The Studio Section 3 - Berni Wrightson /4
Ma per Berni Wrightson l'inizio degli anni '70 non aveva significato solo lavoro, o tentativi di lavoro, per le due grandi major del fumetto, DC e Marvel. Aveva anche tentato, grazie alla sua amicizia con Vaughn Bodé, la strada delle riviste patinate per adulti (quelle che una volta anche da noi erano definite "per soli uomini"). Bodé, come dovrebbe sapere chi ha letto la mia serie sul Messia del fumetto e questo post in particolare, pubblicava in quel periodo sulla rivista Cavalier le tavole autoconclusive di Deadbone Erotica, ma si era anche impegnato a pubblicare su un'altra rivista del settore, Swank, una nuova serie a fumetti che aveva battezzato Purple Pictography. Ogni "sessione" della serie doveva consistere in una storia breve di tre pagine, il che si rivelò però molto presto per Bodé un impegno troppo gravoso, inconciliabile per motivi di tempo con il resto della sua attività artistica. Wrightson gli propose allora di affidare a lui i disegni di alcune storie della serie, così che Bodé avrebbe dovuto occuparsi solo di scriverne i testi.
Il risultato di questa scelta è a mio avviso... delizioso (davvero, non riesco a pensare ad aggettivo più adatto di questo) e non è un caso che Purple Pictography figuri tra le cose più apprezzate dai fan di Wrightson nonostante lui in persona ne abbia una considerazione assai minore. Ancora una volta infatti, per il giovane, ambizioso e all'apparenza incontentabile disegnatore, l'esperienza si rivela un percorso a ostacoli e si esaurisce in appena cinque storie, per un totale di quindici tavole pubblicate tra l'agosto 1971 e l'aprile 1972: The Monster's Thing, Munchmo Coming, Water Job, Titus and Pubius e The Fanny Nappers.
Anche stavolta, come sempre, Wrightson dà il massimo e realizza ogni vignetta come un acquerello a se stante - facilitato in questo dalla particolare struttura della pittografia, che Bodé aveva scelto di chiamare così per sottolineare come i ballons con il testo si situassero fuori del contorno dell'immagine e non andassero a intaccarla. La collaborazione procede in realtà abbastanza bene finché i due artisti si accordano in anticipo sui soggetti delle storie, ma quando poi Bodé scrive in totale autonomia la storia Titus and Pubius, Wrightson manifesta tutta la sua insoddisfazione, che si riflette anche nella resa artistica della storia, leggermente inferiore a quella delle precedenti. I testi di Vaughn Bodé continuano a essere in ogni caso brillanti e, nel loro consueto estremismo, del tutto all'altezza della sua fama.
Purple Pictography - Titus and Pubius
by Vaughn Bodé (text and lettering) and Berni Wrightson (art)
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L'essenza della questione verte in realtà sulla distanza incolmabile che separa gli universi fumettistici dei due artisti. La visione sessuocentrica ed esasperata dell'universo Bodéiano ha ben poche attrattive per Wrightson, che interromperà così la collaborazione dopo aver proposto a Bodé il soggetto di un'ultima storia, The Fanny Nappers - con i disegni stavolta in bianco e nero così da consentire a Wrightson di dimezzare i tempi di lavorazione e defilarsi il prima possibile.
L'abbandono di Wrightson segnerà comunque la fine stessa della serie Purple Pictography, oltre che della collaborazione di Bodè con la rivista Swank.
L'abbandono di Wrightson segnerà comunque la fine stessa della serie Purple Pictography, oltre che della collaborazione di Bodè con la rivista Swank.
Vale infine la pena, prima di chiudere il discorso, sentire direttamente dalla voce dello stesso Wrightson alcune sue considerazioni riguardo a questo breve intermezzo della sua carriera artistica:
Non mi creava nessun problema che i miei fumetti comparissero su una rivista per soli uomini. A quel tempo Swank e la maggior parte delle altre riviste del settore non ci andavano giù pesante con il sesso.
