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The Pleasure of Pain II - Towers of Sade: Il produttore di serie B che portò tre volte il Divin marchese al cinema [Lucius Etruscus]




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Harry Alan Towers


Forse il nome di Harry Alan Towers per il pubblico italiano oggi non ha più il peso che ha avuto per il pubblico internazionale di alcuni decenni fa, ma rimane uno dei più prolifici moviemaker della seconda metà del Novecento oltre che fra i signori della serie B. Fra le particolarità forse meno note di Towers è l’aver portato per tre volte l’opera di D.A.F. de Sade al cinema, in tre decenni diversi, e in due di queste occasioni regalato agli spettatori due interpreti molto particolari del Divin marchese in persona.
Quella che segue è una magica storia di puro cinema che si può raccontare grazie ad una lunga intervista con Towers che Christopher Koetting ha pubblicato nel 1996 sulla rivista specialistica “Fangoria”: dove non meglio specificato, quindi, le informazioni esposte di seguito provengono dallo stesso protagonista delle vicende.

Entrato nel mondo della radio con la Seconda guerra mondiale, fino agli anni Cinquanta Towers si ritrova a lavorare con tutti i grandi di quel settore. Poi passa alla televisione e primeggia anche lì, ma diventa sempre più difficile per un produttore indipendente resistere ai potenti mezzi delle major e dei network, così nel 1963 cambia una volta ancora lavoro: con il film Tamburi sul grande fiume, tratto da un romanzo dell’autore esplosivo del momento Edgar Wallace, la Towers of London diventa la casa pronta a conquistare il cinema indipendente.
Il primo successo nasce dall’aver acquistato i diritti dei personaggi di Sax Rohmer e aver ingaggiato la star Christopher Lee per interpretare Fu Manchu in una serie di fortunati titoli. Towers comincia a sfornare film su film e fa amicizia con altri indipendenti, che è il suo modo di stringere accordi: fa amicizia con Sam Arkoff della AIP, noto autore di film a basso costo, e comincia a lavorare con lui, idem per Run Run Shaw che gli apre il mercato di Hong Kong. (All’epoca magari non si sa ancora, ma Shaw della Shaw Bros è il signore assoluto del cinema nel suo Paese.) Sul finire degli anni Sessanta è proprio Arkoff a presentare a Towers un giovane autore molto controverso: un certo Jésus “Jess” Franco.


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Marquis de Sade: Justine


Towers accetta di lavorare con lui ma bisogna chiarire cosa voglia dire fare cinema secondo l’ottica di questi due personaggi. Per esempio, siamo sul set di 99 donne (1969) ma a riprese iniziate e con il cast femminile fermo sull’isola-prigione... di Franco non c’è traccia. È ancora a Rio de Janeiro a girare The Girl from Rio (in Italia, Sumuru regina di Femina), scritto e prodotto dallo stesso Towers. Cosa fa quest’ultimo? In un fine settimana riscrive al volo una sceneggiatura, basandosi su un vecchio copione che Harold Goldman gli aveva mandato tempo prima, e nei successivi sei giorni gira trenta minuti di film: la fuga delle donne dalla prigione. Porta il girato alla Commonwealth United, il cui presidente è proprio Goldman, il prodotto piace e riceve dalla casa finanziamenti per ingaggiare attori più noti e completare le riprese. Non stupisce che il risultato sia un indigesto film-puzzle palesemente raffazzonato che, inoltre, ha subìto vari montaggi alternativi con inserimenti posticci di scene pornografiche del tutto ingiustificate. Towers e Franco non fanno arte, fanno “roba” come capita e ne fanno tanta, così che qualcosa piaccia. 99 donne, costato una cifra irrisoria anche per l’epoca, è un grande successo in America e lì guadagna tantissimo.
Completati questi due film problematici, Towers e Franco vogliono fare un salto di livello. Il produttore scopre che l’amico Sam Arkoff con la sua AIP sta producendo un grande affresco storico dal titolo De Sade, con la regia ufficiale di Cy Endfield e con l’aiuto ufficioso di “giovani talenti” come Roger Corman e Gordon Hessler. Il film è una fucina di talenti, c’è Richard Matheson alla sceneggiatura e Senta Berger come protagonista: perché non unire le forze? Già che si trova producendo un film sul marchese de Sade, perché la AIP non dà qualche soldo a Towers per fare un film tratto da una delle opere del Divin marchese? Arkoff accetta e con il suo contributo Towers può andare a chiamare attori noti come Jack Palance, anche se giusto per una comparsata.

Justine o le disavventure della virtù: Jack Palance e Romina Power nei ruoli di Padre Severino e Justine.

