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I miei tabù nella scrittura



Ed ecco il meme che mi ero ripromesso di scrivere dopo averne scoperto l'esistenza, quattro giorni fa, su Penna blu di Daniele Imperi. Tutto è però partito da Cristina M. Cavaliere e dal suo blog Il Manoscritto del Cavaliere.
Alla fine del post potete trovare l'elenco, forse incompleto, degli altri blogger che finora hanno aderito all'iniziativa. Ognuno di noi ha dato, come è giusto che sia, la sua personale interpretazione e spesso anche un diverso titolo al meme.

Io ho scelto, dal canto mio, di dividere il meme in tre sezioni. La prima l'ho dedicata ai tabù veri e propri; la seconda ai generi narrativi che non apprezzo e perciò detesterei scrivere; la terza ai generi narrativi che mi piace leggere e che potrebbe anche piacermi affrontare come autore, ma con i quali probabilmente non mi cimenterò mai.
Non ho invece preso in considerazione i generi letterari di cui non ho esperienza diretta come lettore, né quelli che sono una cosa diversa dal romanzo e neppure i generi all'interno dei quali amo muovermi come autore. Trovo quindi necessario spendere, a complemento e completamento delle tre sezioni e delle tre liste che le compongono, due parole su quello che scrivo, per chiarire quali sono i generi che considero parte integrante della mia scrittura.

La cosa più immediatamente accessibile della mia scrittura, a portata di un solo clic, sono le cento schegge che compongono, finora, la mia blog novel Solve et Coagula. La storia è ambientata a Firenze nel 2013 ed è in terza persona focalizzata su un unico personaggio, la ventiseienne Luisa; vale a dire: non ci sono scene o episodi della narrazione che non coinvolgano o avvengano alla presenza di Luisa, con l'eccezione di alcuni brevi flashback del passato di suo padre. L'impianto base è di stampo realistico, ma la vicenda è infarcita fin dall'inizio di elementi simbolici, esoterici e onirici; in più vi è una presenza anomala, rappresentata dall'inquilina di Luisa, Alessandra, che ormai lo si è capito, non è esattamente una di noi. Naturalmente, oltre ai personaggi già citati, ve ne sono altri nella storia, i principali tra questi, Giulia e Fabrizio, due coetanei di Luisa.
Insieme a Solve et Coagula, che da un certo punto di vista rappresenta per me l'area svago, porto poi avanti, dal dicembre 2010, un secondo progetto, assai più sofferto, il cui titolo provvisorio (ma se non troverò di meglio, definitivo), è Alla ricerca di Shaula. Questo secondo progetto è previsto in più volumi, il primo dei quali, come alcuni di voi già sanno, è L'Estate dei Fiori Artici.
La storia narrata ne L'Estate dei Fiori Artici ha alcune caratteristiche in comune con Solve et Coagula e altre che la differenziano. Le caratteristiche comuni sono la presenza costante di elementi simbolici ed esoterici; l'ambientazione in terra di toscana; il fatto che i protagonisti siano, anche in questo caso, persone giovani. Le differenze principali sono rappresentate invece dalla forte componente autobiografica de L'Estate, con la conseguente scrittura in prima persona; dalla diversa collocazione temporale della storia, che si svolge nell'estate del 1979; dalla presenza di una forte componente erotica, quasi del tutto assente in Solve et Coagula.
In breve, sono queste che io considero le parole chiave della mia scrittura: autobiografia, esoterismo, simbolismo, erotismo, cultura giovanile, e che non saranno quindi oggetto di questo post. Mentre, a livello più generale, si può dire che entrambe le opere siano una diretta espressione del mio modo di intendere e scrivere il realismo magico.