Negli anni successivi mi è stata offerta varie volte la possibilità di tornare a lavorare su riviste del genere, compresa Hustler. Offrivano molti soldi ad artisti come me perché creassero versioni ipersessuali delle normali storie a fumetti. Ho sempre rifiutato, perché non voglio essere associato a quell’immondizia. Fanno oggetto di un umorismo di bassa lega delle cose davvero molto belle e questo non mi piace.
Queste riviste hanno un sacco di soldi da buttare e la maggior parte delle volte li usano per produrre spazzatura su carta patinata. Non sto parlando di riviste come Playboy. Playboy è una rivista di classe. Ma un mucchio di altri titoli non ne ha per niente. Qualunque settore ha la sua crème de la crème e la sua spazzatura. Hustler fa parte della spazzatura.
Fondamentalmente, questo tipo di materiale non è quello in cui io eccello. Non mi sono mai venute bene le ragazze. Mi diverto di più a fare cose mirate a un pubblico più giovane, collegate a una certa dimensione di innocenza.*
Ed ecco che qui mi permetto di dissentire, e a chiare lettere. Cioè, posso accettare tutto del suo discorso, ma certo non questa parte: "Non mi sono mai venute bene le ragazze". Ma se sono quattro decenni che io trovo che le sue "ragazze" siano quanto di meglio abbia da offrire il panorama fumettistico! Già le sole pagine di Purple Pictography basterebbero a dimostrarlo, come anche l'immagine che accompagna il titolo di questo post; quello che segue è un esempio tratto dalla storia The Secret of the Egyptian Cat (House of Mystery #186; DC Comics, maggio 1970).
* * *
* A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991, pag. 116
L'immagine in alto sotto il titolo è: Berni Wrightson, Night's End (Apparitions portfolio, Q Productions Inc., 1978).
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Dissento anche io dalla dichiarazione di Wrightson, le sue figure femminili le ho sempre trovate non solo ben riuscite ma anche molto sensuali.
RispondiEliminaVero, hanno corpi di pantera, di quelli come piacciono a noi ^^
EliminaSplendida panoramica su un autore che proprio non conoscevo ;-)
RispondiEliminaGrazie per le belle parole, Lucio!
EliminaAutori come Wrightson sono stati noti al grande pubblico soprattutto negli anni '70 e in una certa misura negli anni '80. Negli anni '90 si è fatta avanti, anche in America, una nuova scuola di autori più vicini al gusto del moderno pubblico cresciuto a videogiochi e anime.
Gli artisti spesso si dichiarano insoddisfatti di certi presunti propri limiti... Non capisco mai se sia una posa finto-modesta o un eccesso di perfezionismo.
RispondiEliminaFelice di sentirti, Ariano! Direi che una risposta al tuo dubbio potrebbe arrivare anche dai prossimi post dedicati a Wrightson. E' indubbio che lui sia animato, come vedremo, da una continua spinta a migliorarsi e sfidare i propri limiti. Ma questo vale un po' per tutti gli artisti di The Studio, soprattutto nella loro prima fase di attività.
Eliminabellissimo il tratto di questo autore. Il disegno più in alto è il migliore del gruppo.
RispondiEliminaD'accordo su entrambi i punti, Bruno. Grazie!
EliminaCuriosa la cover del Purple Pictography!
RispondiEliminaSulla questione delle ragazze, le sue mi paiono abbastanza eleganti, forse intendeva proprio mettere una distanza tra le sue creazioni e certa "spazzatura", come si dice nella citazione.
No, secondo me lui è davvero convinto di non farle troppo bene. Infatti le figure femminili non sono al centro della sua produzione, a differenza di quello che avviene con gli altri tre artisti di The Studio.
EliminaPerché trovi strana la copertina della raccolta dei Purple Pictography? :O
Era "curiosa" in accezione positiva XD
EliminaSulle figure femminili non posso pronunciarmi, se non in senso estetico. ;-) La prima tavola è spettacolare.
RispondiEliminaAnche io amo quell'illustrazione, Cristina, che è tra l'altro la copertina di un paperback di racconti dell'orrore.
EliminaE come vedi, qui torna in scena anche il vecchio Bodé ^_^