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Quel che debbo ai Quindici /1: Dalla Preistoria all'Enigma




Questo post è il terzo della serie dedicata all'autobiobibliografia, un progetto che mi è stato ispirato dalla lettura dell'opera di Henry Miller I libri nella mia vita e che consiste, in breve, nel realizzare un elenco di tutti i libri letti nella propria vita, prestando una particolare attenzione al periodo dell'infanzia e della prima giovinezza.

Dopo un primo post introduttivo al progetto, avevo realizzato un secondo articolo in cui cominciavo a esplorare gli scaffali della mia prima libreria. Ed è un'esplorazione che va intesa nel senso letterale del termine, perché è proprio del mobile che ha ospitato nei suoi scaffali i libri della mia infanzia che mi sto occupando. In particolare, avevo dedicato il secondo articolo alla collana degli anni '60 La stella d'oro, mentre adesso torno a parlare della mia prima enciclopedia: I quindici - I libri del come e del perché.
Ho scritto "torno" perché in realtà questa è la terza volta che parlo dei Quindici. Me ne sono occupato una prima volta più o meno nella preistoria del blog, cioè nella seconda e terza parte della Nota al Capitolo 1 di Solve et Coagula, e una seconda volta nel terzo post della serie In compagnia dei lupi.
Nella prima occasione ho narrato del modo rocambolesco in cui ne sono rientrato in possesso (almeno per i suoi 13/15), nella seconda occasione l'ho citata in merito all'ingresso di due storie di lupi nella mia vita: la fiaba dei Fratelli Grimm Il lupo e i sette caprettini, e Zio Lupo.

Siamo qui naturalmente ancora ai primordi della mia attività di lettore, poiché sono entrato in possesso di questa enciclopedia alla fine o sul finire della prima elementare, quando il mio maestro di allora, il signor Masi, ne consigliò caldamente l'acquisto ai miei genitori. E questo è per me un motivo sufficiente per augurare al signor Masi ogni possibile bene, qui e nella vita futura.
Quel che ho avuto modo di constatare fin da subito, nell'indagare i miei miei rapporti originali con l'enciclopedia, è come la mia attenzione si sia in realtà fissata non solo su un numero limitato di volumi della stessa, ma anche, all'interno degli stessi volumi, su un numero limitato di pagine. Salvo in un paio di casi.

La prima eccezione è il volume due, Racconti e fiabe, che ho letto per intero e che è stato, per molti versi, il libro più importante della mia infanzia. Per quante volte l'ho sfogliato, per rileggerne le pagine o anche solo godermi le splendide illustrazioni, qualunque libro meno indistruttibile dei tomi de I Quindicici avrebbe probabilmente lasciato le penne.
Naturalmente ho la mia personale classifica che vede ai primi posti certe fiabe e certi racconti a scapito di altri. Potrei citare, per esempio, Il brutto anatroccolo e I musicanti di Brema, oppure Riccidoro e i tre orsi o la splendida I tre capretti furbetti (usata anche da Stephen King nel suo libro IT). O ancora gli estratti da Winnie-the-Pooh (qui chiamato Dodo) e dal Dottor Dolittle, e così via. Un accenno particolare devo però riservarlo alle tante storie made in USA che ben difficilmente avrei avuto occasione di scoprire altrove ma che si sono rivelate per me una passione durevole (vedi, per esempio, in questo blog: Il messaggio del gatto nero e La sposa del lupo mannaro).


La seconda eccezione è il volume quattro, La vita intorno a noi, dedicato soprattutto agli animali, con grande dispiego di stranezze e curiosità capaci di attirare l'attenzione di adulti e bambini. Per esempio, sapevate che un neonato di canguro, che nasce come embrione dal ventre della madre e si sviluppa solo successivamente nel marsupio, può trovare posto in un cucchiaino da tè?
Ma la parte del volume per me più importante è stata sicuramente quella dedicata alla preistoria. Anche se, in questo caso, sono state soprattutto le immagini a decretarne il successo. Il viaggio iniziava con un bel T-Rex immerso in un paesaggio del cretaceo (modello di tutte le mie centinaia di disegni a venire sul tema), proseguiva poi con due scene di tenore opposto - una placida di brontosauri (o forse diplodochi) al bagno e una cruenta con il pasto di un carnivoro a spese di un erbivoro - e terminava un bel po' di milioni indietro nel tempo con una bella visione di una foresta del carbonifero dominata da un esemplare di Meganeura, la libellula preistorica gigante, in primo piano.


