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The Pleasure of Pain II - Da Sade a Pasolini /2: La Scuola del libertinaggio




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Nel capitolo dedicato a Sade del suo saggio La letteratura e il male, Georges Bataille scrive che opere come Psychopathia sexualis "hanno significato sul piano di una coscienza obiettiva di comportamenti umani, ma situata al di fuori dell'esperienza della verità profonda rivelata da questi comportamenti"*. Chissà se con queste stesse parole Bataille non abbia anche voluto ribattere a Maurice Heine, studioso a cui si deve la prima trascrizione e pubblicazione postuma di molti dei manoscritti inediti del Marchese, quando scrive, a proposito de Le centoventi giornate di Sodoma, che è...
...un documento di singolare valore, e contemporaneamente il primo saggio positivo (a parte quello dei confessori) in vista della classificazione delle anomalie sessuali. L'uomo cui spetta il merito di aver cominciato a osservarle metodicamente e a descriverle sistematicamente, un secolo prima di Krafft-Ebing e di Freud, si è meritato l'onore che il mondo della scienza gli ha fatto assegnando il suo nome alla più grave delle psicopatie.

Personalmente non sono altrettanto positivo di Heine, sul fatto che il Marchese de Sade avrebbe davvero considerato un onore un simile riconoscimento, e probabilmente non lo era neanche Bataille. Di certo la "verità profonda" a cui lui accenna, a proposito delle devianze sessuali va ricercata, in sintonia con il suo pensiero, sul piano erotico e in particolare con la decomposizione che il "disordine sessuale" opera nei confronti delle "figure coerenti che ci costituiscono, per noi stessi e per gli altri, in quanto esseri definiti (cioè le spinge già in quell'infinito che è la morte)"** E le Centoventi giornate sono senza dubbio esemplari da questo punto di vista. Bisogna tuttavia anche riconoscere, a favore di Heine, che la loro particolare struttura si presta altrettanto bene a essere vista come una applicazione diretta dello spirito positivo ed enciclopedista caratteristico dell'epoca.


Le quattro insegnanti e i quattro organizzatori della Scuola del libertinaggio
in Salò o Le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975)


Scritto da Sade, come già detto in precedenza, durante la sua prigionia alla Bastiglia, e da lui creduto definitivamente smarrito, il testo de Le centoventi giornate di Sodoma è in realtà scritto in una forma molto vicina alla definitiva solo per un quarto del totale, corrispondente al racconto dei primi trenta giorni. Degli altri tre quarti dell'opera, lo scrittore ha lasciato solo lo schema generale, con qua e là delle occasionali descrizioni più approfondite. In quanto alla struttura, essa ruota in gran parte attorno al numero 4. Quattro, da inizio novembre a fine febbraio, sono i mesi lungo cui si snoda la parte principale della vicenda; quattro, una per mese, sono i diversi tipi di passioni trattate: 1) semplici (che occupando il primo mese sono le uniche trattate per esteso); 2) composte; 3) criminali; 4) omicide. In numero di quattro o di suoi multipli sono infine organizzati i principali gruppi di protagonisti del romanzo. Violano la "regola" due gruppi di persone di importanza secondaria: le cuoche e le sguattere, che sono in numero di tre e tre, e il numero delle passioni descritte, che è di cinque giornaliere, per un totale di centocinquanta al mese e seicento complessive. Proprio questa trattazione così sistematica delle passioni costituisce il lato "enciclopedico" dell'opera e rende inoltre conto del suo titolo completo: Le centoventi giornate di Sodoma o la Scuola del libertinaggio.
Le grandi guerre che Luigi XIV ebbe a sostenere durante il suo regno, se da un lato sfinirono le finanze dello Stato e le risorse del popolo, svelarono dall'altro il segreto di arricchirsi a un'immensa moltitudine di quelle sanguisughe sempre in agguato di pubbliche calamità che suscitano in luogo di sedare, per essere in grado di approfittarne nel modo più vantaggioso. La fine di questo regno, altrimenti così sublime, è forse una delle epoche in cui maggiormente si videro quelle oscure fortune che brillano unicamente per il lusso e le dissolutezze, sordide quanto quelle. Fu sul finire di questo regno e poco prima che il Reggente tentasse, attraverso quel famoso tribunale conosciuto come Chambre de justice, di far restituire il maltolto a quella moltitudine di malfattori, che quattro di loro concepirono l'orgia singolare che ci accingiamo a narrare.

