The Studio Section Four: Jeffrey Catherine Jones /5
L’elemento sensuale è molto importante nella mia opera. Senza, essa sembrerebbe vuota. È ciò che in parte mi risuona quando osservo i Maestri: Rodin, Degas, Whistler. Non empatizzo però altrettanto bene con un pittore come Delacroix. Mi sembra che affronti la sensualità con la mano pesante.
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La svolta fondamentale nella cronologia di Idyl arriva nella tavola ospitata sul numero di National Lampoon del febbraio 1974 (e riprodotta, ingrandibile, qui a sinistra), dove
il personaggio Idyl trova infine una fisionomia definita e diventa il protagonista fisso della striscia.
Si tratta di una donna, come spiegherà anni dopo Jeff Jones
in un'intervista:
…nata già incinta, una donna realizzata, che rifiutava la logica maschile. Idyl non ha mai partorito e non lo avrebbe fatto neanche in futuro. Era inconsapevole del suo stato, così come era inconsapevole delle sue braccia. Era il suo stato naturale… una anti-caricatura della percezione ordinaria.
“Anti-caricatura” è una parola che sembra non
esistere nella nostra lingua, almeno a giudicare dai dizionari che ho consultato. Non ho idea se lo sostituisca qualche sinonimo di cui non sono a conoscenza, ma qui conviene comunque precisarne il
significato che è, come si può intuire, l’opposto di “caricatura”. Anche nel caso dell'anti-caricatura si prende a modello un volto, ma anziché esasperarne i tratti individuali si cerca viceversa di attenuarli così da avvicinarli il più
possibile al volto medio. Jeff Jones tende allo stesso modo, con Idyl, a spersonalizzare la
nostra percezione, privandola il più possibile del suo contenuto individuale, con risultati paradossali, vicini a quelli ottenuti da Lewis Carroll con le avventure della sua Alice nel paese delle meraviglie o al di là dello specchio, dove metteva in opera un processo analogo. O nelle storie Zen, alle quali, come avevo accennato nel post precedente, sono state più volte accostate le tavole di Idyl. La questione può infatti riassumersi con questa celebre storiella, tratta dal libro Road to Zen, che rende
bene certo spirito di questo particolare ramo della filosofia buddhista:
Un adepto arriva in ritardo alla riunione del Maestro con la sua classe e trova la porta d’ingresso chiusa. Bussa e chiede di poter entrare. Il Maestro gli dice semplicemente che non è possibile. L’adepto però insiste e alla fine sbotta: “Ma perché non posso entrare?”. Il Maestro allora, senza scomporsi, risponde: “Perché la porta è chiusa”.
Lo si può definire un esempio di anticaricatura, con la
percezione ridotta al suo dato più immediato e impersonale, come effettivamente avviene appunto in varie tavole di Idyl.
La tavola-manifesto sembra essere, sotto questo aspetto, quella
apparsa sul numero di National Lampoon del luglio 1972 (e riprodotta qui a lato), dove Jeff Jones contrappone logica
"mentale" maschile e logica "corporale" femminile. Nel 1972, Idyl è ancora in fase di rodaggio come striscia, e forse si deve proprio a questo se Jones propone il suo “messaggio” in termini così espliciti, lontani dal linguaggio sfumato della fase più matura.
Jones
dice, in poche parole, che mentre l’uomo vaga in cerca del significato della vita, la
donna rimane dov'è, perché tale significato lo possiede già in sé, a causa della sua natura. E' poi chiaro che i termini "uomo" e "donna" non vanno qui intesi in senso puramente biologico, bensì come rappresentanti di due differenti visioni del mondo, più volte designate, nella storia della cultura, come tipicamente “maschile” e tipicamente “femminile”. E si può ben dire che questo tema di fondo permanga tra le righe di tutta la produzione successiva di Idyl, fornendone una possibile chiave di lettura, sebbene non l'unica.
C'è poi da aggiungere, sempre in tema di maschile e femminile, che alla sparizione degli
esseri nasuti ispirati alle lucertole di Bodé dalla scena di Idyl dopo poche
tavole, fa seguito, dopo la svolta del febbraio 1974 di cui parlavo all’inizio,
quella degli umani di sesso maschile. Rimangono, tuttavia, a fare
da contraltare alla donna Idyl, i numerosi animali protagonisti della striscia, che Jeff Jones afferma siano tutti di sesso maschile.
Ma parlavo, poc’anzi, anche della progressiva "riduzione” dei testi di
Idyl a una questione di sfumature.
Questa caratteristica si riflette in un analogo, parallelo "svuotarsi"
del disegno, dove il bianco di fondo della pagina acquista sempre più un ruolo da protagonista. Ed è interessante notare, a questo proposito, l'ambivalenza che assume il
vuoto - o vacuum, come lo definisce lo stesso Jeff Jones in un paio di tavole - in Idyl. Da un lato è chiaramente l'impalcatura che sorregge l'universo bizzarro e impossibile in cui la protagonista mette in scena i suoi surreali monologhi e dialoghi, dall'altro è ciò che costantemente ne minaccia l'esistenza, così che si può ben dire che una delle intenzioni di Jones sia proprio
quella di mettere in caricatura (si può dire, anche in questo caso,
secondo una prospettiva buddhistica) la nostra stessa condizione di
eterna precarietà in un universo nato e poggiato sul vuoto e che dal
vuoto è destinato a essere riassorbito.
