Questo sito utilizza cookie di Google e di altri provider per erogare servizi e analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google per le metriche su prestazioni e sicurezza, per la qualità del servizio, generare statistiche e rilevare e contrastare abusi. Navigando nel blog accetti l'uso dei cookie e il trattamento dati secondo il GDPR. Per maggiori dettagli leggere l'Informativa estesa.

Scrivere fumetti: la mia esperienza personale /2




Il titolo che ho scelto per questa nuova breve serie di post è in realtà un po' fuorviante. Nel senso che sarebbe stato più corretto porlo in questi termini: Scrivere graphic novel: la mia esperienza personale.
La differenza? A mio avviso è soprattutto una: mentre nel fumetto il testo esterno ai dialoghi è ridotto ai minimi termini e le descrizioni ambientali e degli stati interiori dei protagonisti sono affidati quasi esclusivamente al disegno, nella graphic novel il testo occupa un certo spazio anche al di fuori dei contorni dei balloons.
In altre parole, la graphic novel ha una maggiore affinità con il racconto e il romanzo rispetto al fumetto, che ha un linguaggio di tipo più cinematografico.
A dimostrazione, quella che segue è la tavola 7 di Dreamtime Returns, che è anche, come ho scritto nel post precedente, l'ultima del mio progetto a disporre di uno storyboard.


Dreamtime Returns - Tavola 7 - Schizzo preparatorio di Fabio Folla 


Il flashback che ha occupato per intero le pagine 5 e 6 si è interrotto e la linea narrativa ha fatto ritorno al presente relativo della fine degli anni 50 del Novecento. Il racconto continua tuttavia a essere filtrato dalla soggettività di Thomas Timberman, il geologo che è tra i protagonisti principali della novel. Si scopre un evento tragico nel suo passato, la morte della moglie, che ha avuto tra i suoi effetti quello di renderlo insofferente agli spazi chiusi, che gli rievocano in qualche modo le mura domestiche. Inoltre quel che gli è accaduto - e ancora non sappiamo cosa gli sia veramente accaduto - lo ha reso diverso, in un modo che gli attira la diffidenza e l'ostilità dei colleghi. Al punto da fargli prendere in considerazione, per la prima volta nella sua vita, l'idea di lasciare la sua terra, l'Australia.

Per il testo di questa pagina ho usato lo stesso racconto preliminare che mi era servito per le pagine precedenti, ma poiché in questa parte la storia tirava in ballo molti eventi del passato di Thomas ed era chiaramente troppo elaborata, sono stato infine costretto a tralasciarla quasi per intero. Il testo che segue è tutto quel che ho potuto utilizzare:
Il ritorno all’università si stava dimostrando un’esperienza fallimentare; le pareti di quella illustre istituzione gli erano altrettanto estranee di tutto il resto intorno a lui e sapeva che le cose così come stavano non sarebbero andate avanti per molto. Il suo precedente lo aveva segnato in modo indelebile e per quanto le possibilità di una ricaduta fossero prossime allo zero, veniva lo stesso considerato inaffidabile per la ricerca sul campo, la sola cosa che avrebbe potuto restituirgli una parte dell’entusiasmo. Ma c’era di peggio. La sua sensazione di estraneità verso l’ambiente accademico era ampiamente ricambiata; era osteggiato da quelle stesse persone con cui ogni giorno era costretto a lavorare fianco a fianco. Il più delle volte in modo sottile, ma uno di loro arrivò a dichiarare esplicitamente che quando lo aveva intorno sentiva “puzza di negro”, cioè di aborigeno… Per quanto riguardava Samuel Warren Carey, era idealmente mille miglia avanti a lui ed altrettanto irraggiungibile che se fosse stato su un altro pianeta. Era certo venuto a sapere del suo ritrovamento e probabilmente aveva anche trovato curiosa la notizia, ma che motivo poteva mai avere di mettersi in contatto con lui…
E a un certo punto cominciò lui stesso a ipotizzare di lasciare l’Australia per sempre, proprio come aveva fatto molti anni prima il suo patrigno.

La storia del patrigno di Thomas è una delle tante descritte nel racconto preliminare ma che fin qui non hanno trovato posto nella graphic novel. Si tratta tuttavia di avvenimenti che rivestono un'importanza decisiva nell'economia della storia e che saranno perciò ripresi in seguito.

Con questa settima pagina si conclude inoltre quello che si potrebbe definire il primo capitolo della storia, poiché la pagina 8 prevede una brusca svolta nello svolgimento della storia, con un salto temporale in avanti di alcuni anni anni e un cambio totale di luogo. Non sarebbe del resto la priam volta che la divisione in capitoli è utilizzata all'interno di un albo a fumetti, sebbene non sia la norma come nei romanzi. Della pagina 8 non esiste in ogni caso nessuno storyboard disegnato da Fabio Folla, ma solo i miei testi.

