Come aria che si cambia - l'incipit
Causa asfissia da lavoro e rottura di scatole Cookie Law, questa settimana ho rinunciato all'idea di trovare la concentrazione e il tempo necessari a scrivere il terzo post della serie Hopper/Rilke e deciso di ricorrere a un post di riserva, che ha se non altro il vantaggio di cominciare ad alzare il velo sulla mia scrittura extra-blog. Anche se, in verità, qualcosina avevo già mostrato, in occasione del gioco concorso sugli incipit organizzato dal blogger scrittore Michele Scarparo, quando avevo messo in campo l'inizio in prima stesura del secondo volume della mia trilogia su Shaula: Gli occhi di Modì. Per chi se lo fosse perso, eccolo:
Alla sera della domenica, al mio ritorno dal mare, trovai ad attendermi a casa non solo la cena preparata da mia madre ma anche il consueto “jet-lag” che si ripeteva per me ogni volta identico dopo qualsiasi mia assenza superiore ai due giorni. Il mio sfasamento si protraeva di solito per tutto il tempo necessario non solo a riabituarmi all’interazione con i membri della mia famiglia, ma anche a far sì che la vista della mia stanza – con la sua aria da bazar dove vecchio e nuovo si mescolavano come gli ingredienti sbagliati di un piatto indigesto – mi risultasse di nuovo sopportabile. Il maggior motivo di disturbo mi veniva però stavolta dal constatare che l’ambiente in cui avevo fatto ritorno non aveva seguito in nulla la traccia dei cambiamenti a cui io ero andato incontro nelle ultime tre settimane.
Anche stavolta presenterò un incipit in prima stesura, e aggiungo subito, per tranquillizzare, che non si tratta di uno scherzo del genere Grande libro della geologia. La copertina del libro che compare qui sopra è sì immaginaria come l'altra, ma l'incipit è un vero inizio di un testo che ho realmente scritto, anche se solo in parte.
Magari vi chiederete perché tiro fuori solo adesso questo titolo, mentre finora ho sempre parlato della Trilogia di Shaula e in particolare del suo primo volume, L'Estate dei Fiori Artici. E' presto detto. Come aria che si cambia è stato il mio primo tentativo di organizzare in forma coerente le tante cose, di impostazione autobiografica, che ho scritto negli anni tra il 1987 e il 2010. All'inizio non lo avevo concepito come qualcosa di necessariamente da pubblicare, ma è poi successo che un capitolo in particolare mi è sembrato adatto a essere trasformato in un libro commerciabile. E' così che è nata l'idea della Trilogia di Shaula: come esplosione di un capitolo di Come aria che si cambia. Da quel momento, era il dicembre 2010, mi sono dedicato tutto a questo progetto, mentre Come aria che si cambia è diventato una specie di archivio a cui attingere. (Per chi segue la mia blog novel Solve et Coagula: anche la descrizione della "valle segreta" è prelevata quasi alla lettera da quelle pagine).
Aggiungo ancora, prima di lasciarvi alla sua lettura, che l'incipit di Come Aria che si cambia ha una data precisa, come un po' tutto quello che ho scritto: l'ultimo sabato di giugno del 1967, mentre il titolo dell'opera l'ho derivato dai versi 39-41 della Seconda Elegia di Rainer Maria Rilke:
Vedi, gli alberi sono
Le case che abitiamo reggono
Noi solo passiamo via da tutto – aria che si cambia.
Come aria che si cambia - Incipit
Era un'ora compresa tra le quattro e le cinque del pomeriggio e non c’era un filo d’ombra dal nostro lato della strada, ma mio padre non sembrava curarsene. Armeggiava intorno alla sua fiat 600 bianca, parcheggiata a filo del marciapiede davanti al cortile di casa, intento ai preparativi finali della nostra partenza. Io, in piedi accanto a lui, lo assistevo come potevo, senza però rinunciare a gettare di tanto in tanto un’occhiata alla linea dell'autostrada, il cui argine si alzava lontano poche decine di metri. L’Autostrada del Sole, conosciuta anche come «autostrada delle vacanze», era quel giorno più trafficata del solito, almeno in una delle direzioni di marcia. Altre due cose che la riguardavano sapevo per certo: primo, che la maggior parte delle auto che vi correvano sopra sfrecciavano a più di cento all’ora, secondo, che alcune delle persone che si trovavano a bordo di quelle stesse auto non sarebbero mai arrivate a destinazione. Lo avevo sentito alla televisione, che solo da pochi mesi era entrata a far parte del mio quotidiano.
