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Bodé e le affinità elettive - Vita, opere e morte di Vaughn Bodé, messia del fumetto /4




Sembrava un moschettiere francese. Lunghi riccioli biondi, camicia bianca increspata, pantaloni di pelle, stivali neri, pieno di anelli e gioielli, con le unghie lunghe e coperte di smalto blu. Era indubbiamente bellissimo, e molto più elegante, affascinante e appariscente dell’hippie medio. Rubava la scena ben più di Spain o Wilson o Jim Morrison. La sua presenza fisica quando camminava in una stanza lasciava tutti senza fiato. Ma era timido e riservato. Anche se era più bello di chiunque altro nella stanza, il suo ego non la riempiva. Era affascinante, dolce e gentile. Non lo vidi mai arrabbiato. Quando penso a lui, penso all’amore, fisico e spirituale.
Popper Alexandria (danzatrice del ventre e compagna di vita di Larry Todd)


* * *

Un poeta si fa veggente attraverso una lunga, illimitata e metodica sregolatezza di tutti i sensi. Ogni forma di amore, di sofferenza, di follia; indaga se stesso, consuma dentro di sé ogni veleno, e ne preserva la quintessenza. Indicibile tortura in cui gli è richiesta la fede al sommo grado, una forza sovrumana, in cui egli diviene ogni uomo possibile: il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto – e lo scienziato supremo! Poiché egli conquista l’ignoto!
Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro! Egli conquista l’ignoto, e se, nella demenza, perdesse infine il senso delle sue visioni, almeno avrà visto. E cosa importa se il suo estatico volo attraverso cose inaudite, innominabili, lo distruggerà: altri si assumeranno il compito tremendo, riprendendo da quegli orizzonti dove il primo è caduto.

Questa citazione (traduzione mia) proviene da una delle epistole più famose della storia della letteratura. Spesso citata come “Lettera del Veggente”, fu scritta dal sedicenne poeta francese Arthur Rimbaud in data 15 maggio 1871 e da lui inviata a un altro giovane poeta, Paul Demeny. Da allora, negli oltre cento anni in cui è stata di dominio pubblico, la tesi esposta in questa manciata di righe ha affascinato un gran numero di personalità predisposte ad accoglierla. E se tra queste la più nota è stata forse Jim Morrison, cantante e leader del gruppo musicale The Doors, lo stesso Vaughn Bodé la pone a epigrafe di Schizophrenia, un suo albo one shot che è senza dubbio tra le sue migliori creazioni in assoluto e di cui avrò modo di parlare più in dettaglio in seguito.
Ad accomunare Bodé e Morrison non vi è infatti solo la morte in giovane età, o l’aver unito una bellezza fisica angelica a una natura caratteriale fondamentalmente timida e introversa ma capace di trasformarsi, ogni volta che occupavano la scena, nel suo opposto. Accomunava i due artisti anche la sete di esperienze limite, che allarghino da un lato i confini della percezione, magari attraverso l’uso di droghe, e dall’altro trasgrediscano i tabù e le norme sociali. Inoltre, se Jim Morrison trascorse l'ultimo periodo della sua vita a Parigi, sappiamo che anche Vaughn Bodé, poco prima di morire, aveva espresso un’identica volontà di trasferirsi nella capitale francese.

Ma la coincidenza più curiosa di tutte è senz'altro l'identificarsi dei due artisti con uno stesso "animale-totem": la lucertola. "Re lucertola" è l'appellativo che si assegnò Jim Morrison; Vaughn Bodé, che ai tempi del liceo era soprannominato "lucertola", ha, nella sua carriera di cartoonist, disegnato più lucertole di qualsiasi altra cosa (e non importa quanto poco fedelmente riproducessero l'animale com'è in natura).
Certo, va aggiunto, tra i due ci sono anche delle vistose differenze. Perché se è vero che lo stesso Bodé fu per molti versi un personaggio tragico, lo fu comunque in modo diverso da Morrison: secondo tutte le testimonianze, Bodé ha attraversato il mondo come una cometa la cui scia sprizzava solarità e glamour; all'opposto quindi del cantante, perennemente avvolto nella sua aura da artista maledetto.

Bodé aveva del resto una consapevolezza maggiore, rispetto a Morrison, di quello che voleva, e disponeva dei mezzi per ottenerlo. Non aveva problemi a trovare sempre nuove donne ed ebbe così gioco facile quando arrivò per lui il momento di mettere in pratica quel che fino ad allora aveva affidato quasi soltanto alla sua immaginazione. Dapprima fece pressione sulla moglie Barbara per una sempre maggior libertà sessuale all'interno del loro matrimonio, poi cominciò a volerla possedere in lingerie del XIX secolo e a pretendere che usasse sex toys. La voleva bendata, imbavagliata, legata. Una volta, dopo averla fatta eccitare, la rinchiuse in un camion e se ne andò con un’altra donna. Al suo ritorno, cominciò a prendere a calci il camion a intermittenza, per ricordarle che non si era dimenticato di lei. La tenne rinchiusa per sei ore.
La coinvolse inoltre in una serie di avventure che comprendevano il sesso di gruppo e lo scambio di partner. “Non mi sono mai sentita a mio agio con tutto questo” dirà lei alcuni anni dopo, “ma ho dovuto fare buon viso a cattiva sorte”.
Quando poi, alla fine del 1970, il marito cominciò anche a farsi allungare i capelli e a dar sfogo alla sua passione per il travestitismo, le cose per Barbara cominciarono a farsi davvero insostenibili. Bodé, che indossava in privato indumenti femminili, e viveva sempre di più se stesso in una dimensione androgina, "anticipazione dell'umanità a venire", cominciò infine anche a manifestare un'aperta ostilità nei confronti della moglie, che vedeva sempre di più come un ostacolo nel suo viaggio verso la totalità di se stesso.