E' questo l'incipit del più grande romanzo sadiano, dove lo scrittore mostra di mettere subito le mani avanti, nel caso il lettore più smaliziato si interroghi sul perché della riuscita di un piano criminale elaborato e rischioso quale quello messo su dai quattro malfattori protagonisti principali del racconto, i quattro libertini ormai incancreniti nel vizio che corrispondono alle persone del Duca di Blangis, del Vescovo di..., fratello del Duca, del finanziere Durcet e del Presidente della corte d'appello Curval. Anche figure esemplari, quindi, delle struttura quadripartita del potere sociale dell'epoca (e in parte del nostro attuale): l'aristocrazia, il clero, l'apparato economico e l'apparato legislativo. E' infatti nel momento in cui un'epoca e una società raggiungono il punto di massimo squilibrio, che il libertinaggio - che altro non è che l'espressione più anarchica del potere, la stessa che quasi due secoli dopo Pier Paolo Pasolini avrebbe mostrato all'opera nell'esperimento della Repubblica sociale di Salò - trova la sua età dell'oro, in un'epoca in cui, come spiega ancora Sade, "ci si guardava bene dal perseguire e punire crimini di tal fatta, come invece sarebbe accaduto in seguito".


I quattro libertini di de Sade in Salò o Le 120 giornate di Sodoma.
Da sinistra a destra: Il Vescovo (Giorgio Cataldi); Il Presidente della corte d'appello Curval (Uberto Paolo
Quintavalle); Il Duca de Blangis (Paolo Bonacelli); il Presidente Durcet (Aldo Valletti).


In quel tempo, nel corso di lunghi mesi di preparativi, e grazie all'immenso patrimonio da loro accumulato negli anni, i quattro libertini hanno riempito la sede fisica della loro Scuola, il castello di Silling, proprietà di Durcet situata nel cuore della Svizzera, di tutto il necessario a mantenere nell'agiatezza loro stessi e tutte le altre persone coinvolte nella "singolare orgia" per l'intera sua durata. E si tratterà a tutti gli effetti di un mondo altro, poiché il piccolo castello, nascosto in una stretta valle inabissata tra le rocce e situata al di là di montagne a stento accessibili, è reso ancor più isolato, oltre che dalle intemperie dei mesi invernali scelti all'uopo, anche da una serie di accorgimenti presi dai quattro libertini.
Oltre a loro, e tolte le sei donne addette alla cucina e al servizio, l'azione principale del romanzo prevede altri 36 personaggi, quanti ne può ospitare il piccolo castello, ripartiti in gruppi di quattro o otto persone: 4 mogli/figlie dei quattro libertini, che si sono imparentati tra loro sposando gli uni le figlie o nipoti degli altri; 4 narratrici/attrici addette a illustrare con esempi i quattro diversi tipi di passione oggetto di insegnamento; 4 vecchie fantesche degradate dal vizio e addette alla vigilanza dei due gruppi di ragazzi e ragazze; 4 "fottitori" maggiori (superdotati e utilizzati per soddisfare, ogni notte a turno, le passioni sodomitiche dei quattro libertini; sono nominati e descritti nel dettaglio da Sade) e 4 minori (meno dotati fisicamente dei precedenti, non sono né nominati né descritti nei particolari); più due "serragli", formati l'uno di 8 femmine e l'altro di 8 maschi, tutti e tutte di età compresa tra i dodici e i quindici anni, prima sottratti a famiglie del più elevato lignaggio possibile e poi scelti in base alla loro assenza di imperfezioni fisiche al termine di una lunga catena di severe selezioni che li ha ridotti di volta in volta di numero. L'idea originale dei quattro libertini prevedeva di scegliere i 16 tra 144 soggetti di un sesso e 144 dell'altro, ma poi, a causa delle circostanze pratiche delle ricerche dei soggetti da rapire a cui vanno incontro le ruffiane e i loro aiutanti, il numero che viene loro presentato è alla fine di centotrenta ragazze (più controllate e quindi più difficili da rapire) e centocinquanta ragazzi. Da notare come Sade sembri tenerci a insistere su una numerologia di tipo biblico: il 4 è il numero del nome divino (tetragramma) mentre il numero 144 non può non far pensare al libro dell'Apocalisse.
Le ruffiane - scrive Sade a proposito del serraglio femminile - dovevano cercare soprattutto nelle case oneste, e non si sarebbero tollerate ragazze per le quali non fosse stato possibile dimostrare ch'erano state rapite o da un convento molto rinomato che le ospitava o dal seno stesso della famiglia, purché fosse una famiglia di alto lignaggio. Chi non appartenesse a una classe superiore alla borghesia e chi, pur appartenendo a questo ceto superiore, non fosse virtuosa, vergine e bellissima, veniva rifiutata senza pietà.

Da notare anche il tono beffardo che assume, nel finale del paragrafo, quel "senza pietà", dove il tipico gioco del rovesciamento di prospettive di Sade capovolge in senso grottesco la verità della situazione: saranno in realtà proprio le prescelte, le ragazze destinate a essere trattate a tutti gli effetti senza pietà.


