The Studio Section 3 - Berni Wrightson /2
Ho frequentato per dodici anni le scuole cattoliche e avevo sempre problemi perché disegnavo in classe. Primo, nelle scuole cattoliche non insegnavano né amavano il disegno; secondo, disegnare dinosauri e mostri non era considerato qualcosa di salutare; terzo, e soprattutto, non apprezzavano che io disegnassi. Ogni volta che mi legavano, dovevo dire: "Grazie sorella"... La mia capacità di attenzione era molto limitata. Scivolavo dentro e fuori dai sogni a occhi aperti come fossero blusotti. Se uscivamo per giocare a baseball, mi sedevo al centro del campo e mi mettevo a osservare i sassi, le chiocciole e gli animaletti che si arrampicavano sull’erba.*
Proprio così. Il giovane Berni compie tutto il suo itinerario scolastico, dalla materna alla fine delle superiori, all'interno di istituti cattolici. "E' per quello che adesso disegno tutta questa roba d'orrore" ci scherzerà su, ma non troppo, in seguito.
Alla sua prima istruzione artistica provvede invece l'artista e personaggio televisivo John Nagy, che già abbiamo incontrato nel primo post della Section Two come maestro virtuale del piccolo Mike Kaluta. Il suo show arrivava via cavo ogni sabato mattina, accompagnato dallo slogan "Chiunque può disegnare".
Ma è all'età di diciotto anni che Wrightson ha il suo primo, e unico, training ufficiale nel campo dell'istruzione artistica, per mezzo del Famous Artists Course, un corso per corrispondenza che veniva pubblicizzato sulle quarte di copertina degli albi a fumetti e in televisione, con dei filmati di quindici-venti minuti trasmessi in seconda serata. Furono questi ultimi a conquistare il giovane Berni, che dovette però attendere la maggiore età per poter accedere al corso.
Il costo del corso era di 627 dollari. Ricevevi i tre volumi e come bonus potevi scegliere tra un tavolo da disegno o una scatola piena di materiale che includeva carta, matite, gomme, inchiostro, pennelli, ogni cosa possibile. Io scelsi la scatola perché avevo già un tavolo da disegno. Dovevo firmare un contratto e all’epoca 627 dollari erano un bel po’ di soldi. I miei non potevano permetterselo e dovemmo chiedere un prestito. Il prestito era buono perché aveva delle rate basse e noi in quel periodo non ce la passavamo granché bene con le finanze. E' qualcosa di cui sono molto grato ai miei genitori. Ci tenevo davvero tanto e chissà dove sarei oggi se non mi avessero accontentato.**
Da parte sua il giovane Bernie aveva contribuito al bilancio famigliare con mille lavoretti estivi negli anni della scuola, prima che avesse inizio per lui - una volta terminate le superiori e scartata l'ipotesi di iscriversi all'università - l'era dei lavori a tempo pieno. Ognuno dei quali però, a causa della sua insofferenza nei confronti della routine e della vita programmata, riesce a portare avanti solo per pochi mesi.
Tributo giovanile a Frank Frazetta |
Nel settembre del 1967, poco più di un anno dopo la fine degli studi, Bernie Wrightson fa una prima sortita a New York, metà obbligata di chiunque voglia tentare di sfondare nel mondo dell'arte sequenziale. Ma non è quello lo scopo principale per cui vi si reca, bensì per visitare una Convention, o fiera del fumetto, dove ha comunque modo di incontrare Frank Frazetta, Jeff Jones, Mike Kaluta, Steve Hickman e Steve Harper. Eccetto che per i casi di Frazetta, che stava diventando una star dopo gli anni trascorsi nell'ombra come ghost artist di Al Capp, e di Jones, che lavorava per la Warren Publishing, gli altri erano più o meno al suo livello: giovani artisti in erba, ancora assorbiti nel fandom e alla ricerca di un vero sbocco professionale.
Wrightson approfitta comunque dell'occasione di trovarsi nella Grande Mela per fare un tentativo al Marvel Comics Group.
Chiesi di poter vedere qualcuno dei responsabili - qualcuno che potesse farmi lavorare - e invece mi mandarono dall'ufficio l'ultima ruota del carro, l'assistente di chi si occupava di scrivere le pubblicità o qualcosa del genere. Era tutto sorrisi e traboccante entusiasmo da ogni poro. Tutto un “Sì, sì... molto bello, molto bello davvero”. Poi mi chiese di fare qualcosa con dentro qualche personaggio della Marvel e a quel punto mi sentii offeso; sebbene fossi un ragazzetto in erba non mi piaceva essere preso per i fondelli. Non mi piacque il loro atteggiamento.**
Di ritorno a Baltimora, Wrightson ha un apparente colpo di fortuna. Un illustratore di nome Hal Schall, che lavora per un quotidiano locale, il News American gli dice che l'altro giornale del posto, il Sun, è alla ricerca di un disegnatore. Wrightson si presenta in redazione con un portfolio di disegni e, con sua grande sorpresa, ottiene il posto.
Era un lavoro regolare, dalle 9 alle 17. Lo vedevo come una possibilità di guadagnare con l’arte nell’unico modo che allora avevo a disposizione. Continuavo ad avere in mente di disegnare fumetti, ma non c’era modo che potessi trasferirmi a New York. Era inconcepibile. Così questo lavoro al giornale era la cosa che più si avvicinava a quello che volevo fare.**
Vignetta umoristica per il quotidiano Sun |
Ma a dispetto delle buone intenzioni, neanche questo nuovo impiego è destinato a coinvolgerlo a lungo.