Ispirato al romanzo omonimo del 1791 di de Sade e scritto dal produttore Towers sotto il suo consueto pseudonimo Peter Welbeck, Justine o le disavventure della virtù è un’avventura in costume che racconta con sguardo lieve le avventure “a tema” di due sorelle, Justine e Juliette, di buona famiglia ma rimaste orfane e costrette a fare una fondamentale scelta di vita: Justine sceglie la via della virtù e subirà mille angherie per mantener fede ai propri valori, mentre Juliette si lascia tentare dal vizio e, passando di letto in letto, avrà fortuna e ricchezza ma un cuore svuotato. Quando finalmente le due sorelle si rincontreranno, sarà un momento per confrontare le proprie scelte e i profondi cambiamenti che queste hanno lasciato nella propria anima.
Per il ruolo di Juliette il produttore utilizza la sua musa, l’attrice austriaca di molti dei suoi film sin da quando l’ha scoperta 18enne in un provino: sua moglie Helga Grohmann dal nome d’arte di Maria Rohm. Per il ruolo della protagonista Justine pare che originariamente fosse stata scelta Rosemary Dexter, slittata poi nel ruolo di Claudine per far posto – a quanto pare su pressione di Towers – alla giovanissima Romina Power.

Justine o le disavventure della virtù: Rosemary Dexter, la "vera" Justine di Jésus Franco, nel ruolo di Claudine.

Subito massacrato dalla critica italiana e sbeffeggiato per decenni da quella estera, questa via di mezzo fra drammone in costume e commediola erotica viene in seguito definito da Towers «troppo avanti per quei tempi», e all’epoca Sam Arkoff non ha il coraggio di distribuirlo in modo appropriato, decretandone l’insuccesso. (In seguito diverrà film di culto grazie alle riscoperte dei fan e addirittura nel dicembre 2015 ne uscirà una edizione rimasterizzata in Blu-ray con inserti speciali.) L’unico Paese dove invece ha avuto un’ottima distribuzione e un buon successo è la Germania, per il semplice motivo che il marchese de Sade è interpretato da Klaus Kinski... che si è mangiato furioso le mani.
Quando Towers chiamò Kinski per il ruolo di de Sade, gli disse che la produzione era quello che era e non poteva pagargli più di 5 mila dollari in totale. Kinski rispose ridendogli in faccia: lui non lavorava mai per meno di 10 mila dollari al giorno. Towers non si scompose ed ebbe un colpo di genio: «Bene, ti pagheremo per mezza giornata di lavoro». E così fecero: presero l’attore a Barcellona la mattina, lo portarono al castello dov’era allestito il set e tutto ciò che doveva fare era guardare nel vuoto e fingere di scrivere con una penna d’oca. Nient’altro. E intanto Franco faceva i suoi zoom avanti indietro, come gli piaceva tanto.

Justine o le disavventure della virtù: Klaus Kinski nel ruolo del Divin marchese.

Il marchese de Sade è solo una comparsata muta di Kinski – doppiata in seguito da un attore che ne imitava la voce – poche scene girate in una mezza giornata ma che hanno permesso al film di uscire in tutta la Germania strombazzando Kinski protagonista: Towers aveva una star in locandina e l’aveva pagata solo 5 mila dollari, con grande disappunto dell’attore, che lavorò ancora con il produttore ma, stando a quanto afferma quest’ultimo, non gli perdonò mai quella “furbata”.


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La collaborazione fra Towers e Franco continua e i due sembrano essere molto affiatati. Nel 2015 la vedova Rohm racconterà alla rivista “Delirium” che quando Towers ingaggiava un regista non si metteva a discutere o a interferire con lui: una volta deciso a dargli fiducia, lo accettava così come veniva. Non stava sul set a fare questioni, per quello... incaricava la moglie! L’energia creativa fra i due comunque sembra finire con gli anni Sessanta e i loro ultimi lavori escono nel 1970. Come “canto del cigno”, Towers vuole tornare a raccontare una storia desadiana.


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De Sade 70


Conosciuto come De Sade 70 e nei Paesi anglofoni come Eugenie... the Story of Her Journey Into Perversion, il film non risulta aver avuto alcuna distribuzione italiana, al contrario del suo ideale seguito De Sade 2000 (Eugénie, 1973), scritto e diretto da Franco senza Towers.
Abbandonata ogni velleità “in costume” si torna ad un puro film “alla Franco”, con la storia di Madame de Saint-Ange (di nuovo Maria Rohm) che accetta la corte di un uomo (Paul Muller) solo a patto che questi sia disposto ad esaudire un desiderio della donna: avere nella propria isola ospite la di lui figlia Eugénie (l’appena 19enne svedese Marie Liljedahl). L’innamorato accetta ed inizia un lungo finesettimana in cui la donna e il fratello Mirvel (Jack Taylor) rendono la ragazza protagonista di mille avventure erotiche, il tutto con l’apparizione saltuaria di un coro molto speciale: uno svogliatissimo Christopher Lee, chiamato all’ultimo secondo per sostituire l’attore George Sanders, troppo malato per lavorare. L’attore si è dimostrato molto collaborativo ma in seguito, racconterà Towers, appena scoperto che si trattava in pratica di un film erotico chiese subito di far togliere il proprio nome dai crediti: cosa ovviamente impossibile, dato il grande richiamo.

De Sade 70 (Eugenie... the Story of Her Journey Into Perversion): Marie Liljedahl (dentro la vasca) e Maria Rohm.