* * *


1. I miei tabù nella scrittura


1a. Le parolacce
Le parolacce nella lingua orale sono senza dubbio sempre esistite, ma credo che abbiano fatto ingresso nei dialoghi della letteratura ufficiale, non clandestina, solo nel Novecento. Anche nel cinema, che in genere presenta una maggior aderenza al parlato quotidiano rispetto alle lettere, non ricordo di averne sentite in film precedenti la fine degli anni '60. Eppure non penso che né i lettori dell'Ottocento né gli spettatori degli anni '50 percepissero la loro assenza come una perdita di realismo. Le storie funzionavano ugualmente bene.
Si obietterà che i tempi sono cambiati; e sarà certo così, ma per quanto mi riguarda preferisco ancora vedere film dove le parolacce non sono usate come intercalare in tutti i dialoghi ma ci sono solo se e quando serve. Per questo, anche come autore le limito allo stretto necessario. Secondo me l'arte può ispirarsi a piacere alla vita quotidiana, e io sono assolutamente a favore del realismo nella scrittura, ma non è necessario che il ricalco sia al 100%. E' la libertà dell'arte quella di decidere, nei limiti del buon senso, il margine di infedeltà.
Per quanto mi riguarda, non ho dubbi sulla bontà della mia scelta di mantenere nei dialoghi un certo stacco rispetto al parlato quotidiano e mi ci attengo strettamente. Basti dire che nelle oltre duecento pagine del mio romanzo L'Estate dei Fiori Artici, che vede protagonista un gruppo di teenagers, ne sono presenti soltanto due o tre, messe là dove mi sono sembrate ineludibili. Mentre nella mia blog novel Solve et Coagula non ho ritenuto necessario, almeno nelle 100 schegge pubblicate finora, inserirne alcuna.

1b. Storie con un messaggio scritto a chiare lettere e/o edificanti
Nella maggior parte dei casi appartengono al genere 'new age', ma non è una regola fissa. L'autore ha scoperto come vivere felici e contenti a questo mondo o come fare soldi solo pensando di farli ed è persona talmente nobile e generosa da gettare perle ai porci. In genere sono libri con storie ridicole e/o scritti malissimo. Tra gli esempi peggiori posso citare La profezia di Celestino e L'alchimista di Coelho, ma l'elenco sarebbe molto lungo. Un tempo osavo leggerli, da alcuni anni mi sono completamente disintossicato.

1c. World building
Trovo antipaticissimi quei romanzi in cui gli autori, forse ingegneri frustrati o persone afflitte dal complesso del Dio onnipotente, si inventano un mondo o un universo di sana pianta e te lo descrivono nel suo ordinamento civile, religioso e politico, e perfino nella sua fisica, chimica e geografia.

1d. L'avventura per l'avventura
Non potrei mai scrivere storie per il puro gusto dell'avventura, di quelle piene di avvenimenti esterni mentre l'interiorità dei personaggi fa capolino solo di tanto in tanto e di solito in forme rudimentali. Ogni volta che ne ho letta una ho avuto la netta sensazione di aver buttato via il mio tempo.


2. I generi con cui non voglio avere a che fare


Né come lettore né tanto meno come autore. Vediamoli nell'ordine, dal peggio al meno peggio.

2a. Western - Penso sia il genere che mi piace meno in assoluto, e non solo per quanto riguarda la narrativa ma anche il cinema e il fumetto.

2b. Guerra - Al secondo posto dopo il western. Una volta mi decisi a leggere uno dei capolavori del genere: Kara Kush di Idries Shah, un romanzo sulla resistenza afghana all'invasione russa. Un libro oggettivamente scritto benissimo, con una storia che non perde un colpo, ma anche in questo caso alla fine della lettura mi sono sentito derubato del mio tempo.

2c. Sword and Sorcery - Un'altra perdita di tempo totale è stata la lettura dell'intero ciclo di Conan il barbaro di Robert E. Howard, uno scrittore che quando si cimenta in altri generi, ad esempio l'horror, non mi dispiace del tutto. Ma i romanzi pieni di duelli, risolti magari a colpi di magia, non fanno per me.

2d. Romanzo storico - In realtà, da appassionato di storia quale sono, il genere mi tenta molto, ma mi sembra richieda troppo infodumping e questo vale anche per i romanzi ucronici o distopici.


3. In generi con cui non mi dispiacerebbe cimentarmi


Stavolta l'ordine è al contrario: dal preferito al meno preferito.

3a. Horror e gotico - Se la storia lo permette, in quel che scrivo infilo volentieri delle situazioni di horror sovrannaturale. Oltre alla triade classica Dracula, Frankenstein e Dr.Jekyll ho letto quasi tutto Lovecraft, quasi tutto Poe, molto di Le Fanu, qualcosa di Bierce e Machen, una dozzina di libri di Stephen King, fino alla scoperta in Svezia, ormai non più così recente, del grande John Ajvide Lindqvist.

3b. Fantascienza - Per la verità è un genere che non leggo quasi più, però ha rappresentato un momento importante del mio percorso di lettore e sogno sempre di riuscire un giorno, chissà, a dedicargli un po' più di tempo. Gli autori che amavo di più erano Philip José Farmer, Robert Scheckley, Samuel Delany e Roger Zelazny. Mentre il libro più recente che ho letto è stato, lo scorso anno, La penultima verità di Dick, che però non mi ha entusiasmato. Non credo proprio di essere in grado di scrivere libri di questo genere narrativo.

