The Studio Section Four - Jeffrey Catherine Jones /8
Accanto ad alcune, poche, illustrazioni per le riviste e i paperback di fantasy e fantascienza, il 1976 vede l'apparizione di un'unica storia a fumetti firmata Jeff Jones: The final Star of Morning, da lui disegnata su testi di Bill DuBay. Pubblicata sul numero 50 di Vampirella, la storia mostra la sexy vampira e il suo compagno Adam Van Helsing intenti nella ricerca, in Egitto, dell'amica scomparsa Pantha. I due portano con sé un amuleto, in grado anche di restituire la memoria alla donna-pantera, che apprende così di discendere dal faraone extraterrestre Khafra (Chefren), il cui pianeta di origine orbita intorno a una stella lontana. L'ombra della piramide di Khafra e la Sfinge indicano, al sorgere del sole, esattamente quella particolare stella, l'ultima a sparire nella luce del mattino...
Era dai tempi dei disegni per le storie di Flash Gordon che Jeff Jones non metteva le sue matite e le sue chine nuovamente al servizio di un serial avventuroso. Il risultato? Inferiore alla media della sua produzione più matura, e a tratti perfino irriconoscibile nel segno, ma pur sempre al di sopra degli standard abituali della rivista. Non è del resto difficile immaginare che tutto sia nato da un compromesso, tra la volontà degli studi Warren di proporre qualcosa di speciale per il cinquantesimo numero di Vampirella e il bisogno dell'artista di raggranellare qualche soldo dopo il suo ritorno a New York City.
Eppure, a dispetto di questo, il 1976 fu un anno fondamentale per Jeff Jones. Non solo perché è l'anno dell'unione delle forze con Barry Smith, Mike Kaluta e Bernie Wrightson e dell'effettivo inizio dell'esperienza di The Studio, ma anche perché la sua fama ha ormai scavalcato l'oceano e in Europa, soprattutto in Francia, è diventato un autore di culto. Una conquista sancita dalla pubblicazione da parte dell'editore Futuropolis di un albo formato gigante, con 34 tavole in bianco nero che spaziano da Idyl a Jones touch, dalle due copertine di Wonder Woman a Spirit of '76. Lo stesso editore lo invita poi a Parigi per la presentazione del libro...
Così andai a Parigi… e me ne pentii; fu un momento orribile. Mi piaceva la città da vedere, ma mi ammalai – forse il cibo, non so – e non sapevo una parola della lingua. Vado nel pallone quando penso che le persone non mi stiano ad ascoltare. A Parigi ovviamente nessuno poteva stare ad ascoltarmi perché non capivano una parola di quello che dicevo. Camminavo per la città, sedevo nei parchi e nei piccoli cafè, e mi piaceva a livello visivo, ma poi tornavo in un piccolo, gradevole appartamento della Rive Gauche e scrivevo sul mio diario quando odiavo essere là. Un giorno mi sentivo meglio del solito e stavo sviluppando dei miei pensieri sull’evoluzione dell’intelligenza. Quando feci una pausa e andai al negozio di alimentari con il mio piccolo dizionario tutto quello che riuscii a dire fu: “Datemi del formaggio”. Tornai nel mio appartamento e smisi di scrivere il mio saggio sull’intelligenza. Dovevo stare a Parigi per quattro settimane, ma venni via una settimana prima. Mi aspettava The Studio – lo avevamo appena preso – e non volevo stare seduto nella stanzetta sulla Rive Gauche a mangiare formaggio e a pensare ai brutti momenti che stavo passando. Naturalmente, adesso che la sofferenza è passata, se mi guardo indietro penso: “Cavoli, quelli sì che erano bei tempi”.
Ritorna negli States, ma pochi mesi dopo è di nuovo richiamato in Europa, in Italia stavolta.
Più tardi, quello stesso anno, fui invitato a Lucca, al dodicesimo convegno annuale del fumetto e dell’animazione. Vi passai un momento meraviglioso. Lucca è un posto stupefacente, costruito nei secoli bui e circondato da un muro alto trenta piedi. La sede del convegno era una casa d’opera rinascimentale. La cerimonia era tradotta in cinque lingue per delegati di diciotto paesi. Tenni una conferenza e l’ultima sera, alla premiazione, vinsi lo Yellow Kid come miglior autore del 1976 per Idyl. Ascoltavo con delle cuffie sintonizzate sull’inglese e c’erano due secondi di ritardo nella traduzione. Vidi le persone guardarmi prima di sentire il mio nome nelle cuffie. Poi lo sentii e mi alzai in piedi e potei vedermi alto otto piedi nello schermo a circuito chiuso. Camminavo verso il palco, guardando lo schermo, e all’improvviso mi vidi strattonato indietro dalle cuffie che erano ancora collegate alla mia sedia. Ma riuscii a non cadere.
Si potrebbe anche dire, in conclusione, che la ruota della vita abbia fatto sì che Jeff Jones si sia trovato a ricalcare, a poca distanza di tempo, le orme dell'amico prematuramente scomparso, Vaughn Bodè, che due anni prima aveva ricevuto lo stesso premio a Lucca Comics e nel 1975 aveva trascorso del tempo a Parigi dove aveva eseguito, al museo del Louvre, un suo Cartoon Concert. Era stato inoltre a sua volta protagonista di un albo gigante edito da Futuropolis, uscito però postumo con il titolo emblematico di Salut!.
