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Solve et Coagula - Pagina 106



Capitolo 9 - parte 5

«Adocentyn è una città immaginaria citata per la prima volta, almeno così scrive il mio ex amico nel suo racconto, nel Picatrix, un testo medievale arabo. Pare che Ermete Trismegisto l’avesse costruita da qualche parte in Egitto e avesse eretto al suo centro un castello con quattro porte, tutte sormontate dalla statua di un animale guardiano in cui aveva insufflato dentro uno spirito vivente e parlante. Sulla porta a est dominava un’aquila, su quella a ovest un toro, su quella a sud un leone e su quella a nord un cane. Un particolare strano quest'ultimo, no?».
«Cosa è strano?» domandò Giulia.
«I primi tre animali sono quelli che simboleggiano gli evangelisti o che compaiono nella Sfinge, ma non il cane» intervenne Luisa.
Fabrizio annuì compiaciuto. «Brava, è esattamente la risposta che avrei dato io. C’è un cane al posto dell’angelo».
«E come lo spieghi?» gli chiese.
«Mi sono fatto un'idea proprio stamani, ma la mia potrebbe anche essere una teoria campata in aria. Se questa è una città egiziana, potrebbe entrarci qualcosa la stella Sirio, che era la più importante per gli antichi egizi. Sirio è nella costellazione del cane ed era raffigurata come un cane splendente. Ma adesso non ci interessa sapere se ho ragione o no, anzi scusatemi per la divagazione, ma è stato più forte di me…».
Già, pensò Luisa, la sua famosa passione per i simboli esoterici.
«A noi interessa sapere che sulla sommità del castello Ermete Trismegisto eresse una torre con un faro di forma sferica che cambiava colore sette volte in una settimana, illuminando la città di un colore diverso ogni giorno. Capisci adesso» aggiunse Fabrizio rivolto a Luisa «perché il tuo discorso di ieri sera a proposito del faro mi ha fatto tornare in mente il racconto del mio amico?».
«E stai pensando di utilizzarlo per l’Arcano XVI?» domandò Giulia.
«Se trovassi un modo, perché no? Come sapete avevo già pensato alla ziqqurat, una torre formata di sette piani di sette colori diversi. Il fulmine potrebbe abbattersi sulla sfera che andrebbe così in frantumi creando una pioggia di frammenti colorati».
«Chissà cosa ne penserebbe Eva Luna?» commentò Giulia.
«Hei, non hai appena detto che dovremmo dimenticarci di lei e di tutta questa questa storia del Ragnarock e delle Hel?» esclamò Luisa.
«Sì, è vero, l'ho detto, ma non è così facile come pensavo».
«Io propongo di concentrarci d'ora in poi sul vero Ragnarok, quello senza la c, e sulla vera Hel, con il suo bel volto per metà putrefatto... che ne dite?» esclamò a sua volta Fabrizio, e rise.
«Non so bene di cosa tu stia parlando, ma non mi sembra un argomento da ristorante, vegetariano per di più» osservò Giulia.
Luisa si sentiva invece come se qualcuno l'avesse appena spinta sull'orlo di una voragine. Un'altra spintarella, anche solo con la punta dell'indice, e il gioco era fatto.
«Puoi ripetere quello che hai detto a proposito di Hel?» quasi balbettò.
«Deve ripeterlo davvero?» osservò Giulia, con una smorfia di disgusto.
«Sì, per favore».
Fabrizio guardò Luisa senza capire. «Che ti prende adesso? Ho solo riportato con parole mie la descrizione che l’Inganno di Gilfy dà della dea Hel».
«L’Inganno di Gilfy? È una parte dell’Edda di Snorri, vero?» insistette Luisa.
Fabrizio annuì. «Se vuoi posso leggerti quello che dice, anche subito. Tengo sempre un segnalibro sul sito che riporta il testo integrale dell’Edda».
E dopo una breve ricerca sul suo Samsung Galaxy, lesse:
«Allföðr, cioè Odino, gettò quindi Hel nel Niflheimr e le diede potere sopra i Nove Mondi, affinché dividesse il cibo fra coloro che le venivano mandati, gli uomini morti per malattia o di vecchiaia. Laggiù ella dispone di un vasto territorio, dalle mura altissime e gli enormi cancelli. Éljúðnir si chiama la sua corte, Hungr il suo piatto, Sultr il suo coltello, Ganglati il suo servo, Ganglǫt la sua serva, Fallandaforað la sua soglia di ingresso, Kǫr è il suo letto, Blíkjandabǫl il suo ornamento. Il suo colorito è per metà di livido e per metà color carne, per cui ha un aspetto ben riconoscibile, severo e terribile».*
«Dobbiamo assolutamente andare a casa mia. Al più presto» concluse Luisa, senza più nascondere la sua agitazione.

* La citazione è dal sito Bifrost.it (N.d.A.)


Commenti

  1. Incominciamo a scoprire qualcosina? :)))
    Quanti punti di contatto tra il viaggio allucinogeno del padre, il suo disegno e la mitologia nordica!
    Come se due mondi venissero in contatto tramite una persona che poi, forse, proprio persona così come la intendiamo noi non è. Alessandra. Reincarnazione di una divinità o divinità ritornata sulla terra? In fondo non mangia, beve ma cosa????

    Ivano... mi fai impazzire!!! ahahhahahahahahahahahahahah

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, iniziamo a scoprire qualcosa, ma ci saranno presto altri avvenimenti che cominceranno a unire tra loro alcuni fili ancora sparsi. Luisa intanto fa fatica a notare molte cose, per esempio che di tutte le persone al mondo con cui poteva fare amicizia si è imbattuto proprio in Fabrizio, un appassionato di mitologia nordica ^^

      Elimina
    2. Scherzi del destino. Oppure un destino già prestabilito.
      In fondo ci sono molte cose che ritornano. Ad esempio, Alessandra. Dalla visione alla realtà.

      Io sono convinta che qualunque cosa ci capiti abbia un suo perchè. Un suo motivo logico anche se magari ci sfugge. Non è sempre facile capirlo di primo acchito. A volte, bisogna sbatterci il naso dentro per rendersene conto.

      ps fuori contesto completamente.
      Conosci lo scrittore/la scrittrice Indridason (la signora in verde)? Deve essere islandese.Me ne hanno parlato molto bene

      Elimina
    3. Anch'io sono un convinto assertore dell'inesistenza del caso ^_^
      No, non conosco lo scrittore che citi, comunque indago quanto prima. Grazie *_*

      Elimina
  2. Per tutti i santi del paradiso!!!
    Anzi, possenti dei!!!

    RispondiElimina

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