Innumerevoli sono i voli della fantasia che ho fatto sulle ali di questa libellula.

Ma anche il mito, al pari delle fiabe (che ne rappresentano forse una versione alternativa; vedi a questo riguardo il mio post Il re dei gatti e il Tramonto degli Oracoli), mi attrasse fin da subito.

Il dodicesimo volume de I Quindici, Pionieri e patrioti, inizia per esempio con la narrazione del mito greco di Edipo e la Sfinge (non si direbbe, vero?). E' un mito molto noto: la Sfinge propone un indovinello sulle tre età dell'uomo e divora chi non lo risolve. Edipo lo risolve e così facendo fa precipitare il mostro nell'abisso. Ero entrato a contatto, per la prima volta, con il concetto di enigma:
La più antica testimonianza su questo mito, che è al tempo stesso il passo più antico in cui compare la parola "enigma", è un frammento di Pindaro: "l'enigma che risuona dalle mascelle feroci della vergine".1
Ma dietro le apparenze, al di là del trovami davanti a un indovinello talmente facile da apparire perfino sciocco, qualcosa in me riconobbe confusamente la presenza di un che di arcano e profondo almeno quanto l'abisso in cui precipita la Sfinge alla fine della storia. Naturalmente non conoscevo ancora, né nessuno di quelli che mi circondavano erano in grado di farmi conoscere, le parole di Pausania:
Anticamente i greci considerati sapienti sviluppavano i loro discorsi mediante enigmi, e non in modo rettilineo.2

Soprattutto mi appariva misteriosa, e insieme spaventosa, la sproporzione tra l'elementarità dell'indovinello e le conseguenze della sua mancata risoluzione.
Ma esiste in realtà una tradizione, riportata anche da Eraclito di Efeso, a proposito della morte di Omero che fa capire come questa sproporzione non fosse per niente l'eccezione bensì la prassi:
Riguardo alla conoscenza delle cose manifeste gli uomini vengono tratti in inganno allo stesso modo di Omero, che fu più sapiente di tutti i Greci. Lo ingannavano fanciulli che schiacciavano pidocchi e gli dissero: "Tutte le cose che abbiamo visto e preso, le lasciamo; quelle che non abbiamo né visto né preso le portiamo con noi".3

Secondo la leggenda, Omero morì di scoramento a causa della propria incapacità di risolvere l'enigma.

E a questo punto trovo utile riportare alcune considerazioni del filosofo e filologo Giorgio Colli sulla progressiva umanizzazione dell'enigma nel corso del pensiero greco, dalle origini delfiche fino alla nascita della dialettica:
Prima il dio ispira un responso oracolare, e il "profeta", per dirla con Platone, è un semplice interprete della parola divina, appartiene ancora totalmente alla sfera religiosa. Poi il dio attraverso la Sfinge impone un enigma mortale, e l'uomo singolo deve scioglierlo, pena la vita. Infine due divinatori lottano tra loro per un enigma, Calcante e Mopso: non c'è più il dio, rimane lo sfondo religioso, ma interviene un elemento nuovo, l'agonismo, che è qui una lotta per la vita e per la morte. Un passo ancora, cade lo sfondo religioso, e viene in primo piano l'agonismo, la lotta di due uomini per la conoscenza: non sono più divinatori, sono sapienti, o meglio combattono per conquistare il titolo di sapiente.4

Il mito di Edipo e la Sfinge apparterrebbe quindi alla seconda fase di questa progressione proposta da Colli, mentre sempre lui scrive a proposito della terza fase, esemplificata dalla sfida tra Calcante e Mopso - nella quale Calcante muore di dolore per avere incontrato in Mopso un divinatore a lui superiore:
Il fatto che siano due divinatori a cimentarsi per la sapienza richiama la matrice religiosa dell'enigma, anche in questa sua fase umana. Un altro elemento suggerisce tale prospettiva, cioè il contrasto tra la banalità, nella forma e nel contenuto, e la tragicità del loro esito. Analogamente si avverte un contrasto di fronte all'enigma della Sfinge, per la trasparenza della sua risoluzione. Tali elementi della tradizione mettono in evidenza l'intervento di un arbitrio divino, l'intrusione nella sfera umana di qualcosa di perturbante, inspiegabile, irrazionale, tragicamente assurdo.5

Naturalmente dovevo farne ancora molta di strada prima di spogliarmi del tutto della concezione ingenua del mito visto come un tentativo primitivo di spiegazione del mondo, poi superato dalla moderna investigazione scientifica - che è la versione che ci viene comunemente propinata dalle benemerite istituzioni preposte alla nostra educazione. Ma comunque sia, la porta era aperta e già avevo mosso il mio primo passo verso una concezione più profonda e accurata della materia mito.


