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Alan Moore: Il Maiale di Mag e I Campi di Cremazione (La Voce del Fuoco /1)




I nostri miti sono pallidi e malati. Questo libro è un piattino di sangue che serve ad alimentarli.
* * *
Il "tempo del sogno" di ogni paese e di ogni città è un'essenza che precede la sua formazione fisica.
Alan Moore, La Voce del Fuoco


Due opere di narrativa mi hanno accompagnato nelle due settimane, da poco trascorse, delle festività natalizie. La prima delle due letture, La misteriosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco mi ha lasciato in gran parte insoddisfatto e mi sento di consigliarla solo agli appassionati di cataloghi di modernariato. Mi sono comunque sentito in dovere di leggerla, a causa del titolo, che richiamava echi lontani della mia prima giovinezza. Forse un giorno dirò qualcosa a questo riguardo, ma per il momento sono più interessato a parlare della seconda delle due letture, dal mio punto di vista molto più riuscita e convincente: La Voce del Fuoco (Voice of the Fire) di Alan Moore.

Per gli appassionati del fumetto, Alan Moore non ha certo bisogno di presentazioni. Vincitore del Premio Hugo, dell'Eisner Award, del Bram Stoker Award, ecc., è considerato, per consenso pressoché unanime, il miglior scrittore di fumetti di tutti i tempi e la sua saga supereroistica Watchmen figura nella lista del Time delle migliori cento opere letterarie in lingua inglese pubblicate tra il 1923 e il 2005 (gli spartiacque considerati sono Ulisse di Joyce, pubblicato nel 1922, e l'anno di compilazione della lista).
Se poi si apre la pagina di Wikipedia relativa alla sua bibliografia non si può non rimanere impressionati dalle circa settecento opere in elenco, tra sceneggiature di fumetti e di film, opere di narrativa, saggi, articoli, incisioni discografiche, ecc. Sempre Wikipedia presenta l’autore in questi insoliti termini: Scrittore di fumetti, romanziere, autore di storie brevi, sceneggiatore cinematografico, musicista, cartoonist, mago. Si potrebbe aggiungere, volendo: teorico del Caos, data la fede del nostro nel Caos come primo motore degli eventi del mondo e della storia oltre che delle evoluzioni della psiche umana. Ed è attorno a questo principio che ruota un po’ tutta la sua opera, incluso La Voce del Fuoco, che è il suo primo romanzo, pubblicato nell’ormai lontano 1996.

Fantasy storico, riporta il colophon dell’edizione inglese. E, per quel che mi riguarda, mai definizione fu più azzeccata: io stesso l’avevo coniata pari pari nella mia mente mentre leggevo l’edizione italiana del libro, prima di fare ricerche sull’edizione in lingua originale. Il che significa che gli undici racconti di genere fantastico che compongono l’opera (a cui va aggiunto il dodicesimo e ultimo, di tipo diverso) sono impiantati su una solida base storica. Non è del resto la prima volta che Alan Moore fa sfoggio della sua profonda conoscenza della storia del suo Paese di origine, l’Inghilterra, e in particolare del Northamptonshire, area geografica situata a nord di Londra, nelle Midlands orientali, dove lui è nato e vissuto. A scoprire però che le storie del libro sono ambientate in questa particolare regione dell’Inghilterra ci arriviamo solo per gradi. Nei primi racconti ci vengono semplicemente offerti gli elementi di base del paesaggio, che sta poi a noi ricomporre mentalmente man mano che procediamo nella lettura.
Aggiungo, per chiudere questa introduzione, alcune brevi considerazioni tecniche. Chi mi segue sa che raramente mi occupo di segnalare o recensire qualcosa, e se accade è, in genere, perché l'opera in questione mi offre il pretesto per diffondermi su degli argomenti che mi stanno a cuore e che costituiscono il nucleo centrale del blog. Anche e soprattutto per questo ho ricavato, dalla lettura del libro, un numero di considerazioni abbastanza alto da costringermi a dividere l'articolo in più parti, ognuna delle quali prende in esame un numero variabile di racconti/capitoli. Voglio tuttavia rassicurare riguardo al numero di spoiler presenti nella recensione: saranno ridotti al minimo, grazie al fatto che mi concentrerò più sulla cornice in cui sono inseriti i racconti che sulla storia narrata al loro interno.


