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Il cinema della Storia dell'occhio /3: Georges Bataille's Story of the Eye




Confesso di essere stato più volte sul punto di rinunciare a scrivere questo articolo. Però più cestinavo le diverse versioni più diventava, come capita che accada, imperativo per me portarlo a conclusione. L'esito finale è un post un po' pazzo, ma abbastanza sensato dal mio punto di vista da poter essere pubblicato e letto.

Per cominciare, si parla qui di un film che sotto l'inequivocabile titolo Georges Bataille's Story of the Eye offre tutt'altro all'incauto spettatore, cioè poco o niente che abbia a che vedere con la Storia dell'occhio di Georges Bataille.
Eppure, una volta superato il trauma derivato dal trovarmi a guardare tutt'altro da quel che mi aspettavo di vedere, e una volta imparato con un po' di esercizio a separarlo dal titolo, per me questo è diventato un film importante. Confesso anche che fino a un certo momento credevo fosse piaciuto solo a me, invece cercando un po' in giro mi sono imbattuto, devo dire con una certa sorpresa, in una sfilza di critiche entusiaste.

Ma bisogna comunque essere portati per un certo tipo di cinema, perché questo è un film che allo spettatore medio (o passivo) può dare terribilmente sui nervi, per molti motivi. Prima di tutto, è un film dichiaratamente pornografico, e per molti (ma non per me) questo è un forte deterrente alla visione, o piuttosto, per meglio dire, all'apprezzamento di qualcosa. Ed è inoltre, a un livello di deterrenza minore, un film violentemente sperimentale e anti-narrativo, che dopo essersi aggirato per tutta la sua seconda metà tra scheletri di quinte con un passo narrativo lentissimo, precipita in un blackout visivo di una decina di minuti.
Sicuramente aiuta, come nel mio caso, privilegiare questo genere di cinema al cinema che troppo racconta, al cinema con le storie che fanno tutta la strada da A a B a C fino a Z senza mai saltare di lato o su un piede solo come nel gioco della campana. Per dire, condannatemi a vedere la filmografia completa di Steven Spielberg e sarete a vostra volta passibili di condanna per istigazione al suicidio.

Un film dunque, Georges Bataille's Story of the Eye, di cui vale la pena, nella mia ottica, occuparsi. Chiedendosi per esempio, perché l'evidente promessa del titolo del film non venga poi mantenuta.
Dave Kehr, critico del New York Times, scrive a questo proposito che le vicissitudini dell'occhio del romanzo di Bataille vanno qui intese nel senso delle vicissitudini dell'occhio dello spettatore. E' una considerazione che certi dettagli del film, soprattutto nella sua parte finale, potrebbero far apparire sensata, ma che non spiega perché l'orecchio dello spettatore sia altrettanto se non di più sollecitato dell'occhio, in questo film caratterizzato tra l'altro da una colonna sonora importante. Kehr aggiunge inoltre, e qui entriamo invece nel puro nonsense, che
se il libro di Bataille era un tentativo di scrivere ciò che non dovrebbe essere scritto... [questo] film è un tentativo di mostrare ciò che non dovrebbe essere mostrato. Vale a dire: il sesso non simulato (Hard core sex)...

In realtà tutto questo non solo non ci avvicina di un capello alla soluzione dell'enigma del titolo, ma ci allontana di molto da Bataille e dal suo libro. Nella Storia dell'occhio, l'occhio è chiaramente un oggetto tra gli altri, che non è mai inteso nella sua funzione di organo per la visione collegato a una soggettività. E del resto, come ha scritto bene qualcuno (quando mi ricordo chi aggiorno, promesso), il discorso filosofico, e anche letterario, di Bataille è un continuo glisser dal je verso l'ipse.
Io da parte mia, ignorando le vere intenzioni del talentuoso regista e degli altri autori-attori del film, posso solo sentirmi altrettanto libero di Kehr di congetturare.
Una mia congettura è che le cose stiano come stanno quasi solo perché ci troviamo davanti a un tipico prodotto underground. E l'underground ha una libertà nel trattare il corpo dei propri reati paragonabile forse solo a quella che un tempo era del dada, una libertà certo sconosciuta al mainstream che deve sempre e comunque rispondere, per definizione, alla società della bontà delle sue operazioni.



Tradotto in termini batailliani, l'underground potrebbe essere proprio uno dei regni dove si espletano la sovranità individuale e il "male" che le è connesso (due elementi chiave della filosofia di Bataille di cui mi sono occupato in questo post). E' un regno infantile per eccellenza, nonostante il privilegio che accorda a tematiche ritenute per convenzione "adulte". Ed è fondamentalmente anti-discorsivo.
La cultura underground inoltre, a differenza di quella mainstream, non va in genere alla ricerca di un pubblico. E ha sicuramente ragione Kehr quando scrive che questo è un "vero film indipendente, senza nessuno scopo commerciale e senza nessuna ragione economica di essere". (Ed è qui che lui, Kehr, forse senza neanche saperlo, entra a mio avviso nel cuore della ragion d'essere bataillana di questo film). Esiste però un certo tipo di pubblico che va alla ricerca dei prodotti della cultura underground perché è interessato a un certo tipo di comunicazione, che potremmo definire, seguendo ancora Bataille, comunicazione forte - una comunicazione cioè che è quella tipica della sovranità, e che privilegia l'inutile rispetto all'utile di una società profana condannata per sua natura a confondere l'attività con la produttività e il profitto.
E' la parola stessa a indicarlo: per arrivare a usufruire dei prodotti "underground" è richiesta un'opera di scavo intenzionale, e possibilmente ludica. Che poi spesso questa cultura sotterranea salga in superficie e sia assimilata alla logica dell'utile e del profitto, è un altro discorso. Così anche la possibilità di poter dire, ludicamente: "In fondo ve la siete cercata voi", contribuisce a far sì che l'underground sia pienamente libero di esercitare la propria sovranità.
Solo in questi termini riesco ad ammettere che questo film abbia qualcosa a che vedere con Bataille. Che poi abbia scelto di ammiccare ai quattro lettori della Storia dell'occhio, anche questo fa parte della libertà che gli è concessa per la sua natura. Ma potrebbe esserci anche un ulteriore messaggio implicito:
...che tanto un vero film della Storia dell'occhio non ve lo darà nessuno, mai.