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Particolare della copertina del catalogo della Comic Art Convention di New York del 1978 |
Nota: questo post in formato ridotto conclude sia la quarta sezione che la prima fase di The Studio, costituita nell'insieme da 32 post, così ripartiti:
Section One (Barry Windsor-Smith): 5 post
Section Two (Michael William Kaluta): 4 post
Section Three (Bernie Wrightson): 10 post
Section Four (Jeff Jones): 9 post
Primo intermezzo (Man-Thing): 1 post
Secondo intermezzo (L'alba di National Lampoon): 2 post
Terzo intermezzo (Luana, la figlia della foresta vergine): 1 post
Un elenco più dettagliato, completo dei relativi link agli articoli, è reperibile sulla pagina statica Tutti i post divisi per serie.
Il prossimo post segnerà invece l'inizio della Fase Due della serie. Ripercorrerò, al suo interno, gli stessi anni trattati fin qui, ma solo per rintracciare quel che di essenziale, dal punto di vista della successiva esperienza di The Studio (che costituirà il materiale della Fase Tre), è rimasto ancora fuori. Ci sarà qualche inevitabile ripetizione, ma continuerò a fare del mio meglio per non annoiare nessuno.
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Le due citazioni sono tratte dal volume The Studio. Dragon's Dream, 1979.
Curioso l'aneddoto di Parigi! Non avrei mai pensato che qualcuno potesse sentirsi così 'perso' e infelice nella ville lumière (sarà perché io vorrei tanto tornarci, ma ultimamente il tempo per viaggiare è poco). Mi fa strano tuffarmi in quegli anni di cui non ho ricordi, né fumettistici né di altro tipo, perché sono nata nel '75. Per me leggere questi tuoi pezzi è un po' come leggere un libro di storia, ma più molto più coinvolgente :-)
RispondiEliminaPiù coinvolgente di un libro di storia? "Caspiterina!" direbbe qualcuno, "Ci vuol poco" direbbe qualcun altro ;D
EliminaScherzi a parte, sono felice di saperti coinvolta dai miei resoconti di epoche "lontane", Simona. E su Parigi la penso più o meno come te, sebbene la mia prima esperienza in tal loco, nel lontano 1979, sia stata piuttosto traumatica. Leggermente migliore la terza, quando hanno borseggiato al Louvre la mia ragazza e siamo rimasti completamente senza soldi in un epoca in cui le carte di credito erano materia per pochi eletti altolocati.
Grazie mille del commento e a presto :-))
Invece a me non stupisce il particolare negativo dell'esperienza parigina. Premetto che amo la Francia e Parigi in particolare, anche io ci tornerei volentieri in quella città, però è un dato quasi oggettivo che in quella città sia difficile
RispondiEliminariuscire a trovare qualcuno che parli ( o capisca ) una lingua diversa dal "Loro" francese
P.s
Complimenti per la riuscita della fase uno del tuo progetto.
Anche a me piacerebbe molto tornare a Parigi, Nick, anche se forse rivedrei più volentieri Nizza. Per il mare e per un certo suo fascino esoterico...
EliminaMolto vero quel che dici dei francesi, che Faust lo pronunciano Fòst senza neanche un minimo di vergogna.
Grazie per il commento e per i complimenti, Nick. A presto rileggerci ;-))
Io ho particolarmente gradito la citazione di Lucca, è una città che adoro e il Lucca comics dimostra davvero di essere un evento mondiale anche da citazioni come questa.
RispondiEliminaDal 1965 in poi a Lucca son passati quasi tutti i più grandi comic artist del mondo. Anche se per la verità a me ha sempre interessato più di tutto la sezione mercato e di persona ho incocciato solo pochi disegnatori. Quelli che mi vengono in mente per primi sono Magnus, Filippo Scozzari e Silver.
EliminaGrazie mille per il commento e a presto, Ariano :-))
Quanto mi hanno deluso quelle storie di Vampirella, al di là dei disegni...
RispondiEliminaComplimenti per il ciclo e aspetto il prossimo ;-)
Le storie di Vampirella del periodo Warren (delle altre, successive, non so nulla) riflettono in effetti il gusto di un pubblico molto ingenuo e oggi appaiono datate.
EliminaTi ringrazio per i complimenti, Lucius :-)) La Fase Due inizia fra qualche settimana. Il tempo di organizzare il prossimo, complicatissimo, post sulle Madri e dare ancora qualche ritocco al layout del blog.
Questo lavoro forse diverrà più monumentale di quello che stai facendo con Steiner. :)
RispondiEliminaCon le Madri, vorrai dire... Steiner per ora ce lo siamo lasciati alle spalle due post fa ;-)
EliminaSe guardiamo alla quantità senza dubbio questo lavoro sarà il più monumentale dei due, ma l'altro è di realizzazione più complessa. Se posso azzardare delle previsioni, credo che "The Studio" comprenderà sessanta post almeno, mentre con le madri conto (spero) di arrivare al massimo a venti.
Grazie del commento, Marco :-))
Il premio Yellow Kid è ispirato alla figura del ragazzino americano petulante e combinaguai della vecchia strip? Mi ricordo di averlo visto sul mio libro I primi eroi. Che bello, però, essere un autore di culto quando ancora si è in vita! :-)
RispondiEliminaProprio quello Yellow Kid lì, Cristina, che è poi considerato il primo vero e proprio personaggio a fumetti della storia. Quella di essere autori di culto in vita è una sorte toccata a tutti e quattro i protagonisiti di The Studio, segno che la qualità finisce sempre per essere premiata. O almeno finiva... un tempo, una volta, chissà ;-)
EliminaGrazie del commento e... a domani!