«Quel film era basato su La filosofia del boudoir», racconta nel 1996 Towers, «non era male, sebbene parte del film fosse fuori fuoco. Vendette bene ma decisi che avevo chiuso con de Sade: in fondo aveva una filosofia a senso unico.»
Chiuso con de Sade, almeno per il momento, Towers chiude anche con Franco, lasciando trapelare dalle sue parole che ormai il carattere dei due non era più in sintonia come all’inizio della loro collaborazione.


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Il produttore attraversa tutti gli anni Settanta lavorando in modo alacre, finché con gli Ottanta viene inevitabilmente a contatto con i prodigi inarrestabili del cinema a basso costo: i due celebri cugini Menahem Golan e Yoran Globus, che con la loro Cannon stanno conquistando il mercato della serie B. Towers sin dall’inizio si prende alla perfezione con i due e inizia una stagione di grande produttività, sfruttando gli sgravi fiscali offerti dal Sud Africa per le proprie location. Tra un ninja e un lupo mannaro, nel 1989 c’è tempo anche per ripassare i classici, da Il mistero di casa Usher con Oliver Reed al Dr. Jekyll e Mr. Hyde: sull’orlo della follia con Anthony Perkins, dai Dieci piccoli indiani con Donald Pleasance a Il fantasma dell’Opera con Robert Englund: lavorando a questi due ultimi film Towers deve essere entrato in contatto con Gerry O’Hara.


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Night Terrors


Impegnato da decenni in ogni aspetto dell’industria cinematografica, le sceneggiature di O’Hara sono servite da base per molti film prodotti da Towers per case a basso costo, dalla Cannon alla Global Pictures alla Pathe, che poi sono tutti nomi che risalgono ai due cugini israeliani. Nel luglio del 1992 la Surge Productions, legata ad alcuni film di Yoran Globus, registra il copyright di un copione di O’Hara con il titolo Nightmare, e il titolo alternativo Eugenie’s Nightmare.
Intanto però c’è stata una scissione. Con la fine della Cannon, Menahem Golan ha fondato la 21st Century e il prodotto di punta è Il fantasma dell’Opera con Englund, che esce in 1.500 sale americane... per fare un tonfo colossale. È un flop su tutta la linea e la casa non ha futuro. Rimane una sceneggiatura pronta che però ora non può più essere girata: Phantom of Manhattan, il seguito della vicenda che ovviamente ora non ha senso concretizzare. Il copione viene riscritto all’infinito e poi, in un tentativo disperato di salvare la casa, Golan lo fa uscire come Danza macabra (1992), «una terribile fusione di Suspiria e Vestito per uccidere» lo definisce Towers, che si sbriga a far cancellare il proprio nome dai crediti.
Il rapporto fra Towers e Golan è finito, ma il contratto con la Cannon è ancora valido e la casa è ora gestita da Yoran Globus, che intanto ha anche la sua Global Pictures: dal 1992 dunque il produttore passa a lavorare con l’altro cugino di Tiberiade. C’è un progetto fresco fresco che lo attende: Anthony Perkins vuole a tutti costi girare un remake de La mummia, dove parlare egiziano con l’accento di Brooklyn...
Ispirato al racconto Chiaccherata con la mummia (1845) di Edgar Allan Poe, The Mummy Lives promette di essere un piccolo grande successo, con un nome di grande richiamo come Perkins protagonista e un maestro come Ken Russell alla regia: solo che l’attore muore nel settembre 1992 per complicazioni dovute all’AIDS e il regista molla la produzione. Per “tappare i buchi” viene chiamato Tony Curtis nel ruolo da protagonista e alla regia il già citato Gerry O’Hara. Il risultato è facilmente immaginabile.
Towers allora si avventa sul secondo progetto già in lista quando ha firmato: I Am Your Nightmare, un thriller con Robert Englund che esplora le paure che attanagliano dei giovani: in pratica un palese rimaneggiamento della saga di Nightmare di cui Englund è il simbolo. Non è chiaro se questa palese evidenza abbia spinto per un cambio di programma, fatto sta che Towers decide di cambiare il titolo del progetto e ritornare ad atmosfere passate: decide che dopo vent’anni è ora di fare un remake di quanto ha già prodotto:
Night Terrors originariamente doveva essere un remake di De Sade 70, con un sacco di riferimenti alla Filosofia del boudoir di de Sade» dichiara il produttore nel 1996, «ma Yoram [Globus] aveva un accordo di distribuzione con la Warner Bros ed era abbastanza nervoso all’idea di fare un film erotico.

