Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta. Un'indagine sui valori /6
Nel rimanente della terza parte del libro, il Chautauqua de Lo Zen e la manutenzione della motocicletta prosegue e si conclude esaminando una serie di questioni: il blocco, l'enthousiasmos e le trappole dell'enthousiasmos. E' impossibile farne qui un riassunto dettagliato e mi accontento di restituirne l'idea di fondo, rimandando al libro chiunque sia interessato a una loro discussione approfondita.
L'idea di "blocco", per noi tanto spaventosa, è in realtà, secondo Pirsig, strettamente connessa all'idea di Qualità. Molti scienziati lo hanno vissuto alla soglia delle loro scoperte più importanti e ne hanno talvolta fatto un vivace resoconto, ma è relativo a tutte le attività che richiedono un'attenzione creativa (manutenzione della motocicletta compresa).
Dopotutto è proprio questo blocco, e non altro, che i buddhisti Zen si danno tanto da fare per provocare; con i koan, con la respirazione profonda, stando seduti immobili e via dicendo. (...) La paura del blocco non ha senso, perché quanto più rimanete bloccati tanto più vi si schiuderà la Qualità-realtà che di volta in volta vi libererà dal blocco. Quello che veramente vi blocca è il tentativo di fuggire dal blocco...
Mentre l'enthousiasmos descrive quello che succede a chi è in rapporto con la Qualità. Si colma di enthousiasmos , che significa letteralmente "pieno di theos", cioè Dio, cioè Qualità. In riferimento, chiaramente, all'etimologia del termine, dal greco antico.
Ma è facile perderlo, a causa delle "trappole dell'enthousiasmos", che sono tutte quelle cose che fanno perdere di vista la Qualità. Di queste trappole ne esiste un numero imprecisato, forse infinito, ma sono raggruppabili in due tipi principali: quelle determinate da circostanze esterne (contrattempi) e quelle determinate essenzialmente dalla vostra condizione interiore. Le seconde si dividono a loro volta in tre tipi: "trappole del valore", che bloccano la comprensione affettiva; "trappole della verità", che bloccano la comprensione conoscitiva; "trappole muscolari", che bloccano il comportamento psicomotorio.
Le trappole del valore, costituiscono senz'altro il gruppo più ampio e più pericoloso. E la più diffusa e perniciosa, tra le trappole del valore, è la rigidità, cioè l'incapacità di cambiare il valore dei dati per rimanere fedeli a valori prestabiliti. Vi è strettamente collegata la trappola dell'ego - un'eccessiva stima di se stessi che impedisce di riconoscere i fatti nuovi - a cui si collega a sua volta, ma in qualità di suo contrario, l'ansietà. Seguono, citate nel libro, la noia e l'impazienza.
Vi sono poi le "trappole della verità", che hanno a che fare con i dati che si imparano nelle aule dell'intelligenza classica, e la prima di queste è rappresentata dalla logica binaria sì-no.
Dato che non ci siamo abituati, di solito non ci accorgiamo che esiste un terzo termine logico possibile equivalente al sì e al no, il quale è in grado di espandere la nostra conoscenza in una direzione non conosciuta. Non esiste neanche il termine per indicarlo, per cui dovrò usare la parola giapponese mu.
Mu significa che il contesto della domanda è tale per cui la risposta sì e la risposta no sono errate e non dovrebbero essere date.
La conclusione di Pirsig è che la scienza cresce più grazie alle risposte mu che non grazie a quelle sì-no (...) Il sì e il no confermano o smentiscono un'ipotesi. Il mu dice che la risposta è al di là dell'ipotesi. Il mu è il fenomeno che fondamentalmente ispira la ricerca scientifica.
Arrivano infine, a conclusione del Chautauqua della terza parte del libro, le trappole per l'enthousiasmos di natura psicomotoria: attrezzatura inadeguata, scomodità, insensibilità muscolare....
E' con l'inizio della quarta, e ultima, parte del libro (la cui distanza dalla precedente ho voluto sottolineare con una chiusura di sezione), che il Chautauqua tende percettibilmente verso la sua soluzione, di pari passo al viaggio geografico dei due principali protagonisti, Pirsig e il figlio Chris, che volge ormai verso la meta.