L’attrezzatura da pesca fu l’ultima a trovare posto, a fatica, nell'auto. Zio Rolando, l'esperto di famiglia in materia, l’aveva approntata per noi la sera prima ed era piuttosto ingombrante: due canne di bambù a innesto - una della lunghezza di otto metri per mio padre, l’altra della lunghezza di poco più di due metri per me -, più un assortimento di lenze già armate e avvolte ognuna attorno a un assicella di balsa, un cesto a rete metallica, un guadino e, per finire, il barattolo di vetro delle esche, pieno di lombrichi alla cui raccolta avevo contribuito in larga misura. Zio Rolando aveva anche aggiunto del fondo di caffè alla scorta di terra umida, perché gli animaletti non perdessero il loro bel colorito bruno.
E, per chiudere, una citazione dal noto collega blogger Ferruccio Gianola:
Grazie per la lettura.
Mi piace l'atmosfera solare che emerge da questo incipit, e che ritrovo in molti film e romanzi ambientati negli anni 60. è un'epoca che non conosco (sono arrivata 14 anni dopo il 1967) ma che ho vissuto nei ricordi dei miei genitori, e che mi affascina molto.
RispondiEliminaInoltre, leggendo questo post, penso che avrai molto da commentare, quando questa sera (salvo imprevisti al lavoro) pubblicherò l'articolo che sto preparando... è in parte pertinente con ciò che hai scritto nell'introduzione al tuo pezzo. :)
Mi fa piacere che hai notato questo dettaglio, Chiara. Anch'io, rileggendo in questi giorni alcune di queste pagine, mi sono reso conto che le parti ambientate negli anni '60 sono tutte pervase da questa atmosfera, che io percepisco come una specie di vibrazione. Nelle parti anni '70 comincia già a essere sostituita da qualcosa di diverso.
EliminaE ora sono in attesa (spero breve) di leggere il tuo post ;)
Quando vuoi, il post è online da ieri sera :)
EliminaGiungo! :)
Eliminaeh, che piacere l'aria di vacanze
RispondiEliminaNegli anni del boom, poi ;)
EliminaGià... Per me erano Cesenatico e Valverde.
EliminaAria vacanziera, sì, decisamente ;-)
RispondiEliminaUna vacanza fatidica, quella, Ariano ;-)
EliminaCiao Ivano, una domanda. Andavi in vacanza con mio padre????
RispondiElimina600 prima bianca poi turchese... canne da pesca in bambù..... retino, guadino.... conosco bene!!!!
Lo sai che a leggere questo incipit mi hai fatto tornare indietro nel tempo e mi h ai provocato un sorriso di dolce malinconia? Il ricordo di quegli anni è così lontano ormai che ritrovarlo è sempre un piacere dolce e intimo.
L'atmosfera di quel tempo era completamente diversa da quella di oggi e tu la descrivi proprio nella sua realtà. I padri che per noi andavano con troppa calma a caricare l'auto non come oggi che si è sempre di corsa.
Il vedere l'autostrada come la strada che conduceva verso l'eden.... il sogno delle vacanze....
Da parte mia aggiungo anche la nausea per il mal d'auto che mi prendeva appena mi ci sedevo sopra, prima ancora che si muovesse...
Mi piace l'incipit. Per il seguito.... blog novel?
Mio padre in realtà era un cacciatore solo occasionalmente prestato alla pesca, Patricia. Il vero pescatore in famiglia era uno dei suoi fratelli, che non si chiama proprio Rolando ma quasi (un indizio: pensa al Furioso ^^).
EliminaIl seguito? E chi lo sa, Patricia, prima ho da sbrogliare la matassa "Shaula" che mi terrà impegnato ancora per un bel po'. E anche la blog novel non scherza. Non escludo però di pubblicare altre parti di questa mia opera a metà, magari in forma di racconti.
Mio padre pescatore convinto. Poi non li mangiava i pesci però.. cacciatore solo di nome e basta. Andato una volta, ha rischiato di essere impallinato e ha appeso il fucile al chiodo :))
EliminaTu scrivi e posta che a leggere c'è chi ci pensa qui....:)))
con o senza bikini ahhahahhahah
Quoto il tuo ahhahahhahah
Elimina:O Hai capito!