Dreamtime Returns - Pagina 8

Vignetta 1 - 30 Giugno 1967, in un luogo dell'Appennino centro-settentrionale.
L’aborigeno osservava dall’alto il fondovalle, seduto su di uno sporgenza di roccia, sotto il sole ancora alto del pomeriggio. Riusciva a distinguere da quella distanza quasi ogni singola casa del paese. Era tentato di recarvisi, ma sapeva che gli era vietato farlo, che avrebbe attirato troppa attenzione su di sé. Però anche da lassù era pur sempre una bella visione, pensava fra sé e sé.


Vignetta 2 – Erano dieci anni che mancava dal suo paese, dalla terra ancestrale dei suoi avi dove era nato. Tanto era durato il suo viaggio, sul Sentiero di uno strano Sogno che lo aveva portato dalla parte opposta del pianeta. Per lui era come un secondo walkabout, solo enormemente dilatato nel tempo e nello spazio. Forse dipendeva dal fatto che la terra stava diventando un unico grande paese e i confini tra gli stati e i continenti si stavano come annullando.
Vignetta 3 – Poteva così succedere che anche i Sentieri dei Sogni valicassero gli oceani. Ma tra gli Anziani c’era anche chi diceva che non era qualcosa di completamente nuovo, che era già successo altre volte in un lontano passato. Quello che lui sapeva per certo è che era stato scelto perché era un mezzosangue, con un padre australiano bianco e una madre aborigena. Era perciò di casa in entrambi i mondi e questo, almeno nelle intenzioni degli Anziani, avrebbe dovuto rendere tutto più facile.

Vignetta 4 – Anche se in realtà la differenza non si era mai posta nei termini di mondo civilizzato e mondo selvaggio. No, era tutta una questione di Sognare e non Sognare. Nelle scuole della Missione aveva imparato molte cose che si erano poi dimostrate utili nel suo lungo viaggio, ma niente sul Tempo del Sogno.
Vignetta 5 – Qualcosa all'improvviso lo distrasse dalle sue riflessioni. Il rombo ormai familiare del fuoristrada salì nell’aria a poca distanza da lui. Segno che il suo “amico” dalla pelle chiara era di nuovo in procinto di recarsi in paese, come faceva ogni sera.

Vignetta 6 – Si mise così a osservare la strada in basso sotto di lui. Vista da lassù somigliava a un lungo serpente grigio che si snodava tra il verde della vegetazione. E dopo un paio di minuti vide comparire il fuoristrada. Ne seguì tutto il percorso fino all’ingresso nel paese. Si domandò come avrebbe reagito l’anziano bianco se avesse saputo che da alcuni giorni ogni suo movimento era osservato da qualcuno molto diverso da lui ma che proveniva dal suo stesso Paese.

Vignetta 7 – Era tuttavia vero che non mancava molto al momento in cui gli avrebbe rivelato la sua presenza. C’era solo da aspettare che facessero la loro comparsa sulla scena gli altri due protagonisti principali. Uno di loro era già per strada e forse il suo arrivo era solo questione di minuti…

Immagino non sia per niente facile da notare, ma nella parte che avete appena letto mi sono divertito a giocare con le Songlines, o Vie dei Canti, immaginando che una di queste vie si prolungasse oltre l'Australia fino ad arrivare nientemeno che nei nostri paraggi. In fin dei conti, esistono Songlines - per esempio quella dell'emù e dell'ocra rossa - che attraversano il continente australiano per molte centinaia di chilometri. Perché allora non dare spazio alla fantasia, in una storia fantastica, e proporne una così lunga da creare addirittura ponti tra continenti diversi?


* * *


L'immagine di apertura del post è: William Sandy Collaborative, Dingo Dreaming.

Commenti

  1. Si vede che il mondo australe ti affascina. Comunque, restando sulla graphic novel, vedo che a giudicare dalle prime vignette la sceneggiatura è scritta in modo chiaro, se riesci infine a trovare il disegnatore può davvero prendere forma.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'Australia non ha mai smesso di affascinarmi fin da quando avevo 8-9 anni. Da un certo punto di vista mi sento come se ci fossi nato.
      Trovare un disegnatore volontario di questi tempi è comunque molto difficile. Ci verrebbe qualcuno altrettanto appassionato di me alla cultura aborigena ma è come cercare un ago nel pagliaio.

      Elimina
    2. "ci vorrebbe" non "ci verrebbe"...

      Elimina
  2. Non so cosa sono le Songlines, però l'atmosfera generale del racconto mi pare molto buona soprattutto mi ricorda un po' le atmosfere di Sergio Toppi!