3c. Fantasy - Qualche volta mi è capitato di leggere qualcosa di valido in questo genere e solo per questo lo colloco in questa lista e non nella precedente insieme alla sword and sorcery. In realtà, proprio come per l'horror, mi piace piazzare elementi fantasy nelle mie storie, ma a dosi minori, diciamo omeopatiche. E soprattutto senza chiamare in causa pseudoangeli o spade magiche.

3d. Thriller, noir e gialli - Di gialli ne ho letti pochissimi e non ho ancora ben capito se mi interessano o no. Diciamo che non vi ho trovato controindicazioni estreme. In quanto a scriverli, non saprei davvero da dove cominciare. Da una morte inspiegata, forse? Mi viene invece naturale inserire elementi di thriller e noir in tuto quel che scrivo di narrativo.


* * *


L'immagine in alto è un frame di City Girl di F.W. Murnau (1930).

Commenti

  1. Meme interessante!
    Mi hai fatto anche pensare a me stessa.
    Di cosa non scriverei mai perchè proprio non leggo è la fantascienza. Posso guardare un film ma sinceramente la lettura fantascientifica mi fa dormire..
    Di cosa mi piacerebbe scrivere, non so! Non l'ho ancora deciso. Come sai,sul mio blog passo dai racconti alle poesie, dalle riflessioni ai giochi di parole o alle filastrocche. Secondo il momento e secondo l'ispirazione.
    Forse avrei un'idea.. o meglio, l'avrei avuta anni fa su unìesperienza personale ma è venuto fuori un libro diverso da quello che volevo quindi se ne sta lì buono buono in attesa di maturazione.

    Quanto ai tabù sono d'accordo conn te sulle parolacce. Già ne dico troppe di persona, che almeno i miei personaggi siano meno sboccati :))))

    Per ora comunque continuo coi miei raccontini brevi, le mie filastrocche che fanno uscire il lato infantile che non voglio far morire nonostante i miei... anta anni.... i giochi di parole perchè amo l'enigmistica. Poi, si vedrà....
    Ciao

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    1. Ciao Patricia!
      Anch'io il mio libro su Shaula l'ho fatto maturare a lungo, per oltre vent'anni. I primi vagiti, in forma di trascrizione di ricordi autobiografici, li ha emessi nel lontano 1987, ma solo nel 2010 mi sono sentito pronto a dargli una forma compiuta. E ti assicuro che non è stato per nulla facile in questi quattro anni conciliare la sua realizzazione con il resto delle mie attività quotidiane.
      Per le parolacce forse ho il compito facilitato, perché io le dico soltanto se mi arrabbio moltissimo. Sarà per questo che non mi viene spontaneo usarle quando scrivo.

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    2. Il mio è del 1997/98.... ogni tanto lo riprendo e lo rleggo... boh! vedremo!!!!

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  2. Ho letto anch'io il post di Chiara in merito.
    Da lei ho commentato che non sarei mai capace di scrivere un giallo, un thriller, un urban fantasy o un rosa.
    Potrei forse tentare in futuro(ma non l'ho mai fatto sinora) un romanzo erotico o una storia altamente drammatica.
    Condivido parecchi dei tuoi punti, anch'io odio l'avventura per l'avventura e più in generale tutte quelle narrazioni alla James Bond, gli eroi tutto-al-momento-giusto con cattivi da cartone animato descritti con la massima serietà e senza alcun intento autoironico (nel senso che il ridicolo del personaggio è assolutamente involontario da parte dell'autore ;-)
    Non ho invece il tabù delle parolacce, le uso spesso quando devo sottolineare uno stato d'animo di nervosismo o tensione.
    Il world building spinto all'estremo non piace neppure a me, ma se si mantiene nella norma lo accetto come lettore. I romanzi storici li leggo solo se sono credibili (ergo: tolto Valerio Massimo Manfredi e pochi altri i cosiddetti romanzi storici spesso sono delle americanate pazzesche tipo il film "Il gladiatore", amato da molti ma non dal qui presente).