Forse memore dei problemi di censura avuti con i passati titoli desadiani, Towers decide di ridurre al minimo l’erotismo e sostituirlo con l’horror: in fondo hanno sotto contratto Robert Englund, che nell’horror ci sguazza. Globus apprezza e per l’occasione chiama un suo “ragazzo d’oro”: Tobe Hooper, che con i cugini israeliani ha già sfornato Space Vampires (1985), Invaders (1986), Non aprite quella porta 2 (1986) e ha già lavorato con Englund, quando non era nessuno in Quel motel vicino alla palude (1976) e nelle vesti del celebre Freddy Krueger nel primo episodio della devastantemente brutta serie TV “Freddy's Nightmares”. È una rimpatriata di amiconi, ma in realtà Towers non ha mai lavorato con il regista. «Tobe è molto originale», racconta al citato giornalista, «è molto introspettivo e ha bisogno di molto supporto, ma è capace di fare grandi cose, specialmente nell’horror, che è davvero il suo campo d’elezione.»
Del copione originale di Gerry O’Hara nessuno fa parola, ma è facile che sia stato fuso con alcune idee pensate per I Am Your Nightmare in uno sforzo di sceneggiatura ben poco professionale: se già l’attore Daniel Matmor non aveva alcuna esperienza in veste di scrittore, di sicuro non ha aiutato l’arrivo nel ruolo di co-sceneggiatore di Rom Globus, figlio di Yoran che per fortuna non ha continuato alcuna carriera cinematografica.
Al 25° Sitges International Fantasy Film Festival, nell’inverno del 1992, il regista Tobe Hooper rivela in una conferenza che sta montando un film girato a Tel Aviv dal titolo De Sade, che probabilmente sarà rinominato Nightmares. «Ci sono cinque storie parallele ma interconnesse con elementi della stessa chimica», cerca di spiegare il regista ad una platea confusa, com’è confusa la rivista “The Dark Side” che nel dicembre 1992 commenta la presentazione del film come «impenetrable description». C’è anche la giornalista Caroline Vié di “Fangoria” (il cui pezzo però aspetterà mesi prima di uscire) la quale testimonia un certo fastidio da parte di Hooper nel vedere confuso il titolo del suo nuovo film con la saga di Freddy Krueger: sventolare Nightmare o Nightmares in giro può plausibilmente portare a questo tipo di confusione.


Girato in fretta e furia in Israele, dunque, la pellicola viene ultimata solo tre settimane prima della sua presentazione mondiale: all’italiano “Dylan Dog Horror Fest”, all’epoca da alcuni anni faro internazionale per la presentazione delle novità in campo horror. L’anno precedente con grande enfasi era stata presentata una bozza incompleta di Hellraiser 3, per la gioia dei fan, che curiosamente non hanno avuto da ridire del fatto che il film fosse in lingua originale non sottotitolato, che mancassero gli effetti speciali e molte scene fossero in bianco e nero perché ancora non lavorate: al confronto, quando quel maggio 1993 viene proiettato Tobe Hooper’s Nightmare – titolo quanto meno acchiappa-spettatori – almeno il film è completo. Per quel che possa valere.
Le note in sottofondo dell’Ouverture de “La gazza ladra” sono soverchiate dagli schiocchi di un frustino fatto calare ritmicamente sulle piante nude dei piedi del marchese de Sade, che in realtà è morto da tre anni quando la celebre opera di Rossini viene eseguita per la prima volta: con un falso storico facilmente evitabile si apre l’incubo di Tobe Hooper.
«Grande entusiasmo, lo consiglio di cuore» esclama Englund a testa in giù: è in piena seduta di tortura alla Bastiglia ed è in pratica l’unica scena di tortura del film, per quanto incredibilmente eterea. A parte una testa mozzata e poco altro, la parte horror del film è a tutti gli effetti inesistente: la storia è in tutto e per tutto un racconto erotico che segue la giovane Eugenie detta Genie (interpretata dalla ballerina Zoe Trilling, nota anche come Geri Betzler, in uno dei suoi pochi film di una certa notorietà) arrivare in Israele dal padre archeologo ed iniziare un viaggio di scoperta della sessualità grazie a “guide locali” molto smaliziate, ma soprattutto poco oneste. I suoi viaggi erotici con Sabina (Alona Kimhi) e Mahmoud (Juliano Mer-Khamis) sono solo parte di una trappola ordita dal perfido Paul Chevalier (Robert Englund), discendente del marchese de Sade (Robert Englund) che vuole portare avanti alcune magiche e terribili tradizioni di famiglia. Il tutto verrà osteggiato da una confusa e abbastanza cialtronesca congrega di religiosi locali.
«Era un compromesso fra un normale film horror e un film erotico, e non credo che la combinazione abbia funzionato a dovere», confessa Towers e temo sia stato fin troppo tenero: è un film horror che non mostra nulla di horror ed è un film erotico che non mostra nulla di erotico. Quindi è solo un grande nulla.


«Erotic chiller» invece lo definisce Robert Englund quando viene intervistato da Allan Jones per la rivista specialistica “Shivers”, «l’ho interpretato con un eccesso speziato nello stile di Ken Russell»: purtroppo la sensazione è che quello sia l’unico modo con cui Englund sappia recitare, esagerato, abituato com’è ad indossare maschere e quindi ad agitarsi più del dovuto. L’attore però nell’intervista ci regala qualche primizia:
In origine è stato concepito come una specie di versione spaventosa e sado-masochistica de Le relazioni pericolose ambientato nel XVIII secolo. Quando poi sono arrivato nelle location a Tel Aviv, in Israele, tutto era stato cambiato agli anni Venti: non erano stati in grado di trovare veicoli così antichi o luoghi adatti all’epoca storica. Quindi ora il film aveva l’aspetto da Delitto sull’Orient Express e il produttore Yoran Globus mi ha convinto che avrebbe funzionato nella cornice cittadina di Tel Aviv.