La selezione delle ragazze destinate a comporre il serraglio femminile in Salò o Le 120 giornate di Sodoma.
Nel romanzo di de Sade è un dente sproporzionato rispetto agli altri a determinare l'esclusione di una ragazza.


Venendo invece a quelle che si potrebbero definire, con una metafora scacchistica, le regine nere del gioco, o le corrispettive femminili dei quattro libertini, cioè le attrici addette alla narrazione, si tratta in questo caso di quattro donne rinomate come campioni di dissolutezza morale ma ormai instradate sul viale del tramonto. "Necessariamente," precisa Sade, "essendo l'esperienza la condizione essenziale in casi simili". Altra condizione necessaria: che fossero "dotate di una certa eloquenza". Delle quattro, Madame Duclos è addetta alla narrazione con esempi delle 150 passioni di tipo semplice, Madame Champville delle 150 di tipo composito, la La Martaine delle 150 di tipo criminale e la Desgranges, infine, delle 150 di tipo omicida. "Questo perché," precisa ancora Sade, "è assodato che tra i veri libertini le sensazioni auditive sono quelle che lusingano maggiormente e che suscitano le impressioni più vive", certo in conseguenza del fatto che, di tutte le impressioni dei sensi, le auditive sono quelle che lasciano maggiore spazio all'immaginazione, che è il primo motore dell'erotismo.

Poi, una volta che tutti i personaggi, maggiori e minori, sono stati disposti sulla scena del romanzo come pezzi su una scacchiera, lo scrittore dà finalmente inizio a quella che Roland Barthes ha da qualche parte definito un'orgia di parole gestita da Sade con una sapienza compositiva straordinaria. Un esperimento letterario, tanto mostruoso quanto magistrale, tutto teso a verificare gli esiti della tensione ai limiti del possibile di un pensiero che apra la vita individuale unicamente all'orizzonte del nulla, e di cui lo stesso scrittore e i suoi incauti lettori sono le cavie da laboratorio. Sade, scrive Bataille, millantò soltanto...
Ma la sua millanteria fu necessaria all'elaborazione di un pensiero scevro da debolezze. Sade, nella sua vita, tenne conto degli altri, ma l'immagine che ebbe del soddisfacimento e che riprese nella solitudine della prigione esigeva che gli altri cessassero di contare. Il deserto che fu per lui la Bastiglia, la letteratura divenuta l'unico sfogo della passione, allontanarono i limiti del possibile al di là dei più insensati sogni che l'uomo avesse mai formulato. In virtù di una letteratura condensata nella prigione, ci è stata data un'immagine fedele dell'uomo al cui cospetto gli altri non contano più nulla.***

In più, ad aumentare l'effetto di questa negazione, molte delle vittime racchiuse tra le mura del castello, ed entrano ed escono a rotazione dalla scena di una narrazione che procede implacabile senza che la tensione si allenti mai per un istante, sono caratterizzate nella pienezza della loro umanità, in perfetta antitesi al ruolo di meri oggetti di piacere loro assegnato dai padroni del gioco. E se anche, a prima vista, può sembrare che Sade ce la metta tutta per farci odiare i suoi carnefici e simpatizzare con le loro vittime, il suo atteggiamento è piuttosto quello neutrale del giocatore di scacchi che, immerso in una glaciale solitudine, sposta i pezzi su una scacchiera da lui stesso ordita e dove il bianco e il nero sono rappresentati dai due veri agenti in gioco al di là di ogni apparenza, emblemi del dualismo irriducibile del mondo sadiano, al cui interno la natura parla con due soli voci: le due forze che Sade rende manifeste nella sua letteratura attraverso l'opposizione di virtù e vizio. Ma la corrispondenza con il gioco degli scacchi è ancora più calzante se si considera che la storia include anche un intero regolamento messo su carta dai quattro libertini in apertura del libro, un regolamento che non solo scandisce con metodica precisione lo svolgersi delle giornate al castello, ma anche prevede dei regimi di disciplina variabili a seconda del gruppo di persone a cui sono rivolti: dal più ferreo e spietato riservato ai giovani membri dei due serragli al più lieve, e più soggetto a trasgressioni, che i libertini riservano a loro stessi, così da regolare i loro comportamenti sulla base di un incremento a tappe delle dosi di violenza dei loro atti trasgressivi, in parallelo con il crescendo evocato dalle impressioni auditive trasmesse loro dalla successione dei racconti dei quattro diversi tipi di passioni.


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Note al testo

* Georges Bataille, La letteratura e il male, pag.114. SE, 1987. Trad. di Andrea Zanzotto.

** Ibid., pag. 111.

*** Georges Bataille, L'erotismo, pag. 159-60. ES, 1997. Trad. di Adriana Dell'Orto.

Tutte le citazioni da Le centoventi giornate di Sodoma sono tratte da: D.A.F. de Sade, Le centoventi giornate di Sodoma. ES, 1991. Traduzione di Giuseppe De Col.