EliminaAmmetto di essere corso subito a vedere se c'era l'etichetta "pseudobiblia".....
RispondiEliminaLa pseudo-copertina in effetti c'è, TOM.
EliminaInoltre anche questo volume è pubblicato (in una realtà parallela alla nostra, immagino) dalla mia pseudo-casa editrice Ediacara.
Bell'inizio, ti trasporta subito da un'altra parte, in un'atmosfera serena. Mi piace molto il titolo, anche se non conosco ancora la storia ho la sensazione che sia perfetto.
RispondiEliminaP.S. Avevo salvato il post sul libro della geologia per leggerlo con + calma e ora scopro che era tutto uno scherzo... :D
Grazie Maria Teresa :))
EliminaAnch'io sono contento del titolo e il tema del romanzo è proprio quello della precarietà dell'esistenza di cose e esseri, sempre sul punto di scomparire dalla scena di un mondo all'apparenza eterno e immutabile nelle sue grandi linee.
Quello sulla geologia è uno pseudobiblia che mi sono divertito a realizzare e che come scherzo ha funzionato meglio del previsto. Comunque il mio interesse per la geologia è reale e si collega al discorso che ho appena fatto qui sopra nel commento. Inoltre le immagini del post riproducono i miei appunti di geologia così come li ho organizzati nel mio computer.
Che bella atmosfera vacanziera! Sono cresciuto negli anni 70 e l' incipit me li ha fatti ricordare.
RispondiEliminaChiamatemi nostalgico ma vorrei tornare a quei tempi.
Puoi sempre tentare la strada proustiana della ricerca del tempo perduto ;)
EliminaVoglio il seguito! :°D
RispondiEliminaC'è un'atmosfera chiara e come è stato già detto vacanziera, però tu non sei uomo di solo sole, porti l'ombra con te e non so perché ma la annuso anche qui, per questo ha suscitato la mia curiosità!
Per il seguito al momento la vedo dura, Alessia. Comunque hai annusato bene. L'ombra c'è, eccome se c'è ^^
EliminaCredo che tutti noi abbiamo una parte di ombra in noi. L'importante è che non prevarichi l'altra.
EliminaE adesso chiudo e vi auguro la buona notte!
Smack a tutti!
Belli entrambi gli incipit. Il primo in particolare mi piace molto. Accattivante.
RispondiEliminaGrazie mille, Carol!!!
EliminaScrivi in un modo molto suggestivo, pieno di atmosfere e di non detto. Per me è un grande pregio.
RispondiEliminaGrazie a te, che ci regali queste tue "creature"!
P.S.: serve che io dica che sono curiosa, così come le mie due Sorelle hanno già fatto intendere? :P
Le Tre Sorelle non si smentiscono, ahaha!!!
EliminaGrazie, Glò, degli apprezzamenti. Il non detto è importante (anche) in un incipit, perché deve invogliarti a volerne sapere di più.
Condivido le impressioni di tutti i miei predecessori nei commenti. Sono cresciuto negli stessi anni e al posto dell 600 c'era una 850 bianca (ricordo ancora la targa: 83288!). E poi per noi c'era la montagna. Ma gli odori erano gli stessi. Penso che tutti noi abbiamo nel cassetto della nostra mente un romanzo sulla nostra infanzia; poi metterlo giù come fai tu, con la tua precisione e freschezza, è un'altra cosa.
RispondiEliminaAnche questa partenza è per la montagna sai? Infatti non prenderemo l'autostrada del sole, ma attraverseremo la città e percorreremo una statale che ci porterà fin quasi a destinazione.
EliminaGrazie per le belle parole :))
Uno scrittore raggiunge il suo scopo quando riesce in qualche modo a essere "sensoriale". Ecco, leggendoti ho idea di quel sole, di quella stagione e di quell'attesa della partenza.
RispondiEliminaQuesta è certo una delle cose più belle che potevo sentirmi dire, Luz. Quello che descrivi è anche per me un metro importante che utilizzo per decidere del valore di uno scrittore :))
EliminaSono contenta di esserti di incoraggiamento. Continua così, Ivano! :-)
Elimina:-) :-) :-) !
EliminaE il terzo volume di Shaula quale sarebbe?
RispondiEliminaDel terzo volume, Marco, non ho ancora scritto la prima stesura ma esiste solo una breve sinossi. Il titolo provvisorio è "Il settimo canto".
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