Visto che una scritta ad inizio film ci specifica che siamo nel 1993, temo che la pellicola abbia subìto più rimaneggiamenti di quanto ne fosse a conoscenza l’attore. Englund comunque ci conferma che il progetto è stato iniziato da Gerry O’Hara, ma ci confessa anche che è tutto merito suo se Tobe Hooper è entrato in gioco: non si sa mai quanto credere alle affermazioni di semplici attori che affermano di essere stati così determinanti in decisioni molto più grandi di loro. «Tobe voleva creare il suo personale hallunogenic erotic fantasy», spiega Englund, «quindi il copione ha preso tutta un’altra strada: quelli che vediamo sono davvero sogni erotici di una ragazza o lei è davvero in pericolo per via di un culto sessuale perverso?»


Più interessante il momento in cui l’attore passa a parlare del suo impegno nei panni del Divin marchese.
Qualsiasi film che abbia a che fare con le imprese di de Sade corre il rischio di grandi problemi di censura, così dovevamo andarci cauti. La scena più forte è stata quella della tortura dell’acido nell’occhio. [...] Originariamente c’era anche una narrazione fuori campo, perché gli scritti di de Sade sono molto pungenti, ma proprio per questo allora (come ora) quei testi sono considerati troppo al limite e rischiavano di far sembrare il film più pericoloso di quanto volesse. Abbiamo usato passaggi dal racconto Eugenie, da cui il nome del personaggio interpretato da Zoe. È stato detto che il giovane pubblico europeo, il target di questo film, non sarebbe stato interessato a citazioni dai classici. Non sono d’accordo, e sono convinto che il film abbia perso qualcosa nel togliere la narrazione fuori campo. Non penso infatti che il pubblico in questo modo possa cogliere i paralleli fra le fantasie di Eugenie e quel che accade nel mondo reale. [...] Quelle scene in prigione sono state terribili da girare. La location era un vecchio magazzino pieno di pipistrelli e ratti, c’era guano ovunque e i pipistrelli continuavano a rovinare ripresa dopo ripresa. Era assente qualsiasi norma igienica e se guardate bene potete vedere dei topi che mi defecano addosso durante alcune scene di tortura. Ma Tobe ha fatto un eccezionale lavoro, dato il budget minuscolo.

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Tre film girati in tre decenni differenti ma tutti accomunati dalla stessa passione: quella di Harry Alan Towers per il Divin marchese. Difficile dire quanto il produttore sia stato soddisfatto dei risultati, ma di sicuro dimostra che dietro le grandi storie hollywoodiane ce ne sono tantissime, molto più piccole ma sempre accomunate da grandissima passione.


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Bibliografia

  • “Dark Side” n. 31 (aprile 1993)
  • Alexander Chris, Maria Rohm on Jess Franco, da “Delirium” n. 9 (dicembre 2015/gennaio 2016)
  • Jones Allan, Englund Swings, da “Shivers” n. 8 (agosto 1993)
  • Koetting Christopher, The Towers of London (Part 1), da “Fangoria” n. 151 (aprile 1996)
  • Koetting Christopher, Making Book for Fear (Part 2), da “Fangoria” n. 152 (maggio 1996)
  • Slaughter in Sitges, da “The Dark Side” n. 27 (dicembre 1992)
  • Vié Caroline, Monter Invasion, da “Fangoria” n. 123 (giugno 1993)

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Filmografia

Justine, ovvero Le disavventure della virtù (Marquis de Sade: Justine) di Jesús “Jess” Franco, prodotto da Harry Alan Towers e scritto da lui stesso dietro lo pseudonimo di Peter Welbeck, ispirandosi al romanzo omonimo del 1971 di D.A.F. de Sade.
La prima notizia di uscita in sala è in Italia, il 19 aprile 1969, ma dopo un brevissimo periodo di permanenza al cinema il film scompare dalla distribuzione italiana. Si ha notizia di un passaggio su un canale televisivo locale il 13 gennaio 1981 e di un altro su Rete4 nella notte del 13 luglio 2000.
De Sade 70 o Eugenie... the Story of Her Journey Into Perversion, di Jesús “Jess” Franco, prodotto da Harry Alan Towers e scritto da lui stesso dietro lo pseudonimo di Peter Welbeck, ispirandosi al romanzo La filosofia nel boudoir (1795) di D.A.F. de Sade.
Uscito in Spagna nel marzo del 1970, non è noto alcun tipo di distribuzione italiana.
Night Terrors (Tobe Hooper’s Night Terrors) di Tobe Hooper, con Robert Englund (de Sade) e Zoe Trilling (Eugenie), presentato in anteprima mondiale al “Dylan Dog Horror Fest” n. 4, nel maggio 1993: malgrado questo, non esiste traccia di alcun tipo di distribuzione italiana del film, né in sala né in TV, ad esclusione della VHS Warner Home Video/Cannon arrivata in videoteca nel gennaio del 1995. Avendo il film vari titoli alternativi più o meno ufficiali – come il fantomatico Le notti proibite del marchese de Sade, riportato da IMDb ma non si sa a che distribuzione si riferisca – è facile che sia uscito in sala o in TV sotto “mentite spoglie”. Anche in patria non sembra aver avuto una buona distribuzione, rilasciato dalla Warner in home video sempre nel 1995.
Dal 2010 la compianta Stormovie (Quadrifoglio) lo presenta in DVD italiano e dal luglio 2011 la Pulp Video (Cecchi Gori) lo ristampa in un’edizione più curata.