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    1. Mi fa piacere, Ariano, di scoprirti come me avverso al film "Il gladiatore" :)
      Di Manfredi non ho mai letto nulla, anche perché come ho scritto nel post la storia me la godo di più in forma saggistica che narrativa, anche se poi è ovvio che qualsiasi romanzo ambientato nel passato, anche se non di genere storico, richiede un minimo di inquadramento.
      Un'altra cosa che mi ha sempre respinto dei libri di Manfredi sono le copertine. Non vorrei sbagliare ma le ricordo molto pacchiane, stile libro-game.

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  3. Ahaha, vedo che siamo molto diversi.
    Io ad esempio amo una scrittura aderente alla realtà se l'opera è ambientata nel quotidiano, quindi le parolacce devono starci -per me- se un dato personaggio verosimilmente le pronuncerebbe.
    Però sai, ammetto di amare anche le opere che si mantengono più... distaccate, o piacevolmente naif in questo senso. Ad esempio, amo molto il registro linguistico di Diabolik, che pur essendo un giallo/poliziesco/noir e che spesso mette in scena storie di criminali di bassa lega, non perde quel modo di "parlare" ereditato forse dai suoi natali nel 1962.

    Amo Howard, amo il ciclo di Conan ma amo proprio Conan come personaggio (film e fumetti inclusi). Howard mi piace comunque moltissimo, anche in altri racconti, sicuramente più di Tolkien.
    La sword & sorcery è il genere di fantasy che preferisco assieme allo space-fantasy (più Masters of the Universe che Star Wars, però).
    Diciamo quando c'è un po' di pseudo-storia e verosimiglianza, e la magia non è roboante ma basata su naturalismi o cose analoghe (vedi Berserk)

    Moz-

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    1. Molto diversi? Chissà perché, me lo sentivo, ahahah!
      Tolkien comunque non attrae neanche me. A giudicare dalla trilogia cinematografica, che ho visto, ma anche da quello che leggo in giro, sembra che contenga quasi tutti gli elementi che per me sono tabù.
      Di tutta la saga di Conan, che ho letto in inglese, l'unico racconto che mi ha dato qualche brivido è The slithering shadow. Gli altri mi sono scivolati addosso. Della versione a fumetti conservo quelli disegnati da Barry Smith, pubblicati a suo tempo dalla Corno negli ASE.

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    2. Io hpo recuperato di recente la serie Conan di Brian Wood e non è affatto male, anzi :)

      Moz-

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    3. Non credo di averla mai vista, sai? E' un nome che mi giunge nuovo. Magari la cerco nel web, per avere un'idea.

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  4. Non essendo una scrittrice ovviamente non posso, per mancanza di esperienza, fare un resoconto troppo dettagliato su ciò che ci accomuna o ci discosta, però so che nella mia piccola esperienza amavo molto lo sfondo mitologico ed etnico!
    Di romanzi rosa non ne scriverei nemmeno se mi pagassero! Troppo pieni di niente! Mentre i world building... io ci ho provato, ma a pagina 30 del Silmarillion ho chiuso tutto e poi l'ho regalato ad un'amica! :°D

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    1. Lo sfondo mitologico (ma anche etnico in senso culturale) è una costante, come credo tu abbia ormai capito, di tutto quel che scrivo. In questo post ho scelto, per comodità, di farlo rientrare nella categoria 'simbolico-esoterico'.
      Per quanto riguarda i romanzi rosa, L'Estate dei Fiori Artici da un certo punto di vista è un romanzo rosa, nel senso che è incentrato su una storia d'amore. Certo è una storia d'amore del tutto eterodossa, tutta basata sul sesso e su certe affinità culturali tra i due protagonisti.

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  5. Condivido in pieno i tuoi "no". In particolare, neanche io sopporto le storielle new age né le "sword and sorcery" (non sapevo che si chiamassero così).
    Leggendo il quadro delle tue preferenze, invece, mi è venuta una piccola idea, magari ti scrivo più tardi per esportela... :)

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    1. Adesso mi hai proprio incuriosito... Attendo tue nuove :)

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  6. Ti ringrazio per la citazione! In realtà il "meme" è partito da Cristina M. Cavaliere. Io ho solo cambiato il titolo del post ed ho avuto la fortuna di essere intercettata da Daniele. Lo scrivo per non prendermi meriti che non mi appartengono. :)
    In ogni caso, la tua lista è molto interessante, molto simile alla mia eccetto che per parolacce e messaggi edificanti. Io sono molto new age. Anche il mio romanzo ha un messaggio, seppur ben nascosto.

