The Studio Section 3 - Berni Wrightson /8
Bernie Wrightson. Lo odiavamo. Lo amavamo. Era impossibile non amarlo; di sicuro, nei giorni della Warren, non c'era traccia di egomania in lui. Era sempre e solo uno del gruppo, pronto ad aiutarti se eri in ritardo con una deadline e a mollare di colpo il pennello se qualcuno gli diceva che alla tv stavano dando Frankenstein - o qualsiasi altro film con Boris Karloff. In più era divertente da morire. Ma anche bello ed eroico nell'aspetto. Lo usavamo tutti come modello - e lui vi si prestava con gioia. Un ragazzo di strada di Baltimora che, sebbene fosse piuttosto timido con le ragazze, poteva rubare la scena a tutti. E che non sapeva di essere un genio.
Bruce Jones
* * *
L’odio di cui si parla all’inizio della soprastante citazione è ovviamente scherzoso e a
che fare con l’invidia benevola che l'eccessiva bravura di Berni (o Bernie) Wrightson
suscitava nei suoi colleghi e amici. Bruce Jones si riferisce qui in
particolare a Mike Kaluta e Jeff Jones (di cui lui non è parente), gli altri artisti con
cui Wrightson condivideva l’appartamento.
Ma chi è Bruce Jones? La risposta, nei suoi termini essenziali, è facile: un
bravo e famoso sceneggiatore di fumetti, scrittore e sceneggiatore di serie televisive, nato nel 1944, che ha scritto fumetti per le più importanti case editrici americane, dalla Warren, alla DC alla Marvel. Mentre,
se vogliamo cominciare a definire il suo
rapporto con Bernie Wrightson, allora
possiamo dire che Bruce Jones è un po' l'equivalente Warren di quello che è stato Len Wein negli ultimi due anni in cui Wrightson ha lavorato
alla DC, ossia lo sceneggiatore con cui ha legato meglio.
Ma cominciamo dall’inizio. Fondata nel 1957 da un avvocato di New York di
nome James Warren, la Warren Publishing si limitò per alcuni anni a proporre
riviste, o legate al cinema di genere come la celebre Famous Monsters of Filmland (nella bella copertina qui a sinistra: Ingrid Pitt in un ritratto di Ken Kelley) o
di tipo satirico come Help! È nel 1964 che l’avvocato decide di
lanciarsi nel mondo del fumetto con l’obiettivo di proporre storie di qualità
superiore alla media, rivolte a un pubblico più adulto della media dei lettori di fumetti e che strizzino l’occhio
alle vecchie produzioni della EC Comics.
Tuttavia, per varie ragioni, Warren sceglie di mantenere anche per le sue pubblicazioni a fumetti il
formato e la formula del magazine in bianco e nero che già adottava per le riviste.
Non si trattava solo di sottolineare la differenza rispetto alla
produzione standard dei comic books a quattro colori, ma anche di risparmiare
sui costi di stampa e di sottrarsi alle restrizioni imposte dal famigerato
Comics Code Authority, che non aveva voce in capitolo sulle riviste.
Il primo magazine a fumetti pubblicato dalla Warren Publishing, nel 1964, è Creepy,
che detiene con ogni probabilità il primato - insieme alla sorella minore Eerie,
che vede la luce un anno dopo - di più famosa pubblicazione horror della storia
del fumetto. Molto minor fortuna otterrà la terza collana, che seguirà di lì a
poco: Blazing Combat, destinata ad accogliere storie di guerra, e per questo
anche a durare solo quattro numeri.
I talenti artistici della scuderia Warren sono in realtà numerosi fin dall’inizio, da Reed
Crandall a Roy Krenkel, da Gray Morrow ad Al Williamson. E non mancano neanche i
nomi di artisti noti al più vasto pubblico degli appassionati di supereroi, per esempio quelli di Steve Ditko (Spider-Man) e Gene Colan (Daredevil). Una menzione speciale la meritano inoltre le copertine, nei primi tempi quasi tutte riproduzioni di oli appositamente dipinti da Frank Frazetta (vedi immagine a destra).
Proprio la qualità delle immagini, unita a quella delle storie, garantisce per
un po’ la fortuna della Warren Publishing, almeno fino a quando, nel 1967, una serie di
problemi personali costringe James Warren a passare le redini della casa
editrice nelle mani di altri membri del suo staff. La nuova dirigenza sceglie
però di seguire la linea editoriale dell'abbattimento dei costi, e comincia a proporre su Creepy e Eerie
ristampe di storie già apparse in precedenza sulle due testate e inediti di bassa qualità. A
questo stato di decadimento generale va ben presto ad aggiungersi anche il tracollo delle
vendite, e la situazione sarebbe senza dubbio precipitata senza
rimedio se James Warren non fosse ricomparso a riprendere la guida della sua casa editrice. Ci vorrà comunque del tempo prima
che le voci insistenti di mancati pagamenti e di una imminente bancarotta si plachino
definitivamente e consentano a Wrightson, come ad altri suoi colleghi, di accogliere
l’invito dello stesso Warren, che lo corteggia da un paio di anni, a collaborare con
lui.
È l’inizio del 1974, e Wrightson ricorda così l’incontro:
È l’inizio del 1974, e Wrightson ricorda così l’incontro:
Un giorno comparvi nel suo ufficio e gli annunciai la mia intenzione di lavorare per lui. Lui mi rispose: «Sicuro», e tutto andò a buon fine. Non era per niente il pazzo farneticante che avevo sentito dire che fosse. Si rivelò una persona molto piacevole.