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Stavolta comincio col dire che nel mettere in bella copia, con corredo di immagini, questo secondo intervento di una delle colonne portanti di questo Speciale, Lucius Etruscus, mi sono sentito proprio a casa, almeno per i suoi primi due terzi. Tra i vari film che Lucius cita vi è infatti anche il trittico di ispirazione sadiana di Jess Franco che metterei senza dubbio in valigia nel caso dovessi trascorrere il classico periodo indeterminato di vacanza nella classica isola deserta. I primi due (in ordine cronologico), Justine e De Sade 70, sono ivi presentati da lui per esteso, mentre il terzo, Eugénie, conosciuto anche come De Sade 2000 per distinguerlo dal precedente Eugénie/De Sade 70, lo cita solo di passaggio. Nonostante però la semi-coincidenza di titoli, i due Eugénie raccontano storie completamente slegate tra loro, ispirate a due diverse opere di de Sade: il primo, come specificato nell'articolo, fa riferimento a La filosofia nel boudoir (e in effetti con questo titolo lo riporta la mia edizione in DVD, come mostra il fermo immagine qui sotto), mentre il secondo è tratto dal racconto Eugénie de Franval, incluso nella raccolta Crimes de l'amour, una delle poche opere non di teatro che de Sade ha potuto tranquillamente sbandierare come sua mentre era ancora in vita.


Ma non posso neanche abbandonare il breve spazio di questa postfazione senza prima aver fatto menzione di un secondo trittico, di splendide ragazze stavolta, ognuna delle quali riveste il ruolo della sfortunata eroina di uno dei tre film di Franco: Romina Power in Justine o le disavventure della virtù, la svedese Marie Liljedahl in Eugénie/De Sade 70 e Soledad Miranda in Eugénie/De Sade 2000. Delle tre, però, solo quest'ultima può essere considerata a ragione una musa del regista, presente in gran parte dei film da lui diretti a cavallo tra i '60 e i '70, prima che la morte prematura di lei, all'età di ventisette anni, interrompesse il sodalizio e la magia. E proprio a metà del girato di un nuovo film di ispirazione sadiana, quel Juliette o la prosperità del vizio che rappresenta il seguito di Justine.

Da sinistra a destra: Romina Power, Marie Liljiedahl, Soledad miranda

P.S. Aggiungo anche, per finire, che le due copertine di DVD posizionate all'inizio dei capitoletti su Justine e De Sade 70, sono quelle delle edizioni in mio possesso, da cui ho tratto i fermi immagine di questo post.
[I. L.]

Commenti

  1. Vado OT, ma se non ricordo male, il "buon" Klaus Kinski, persona dotata di grande talento, ma anche di un ancora più grande caratteraccio, recitò senza parlare anche in un altro film di "Tio" Jess Franco, cioè quando interpretò Renfield nel "Conte Dracula" del 1970, sempre prodotto da Towers .
    Per tutto il film Kinski recita senza parlare, al massimo in un paio di scene finge di bisbigliare nell'orecchio di Herbert Lom , Christopher Lee e degli altri attori.
    Lee, Kinski e Franco si stimavano molto e lavoravano volentieri assieme ma in questa pellicola Kinski appare fin troppo controllato, quasi svogliato.
    Possibile che l'irascibile tedesco fosse ancora arrabbiato con Towers?

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    1. Avendo rivisto da poco il film, confermo la tua impressione. Ed aggiungo che Francis Ford Coppola dovrebbe pagare i diritti a Franco, visto che il Dracula del 1992 è spaventosamente simile a quello di Jess! E non parlo ovviamente del fatto che il personaggio sia stato protagonista di centinaia di storie, parlo della costruzione della sceneggiatura e dei personaggi. Questa "unione di intenti" (che però a me pare un'epica scopiazzata) ci permette di vedere Kinski e Tom Waits nello stesso identico ruolo di Renfield a fare le stesse cose: purtroppo Waits non può pitturare le pareti di escrementi, ma la sua gara con Kinski è comunque da gustare in pieno :-P
      Ho trovato un'intervista in cui Kinski accusa Franco di averlo ripreso più del dovuto perché da ogni set tirava fuori almeno tre film, però pagandone solo uno all'attore, e la risposta del regista è che sono ovviamente fisime di quel pazzo furioso di Kinski.

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    2. Perché OT, Nick? In effetti anch'io in privato avevo fatto notare a Lucius che i rapporti di Lee e Kinski con Franco erano più che buoni. Quindi può darsi che c'entrasse davvero qualcosa Towers...
      Io parlo comunque degli anni '70. Poi può darsi che per il seguito valga davvero quel che ha appena scritto Lucius... non so.