Venendo ora alle mie consuete poche note recensive, esaurita la mia congettura, Georges Bataille's Story of the Eye è un video digitale del 2004 diretto da Andrew Repasky McElhinney, regista americano che riesce a far convivere il respiro innegabilmente amatoriale dell'opera (non per niente autori e attori parzialmente coincidono) con uno stile registico sapiente e rigoroso. Se dovessi definire l'impronta estetica di questo film, dal grande fascino figurativo (oltre che sonoro), direi che oscilla tra il punk e il gothic.
Che è un film pornografico l'ho già detto. Ma è bene ribadirlo perché di questo si può solo essere felici. Perché se non si entra finalmente in questa ottica, nell'ottica pornografica, allora è meglio rinunciare da subito a Bataille e alla Storia dell'occhio in particolare. E' meglio dedicarsi ad altro. Se solo fossero stati in grado, per esempio, di comprendere una verità così banale gli autori di Simona o di Ma mère (altro film disastro, ancora del 2004, tratto dal romanzo omonimo di Bataille), il peggio ce lo saremmo forse risparmiato!
E se è pur vero che alla prima visione ho disperso gran parte della mia attenzione nello sforzo continuo e inutile di ricondurre quanto stavo vedendo al titolo, al secondo passaggio sono stato invece in grado di concentrarmi su quello che veramente mi scorreva davanti agli occhi. E di godermi lo spettacolo. Almeno, grazie al fatto che stavolta il film ha poco o niente a che fare con la Storia dell'occhio, noi fan di Bataille oltre che incauti spettatori, siamo messi al riparo dal pericolo di incappare nell'ennesimo scempio cinematografico di un suo libro. E scusate se è poco...


* * *


E adesso, ricordandovi un'ultima volta che siete davanti a contenuti sessuali espliciti, non mi resta che augurarvi una Buona Visione! (Starring: Melissa Elizabeth Forgione, Courtney Shea, Querelle Haynes)



Commenti

  1. Come sempre articolo interessante.
    Il video non mi ha disturbato molto, sono abbastanza abituato. La musica di sottofondo (o dovrei dire rumore?) è molto Lynchiana, vero?

    Mi fa più strano la faccia di lei con le bende insanguinate e il cilindro, se devo dirla tutta.

    Moz-

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    Risposte
    1. Grazie per l'apprezzamento, Miki :)
      Sì, hai ragione riguardo alla musica, è decisamente lynchiana. Mi spiace però di non aver potuto postare esattamente la parte di video che avrei voluto io, perché alla fine mi è risultato impossibile farla scendere al di sotto di circa 15 minuti di durata. Lì si dispiegava tutta la forza della soundtrack del film, tra l'altro con un pezzo di piano acustico di non comune bellezza.
      La ragazza con il cilindro e la benda insanguinata appare nel film, come puoi vedere nell'immagine che viene subito dopo nel post. Ed è la stessa attrice che vedi nel video, prima nel sottoscala e poi riflessa nello specchio.

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  2. Io, a dire il vero, appartengo alla categoria degli spettatori che restano disturbati non dalle scene di sesso ma dalla visionarietà fine a se stessa e da un assenza di trama. Non dico che ci sia bisogno di Spielberg (tanto per restare in tema col tuo post) ma, per dire, un Danny Boyle è sufficientemente visionario ma rigorosamente narrativo, almeno in my humble opinion.
    Non so se reggerei la visione intera del film in questione. E' più facile che decida di leggere il romanzo di Bataille: mi hai incuriosito parecchio.

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    1. Danny Boyle non mi dispiace, Ariano. Anche se il suo ultimo film "In trance" mi sembra tutt'altro che riuscito. Nonostante sia una produzione franco-inglese ci ho ravvisato molti dei difetti tipici di Hollywood.
      Fammi poi sapere cosa ne pensi del libro, se decidi di leggerlo. Magari proprio con un post nel tuo blog :D

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  3. Quindi è un film di difficile visione (diciamo non adatto a una tranquilla serata in famiglia!). Ma di discosta molto dal libro o sono sullo stesso binario?

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    1. Dipende dalla famiglia, Marco :D
      Alla tua domanda rispondo direttamente con un estratto dal post: ...si parla qui di un film che sotto l'inequivocabile titolo Georges Bataille's Story of the Eye offre tutt'altro all'incauto spettatore, cioè poco o niente che abbia a che vedere con la Storia dell'occhio di Georges Bataille.
      Diciamo che procedono su due binari, se non divergenti sicuramente paralleli.

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    2. Intendevo dire se si discostasse come atmosfere. Mi hai risposto con l'ultima frase.

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    3. Ah, allora avevo capito male. In effetti mi sembrava un pò strana come domanda, ma non è detto che non possa sfuggire qualcosa nella lettura di un post di una certa lunghezza...

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