* * *

Primo raccontoIl Maiale di Mag 4000 a.C.
(Hob’s Hog 4000 BC)



Siamo nel neolitico, cinque secoli prima dell’inizio dell’età del bronzo (c. 3500-1200 a.C.), e il Mag del titolo (nella versione italiana) è uno sciamano. Alan Moore introduce, in questo racconto d'inizio, i primi elementi ambientali e architettonici del luogo che vedremo edificarsi, un po' alla volta, lungo l'intero percorso del libro. Per cominciare: un fiume, un ponte, un insediamento umano, una serie di mura concentriche su una collina utilizzate per custodirvi il bestiame. Vi tratteggia inoltre, a rapidi schizzi, il mondo culturale e magico in cui sono inserite questa e le storie a venire. Qui l'accento è messo in particolare su alcuni conflitti che poterono effettivamente segnare questa fase della preistoria umana: il conflitto tra nomadismo e vita stanziale, e tra l’antica religione ctonia e umida (acqua e terra) e l’emergente religione celeste e secca (aria e fuoco). Incombe infine, da subito, la minaccia, ricorrente in gran parte dei racconti del libro, dello Shagfoal, un'entità infernale conosciuta in altre regioni dell'Inghilterra con il nome di Gytrash, che appare ai crocicchi o lungo le strade solitarie nella forma di un grande cane nero dagli occhi infuocati come tizzoni ardenti.

Il Maiale di Mag è narrato interamente in prima persona, attraverso la mente e gli occhi di un giovane uomo, che dopo essere stato abbandonato dai membri della sua tribù nomade vaga fino a imbattersi nella capanna dello sciamano Mag e della sua strana figlia profumata di fiori, apparentemente destinata a raccogliere l'eredità sapienzale del padre, dopo la di lui morte.
Ci si può tuttavia ritrovare facilmente dissuasi dall’affrontare la lettura delle quarantasette pagine che compongono questa prima storia. Ecco, alla faccia della cosiddetta importanza dell’incipit efficace e persuasivo, l'inizio del racconto e del libro:
Lontano in dietro a colle, là verso sol-che-scende, cielo è ora come fuoco e io fa cammino lì, senza fiato in pancia, ed erba fredda e bagna piedi a me.*

E altri esempi, più corposi, li incontreremo nel seguito nel post. In ogni caso, se non ci si lascia scoraggiare, pian piano si entra nel meccanismo del testo e si riesce a seguire la storia senza eccessiva difficoltà.

Mag e gli altri uomini “con testa di rami”, cioè gli altri sciamani come lui, posseggono la conoscenza della “via di detti” (le vie dei canti). Come spiega la figlia di Mag al giovane (pag. 34):
Ragazza dice cosa che di-viene più strana e dura per me di coglie. Dice che c'è modo che uomo può coglie via anche se via è tanto lunga che va in torno a tutto il mondo e modo è questo. In tutti sedutamenti, uomini con testa di rami fa detto che è tanto strano e lungo, ma che dice tante cose. Questo detto dice di sedutamento dove c'è uomo con testa di rami e dice di colli e vie che è a-lato di sedutamento, così che gente che viene da altri posti può trovare tutto. Ora uomini con testa di rami prende tutti questi detti e mette loro in grande linea, che così loro fa un detto solo, ma tanto più grande e questo detto dice tutto su via che va da lato di acqua dove c'è vento caldo a posto dove è tanti alberi e c'è vento freddo.**

E questa "via di detti" aggiunge la ragazza, è una conoscenza più grande di quella trasmessa dai circoli di megaliti (pag. 38):
Via è fattura più strana e più grande di fatture di tempi in dietro di mondo, più grande di pietre che sta tutte in tondo e che gente fa in grande apertura tanto lontano, verso sol-che-sale.***

Ho poi trovato molto interessante un passo di pag. 41 (tutti i riferimenti numerici sono all’edizione italiana del libro) dove vengono descritti gli effetti di un rituale cruento. Il protagonista raggiunge, insieme alla figlia di Mag, il ponte sul fiume (uno dei luoghi cardine del libro) e lei lo invita a sdraiarsi a pancia in giù sul ponte e guardare in una fessura tra i tronchi:
Ora in tempo poco poco io non vede niente, che là c’è solo buio, ma ora vede di me di-viene più buono e io vede forma tutta fina e bianca che sta sdraia in buio e non muove. Io non coglie se è uomo o donna, ma io vede che quella è tutta osso e pelle secca e niente più. Quella ha in sopra vesti tutte con buco, ma non ca-peli su testa di osso come se quelli è tutti strappa. Buchi di occhi fa come per guarda su verso di noi e, in-basso di osso di testa, denti fa a me grande bocca buona.
Quella è donna, dice ragazza. Donna che è mette viva qua in dentro che così spirito di lei sta in dentro di ponte e fa ponte diviene buono e che non cade e che non ha mai fuoco.