L'immagine iniziale del post è un ritaglio da un poster tedesco del film Salò o Le centoventi giornate di Sodoma (Pier Paolo Pasolini, 1975).

Commenti

  1. Ammetto di aver visto il film una sola volta e poi di non aver mai più avuto il coraggio di rivederlo.

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    1. Capisco bene, Nick. Io invece, dopo averlo visto una prima volta con amici, tornai una seconda volta a vederlo al cinema per accompagnare mio cugino. Dopodiché l'ho visto un altro paio di volte a casa, in visione privata.

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  2. Gli scacchi si possono giocare anche da soli giusto?
    In effetti immaginare De Sade che muove le sue pedine sopra quella scacchiera maledetta che rappresenta il suo libro è molto affascinante .
    Peccato che la partita rimarrà incompiuta.
    Invece il film di Pasolini conoscerà sicuramente un epilogo.
    Diciamo che adesso con questo post comincia ufficialmente il viaggio dentro la Bibbia del Marchese
    Ciao

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    1. Ciao, Max! Sì, gli scacchi si possono giocare anche da soli, sebbene io personalmente non lo abbia mai fatto.
      Pensa che avevo elaborato l'immagine dei protagonisti delle 120 giornate come pezzi di una scacchiera in modo assolutamente spontaneo. Poi ho scoperto che avevano usato la stessa metafora per una locandina tedesca del film di Pasolini (l'ultima immagine di questo post). Ho perso l'esclusiva ma è stata comunque una bella sorpresa *__*
      Ma noi poi lo sappiamo il risultato finale del libro di Sade! Eccolo: 46-30=16. E in un certo senso anche il film di Pasolini lo si può considerare un po' incompiuto, visto che la parte finale fu montata dopo la morte di Pasolini e probabilmente in una versione ammorbidita rispetto alle intenzioni originali del regista.
      E diciamo pure che con questo post comincia la parte più tosta del viaggio. Con una spruzzata abbondante di cinema ^__^

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  3. In effetti avevo già visto anch'io da qualche parte quella locandina, anche se me ne sono ricordata solo ora, vedendola qui riprodotta. Come giustamente hai scritto, non esiste metafora più calzante, per la complessa simbologia legata agli scacchi, per esaminare la struttura della storia. Ma ora sono curiosa di vedere andando avanti come sei riuscito a riassumere la grossa mole di cose da dire sia sul libro che sul film di PPP! XD

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    1. Non ho scelto la strada del riassunto, che sarebbe stata impraticabile. Mi sono invece concentrato su un paio di punti in particolare. Spero che il risultato possa piacerti ^__^

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  4. Una cosa così sistematica in effetti suona surreale anche nel senso di "organizzazione", considerato che l'eccesso sessuale e l'orgia in genere si caratterizzano proprio per l'assenza di regole. E resta comunque il dubbio su quanto il marchese abbia davvero "fatto" materialmente in vita, tolto il noto "incidente di Marsiglia".

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    1. Sai che tra le cose certe fatte materialmente de Sade ce ne sono di davvero sorprendenti? Per esempio si deve a lui, in veste di addetto alla gestione degli ospedali parigini, se i malati poterono disporre ciascuno di un proprio letto, mentre prima si usava metterne più di uno in uno stesso letto ^__^

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  5. Ho letto il post con grande interesse ma, non avendo visto il film, non posso esprimere alcun parere. Mi ha colpito molto però l'uso ripetitivo e geometrico dei numero. In fondo anche questi ricordano la geometria di una scacchiera!

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    1. De Sade aveva una vera e propria mania per la numerologia. Al punto che riusciva a rinvenire messaggi in codice pressoché in tutte le lettere che la moglie gli inviava in carcere. Qualcosa un po' stile "A Beautiful Mind".

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    2. Questa che mi racconti è una vera chicca, Ivano! Che persona-personaggio incredibile.

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  6. Ho scoperto questo film da bambino, quando mi capitò sottomano un articolo di giornale con delle immagini, sgranatissime e rigorosamente in bianco e nero, prese dalla pellicola. Ne ricordo una in particolare (questa) che mi traumatizzò... ma come detto ero solo un bambino. Credo fosse l'anno stesso della sua uscita nelle sale, o l'anno dopo. Tiro a indovinare: 1976 o 1977...
    Ci misi poi abbondanti trent'anni, e dovetti attendere l'avvento di internet, per riuscire a vederlo e a scacciare quel trauma infantile....

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    1. Mi stai dicendo, cioè, che hai visto "Salò" su internet? Spero in buona qualità, perché è un film che è come una mostra di quadri.

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    2. Ebbene si, lo confesso... è proprio così grave?

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