Solve et Coagula - Pagina 63
Capitolo 5 - parte 12
Ma poiché Luisa era anche incuriosita dalla casa in rovina, faceva sempre in modo di spingersi fin nei paraggi della recinzione che la circondava per osservarla da vicino. C’erano anche alcuni cartelli che indicavano il pericolo di crolli, ma sospettava che servissero in realtà solo a tenere lontani i curiosi come lei. L’isolamento dell’edificio aveva infatti impedito che i vandali lo prendessero di mira e gli unici danni erano stati quelli prodotti dalle intemperie e dal logoramento degli anni. In pratica, della superficie muraria, erano cadute soltanto delle parti di intonaco, una parte del camino e un angolo del tetto.
Ma un giorno in particolare, proprio in occasione di uno di questi avvicinamenti strategici, Luisa si accorse di uno squarcio nella rete di recinzione che non aveva mai notato prima. Si voltò per guardare se sua nonna la stesse osservando, ma la radura era vuota, senza nessuno in vista. Il suo desiderio sembrava così essere stato esaudito: era finalmente libera di esplorare la casa a suo piacimento. E stava proprio per infilarsi carponi nel varco quando un suono attirò la sua attenzione. Era all’apparenza prodotto da un insetto ma sembrava dotato di un’oscillazione di frequenza fuori del comune. No, si disse Luisa tendendo le orecchie, dovevano essere più specie di insetti insieme a produrlo perché non solo il suono continuava ad aumentare di varietà, ma anche di intensità…
Solo quando si ritrovò nuovamente nella stanza del Circolo, esattamente sulla stessa sedia della seconda fila su cui si era seduta all’arrivo, si rese conto di aver sognato. Si era quindi addormentata senza accorgersene, mentre il concerto era andato avanti senza di lei, impossibile dire per quanto tempo. Comunque sia, la musica si interruppe molto presto e le tre musiciste, dopo un ultimo istante di immobilità e di silenzio totali, si alzarono in piedi per ricevere l’applauso del pubblico. Poi sparirono, altrettanto rapidamente a come erano entrate.
Luisa si sentiva annientata. Era stata capace di addormentarsi al primo concerto di musica classica a cui assisteva da molti anni a quella parte, senza neanche accorgersi in anticipo di star cedendo al sonno. Era se non altro abbastanza certa di non essere stata colta sul fatto, perché Alessandra, come del resto le sue due colleghe, non guardava mai in direzione del pubblico durante l’esecuzione dei pezzi.
Poi, all’improvviso, le sovvenne di Giulia, del Ragnarock e del suo cellulare ancora spento. Si affrettò così ad accenderlo, senza però che la sua attesa di trovare un nuovo messaggio dell’amica fosse premiata. Del resto erano solo le 22.30 ed era perciò molto probabile che il colloquio tra lei ed Eva Luna non si fosse ancora concluso.
Non le rimaneva quindi che dirigersi verso la casa di suo padre, anche se l’idea di starsene poi da sola in tutto quello spazio ad aspettare che Giulia si facesse viva con un sms non aveva nulla di attraente ai suoi occhi. Non le conveniva piuttosto approfittare di quello scarto di tempo per raggiungere i paraggi del Ragnarock?
Povera Luisa, non è bello addormentarsi durante i concerti.
RispondiEliminaPoveri personaggi di romanzi e racconti in genere... costretti a sottostare alle decisioni dei loro funesti demiurghi!
EliminaIl tuo commento a Nick mi fa venire in mente il contorto rapporto che noi narratori abbiamo con i nostri personaggi (almeno per quanto mi riguarda...)! :-)
RispondiEliminaMi hai fatto venire in mente e ricercare una frase di un post della serie "Cobra Trap" che ho dedicato al fumetto Modesty Blaise. Ecco cosa dice in un'intervista Peter O'Donnell, l'autore dei testi del fumetto:
Elimina"Devo presumere di averla inventata io Modesty Blaise, ma la mia sensazione è che in qualche modo lei vi abbia messo del suo. Credo comunque che sarebbe una grossa sfida per chiunque incontrare una persona come lei nella vita reale".
A un certo punto ti ritrovi ad accorgerti che i personaggi letterari, almeno quelli di un certo spessore, sono fatti della tua stessa materia.