* * *

Note al testo

1 Giorgio Colli, La nascita della filosofia. Adelphi 1975, pag. 51

2 Giorgio Colli, La sapienza greca, I. Adelphi 1977; pag. 48, n.5

3 Eraclito, Dell'Origine. Feltrinelli 1993, pag. 193. Trad. e cura di Angelo Tonelli

4 Giorgio Colli, La nascita della filosofia. Adelphi 1975, pag. 52

5 Giorgio Colli, La nascita della filosofia. Adelphi 1975, pag. 56-7

Commenti

  1. Che ricordi!!! :O Un po' di anni fa ho regalato i miei "Quindici" :P E un po' me ne pento!

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    1. Ti capisco, Glò. Anch'io ho fatto lo stesso errore molti anni fa :P Meno male che lo scorso anno, come ho raccontato in un post, sono rientrato fortunosamente in possesso almeno dei volumi dal 3 al 15 ;D

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  2. Molto belle le illustrazioni e sicuramente sarà stata davvero affascinante l'enciclopedia "I quindici". Ne ho sentito spesso parlare ma non l'ho mai avuta, tuttavia sono passato attraverso un processo simile con "Conoscere", un'enciclopedia per ragazzi splendidamente illustrata e redatta con un linguaggio semplice ma coinvolgente che mi ha fatto sognare durante l'infanzia. Ne avevo solo due volumi, e ogni volta che facevo visita ai miei zii, che li avevano tutti e 17, chiedevo se potevo sfogliarle e leggere qualche articolo, suscitando l'ilarità dei miei cugini e di mia sorella, tutti già adolescenti e tutti già privi dell'interesse per il sapere ma presi dalle questioni della loro età: amici, fidanzatine, fare tardi la sera... Alla fine, con mia grande sorpresa, i miei zii mi regalarono tutti i volumi, e ho perso il conto delle volte che li ho sfogliati e letti secondo i miei interessi. Prediligevo gli articoli di storia e geografia, un po' meno scienze, ma in generale ho incamerato parecchie nozioni che mi hanno trasformato nell'odiato secchione delle scuole elementari e medie. Forse ho passato troppo tempo sui libri (anche e soprattutto su questi libri) e ho perso il contatto con gli esseri umani, comunque credo che ognuno si comporti in base alle proprie innate inclinazioni. Se non avessi letto tutti quei libri forse sarei stato solo un bambino che passava l'intera giornata davanti alla televisione, e non avrei avuto neppure le nozioni delle enciclopedie e l'amore per i libri che, senza che allora lo sapessi, avrebbero avuto un ruolo costante anche nella mia vita adulta.

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    1. "Conoscere" l'avevo anch'io, ma è entrata nella mia vita un po' dopo, verso la fine delle elementari e mi ha accompagnato nelle ricerche per tutte le scuole medie. Poi l'ho regalata come ho fatto con I Quindici. La ricordo con piacere, soprattutto i quattro volumi piccoli di accompagnamento, ma ha avuto su di me un impatto molto minore rispetto ai Quindici, forse perché non c'erano racconti veri e propri ma solo articoli. Ma un altro motivo è anche lo stile costante che contraddistingueva le illustrazioni in Conoscere. Nei Quindici invece quasi ogni articolo era illustrato con uno stile diverso e spesso con foto.
      I Quindici, come ho scritto, li ho recuperati in modo rocambolesco dal 3 al 15. Il secondo lo so praticamente a memoria da quante volte l'ho letto ma prima o poi cercherò di procurarmelo insieme al primo, del quale invece non ricordo praticamente nulla.
      Ah, l'amore per i libri! ;D

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  3. Ma tu ci credi che ho commentato un post di qualche mese fa pensando fosse di ieri? O.o Misteri del web!
    Comunque mi è servito da introduzione a questo!
    Che dire, prima di tutto anche io mi sarei innamorata di quelle immagini: sono stupende, poetiche, sintetiche ma pienissime di particolari e stilisticamente molto complesse.
    Le enciclopedie hanno accompagnato un po' anche me, ma erano totalmente incentrate su animali, dinosauri e una stupenda sul sistema solare di cui, però, guardavo solo le immagini. Ecco, lo faccio ancora!
    Spesso piuttosto che leggere io guardo le immagini, di fatti di un libro stupendo che ho letto alle elementari dalla biblioteca scolastica mi rimangono solo le immagini in testa, non ho più ricordato il titolo e questo mi uccide ogni volta che provo a pensarci! :°D

