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Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta /14: 25th Anniversary Edition (2)




E' indubbio che l'aver scoperto l'esistenza di un'edizione del venticinquennale di The Zen and the Art of Motorcycle Maintenance, accompagnata da una prefazione del suo autore, Robert Maynard Pirsig, abbia provocato una non piccola scossa a questa serie di post, che ha visto interrotto il suo normale corso, filosofico, per far posto a questa digressione in due parti di natura più letteraria. Anche se la vera rivoluzione è un'altra: l'aver potuto scoprire che Pirsig è stato per tutto il tempo dalla mia stessa parte, cioè dalla parte di Fedro, cosa finora non chiara, si viene a sapere, per via di un suo utilizzo non proprio riuscito della narrazione in prima persona. Per sua stessa ammissione.

Estrapolo quindi altri passi dalla prefazione (che vanno a sommarsi a quelli già presentati nel post precedente) in cui lo scrittore descrive in particolare, a uso dei lettori, la vera relazione narratore-Fedro, quella che lui, all'atto di scrivere, aveva certo chiara in mente e immagino pensasse di aver espresso in modo altrettanto chiaro. Ma così non è stato.

Ecco le sue parole:

Nel corso della storia, Fedro appare nei sogni del narratore in modo tale che cominci a capire che non è solo il narratore a inseguire Fedro per poterlo distruggere ma anche Fedro insegue il narratore allo stesso scopo. Chi vincerà?

C'è qui una personalità divisa: due menti che combattono per lo stesso corpo. Un condizione che ha ispirato in origine il concetto di "schizofrenia". Si tratta di due menti che hanno una diversa scala di valori riguardo a ciò che conta nella vita.

(...)

Dal punto di vista di Fedro il narratore è un venduto, un codardo che ha abbandonato la verità in favore della popolarità e dell'accettazione sociale da parte degli psichiatri, della sua famiglia, dei suoi dipendenti, e delle sue relazioni sociali.



Ma mentre nel libro non ci sono dubbi sul fatto che il narratore insegua il fantasma del suo passato, Fedro, non è altrettanto evidente che anche Fedro insegua il narratore. Tutto quel che io avevo dedotto, e così pare il resto dei lettori, è che il narratore teme una ricaduta nella sua passata malattia mentale e che questa paura si ripercuote nei suoi sogni.

E altrettanto poco evidente è che alla fine il "narratore che dissimula" scompaia e il figlio Chris ritrovi al suo posto il suo vero padre, da lungo tempo perduto: Fedro.

L'artificio di usare un carattere diverso, senza grazie, per la voce di Fedro, dovrebbe ovviare a questo problema, stando a quel dice Pirsig (nella parte di prefazione da me riportata nel post precedente), e restituire il vero finale del libro al posto dell'apparente "finale hollywoodiano". Che penso sia da intendere nel senso di "finale in cui la mediocrità del narratore (e della società tutta) trionfa sul valore individuale rappresentato da Fedro". Non è dopotutto, l'appiattimento sulla linea della mediocrità, la cifra stilistica stessa del cinema hollywoodiano?

Pirsig non accenna invece alla possibilità di rimediare anche all'errore di traduzione Fedro = Lupo, che avrebbe comportato la riscrittura di un'intera parte del libro dopo venticinque anni di storia editoriale vissuti comunque alla grande. Come sottolinea lui stesso con le parole con cui apre la prefazione:

Immagino che ogni scrittore sogni il tipo di successo che The Zen and the Art of Motorcycle Maintenance ha avuto in questi venticinque anni: recensioni entusiaste, milioni di copie vendute in ventitré lingue diverse, la definizione, data dalla stampa, di "libro di filosofia più letto di sempre".

All'inizio degli anni settanta, mentre lo scrivevo, io ovviamente coltivavo di questi sogni, ma evitavo di indugiarvi troppo sopra o di esprimerli pubblicamente, per paura che fossero interpretati come un segno di megalomania e di ricaduta nella mia precedente malattia mentale. Ora che i miei sogni sono realtà, non ho più bisogno di preoccuparmi di niente di tutto questo.

E ancora oggi, a più di venti anni di distanza da queste parole, e con il suo autore ormai passato a miglior vita, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, rimane un libro più che mai vivente e attuale, come a voler dimostrare che nessun difetto di scrittura, o errore di traduzione, potrà mai davvero diminuire la qualità di un qualsiasi libro che tratti di valori eterni e universali (a meno che, va da sé, tali errori non invalidino proprio la trasmissione di detti valori).



* * *


L'immagine di apertura del post è: Rockwell Kent, Mountain Roads (1960).

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