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    1. Intanto, Chiara, benvenuta! :) Poi grazie per la precisazione, farò le dovute modifiche.
      Il tuo post l'ho letto, ma insieme a quasi tutti gli altri della serie, quindi mi conviene tornare a leggerlo in solitario ora che ho presente questo tuo commento.
      Sui messaggi 'ben nascosti' non ho niente da ridere. Penso che chiunque di noi in definitiva affidi alla sua scrittura una specie di messaggio nella bottiglia. E ci sono autori che grazie a questo mi hanno davvero insegnato qualcosa.
      Quello che proprio non mi piace è il modo in cui certi scrittori si atteggiano a maestri, scrivendo romanzi o pseudofiabe come se fossero manuali o libretti di istruzione per la vita. Se c'è chi ritiene che questi manuali contengano qualcosa di utile, buon per lui o lei, ma non è il mio caso.

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    2. Sì, magari nell'introduzione puoi ricostruire la "catena" Cristina-Chiara-Daniele. :)
      Ora "studio" un po' la tua foto, per vedere l'altro elemento nascosto!

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    3. Ehm... la frase "Sui messaggi 'ben nascosti' non ho niente da ridere", sarebbe in realtà: "Sui messaggi 'ben nascosti' non ho niente da RIDIRE".
      Uno degli indizi della foto è da cinefili accaniti, l'altro è alla portata di tutti. E' la prima volta in vita mia che gioco ai messaggi subliminali ;D

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  7. Sull'uso delle parolacce la vedo esattamente come te. Si fa davvero fatica ad essere credibili infarcendo un testo di ca##i, fi#he, te##e e cu#i. Ecco, vedi? Non ho potuto fare a meno di infilarci degli hashtag coprenti.
    Non coler avere a che fare con western, storia e guerre è perfettamente comprensibile. E' un terreno minato.. ci si mette un attimo a scrivere corbellerie. Sono generi che richiedono uno studio preparatorio enorme e, per alcuni, viene molto più naturale scrivere a raffica piuttosto che mettersi a studiare e a ristudiare le parole. Non so se sia il caso tuo, ma io sono così ("sarei" così, visto che non scrivo tantissimo).

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    1. Lo studio preparatorio è una delle fasi della scrittura, anche dei post, che più mi appassionano.
      Riguardo però ai tre generi che hai citato, posso dirti che a me la storia è una materia che piace moltissimo, ma in forma di saggio e non di romanzo. Per questo non mi verrebbe mai in mente di scrivere un romanzo etichettabile come 'storico'.
      Per la guerra, si tratterebbe invece di descrivere troppe scene d'azione, che digerisco male anche nei film.
      Mentre il genere western ha a che fare con cose che semplicemente non mi interessano.

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  8. Però quel che tu definisci "world building" talvolta è necessario nell'economia della verosimiglianza e coerenza interna, penso alla sci-fi o al fantasy dove deve esserci (o dovrebbe o sarebbe bene ci fosse, insomma! XD)
    Non ho un'idea precisa su come e che cosa potrei scrivere, non avendolo mai fatto, ma concordo sulla questione romanzi storici-guerra.
    Da lettrice non disdegno nessun "genere", anzi, cerco di leggere a prescindere dalle catalogazioni che spesso trovo inadatte e comunque odiose :P

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    1. Anch'io in passato leggevo un po' di tutto, anche se della letteratura di genere mi hanno interessato davvero solo l'horror e un po' la fantascienza. Oggi spazio meno, anche se ogni tanto qualche esperimento lo faccio ancora.
      Poi è vero che le catalogazioni hanno i loro limiti (esemplare a questo riguardo il caso di Ray Bradbury), ma devo pur definire in qualche modo la differenza, chiaramente percettibile, tra Conan il barbaro e Il maestro e Margherita.
      Riguardo invece al world building, non mi piace quando l'autore si affanna a fornire più dettagli possibile, quasi temesse di non essere preso sul serio dal lettore. Rilassati ;D

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    2. P.S. A scanso di equivoci, il "rilassati" non è rivolto a te, Glò, ma allo scrittore che si affanna :P

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    3. Ma figurati!!! Era chiarissimo! (Anche se... XD forse dovrei eh! Ahahahah!)
      Effettivamente gli eccessi portano - secondo me - a poca onestà nello scritto, quindi concordo!
      Sulle etichette... se sono di comodo, per "capirci", vanno benissimo. Di fondo, a me sembra che oggi soprattutto si utilizzino con chiaro intento di marketing. :P

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