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    3. Nella sua biografia, pubblicata poco prima di morire, Kinski racconta che la Rohm voleva continuamente fare sesso con lui, sul set di Paroxismus: figuriamoci quanto è stato contento Towers! Anni dopo la Rohm disse che avrebbe voluto denunciare l'attore per quell'affermazione ma altri la dissuasero dal farlo, perché così facendo avrebbe solo dato importanza alla cosa. Nella sua delirante, sconclusionata, folle e geniale biografia Kinski dice che OGNI donna conosciuta voleva scoparselo e lui se le scopava tutte - con questa scelta di parole - quindi ha fatto bene l'attrice a non dar seguito ad una palese illazione, scritta più di vent'anni dopo gli eventi.
      Sicuramente Kinski e Franco sono andati d'accordo per tanto tempo - Lee era morto dentro dal Dracula del 1966, era ormai solo un cartonato sbiadito che veniva spostato da un set all'altro: come fai a litigare se non hai più un'anima? :-D - ma questo non ha impedito in seguito a Kinski di sputare il veleno che aveva per tutti e a Franco di chiamare pazzo furioso l'attore. In fondo è anche per questo che li si ricorda ^_^

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    4. Grazie per la delucidazione, Lucius. In effetti non aver mai letto l'autobiografia di Kinski è una grave lacuna da parte mia. Ma la ragione principale per cui non l'ho fatto è perché mi risulta che dentro in realtà si parli pochissimo di cinema.

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    5. Assolutamente pochissimo, giusto qualche chicca che sto usando per le mie ricerche. Kinski descrive minuziosamente le sue auto ma mai i suoi film, considerandoli tutti spazzatura ma necessari per far soldi. E' un libro non facile da trovare ma alla fin fine c'è molto poco da usare ;-)

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    6. Magari mi confondo con qualcun altro, ma mi pare che non fu quella l'unica volta che Kinski fu "solato" in quella maniera... Mi pare vagamente di ricordare che gli fu fatto credere di girare in film mentre al contrario ne stava girando due...

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    7. Lo spaghetti western tipico con Kiski lo si vede arrivare in scena, guardare nel vuoto, dire qualcosa che il doppiaggio adatterà alla trama, fumare, toccare una donna e uscire di scena: diciamo gli era difficile capire a quale film stesse partecipando né gli interessava minimamente.
      Sono spaventosamente pochi i film in cui il suo ruolo abbia qualcosa a che vedere con la trama, quindi gli era impossibile capire quanti film stavano girando. Il caso celebre è "La mano che nutre la morte/Le amanti del mostro": il regista e il produttore sapevano che stavano girando due film in contemporanea, ma Kinski? In entrambi si chiama Nijinski, in entrambi è vestito uguale e alcune scene del primo "finiscono" nel secondo. (In uno il personaggio si ubriaca e fa cadere dei libri, uno dei quali sarà raccolto e diventerà protagonista del secondo film!) In quel caso, Kinski è stato pagato per due film o per uno? Ti credo che poi l'attore si sentiva preso in giro :-P

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    8. Ahaha, si, stavo pensando proprio a quei due film! Sono abbastanza sicuro del fatto che Kinski non sapesse affatto che c'erano in produzione due film. Il suo problema è che, appunto, si faceva pagare un tot al giorno e così lo spremevano al massimo per tutto il tempo che era sotto contratto. Non che ci fosse poi così tanto da spremere visto che, come dici anche tu, Kinksi aveva una sola espressione. Povero Kinski... nessuno lo ha mai capito. Solo Herzog, forse, ci riuscì...

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    9. Quei due film,se non ricordo male, furono una coproduzione con la Turchia e all'epoca Kinski sembra si sia incavolato tantissimo con i produttori Turchi. Ritornando un attimo alla biografia dell'attore, se ne parlò tantissimo su un blog che non esiste più, tutti quelli che l'avevano letta concordavano su un fatto, cioè che Kinski -specialmente nelle parti in cui ripeteva di non avere niente da rimproverarsi e di avere trascorso una bella vita-probabilmente cercasse di ingannare anche sé stesso.
      Ben più interessanti risultano le testimonianze delle persone che hanno lavorato con Kinski, a rileggerle oggi sembra che descrivano due persone diverse. Se all'attore tedesco risultavano simpatici i registi o gli attori con i quali lavorava (o se quelle persone dimostravano immediatamente carattere) allora Kinski si dimostrava estremamente professionale, gentile e perfino collaborativo. Se invece il "nostro" provava antipatia a pelle o gli sembrava che il regista fosse troppo debole allora ecco che faceva uscire il peggio di sé.
      Tuttti concordano sull' estrema follia e sregolatezza del nostro, però pareva quasi che con i colleghi e con i registi con cui l'attore andava d'accordo Kinski si comportasse come quei bambini in cerca dell'approvazione paterna, con tutti gli altri era l'adolescente problematico, distruttivo ed autodistruttivo che , nel suo profondo, era rimasto.

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    10. Sì, penso anch'io sia così. Hai visto il documentario di Stracult a puntate su YouTube? Alcuni registi o attori ci si sono scontrati ma molti gli sono rimasti amici a lungo. Sicuramente nella sua vita sregolata cercava certezze e punti fermi...