Bisogna inoltre tenere conto del fatto che ancora il vuoto è l'unico vero genitore di
Idyl, nata già adulta e in stato interessante (sebbene a sua
volta genitrice di un'assenza, perché destinata, come specificato
dall'autore, a non partorire mai).
Lo stesso vuoto di fondo, o fondamentale, e che diviene tale anche in senso artistico, permette infine a Jeff Jones di sbizzarrirsi in fusioni di universi fumettistici a prima vista inconciliabili tra loro. Accade nella
splendida tavola apparsa sul National Lampoon dell’agosto 1975, dove troviamo Idyl ospite nientemeno che dello stralunato paesaggio vegetale e
minerale di Krazy
Kat, la storica e surreale strip di George Herriman. (Per saperne di più, vi rimando a quest'altro mio post).
Potrà forse stupire, davanti a una tale ricchezza di spunti e di possibilità di indagine, di cui mi sono limitato a dire solo l'essenziale, scoprire che l'opera Idyl nel suo complesso si compone in realtà di un numero di pagine che si può definire irrisorio, meno di cinquanta in tutto, pubblicate in un arco di tempo di quattro anni. Eppure è bastato a farne un classico del fumetto, perfino agli occhi del pubblico di National Lampoon che aveva finito per premiarne in diretta la qualità, a dispetto dell'indubbia difficoltà di fruizione e a discapito di altri fumetti all'apparenza molto più in linea con lo spirito sarcastico e dissacratore degli articoli pubblicati nel resto del magazine. Solo Vaughn Bodé, con il suo Cheech Wizard, può dire di aver ottenuto altrettanto se non di più in termini di popolarità e conseguente merchandising.
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L'illustrazione in alto sotto il titolo è: Jeffrey Catherine Jones, The Question (1994).
Una donna nata incinta e che si rifiuta di partorire? Questo sì che è originale! L'idea di base mi piace molto. Le tavole che prediligo sono sempre quelle a colori dal tratto più morbido, ma è puramente una questione di gusti.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il termine anti-caricatura, forse è anche collegato alla fuga dallo stereotipo che affligge il sesso femminile - e maschile di conseguenza (per cui la donna è "preposta a..." e l'uomo è "preposto a...").
Secondo quel che dice Jones, Idyl non è neppure consapevole di essere in stato interessante. Credo che Idyl non possa partorire perché non avendo un passato non può neanche avere un futuro. Semplicemente esiste in un eterno presente.
EliminaL'anticaricatura, secondo il dizionario inglese, è proprio l'opposto della caricatura: una spersonalizzazione del soggetto attraverso l'attenuazione dei caratteri distintivi del suo volto. E' molto interessante il risultato se la si applica al discorso della percezione, come ho cercato di dimostrare aiutandomi con Alice e lo Zen.
Grazie mille del commento, Cristina. Domani è sabato, quindi passerò a leggerti :))
Tra l'altro domani ci sarà una sorpresa (anche) per te, spero gradita!
EliminaSplendido viaggio in un universo a me ignoto ;-)
RispondiEliminaA me è noto perché ho vissuto tutto in diretta. In Italia, nella seconda metà degli anni '70, le storie di Jeff Jones apparivano su "Linus" e su "Vampirella e...".
EliminaGrazie dell'apprezzamento, Lucius. A presto :-)
Aaah che scorpacciata di Linus in quegli anni, ero piccolo e non mi rendevo nemmeno conto dei grandi autori che venivano ospitati. Però sul finire degli anni '70 non lo compravo, lo leggevo di straforo a casa di un amico che aveva il fratello maggiore che li collezionava, gli altri fumetti che hai citato li ho poi comprati ma in età adulta, oramai ho solo formati digitali, come Conan ad esempio edito dalla Corno.
EliminaAnch'io ho finito per ritrovarmi con la maggior parte delle cose in digitale, ma sto lentamente e con pazienza recuperando più cartaceo possibile, sia approfittando dei moderni volumi di ristampe sia visitando i mercatini dell'usato dalle mie parti.
EliminaEvviva le lacune, allora ;-) Questa serie ci terrà compagnia ancora per un bel po' di tempo, Cassidy. Se ho fatto bene i conti, fino al giorno del giudizio. Spero solo di riuscire a mantenere viva l'attenzione ^_^
RispondiEliminaGrazie mille per l'alto gradimento!
Beh, in effetti gli anni '70 di grandi sperimentalismi (non solo nei fumetti) accompagnati (o piuttosto conseguenza) dalle conseguenze della rivoluzione sessuale, della messa in discussione degli status quo sociali... Un fumetto del genere rispecchia perfettamente lo spirito di un'epoca.
RispondiEliminaL'innovazione maggiore, sia in Jones che in Bodè, era rappresentata dal ritorno al privato, dopo una fase in cui nel fumetto d'autore avevano predominato il sociale e il politico. Gli stessi autori che, di qua dall'oceano, creeranno di lì a poco Metal Hurlant, hanno riconosciuto il primato di Jeff Jones in questo senso.
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