    Forse il salto temporale spiazza un po', ma devo considerare di aver letto le varie tavole a distanza di qualche giorno l'una dall'altra seguendo i post e comunque il tutto si potrebbe ovviare con una pagina 'di pausa' fra i capitoli in cui mettere una frase emblematica e non troppo lunga che introduca e faccia al contempo da ponte fra le parti!

    Comunque mi sa che ti linkerò su Google+ una cosa che ho fatto alcuni anni fa, non sono ancora sicura di riproporla sul blog nonostante mi fosse venuta in mente!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi permetto allora di consigliarti, Alessia, la lettura del libro The Songlines di Bruce Chatwin. In italiano si intitola Le vie dei canti. Comunque se vuoi avere un'infarinatura rapida su cosa sono le Songlines ti rimando alla mia serie di quattro post "Il segreto di Hanging Rock". Per trovarli puoi cliccare tra i tags qui a destra la voce "Picnic a Hanging Rock".
      Tieni conto che le tavole sono comunque preparatorie ed è previsto che siano soggette a revisione una volta schizzate tutte, proprio come succede con i romanzi o i racconti di solo testo.
      Buona giornata!

      Elimina
    2. P.S. Ho visto il link su G+. Più tardi me lo studio ;D

      Elimina
    3. Certamente proprio per questo mi sono sentita di dirti completamente come avevo recepito il fumetto fino ad ora! :D
      Penso leggerò i tuoi post perché al momento procurarmi libri mi è un po' difficoltoso!
      Fai con calma per il link, figurati! È veramente un lavoro moolto vecchio nonostante siano passati pochi anni!

      Elimina
    4. Capisco la sensazione di molto vecchio anche dopo che sono passati pochi anni. A volte l'ho provata con certe mie creazioni ^_^

      Elimina
  3. Sai, manco sapevo cosa fossero le songlines.
    Che ignorante.
    E' una storia magnetica, avventurosa (di quell'avventura vecchio stile, che forse esploderà alla Indiana Jones, chissà).
    Una cosa: non è che la graphic novel sia più cinematografica, è semplicemente un fumetto a volume spesso unico rispetto a quello seriale. I fumetti cinematografici per antonomasia sono quelli giapponesi (a cui, dalla metà dei '90, si sono poi ispirati tutti gli altri)
    Comunque si vede che c'è un largo studio, dietro questa tua storia.

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io ho scritto il contrario Miki. Secondo me è il fumetto classico a essere più vicino al cinema, mentre le graphic novel sono più letterarie perché sono meno sbilanciate in favore del disegno.
      Il fatto del volume unico rispetto alla serialità è secondo me solo uno dei fattori che differenziano la graphic novel ma non l'unico. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano gli altri fumettofili al riguardo.
      Per le songlines ti rimando a quanto ho scritto sopra nel commento a Alessia.
      Muchas gracias per i tuoi apprezzamenti alla storia *_*
      In quanto allo studio, è vero. Come ho scritto a Ariano la cultura aborigena mi affascina fin da quando ero bambino. Non a caso ho dedicato il mio blog al Tempo del Sogno ^_^

      Elimina
    2. Ti giuro che avevo letto il contrario... sarà stata l'ora tarda Oo
      Comunque, ci sono graphic novel che possono anche avere poche parole o non averne... alla fine c'è sempre che siano scritte, e che si debbano leggere (non c'è un solo modo per leggere e scrivere, e questo è ciò che più mi affascina di queste azioni...)
      Se ne vogliamo parlare, come auspichi, io sono d'accordissimo^^

      La cultura aborigena non mi ha mai tanto preso, ma si vede che di contro tu ne sei ferratissimo e appassionato (e direi che la passione è la cosa più importante^^)

      Moz-

      Elimina
    3. Sono d'accordo sui possibili mille modi di realizzare una graphic novel. Secondo me resta però un prodotto che mira, fin dal nome, a proporsi come più 'letterario' rispetto al fumetto seriale.

      Elimina
  4. Neanch'io conoscevo le songlines. Mi sembra però che siano citate in uno degli episodi della Saga di Paperon de' Paperoni di Don Rosa, nel capitolo australiano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esiste addirittura un capitolo australiano nella saga di Don Rosa? Non ne avevo idea *_*

      Elimina
  5. Non ho ancora letto Le vie dei canti, sebbene un'amica me l'abbia consigliato fortemente! Ma già sai che adoro Picnic a Hanging Rock!
    Questa seconda parte del post mi ha incuriosita ancora di più *__*

