaturali senza però mostrarli né lasciarli neppure immaginare.
RispondiEliminaProprio così Ariano, il capitolo finale, e rimosso, del libro è interamente dedicato al racconto di cosa succede alle ragazze sulla roccia dopo che sono sparite dietro il monolite, che è la soglia dove si arrestano sia il romanzo pubblicato sia il film. In realtà il finale è così "disturbante" che non mi sentirei di escludere che sia stato addirittura rimosso per la paura di scoraggiare eventuali lettori!
EliminaUna storia affascinante. Strano che in pochi si resero conto della ripetizione presente, a poche pagine di distanza, nel capitolo 3.
RispondiEliminaO se lo fecero, forse preferirono pensare che fosse dovuta ad un errore dell'autrice. Se non sbaglio per molto tempo fu ritenuta la cronaca di una vicenda realmente accaduta, no?
Ti dirò TOM, neanch'io mi ero mai accorto di niente finché la cosa non mi è stata messa sotto il naso. Probabilmente chi è abituato a leggere molto tende a trascurare i dettagli. Ed è anche vero che per molto tempo si è creduto che la storia fosse basata su fatti realmente accaduti.
RispondiEliminaForse non ci siamo accorti di niente perchè non c'era nulla di cui accorgersi. Sinceramente credo che il capitolo in questione sia un falso; scritto bene ma sempre un falso. Non c'è alcuna prova che sia stato scritto dall'autrice e non ci sono manoscritti originali a testimoniarlo. E' solo la parola di John Taylor a testimoniarlo
EliminaIo sono viceversa del tutto convinto della sua autenticità. In base soprattutto a quel che ci è noto degli interessi di Joan Lindsay e di quel che trapela dalla sua autobiografia. Del resto non ho trovato finora nessuno studioso di "Picnic" che lo abbia indicato come falso.
EliminaPer dirla in breve (visto che il blog è chiuso e io non sono più blogger da anni), trovo altamente improbabile che una scrittrice profondamente coinvolta nelle ricerche sulla quarta dimensione, tanto da tenere conferenze in tema, e con buone conoscenze di mitologia aborigena, si lasci sfuggire un'occasione come quella offertagli dal suo libro.
EliminaNon è anche forse una questione narrativa? Intendo: un libro che prosegue in un certo modo per 17 capitoli e al 18° diventa altro? Sarebbe come leggere un giallo all'inglese dove nell'ultimo capitolo scopri che l'assassino è un alieno psicopatico proveniente da un altro pianeta. Diventa difficile da digerire.
RispondiEliminaSì, sono d'accordo, Marco. Come ho scritto anche nel post successivo a questo, in risposta al commento di MIki Moz, secondo me si è cercato di mantenere il libro nell'ambito del romanzo giallo... probabilmente anche per ragioni di vendita.
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