Si tratta, in questo caso, di un rituale ancora praticato in Europa nel medioevo, quando i costruttori usavano murare viva la prima ragazza di passaggio nelle fondamenta del castello, per garantire la prosperità della struttura e dei suoi nobili abitanti.


* * *


Secondo racconto I Campi di Cremazione 2500 a.C.
(The Cremation Fields 2500 BC)



Anche la seconda storia è raccontata in prima persona, attraverso la soggettività di una protagonista femminile, stavolta: una giovane donna spietata e avida di ricchezze materiali, priva di ogni fede nel trascendente. Incontrata nei pressi del fiume la figlia di un mago di nome Olun, in viaggio per ricongiungersi al padre ormai vicino alla morte, la uccide e si sostituisce a lei allo scopo di carpire al vecchio Olun il segreto delle ricchezze custodite sottoterra dal popolo degli gnomi.
Il vecchio Olun cade vittima dell'inganno e le trasmette il sapere che aveva riservato per la figlia, senza sospettare che le sue parole cadono nel vuoto di una mente letterale, che cerca invano, e a puro fine di interesse personale, di afferrarne il senso (pag. 86):

"I sentieri degli gnomi sono sotto la terra. Solo il mago o la maga conoscono le loro vie, perché le passano da una mano divinatrice all'altra, durante tutte le ere del mondo. Laggiù sono sepolti molti dei tesori della nostra arte, ma questi devi scoprirli tu quando sei pronta, quando ti riempie la conoscenza delle vie più semplici che stanno sopra la terra. Quel giorno tu puoi anche andare sotto la terra e camminare da sola nei viali delle candele, dove questi miei vecchi piedi tanto tempo fa percorrono i pendii dei vermi e le rocce gelide, ma ora scendono laggiù soltanto nei miei can-sogni. Prima di quel giorno tu devi percorrere tutti i sentieri di sopra e conoscere tutte le storie che hanno luogo sulla loro via."

Ricompare quindi sia il tema delle vie dei canti che quello dei cani emissari del mondo infero. Prosegue inoltre l'illustrazione del conflitto tra la via nomade e la via sedentaria, quest'ultima vissuta nel senso della perdita, di un deterioramento della condizione umana e del mondo intero, e come preludio alla fine di tutto (pag. 96):

Questa è l'ultima età del mondo, per che siamo ora al limite della via che ci allontana dalle cose della natura. Raduniamo gli animali, recintiamo le bestie nate per andare libere. Ci attacchiamo con le capanne, i nostri gusci di lumaca, alle paludi che è uso dei nostri prima-genitori attraversare e poi lasciare alle loro spalle. Cuociamo il sangue della terra e lo facciamo incrostare in forma di corone e di pugnali. Battiamo sentieri diritti in mezzo ai campi sinuosi e facciamo baratti con i pellenera. Tra poco tempo gli oceani si innalzano e ci sommergono. Tra poco tempo cadono le stelle.

Ma i rimandi tra il secondo racconto e il primo non finiscono neppure qui. Mag e Olun sono in un certo senso la stessa cosa, come spiega Garn, il figlio di Olun - che sembra preferire di gran lunga il suo lavoro di ramaio ai tesori del padre - alla ragazza (pag. 99):

"Se tutta la sua dottrina fosse anche mia, lavorare i metalli non sarebbe più la mia arte. Se tutti i suoi pensieri fossero i miei, allora lui sarebbe me e io sarei un indovino come lui e non avrei più i miei pensieri. Anzi, questi pensieri non sono né anche suoi, come non sono quelli di suo padre o del padre di suo padre. Sono pensieri antichi come le colline, questi suoi conoscimenti che forgiano ogni sua azione e parola. E' come se il vecchio e i vecchi venuti prima di lui fossero tutti una cosa sola, una sola visione, unica e immortale. Questa non è cosa della natura."

* * *


* A-hind of hill, ways off to sun-set-down, is sky come like as fire, and walk I up in way of this, all hard of breath, where is grass colding on I’s feet and wetting they.

** Now say of she come queer, and hard for glean. Say she, there is a way that man may yet glean path if path he is that long as go all world a-bout, and way of it is this, she say. In all they many settings is they stick-head men make of a saying, queer and long, that say of many things. It say of setting where is stick-head man, and say of hills and ways where is he’s setting by, that people come from other wheres may find a way to he. Now all of many sayings by they many stick-head men is set they in a line, for make of one long saying more big yet, that say of way from warm-wind water’s edge to cold-wind where is many trees.

*** She is now say of stick-head men, and of they saying-path. Path is a making more queer and more big as making hind-whiles is in world, more big as stand-round-stones that people say is make there on big open, far in way of sun-rise-up.