Fedro seguiva il suo "sentiero di montagna", alla ricerca di una concezione della Qualità, e nel frattempo continuava a vedere altri sentieri che, a quanto pareva, conducevano tutti nello stesso posto. Quel posto lui pensava di conoscerlo già. Era l'antica Grecia. Ora però si chiedeva se qualcosa non gli fosse sfuggito.
Il greco antico era la materia di Sarah, cioè della stessa persona dell'università che, tempo prima, gli aveva instillato in mente l'idea della Qualità. Fedro le chiese se la Qualità avesse un posto nel pensiero greco, e la risposta di Sarah fu: "La Qualità ha tutti i posti nel pensiero greco".
Un secondo sentiero che portava all'antica Grecia veniva messo in luce dall'immediatezza con cui la domanda: "Cos'è la Qualità?" era stata scaraventata nella filosofia sistematica. Fedro credeva di aver chiuso con quel settore, ma la "Qualità" aveva rimesso tutto in discussione.
Il terzo sentiero gli si aprì, infine, quando decise di "lasciare la foresta" (esperienza da lui vissuta anche in modo letterale e descritta nel libro) e tornare a condurre la sua ricerca nell'ambito universitario. Finì così per iscriversi all'Università di Chicago, all'unico corso che sembrava promettergli qualcosa: "Analisi delle idee e studio dei metodi". Il direttore della Commissione che si occupava del programma insegnava, guarda un po', greco antico.
E come a Bozeman, nel Montana, si era trovato nel mezzo di uno scontro politico tra Democratici e Repubblicani, a Chicago Fedro si trovò, senza saperlo, nel fuoco di uno scontro che era la prosecuzione della rivolta contro l'istruzione empirica che aveva avuto luogo agli inizi degli anni Trenta. L'avevano capeggiata, allora, Robert Maynard Hutchins, Mortimer Adler, il filosofo e matematico Scott Buchanan e l'attuale presidente della Commissione del corso a cui si era iscritto Fedro.
Per Adler il pensiero di San Tommaso D'Aquino, e attraverso la sua sintesi di filosofia greca e fede cristiana quello di Platone e Aristotele, erano le colonne portanti dell'eredità intellettuale dell'Occidente.
Hutchins affermava che l'incapacità della scienza di afferrare la Qualità come oggetto d'indagine le rende impossibile fornire una scala di valori.
Adler e Hutchins si erano quindi spinti nella stessa direzione di Fedro, ma in un modo o nell'altro erano approdati ad Aristotele e lì si erano fermati.
Lo scontro era con coloro che affermavano che nessun valore può venir prefissato e che una filosofia moderna valida non ha bisogno di fare i conti con quelle idee che erano state espresse nei libri dell'antichità e del Medioevo.
Anche Fedro si sentiva contrario all'idea della tradizione aristotelica come arbitra assoluta dei valori, ma aveva l'impressione che fosse una tradizione con cui si doveva fare i conti. Sapeva, in altre parole, che nella sua battaglia per la Qualità si sarebbe trovato di fronte il direttore della Commissione, aristotelico e intollerante, come avversario irriducibile.
Una volta a Chicago, la scelta di Fedro cadde sul corso Idee e Metodi 251, Retorica. (...) Era la sua materia d'insegnamento nell'ambito del corso di letteratura inglese. Ma stavolta doveva studiare come non mai, per imparare il pensiero dei classici greci in generale e di uno in particolare: Aristotele. E giunse a odiarli a morte tutti quanti, perché più li studiava, più si convinceva che nessuno aveva ancora denunciato il danno che ci era venuto accettandone inconsapevolmente il pensiero.
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Nota: Questo post sintetizza la parte de Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta compresa nelle pagine 289-334 dell'edizione Adelphi (1981, 1990). Traduzione di Delfina Vezzoli. Le citazioni dirette del libro sono riportate in corsivo.
L'immagine di apertura del post è: Georgia O'Keeffe, Red and Yellow Cliffs (1940).
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