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Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta /15: Addio al Chautauqua?



Nel finale del Chautauqua de Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, leggiamo di Fedro che si imbatte in un altro equivalente della "sua" Qualità, dopo il Buddha e il Tao. E' l'anima come la descrive Socrate nel Dialogo di Platone Fedroche ha in se stessa la causa del proprio divenire ed è causa di tutte le cose.

Del resto, aggiunge Pirsig: Non ci può mai essere una vera contraddizione negli elementi centrali delle filosofie monistiche. L'Uno indù dev'essere identico all'Uno greco, altrimenti sarebbero due.

Nel Fedro, il viaggio dell'anima è rappresentato in forma mitica, con l'immagine di un auriga alla guida di un cocchio trasportato da due cavalli, l'uno bianco, placido, nobile d'aspetto; l'altro nero, caparbio, pieno di passione. Il primo conduce l'anima verso il mondo spirituale e l'Unità, il secondo verso il mondo materiale e il molteplice.

Fedro si domanda se la condanna delle passioni tanto radicata nel pensiero occidentale sia iniziata qui.

Comunque sia, l'ultimo scontro con l'istituzione universitaria, nel caso specifico nella persona del direttore dell'Università di Chicago, avviene sul terreno del Fedro e di questa allegoria.

Il direttore riassume il Dialogo di Platone a uso degli studenti, ma Fedro si accorge che a un certo punto della sua esposizione entra  una nota falsa. Si rende conto che il direttore ha trascurato completamente la descrizione che Socrate dà dell'Uno, saltando all'allegoria del carro e dei due cavalli.

Perché il direttore non ha notato l'affermazione di Socrate? Perché tutto è analogia, ma i dialettici non lo sanno - si risponde Fedro.

La Chiesa della Ragione non vede nulla e non intende nulla di qualunque cosa sia al di là dei confini delle sue pareti. E tutto quel che il direttore proverà a fare è di strumentalizzare il discorso di Socrate per dimostrare che la ragione è sacra (...) che il cavallo bianco è la ragione equilibrata, mentre quello nero rappresenta le fosche passioni, le emozioni. E, stabilito questo, si metterà a indagare sulla sua natura e - guarda un po'! - ci ritroveremo nel regno di Aristotele!

Ma Fedro ha comunque ceduto terreno nella sua lotta contro i dialettici e al momento di tagliare i ponti con l'Università, sia in qualità di allievo che di insegnante, sente di aver fallito proprio nel suo scopo originario di evitare una definizione della Qualità. Si è trovato a fare delle affermazioni e ogni sua affermazione era stata un mattone in un muro di definizioni che lui stesso stava innalzando intorno alla Qualità.

Ma tentare di sviluppare un sistema razionale intorno a una Qualità indefinita è contraddittorio è l'idea stessa di sistema razionale a sconfiggere la Qualità.

Per questo gli intellettuali sono quelli che fanno più fatica a vedere la Qualità... perché non esitano un attimo a rinchiudere tutto in forme intellettuali. Chi fa meno fatica sono i bambini piccoli e la gente incolta.

Per questo Dio - come osò scrivere Carlo Michelstaedter - ama gli analfabeti.



Epilogo

(Fedro 278b-279c)

Socrate: Bene! Abbastanza è continuato il nostro svago sui discorsi! Ora tornandotene da Lisia, digli che noi due, scesi alla fonte e al recesso delle Ninfe, abbiamo udito parole che ci hanno imposto di inviare questo messaggio a Lisia e a quanti altri scrivono discorsi e a Omero e a coloro che compongono poesia con o senza musica, e infine a Solone e a coloro che compongono componimenti politici ai quali danno nome di leggi: se ciascuno d'essi ha composto queste opere con piena coscienza della verità e può difenderle, dovendo venire alla prova di quanto ha scritto, e se può dimostrare l'inferiorità dei suoi scritti in confronto della sua parola, quest'uomo non dovrebbe essere chiamato con un nome tratto da questi scritti, ma con uno tratto da ciò in cui ha posto il suo severissimo impegno.

Fedro: E qual nome gli assegni?

Socrate: Chiamarlo sapiente mi sembra, Fedro, eccessivo, e conveniente solo a un dio; ma chiamarlo amico della sapienza o qualcosa di analogo meglio si adatterebbe e converrebbe all'essere suo.

Fedro: E gli starebbe del tutto a modo.

Socrate: Ma colui che invece non ha nulla di più prezioso che le sue composizioni o i suoi scritti, e passa le ore a elaborarli sopra e sotto, con aggiunte e tagli, non lo chiamerai, e con ragione, poeta o logografo o legislatore? 

Fedro: Perché no?

Socrate: Questo, allora, diglielo al tuo amico.

Fedro: E tu? Che farai? Neppure il tuo amico si può trascurare.

Socrate: Chi è questo amico?

Fedro: Il bell'Isocrate. Quale sarà il tuo messaggio per lui, Socrate? E come lo chiameremo?

Socrate: Isocrate è ancor giovane, o Fedro. Ma voglio dirti l'avvenire che gli presagisco.

Fedro: Quale?

Socrate: Penso che i suoi doni di natura son troppo grandi per confrontarli con l'eloquenza di Lisia, e ancora è di più nobile temperamento. Talché non sarà meraviglia se, procedendo nell'età e nello stesso tipo d'eloquenza cui ora s'applica, egli sorpassasse più che bambini quanti mai hanno toccato l'eloquenza, e ancora se, non bastandogli questo, un più sublime impulso lo traesse a cose maggiori. Perché la sua mente contiene, o caro, un innato senso della filosofia. Ecco, questo sarà il messaggio che da parte degli dèi porterò al mio amore, Isocrate; tu dirai quell'altra cosa al tuo, a Lisia.

Fedro: Va bene. Ma andiamocene. Già la calura è diventata più mite.

Socrate: Non pregheremo prima di avviarci?

Fedro: Sicuro! 

Socrate: O caro Pan e voialtri dèi che abitate questo luogo, datemi la bellezza interiore; e per il mio aspetto esteriore, che si accordi a ciò che ho dentro.*


* * *


* (Eccetto la preghiera finale) da: Platone, Opere complete 3; pag. 287-88. Universale Laterza. Traduzione di Piero Pucci.

Le parti interamente in corsivo del post sono citazioni da Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta. Adelphi 1981, 1990. Traduzione di Delfina Vezzoli.

L'immagine di apertura del post è: Nicolas Poussin, Landscape with a Man Scooping Water from a Stream (c.1637).

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