Lo sosteneva in compenso in questo suo cammino l'amico e collega Jeffrey “Jeff” Jones (poi, dal 1998, Jeffrey Catherine Jones, foto a sinistra), le cui affinità con l’amico erano indubbie e molteplici, a cominciare dalle situazioni di vita: tutti e due erano sposati e avevano un figlio (una bambina di tre anni, nel caso di Jones), tutti e due erano in fuga dalla gabbia del matrimonio, tutti e due amavano vestirsi da donna. Jones condivideva inoltre con Bodé l’interesse per il bondage. E pare che quando l'amico gli raccontò l'episodio del camion in cui aveva rinchiuso la moglie Barbara, lui abbia esclamato: “Questa sì che è espressione pura. Vera arte allo stato puro!”.
Ma chi era esattamente Jeff Jones? Nato nel 1944 ad Atlanta, in Georgia, era quindi di tre anni più giovane di Bodé. Dopo aver conseguito una laurea in geologia, negli anni '60 si trasferì a New York, dove debuttò come disegnatore di fumetti nel primo numero di Blazing Combat, una rivista del gruppo editoriale di Jim Warren dedicata alle storie di guerra.
Sebbene si sia anche dedicato per tutta la vita, fino alla sua scomparsa nel 2011, alla pittura e all'illustrazione, il nome di Jones rimane soprattutto legato al fumetto Idyl, che apparve in forma di storie autoconclusive di una pagina sulla rivista National Lampoon tra il 1972 e il 1975. Ed è in effetti difficile sottrarsi all'incantesimo del sontuoso bianco e nero delle sue tavole disegnate (memori dell'insegnamento di Hal Foster e Alex Raymond, ma anche della pittura a inchiostro orientale), accompagnate da testi bizzarri ma sofisticati, di stampo Zen, allo stesso tempo umoristici, poetici e filosofici.


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Il punto di rottura arrivò per entrambi loro nel gennaio del 1971. Bodé, il giorno di capodanno, propose alla moglie Barbara di vivere separati e di incontrarsi solo nei weekend. Quando però, leggendo il diario di lei, scoprì che si era trovata un altro uomo, le chiese di interrompere il matrimonio e di continuare a vedersi solo come amanti. In un crescendo che avrebbe raggiunto un suo culmine (ma non la sua conclusione) l'anno seguente, con la richiesta legale di divorzio da parte di Barbara, sulla base del "trattamento crudele e inumano" che le riservava il marito. Intanto, nello stesso gennaio del 1971, Jeff Jones aveva lasciato moglie e figlia e si era unito a una comunità di artisti a Woodstock. Il mese dopo, invitò Vaughn a raggiungerlo.


* * *


L'immagine di apertura del post è un dettaglio della copertina di Junkwaffel #4 (Last Gasp, 1972). Clicca sull'icona a lato per la visualizzazione intera.

Commenti

  1. Te lo condivido un po in giro, posso?

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  2. Mi sembra un'idea meravigliosa, Nick ;)

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  3. Oddio, proprio in questi giorni sto leggendo "Le particelle elementari" (dopo "Piattaforma" e "Estensione del dominio della lotta" volevo ancora approfondire la mia conoscenza di Houellebecq) e di fatto descrive un'epoca - quella beatnick anni '50 poi confluita nell'hyppismo anni '60 e nelle esperienze psichedeliche anni '70 - che così raccontata, in un romanzo chiaramente sopra le righe, sembra esagerata. Invece, ecco, basta apprendere dettagli sulla vita di uno che l'ha attraversata e si capisce che non c'è alcuna esagerazione.

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    1. In effetti, la vita di Bodé potrebbe essere benissimo l'oggetto di un romanzo o un film. Io ho raccolto più dettagli che potevo ma alla fine ne risulterà solo un articolo piuttosto lungo. Credo però che i prossimi post della serie non faranno altro che confermare quanto stai leggendo nelle pagine del libro.
      Io di Houellebecq conosco solo La possibilità di un'isola e devo dire che quel poco che ho letto mi ha affascinato. Ma ho anche il suo film, che credo sia l'unico che ha realizzato, La rivière. Notevole.

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  4. Dopo le fissazioni religiose cominciano a spuntare anche perversioni di varia natura... e ho il sospetto che sia tutto in crescendo.

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  5. Non ci crederai, ma leggendo il post precedente mi era proprio venuto in mente Arthur Rimbaud! Non solo per l'estremismo nella ricerca poetica, ma anche per l'aspetto fisico bellissimo e quasi sovrumano.

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    1. Io ho amato molto sia Bodé che Jim Morrison e anche Rimbaud è stato in effetti uno dei più grandi miti della mia adolescenza. E' tutto collegato!

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