The Studio Section 3 - Berni Wrightson /3
Ma Berni Wrightson non è destinato a rimanere a lungo a occuparsi di pagine di presentazione o di raccordo. Molto presto lo staff editoriale della DC ha un ripensamento e lo richiama a lavorare su Nightmaster, la stessa saga sword and sorcery da cui lo aveva da poco estromesso a favore di un altro disegnatore. A Wrightson in realtà non piace nulla delle scelte grafiche adottate al suo posto da Grandenetti, ma contento almeno di poter tornare a fare storie di ampio respiro accetta di riprendere in mano la serie. Si offrono di aiutarlo, per puro divertimento, Jeff Jones e Mike Kaluta, che in quel periodo abitano sotto il suo stesso tetto, nello stesso appartamento.
Ci riunivamo insieme e guardavamo le vecchie collaborazioni tra Williamson e Frazetta cercando di capire chi aveva fatto cosa. "Qui ha inchiostrato Frazetta" - "No, non è vero" - "Che ne sai" - e così via. Ci capitava di incontrare Williamson e lui riconosceva di aver disegnato una determinata figura. Poi Frazetta ci diceva: "Oh no, non l'ha fatta lui. Sono stato io a disegnarla". Nessuno lo sapeva davvero. Così ci siamo detti: "Perché non rendiamo anche noi le cose difficili a qualcuno?" E ci siamo messi a lavorare insieme al solo scopo di confondere le idee a chi leggeva il fumetto.
Wrightson farà in tempo a completare una seconda e una terza avventura di Nightmaster prima che la serie venga cancellata e la dirigenza DC lo rispedisca come prima a disegnare fill-in per gli albi mystery sotto la guida di Murray Boltinoff, un editor per cui lui non nutre però alcuna particolare simpatia.
Mi sembrò un periodo lungo dieci anni. Era uno dei redattori più tosti per cui mi sia mai capitato di lavorare. Aveva un’idea molto precisa di ciò che voleva ottenere, ma nessuna idea su come arrivarci.
La situazione per lui migliora di molto quando La DC sostituisce Boltinoff con Joe Orlando, un ex collaboratore della EC Comics, la casa editrice i cui fumetti dell'orrore lo avevano inebriato da bambino. Orlando rimane colpito da quel giovane disegnatore ancora alle prime armi ma dalla concezione del fumetto così simile alla sua. Gli sembra l'ideale per quello che lui si prefigge di raggiungere: realizzare storie weird che si avvicino il più possibile ai vecchi fumetti della EC Comics pur rimanendo entro i severi limiti stabiliti dalla Comics Code Authority.
Ma ciò nonostante il giovane Wrightson è ancora lontano dal sentirsi realizzato:
Ma ciò nonostante il giovane Wrightson è ancora lontano dal sentirsi realizzato:
Quasi tutte le storie che realizzai per quegli albi del mistero le feci solo per soldi. Non avevano nulla di memorabile. Alcune, come He Who Laughs Last (House of Mystery 221), erano collaborazioni con Kaluta. In quel periodo Kaluta aveva problemi a ottenere lavoro dalla DC. Il suo disegno non era abbastanza sciolto e le sue matite poco credibili. Il tratto era molto approssimativo e vago. Nessuno voleva inchiostrarle. Ma era così che lui disegnava. Quando le inchiostrava Mike, il risultato era buono, perché lui sapeva esattamente cosa voleva ottenere.
Mi avevano affidato un testo di Len Wein che doveva essere incluso in albo di House of Mystery che aveva come tema il circo. Quando lo lessi meglio, ebbi un ripensamento. Cominciai a lamentarmi e a dire che non mi piaceva abbastanza. A quel tempo abitavo con Kaluta e lui si chiese se non potevamo farlo insieme. Mike fece le matite e non fu facile lavorarci sopra. Mi trovavo davanti a qualcosa di delineato da quindici linee e non sapevo quale dovevo inchiostrare. Così dovevo ripassarci sopra con la mia matita in modo da ritrovare le linee giuste. Ma mi appassionai al lavoro e tutti lo apprezzarono.
Ma non è ancora abbastanza da placare la sua insoddisfazione di fondo. In particolare non è contento del trattamento che i coloristi della DC riservano ai suoi disegni e che gli sia negata la possibilità di potersi colorare da solo le sue pagine, oltre che del fatto che la direzione rifiuti di aumentargli la paga. Finché, a un party, non si imbatte in Roy Thomas, il famoso sceneggiatore e redattore capo della Marvel, la casa di fumetti rivale storica della DC. Thomas gli assicura che alla Marvel potrà colorarsi da solo le sue tavole e lo convince a prendere un appuntamento con Stan Lee, fondatore e "guru" della Casa delle Idee.
Parlai con lui [Stan Lee], che mi disse: “Bene, ci piace quello che fai, ma ci aspettiamo di vederti lavorare nello stile Marvel”. Spiegò che a loro piacevano linee più spesse, cose grandi in primo piano che ti facevano entrare nell’immagine, un sacco di cianfrusaglie e di espressioni facciali. Voleva che usassi il tipo di espressioni facciali che si vedevano nei vecchi film muti enfatizzandole venti volte. Come la prima volta [vedi il precedente post della serie], tutto intorno a me era sorrisi, entusiasmo e discorsi di incoraggiamento. Mi sembrava di essere in una squadra di football o qualcosa di simile.