Warren conosceva il mio lavoro. Gli piace tenersi al corrente di tutto quello che viene pubblicato nel settore. Mi spiegò che se avessi lavorato per lui avrei dovuto dare il meglio di me. Non era un problema, dal momento che io do sempre il meglio di me. Mi disse che la casa editrice si teneva i diritti ma che mi sarebbero stati restituiti gli originali. Ma mi avvertì anche che se io avessi venduto gli originali e questi fossero stati a loro volta rivenduti, e così via per altre dieci volte, sarei stato lo stesso ritenuto responsabile di una loro eventuale pubblicazione [illecita]. Non ebbi nulla da obiettare.
Infine mi disse: «Avrai la miglior paga che tu abbia mai avuto». E così fu.
Eppure
Wrightson aveva in un certo senso già debuttato sulle riviste
Warren, ben otto prima, quando era ancora diciassettenne. Era il giugno nel 1966, quando il disegno presentato qui a lato apparve sul numero 9 di Creepy, nello spazio della rivista delegato a ospitare le opere dei lettori.
Anche il debutto di Wrightson da professionista della Warren avviene sulle pagine di Creepy, ma del numero 62, con un frontespizio e un suo adattamento a fumetti di uno dei più noti racconti di Edgar Allan Poe, The Black Cat.
I frontespizi erano una nota caratteristica sia di Creepy che di Eerie e servivano a introdurre, attraverso la "voce" dei rispettivi padroni di casa, Uncle Creepy e Cousin Eerie, le storie contenute nell'albo.
Ecco qui a lato un frontespizio con protagonista Cousin Eerie (da Eerie #65 dell'aprile 1975).
Ecco qui a lato un frontespizio con protagonista Cousin Eerie (da Eerie #65 dell'aprile 1975).
Ma è la storia successiva, Jenifer, la prima in cui Wrightson si affida al talento narrativo di Bruce Jones, a ottenere un successo al di là di ogni aspettativa. Tanto che è forse da considerarsi, ancora oggi, la più celebre storia horror autoconclusiva a fumetti mai realizzata.
Jenifer è il nome di una "ragazza" che Jim, il protagonista maschile della storia, salva in mezzo al bosco dalle mani di un uomo che sta per decapitarla con un'ascia. Ma il povero Jim avrà poi molto di che pentirsi del suo gesto altruistico.
Altrettanto riuscita si può comunque definire la successiva storia a opera del duo, anch'essa con un nome di donna come titolo: Clarice. Si tratta, in questo caso, di una ghost story di stampo classico, in forma di ballata, lunga appena cinque pagine divise in quattro immagini ciascuna, con il testo organizzato in quartine, una per ogni immagine.
Ma tutte, o quasi, le storie che Bernie Wrightson realizza nell'arco dei quasi due anni in cui collabora in modo continuativo con il gruppo Warren, hanno qualcosa di unico e di prezioso, indipendentemente da chi sia l'autore dei testi, o lo stesso Wrightson o Bruce Jones o qualcun altro. Lo vedremo più in dettaglio nel prossimo post.
* * *
Per la citazione di Bruce Jones: Creepy Presents Bernie Wrightson. Dark Horse 2011.
Per la citazione di Berni Wrightson: A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991; Edited by Christopher Zavisa.
L'immagine in alto sotto il titolo è: Berni Wrightson, The Black Cat (1975, detail).
Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.
Per la citazione di Berni Wrightson: A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991; Edited by Christopher Zavisa.
L'immagine in alto sotto il titolo è: Berni Wrightson, The Black Cat (1975, detail).
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Altra puntata spettacolare dedicata ad un artista spettacolare!
RispondiEliminaGrazie infinite anche a te, Lucio! Come ho scritto sopra a Cassidy altre due puntate e questo primo ciclo su Wrightson si conclude. Da settembre si ricomincia con la Section Four, l'ultima, dedicata a un altro grande.
EliminaGrazie infinite Cassidy! Ho intenzione di completare prima della chiusura per ferie questo primo ciclo di post dedicati al grande Bernie. Ne mancano due.
RispondiEliminaNon conosco granché del fumetto americano (specialmente di quel periodo, anche per motivi anagrafici) e devo dire che mi stai aprendo un mondo. Ora capisco anche da dove è arrivata l'ispirazione per Jenifer, l'episodio girato da Dario Argento nel 2005 per la serie Masters of Horror...
RispondiEliminaCiao Simona. Sono davvero molto contento di quello che mi scrivi!
EliminaRiguardo a "Jenifer" e a Dario Argento ecco cosa riporta Wikipedia:
In 2005, Jones' 10-page story "Jenifer" from Creepy #63 (July 1974), drawn by Bernie Wrightson, became the basis for filmmaker Dario Argento's segment of Masters of Horror, a Showtime television series.
Bellissime le tavole-Creepy, soprattutto l'ultima (Clarice) *__*
RispondiEliminaIn queste storie autoconclusive, Wrightson ha potuto permettersi di sperimentare in libertà e affinare il suo stile.
EliminaEcco che ritorna in pompa magna l'assassino con l'ascia ad aprire il post! La differenza è che cui c'è il gatto essendo il racconto di Poe. E mi ha divertito molto leggere anche i termini in cui si è svolto l'incontro con Warren. :-)
RispondiEliminaDa quello che ho potuto capire della personalità di Wrightson, era comunque molto meno esibizionista di Bodé.
I due, Wrightson e Bodé, erano molto amici, ma non c'è dubbio che il primo alle luci dalla ribalta preferisca la penombra del suo studio, che pare assomigli a quello di un alchimista, tutto affollato di alambicchi, storte e provette varie.
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