Tutti quelli che lavoravano al giornale avevano l’aria molto vecchia e stanca. Non pensavano ad altro che al giornale… tutti ben sistemati e contenti. Li guardavo e pensavo che la stessa cosa sarebbe accaduta a me. Dio, se era un’idea deprimente! Durante la pausa pranzo facevo delle passeggiate… giusto per uscire dall’ufficio e respirare la stessa aria dei vivi. Ma le passeggiate diventavano ogni giorno più lunghe e un giorno ne feci una senza ritorno.**
Nello stesso periodo - è il 1968 - invia delle copie fotostatiche dei suoi disegni a Jeff Jones che gli risponde manifestandogli tutta la sua ammirazione. Incoraggiato, Wrightson si decide per un secondo viaggio a New York, dove ha occasione di mostrare al disegnatore Dick Giordano le negative delle copie che aveva inviato a Jeff Jones. Anche Giordano si mostra entusiasta dei suoi lavori, e lo invita presentarsi nel suo ufficio alla National Periodical Publications, meglio nota come DC Comics, dove gli avrebbe dato qualcosa da fare. Ma Wrightson si dimostra tutt'altro che pronto ad afferrare al volo l'occasione.
La mia attitudine era del tipo: “Sì, certo, mi farò vivo. Una volta o l’altra”. Tornai a casa e non ci pensai più. Poi, nella prima settimana di Agosto, ricevetti una chiamata da Mike Kaluta, che ne aveva ricevuta una da Jeff Jones, interpellato a sua volta da Al Williamson. Giordano aveva detto a Williamson che voleva sapere dove rintracciare quel ragazzino di nome Wrightson. Pensava che mi sarei presentato da lui per cominciare a lavorare. Kaluta mi disse che avrei dovuto andarci, che avevo un lavoro nel fumetto. Io davvero non ci stavo capendo niente.**
La telefonata era arrivata il venerdì. Poco più di una settimana dopo Bernie Wrightson si stabilisce a New York e mette mano al suo primo lavoro professionale, per la DC Comics. Deve illustrare la prima avventura di Nightmaster, saga sword and sorcery scritta da Denny O'Neil, così riassumibile: un cantante di un gruppo hard rock si ritrova proiettato in una dimensione fantastica dove eredita da un antenato guerriero un'arma magica chiamata Sword of Night con cui dovrà combattere le forze del male di turno. Ma dopo che Wrightson ha disegnato le prime sette pagine, cioè circa un terzo dell'albo, l'allora redattore capo della DC, Carmine Infantino, lo giudica inadatto a quel tipo di storia e lo sostituisce con un altro disegnatore. Il primo episodio di Nightmaster vede infine la luce, a firma Denny O'Neill e Jerry Grandenetti, sul numero 82 di Preview Showcase del maggio 1969, avvolto in una smagliante copertina (riprodotta qui a lato) di Joe Kubert.
Tuttavia l'anno precedente Berni Wrightson aveva già pubblicato qualcosa: una storia di dieci pagine intitolata A case of Coscience, apparsa sul sedicesimo numero del magazine Castle of Frankestein, una rivista amatoriale che si occupava soprattutto di B-movies. Mentre all'incirca nello stesso periodo in cui esce nelle edicole la prima avventura di Nightmaster, la fanzine Graphic Showcase - la stessa che stava ospitando nelle sue pagine i primi vagiti artistici di Mike Kaluta - pubblica nel suo secondo numero un'altra sua storia di otto pagine: Uncle Bill's Barrel. Le copie fotostatiche di entrambe le storie giravano negli uffici della DC e quindi Carmine Infantino non poteva non sapere cosa riusciva bene al giovane disegnatore, che viene infatti dirottato, dopo un breve consulto, verso il lato dark del parco testate della casa editrice: House of Mistery, Tales of the Unexpected, ecc. In particolare dovrà occuparsi di disegnare i fill-in, brevi storie di collegamento di due-tre pagine ciascuna.
* * *
* Dall'intervista a J.S. per The Studio (Dragon's Dream 1979).
** Da: A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991; Edited by Christopher Zavisa.
L'immagine di apertura del post è: Bernie Wrightson, Curse of the Yeti (1969).
** Da: A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991; Edited by Christopher Zavisa.
L'immagine di apertura del post è: Bernie Wrightson, Curse of the Yeti (1969).
Interessante. Se mi figlia mi chiedesse di fargli fare un corso di disegno abbastanza costoso, a questo punto, penso proprio che dovrò accontentarla, anche a costo di fare qualche rinuncia.
RispondiEliminaPerò frequenta una scuola pubblica, non cattolica, quindi forse le mancherà qualcosa... :-D
Pensavi alla possibilità di iscriverla alla Scuola Internazionale dei Comics? Un mio ex compagno di scuola l'ha frequentata e adesso disegna per il mercato americano.
EliminaCome è importante, noto anche qui, una famiglia che supporta un ragazzo nelle sue passioni.
RispondiEliminaE' qualcosa di tutt'altro che scontato che succeda quando farlo comporta di dover mettere mano al portafogli ;-)
EliminaOvviamente attendo con impazienza il periodo d'oro quello delle tante cover DC ed anche e soprattutto del capolavoro "Swamp Thing".
RispondiEliminaBuongustaio! Se non ho fatto male i calcoli, Swampy dovrebbe occupare il post numero /4 ^_^
Elimina"... un giorno ne feci una senza ritorno." Ahah,fantastico! Sapessi quante volte avrei voluto fare delle passeggiate così in pausa pranzo. Alla prossima!
RispondiEliminaChissà dove ti avrebbe portato! Magari a quest'ora non avresti neanche un blog ^_^
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