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    1. Il mistero ha una spiegazione, cara Alessia. Quando ho linkato il post di qualche mese fa a questo, devo aver premuto un pulsante sbagliato e mi ha in effetti ripubblicato il post con la data di ieri! Quando me ne sono accorto mi è venuto un colpo, per fortuna stavolta è stato facile rimediare, a differenza di quanto mi accadde con il mio primo blog che avevo realizzato in wordpress.
      In ogni caso l'incidente ha avuto il risultato positivo di farti leggere prima di questo il post introduttivo alla'autobiobibliografia :)
      Ho avuto anch'io molte enciclopedie e alcune le ho ancora. Tra queste avevo "Gli animali e la loro vita", una gigantesca enciclopedia della De Agostini che per me in quell'epoca lontana era una specie di Bibbia.
      Poi sai che anche a me capita di pensare ogni tanto a un libro che avevo preso in prestito alla biblioteca delle medie sugli uccelli pieno di magnifiche illustrazioni? Anche per me è però impossibile risalire al titolo e alla casa editrice :P

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    2. Ahah! Probabilmente un po' tutti abbiamo dei ricordi talmente focalizzati su alcuni aspetti che ci hanno colpito da coprirne totalmente altri!

      Io ho cercato diverse volte di ricordare aiutandomi in rete, ma non è affatto facile rintracciare un libro di cui si ricordano solo alcuni particolari! :/

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    3. Io riguardo al libro sugli uccelli non saprei proprio cosa cercare, non ci provo neppure. Lo stesso problema ce l'ho con un libretto di storie umoristiche sugli animali - uno tra i primi libri che ho letto - che avevo senza sovracopertina, del quale ricordo solo qualche sensazione vaga e che aveva una copertina grigia rigida.

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  4. Ho avuto parecchie enciclopedie da ragazzina che purtroppo, dopo vari traslochi, non so neppure che fine possano aver fatto..Un gran peccato.!Ricordo con rimpianto l'enciclopedia della fiaba, con molti volumi annessi( non ricordo quanti ma con tutte le favole delle diverse fiabe del mondo e di autori notissimi, come Andersen, I fratelli Grim etc etc...
    Come sempre ho letto tutto d'un fiato questa tua raccolta e come sempre ho adorato i tuoi pensieri riguardo l'enigma e la sfida tra noi" umani"..
    Grande post , di alto interesse da rileggere ancora..
    Un bacio speciale!

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    1. E' soprattutto dopo una certa età, quando si cominciano a ricollegare tra loro i vari fili sparsi della propria vita, che si sente la mancanza di certe cose del lontano passato. Almeno, questa è la mia esperienza, anche se poi alla fine più che l'oggetto è lo spirito che se ne è estratto quello che conta (tanto per parafrasare Proust).
      Grazie mille per i complimenti, cara Nella, ed è vero che questo è un post complesso e può servire più di una lettura.
      Un bacio speciale a te!

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  5. I Quindici sono ancora a casa dei nonni e sono sempre una delle opere che mi diverto a sfogliare.
    Ti capisco su tutto quel che hai scritto: anche per me ci sono dei libri d'infanzia le cui immagini mi hanno fatto sognare e fantasticare tantissimo.

    Moz-

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    1. Troppo vero, Miki. Più vado avanti nel mio lavoro di recupero più mi rendo conto che le immagini in molti casi hanno contato anche più dei testi che illustravano. Se poi ci metto dentro anche i fumetti questo lavoro promette di occuparmi ancora a lungo. E la cosa può solo farmi piacere :)

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  6. Non ho mai avuto i Quindici ma ne ho sempre osservato con desiderio i dorsini colorati sugli scaffali dei miei amici del tempo che fu. Credo sia un trauma cui non mi riprenderò mai.

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    1. Pensa al trauma che ho avuto io, quando dopo più di un decennio mi sono pentito di averli donati a una biblioteca scolastica, insieme a tutti gli altri miei libri d'infanzia :P
      I dorsini colorati che formano l'arcobaleno sono quelli della prima edizione del 1967 che è quella che descrivo io. Poi ne sono seguite altre due. La seconda, uscita negli anni '70, si differenziava dalla prima per i dorsini tutti dello stesso colore marrone scuro e per una parte dei contenuti.
      La terza versione, degli anni '90 credo, ha la veste grafica completamente diversa ma l'ho mai vista dal vivo e non so niente dei testi.

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