    Sulla graphic novel, secondo me si distingue dal fumetto per una maggior cura dei testi, per un'intenzione differente di comunicazione, meno immediata e più riflessiva.
    Alla prossima! ^^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi era sfuggito questo tuo commento, Glò, avevo visto soltanto quello di Ginevra. Inoltre negli ultimi due giorni sono stato distratto da altre cose e ho avuto poco tempo per stare in rete.
      Anch'io la vedo in questi termini la differenza tra graphic novel e fumetto. Ma sei riuscita a spiegarla meglio tu ^^

      Elimina
  6. Con sincera ammirazione! Leggo fumetti da ...1000 anni (lol) e apprezzo moltissimo le Graphic Novel, anche se di queste ultime non ne ho trovate tantissime (vivevre in un paesino alle volte penalizza un po'). Ma soprattutto mi affascina questa tua ispirazione che ti ha portato a "ripercorrere" Le Vie dei Canti! Un testo che ho amato tantissimo e che ho tutto annotato. Mi permetto di segnalarti un brano che mi ha colpito e che trovo ricchissimo di significato:
    la via dei canti pag.146
    gli aborigeni raccontavano di uomini-del-canto che in stato di trance sfrecciavano con un sibilo su e giu' per la Via. Ma c'era anche un'altra ipotesi, ancora piu' stupefacente.
    A quanto pare, e' l'andamento melodico, indipendentemente dalle parole, a descrivere il tipo di terreno su cui passa il canto. Percio', se l'Uomo Lucertola stava tribolando nelle saline del lago Eyre, ci si poteva aspettare una successione di lunghi bemolle, come nella Marcia Funebre di Chopin. Se stava saltabeccando sulle scarpate dei MacDonnell, si aveva invece una serie di arpeggi e di glissando, come nelle Rapsodie ungheresi di Liszt.
    Si crede che certe frasi musicali, certe combinazioni di note, descrivano che cosa fanno i piedi dell'Antenato. Una frase dira': "Salina", un'altra "Letto di Torrente", "Spinifex", "Duna", "Boscaglia di Mulga", "Parete di Roccia" e cosi' via. Dall'ordine in cui si succedono, un esperto uomo-del-canto sapra' dire quante volte il suo eroe ha attraversato un fiume o valicato una catena di montagne, e sara' anche in grado di calcolare in che punto di una Via del Canto si trovasse e quanta ne avesse percorsa.
    "L'uomo-del-canto potra' sentire qualche battuta e dire: "Questa e' Middle Bore", oppure "Questa e' Oodnadatta" - dove l'Antenato fece X, Y o Z" disse Arkady.
    "Quindi una frase musicale e' un riferimento geografico?"
    "La musica" rispose Arkady "e' una banca dati per trovare la strada quando si e' in giro per il mondo"
    .....
    Come dire: a ciscuno il suo Canto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Ginevra, benvenuta nel mio blog e un grande grazie per i tuoi apprezzamenti!
      Le vie dei canti è un succedersi di pagine una più illuminante dall'altra ed è tra i miei libri preferiti in assoluto.
      Comunque mi hanno insegnato moltissimo anche le opere antropologiche di Elkin e Strehlow.

      Elimina
    2. È Ginevra l'amica cui ho accennato poco sopra! ^^
      Prendo nota anche degli studiosi! :P

      Elimina
    3. Sono stato felice di fare la sua conoscenza anche se nelle sue sembianze feline ^^
      Ho visto solo stamani il tuo commento precedente per le ragioni che ti ho scritto sopra. Riguardo ai due studiosi, ti avverto che soprattutto Elkin è roba pesante, piena di dati e tabelle!

      Elimina
  7. Ma figurati per il commento Ivano, eh! :P
    Per quanto riguarda il consiglio, vedrò di familiarizzare prima con Strehlow e comunque non nell'immediato, ché proprio non avrei tempo -_-

    RispondiElimina

Posta un commento

Chi commenta su questo sito lo potrà fare solo da loggato con Google. Deve quindi essere consapevole che il suo username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile. Potrà portare al Profilo di Blogger o a quello di Google+ a seconda della impostazione che si è scelta.
Gli utenti possono eliminare i commenti che hanno inserito. A una eliminazione definitiva provvederà direttamente l'amministratore del sito nel minor tempo possibile. Gli estremi dell'account saranno memorizzati per facilitare commenti successivi.
Tutti i commenti contenenti link per scambio visite o con link che indirizzano a contenuti non attinenti a quanto trattato nei post saranno celermente rimossi dal blog.

Post popolari in questo blog

Non ho dimenticato... Alessandro Momo /1 di 2

Non ho dimenticato... Alessandro Momo /2 di 2

10 serie a fumetti che hanno scandito i miei anni '70

Vikings S03 E07-10: La presa di Parigi

I misteriosi Quindici

Il libro azzurro della fiaba - I sette libri della fiaba Volume 1

Sette opere d'arte per sette poesie