La paga della Marvel era un pochino migliore, con un extra di 3.50-4 dollari a pagina per la coloritura. Il primo lavoro che feci per loro fu Gargoyle Every Night, una storia horror.
Poi capta le voci di corridoio a proposito dell'imminente lancio di una serie di albi con protagonista Conan, il celebre personaggio nato dalla penna di Robert E. Howard. Fa delle prove e le mostra allo staff editoriale della Marvel che le giudica buone ma troppo lontane da quello che loro hanno in mente. Gli propongono tuttavia di realizzare The Skull of Silence, una storia di sette pagine con protagonista un altro dei personaggi usciti dalla penna di Howard: Kull.
Non mi entusiasmava come l’idea di fare Conan, perché il personaggio di Kull non era altrettanto ben costruito. Non mi sembrava neanche un gran personaggio. Con tutti quegli eserciti, la famiglia reale, gli intrighi di palazzo, non era il mio genere. A quel tempo ero molto di più per le cose spicce.
Ma per qualche ragione accettai di fare la storia di Kull. Ci passai sopra un sacco di tempo, usando ogni genere di retino per i mezzitoni e lasciando molte cose delineate in modo sommario contando di rifinirle con il colore. Sapevo esattamente quello che volevo fare. Una delle caratteristiche della storia era la presenza di un teschio che, quando la porta si apriva, ingoiava tutti i suoni. Come fai a rendere l’idea di una cosa simile in un fumetto? Dal momento che non puoi disporre di effetti sonori, studiai un modo: prosciugare lentamente il colore finché la scena finiva per diventare in bianco e nero. Usai un bel po’ di carta speciale per i grigi in quel lavoro, in particolare per le pagine 4 e 5. Quando il lettore arrivava alla pagina 5, l’effetto era di un completo bianco e nero. Anche la prima vignetta di pagina 6 era in bianco e nero, poi nella vignetta grande esplodeva il colore. L’idea era che il colore, che simboleggiava il suono, si prosciugasse lentamente. Mi sembrava un’ottima idea. Soprattutto perché, trattandosi di fumetti a colori, l’uso del bianco e nero sarebbe risaltato.
Quando però, nel marzo 1971, la storia viene pubblicata in apertura del numero 10 di Creatures on the Loose, Wrightson ha una brutta sorpresa: nonostante gli accordi presi, l'albo è tutto a colori e, come se non bastasse, stampato male. Non solo l'effetto colore-suono/bianco e nero-silenzio è andato perduto, ma anche tutto il suo paziente lavoro con i grigi e i mezzitoni ne esce impoverito. Wrightson si sente tradito e se ne va sbattendo la porta.
Ma sebbene lui ancora non possa saperlo, il suo momento sta per arrivare. Nel luglio 1971 appare, sul numero 92 di House of Secrets, una storia horror di otto pagine scirtta da Len Wein e disegnata da Wrightson, che ottiene il consenso di un gran numero di lettori. E' una storia di amore, morte e vendetta che parla di un giovane scienziato ucciso e sepolto in una palude, dalle cui profondità riemerge in un'orrida forma umanoide: Swamp Thing, la cosa della palude.
* * *
Tutte le citazioni sono tratte da: A Look Back. Underwood-Miller, 1979, 1991; Edited by Christopher Zavisa.
L'immagine di apertura del post è: Bernie Wrightson, A Garniture of Gargoyles (1994, detail).
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Eccoci quà! Ci stiamo avvicinando alla parte della vita professionale di Wrightson che preferisco !
RispondiEliminaOh gioia! Oh Gaudio! :D
Grazie per l'entusiasmo Nick! Credo che non ti farò attendere molto, mi piace troppo realizzare i post di questa serie ^_^
EliminaSempre piacevole leggere questa serie di post *__*
RispondiEliminaQuanto è bella l'immagine iniziale!!!
Sono più che d'accordo Glò... Quello del fumetto è un mondo labirintico e affascinante da perlustrare!
EliminaE sarà per la presenza dell'affascinante fanciulla, ma io adoro soprattutto l'immagine di copertina nel finale del post *__*
Ma nell'ultima immagine manca un riquadro o è proprio così?
RispondiEliminaLa spiegazione è semplice, Marco. Ho diviso la serie di post in quattro sezioni, una per ogni disegnatore. Lo stesso ho fatto con il logo di The Studio. A ogni sezione si svela un riquadro. La sezione uno - Barry Smith - aveva tre riquadri oscurati; la sezione due - Mike Kaluta - due riquadri; la presente tre. Con l'inizio della prossima sezione il logo sarà visibile per intero.
EliminaCiao! Certo che imbattersi in un personaggio come Murray Boltinoff è quanto di più demotivante possa esserci. Ancora peggio è il trattamento fatto alle tavole di "The Skull of Silence", l'idea di togliere il colore fino ad arrivare al bianco e nero era semplicemente geniale. Mi chiedo perché debbano succedere sempre queste cose!
RispondiEliminaBentornata Cristina! Immagino che a questo punto sia imminente anche la ricomparsa del tuo blog in veste rinnovata *__*
EliminaE povero Boltinoff! In fondo sapere cosa si vuole ottenere è pur sempre qualcosa ;-)
Ben trovato a te, Ivano! Sì, per quanto riguarda il blog, è imminente la sua ri-messa in onda... finalmente posso dire di essere pronta. Il giorno 3 settembre mettiti gli occhiali da sole, potresti essere accecato da effetti speciali! ;-)
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