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    11. Ne ho visto una parte, il resto me lo sono perso. Non stento comunque a crederci, dopotutto il "caro" Kinski quando voleva sapeva essere anche molto simpatico, ricordo certe comparsate televisive dove si comportava come un "bambinone compagnone" trattando tutti, presentatori e pubblico come dei vecchi amici.
      Piuttosto, mi sai dire che opinione si fosse fatta di lui Terence Hill? I due lavorarono assieme in uno degli ultimi spaghetti western "Un Genio,due compari ed un pollo", la tipica coproduzione Italia-Francia -Repubblica Federale Tedesca e sono sempre rimasto incuriosito del tipo di rapporto che si fosse eventualmente creato (o non creato ) tra i due.

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    12. Hill ha la fortuna di non essere citato nella biografia - ho appena controllato ^_^ - perché quei rari nomi che Kinski fa è solo per insultarli. E' un gioiellino di acido livore totalmente privo di qualsiasi velo: è lo sfogo totale di chi non ha più alcun freno inibitore, e quindi un testo incredibile. Dubito che ci sia anche solo una virgola di verità, ma quei rari aneddoti del set che vengono raccontati sono oro puro per il lavorone che sto portando avanti :-P

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  2. Non ho visto nessuno dei tre e... non so se avrei mai il coraggio di vedere un film in cui una delle protagoniste è Romina Power...

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    1. Allora posso esercitare in piena libertà il mio sadismo nel renderti noto, con grande piacere, che il prossimo post sarà in gran parte concentrato proprio sulla nostra Romina internazionale ;-D

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    2. Non so come mai Romina anche all'epoca abbia scatenato così tante critiche, nel film mi sembra che reciti esattamente come ogni altra attrice italiana di pari grado, né meglio né peggio. Non è che le millemila commediole che uscivano ogni anno fossero interpretate da Premi Oscar... Io l'ho trovata azzeccata per la parte della giovane ingenua ma decisa: non è che la Rohm avesse nulla da insegnarle :-P

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    3. Concordo pienamente con te Lucius, ma lo vedremo meglio, appunto, nel prossimo post :-)

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    4. @Ariano
      "incentrato", non "concentrato" : -(

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    5. Una Romina Power bambina, tra l'altro.... ahaha

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    6. Ma neanche la più giovane tra le bambine di Franco... Susan Hemingway e Katja Bienert la battevano da questo punto di vista.

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  3. Arrivo tardi ma ringrazio di cuore dello spazio ^_^

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    1. Come sempre, sono io che devo ringraziare te. E anche molto :-))

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  4. Andiamo, neanche un po' di dolore? Se no che sadico sono? :-D

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  5. E pensa che presto sulla giostra dovrebbe salire un certo Cassidy, con un post che è tutto un dolore... ;-)

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  6. Ehm… mi sa che sono tra quelli che non sono stati mai troppo attirati dai film con la Power. Forse perché inconsciamente l’ho sempre associata ai musicarelli, anche se nella sua filmografia, magari, non sono neanche stati i film prevalenti… Comunque mi sono fatta una cultura su tre film che non ho mai visto, e che magari prima o poi riuscirò a recuperare.

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    1. Quattro film, se ci aggiungi Eugénie/De Sade 2000, citato di passaggio da Lucius perché non prodotto da Harry Alan Towers, ma da me ri-citato nella mia postfazione come parte del trittico sadiano/franchiano che mi ha il cuor trafitto ^__^

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    2. Il film con la Power è del 1969 , nel 70 Romina sposa Albano.
      Ma lui sapeva sta cosa?😀
      Comunque ricordo che diverso tempo fa’ Ivano aveva postato già due estratti video del film di Franco con la Power e Kinsky ...ma non ricordo perché l’aveva fatto!!
      Comunque Romina da quello che ho visto si è calata molto bene nella parte di Justine...e non mi sembra stoni nel contesto del film.
      Da quello che ho letto in questo post , da quel poco che ricordo del film “L’educazione sentimentale di Eugenie” mi sembra che il divin Marchese al cinema non renda bene come nei suoi scritti!
      Forse non l’hanno capito ...magari colpa della distribuzione o della critica o forse eran proprio brutti.
      L’ultimo con Englund l’ho sempre evitato appunto perché c’era lui.
      Non sapevo fosse ispirato a De Sade.
      Ma dalla tua rece a questo punto mi sembra di aver fatto bene.

      Tre film sfortunati , in Italia.
      Ciao


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    3. Ciao Max,
      il film con la Power è stato completato da Franco nel '68 e distribuito nel '69. Personalmente è un film che adoro, come ho scritto sopra lo porterei con me sulla classica isola deserta insieme agli altri due film franco/sadiani che ho citati. Certo sono tutti film che hanno molto più a che vedere con il mondo di Jess Franco che con quello di de Sade, e bisogna quindi amare il genere per esserne coinvolti. In ogni caso li preferisco mille volte alla "Educazione sentimentale" di Grimaldi.
      I due estratti video di "Justine" che hai ricordato li presentai a suo tempo per omaggiare la splendida colonna sonora del film a opera del maestro Bruno Nicolai.

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  7. Non sapevo che Romina fosse stata così eclettica! ;) In quell'immagine Klaus Kinski nel ruolo del divin Marchese ha un'espressione intensissima, sembra quasi bello.

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