Le citazioni in italiano sono tratte da: Alan Moore, La Voce del Fuoco. Edizioni BD, 2006. Traduzione di Leonardo Rizzi e Michele Foschini; editing a cura di Adriano barone e Andrea Carlo Ripamonti.

L'immagine di apertura del post è: Samantha Keely Smith, Invocation (detail).
Le due immagini che accompagnano le sezioni riguardanti i capitoli del libro, sono di José Villarrubia e tratte dall'edizione inglese dell'opera.

Commenti

  1. Moore e neolitico. Potrei amarlo o odiarlo. Ne ho un po' paura.

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    1. Mi sa che ci siamo incrociati. Mentre tu leggevi questo mio post io ero di là a leggere il tuo su Edipo e Romolo :D

      Nel neolitico comunque è ambientato solo l'inizio del libro, che percorre la storia inglese in dodici tappe, dal 4000 a.C. al 1995 d.C. E' un libro molto crudo e anche difficile, ma secondo me bellissimo.

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  2. Ma il primo racconto è scritto tutto in quel modo? Coraggiosissima la tua lettura, Ivano. Siamo nel neolitico ed è solo la prima storia, ma messa così, all'inizio, scoraggia non poco il lettore. :)

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    1. Sì, il primo racconto è scritto tutto così, Marina. Ma come puoi vedere la lingua si stabilizza velocemente e già il secondo racconto è scritto in una forma quasi completamente moderna. Quella di Moore è stata senza dubbio una scelta coraggiosa, ma d'altronde non è certo il tipo che si preoccupa di risultare facile o difficile :D

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  3. Una scrittura piuttosto difficile nel primo racconto e superare 47 pagine non è facile, angosciante l'immagine della ragazza sepolta viva nel ponte, il fatto che anche nell'Europa medievale ci fosse questa macabra usanza la dice lunga, ma non seppellivano mai un uomo? Vabbè considerazioni mie. Concordo con Marina coraggiosissima lettura.

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    1. Ti assicuro, Giulia, che dopo alcune pagine, una volta entrati nel meccanismo, la lettura del primo capitolo procede abbastanza spedita. E il libro nel suo insieme è appassionante, con trame mai banali e ricco di sorprendenti invenzioni narrative.

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  4. Alan Moore è uno di quei rari esempi in cui si concentra il nerbo della genialità. Praticamente completo, totale e totalizzante in tutto ciò che progetta e realizza. Concordo col tuo parere riguardo al crederlo il massimo illustratore e fumettista di ogni tempo.
    Chiunque realizzi dei film dalle sue creazioni ha praticamente il lavoro di regia e scenografia già magistralmente svolto.

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    1. Ah, volevo aggiungere che anch'io ho letto quel libro di Eco. A me piacque, proprio perché mi servì a ricostruire un'epoca che non ho vissuto.

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    2. Riconosco la genialità di Moore, Luz, anche se poi, per gusto personale, credo di poter considerare Peter O'Donnell, l'autore di Modesty Blaise, il miglior scrittore di fumetti di sempre.
      Riguardo invece al libro di Eco, l'ho trovato senza slanci, freddo e schematico.
      Grazie e a presto :-)

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  5. Non so, potrei farcela, so adattarmi ai meccanismi linguistici una volta che ci ho preso confidenza. Però non so se potrebbe piacermi, il fantasy non mi attrae più come un tempo.

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    1. E' un fantasy molto poco fantasy, Ariano. E' in una stessa percentuale un romanzo storico, e tutti i riferimenti al fantastico si rifanno al folklore e al mito. Non c'è nessun eroe protagonista né ci sono terre o creature partorite dalla fantasia dell'autore.
      Ciao e grazie :-)

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  6. A Moore è stato donato qualcosa che non tutti hanno (a dire il vero l'hanno in molto pochi). Lessi il libro appena uscito in Italia, è passato del tempo, il primo capitolo mi colpì per quanto fosse tanto ostico quanto geniale (e ricordo ancore l'espressione che mi diverte tutt'oggi "stecco di me" riferita al membro del protagonista). Ma si può? :)

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    1. Moore sembra essere privilegiato da uno speciale contatto con la fonte stessa della creatività... è una specie di raccomandato cosmico ;-)
      Grazie del passaggio e del commento, Firma :-)

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  7. Penso che uno dei "segreti" del successo di Moore sia il far sempre ciò che vuole, senza preoccuparsi di piacere o non piacere. E penso che il pubblico percepisca e premi questa sua onestà intellettuale.
    Un saluto e a presto leggerci, Cassidy :-)

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  8. Ciao Ivano. Ho letto questo post con molto interesse. Personalmente non conosco Alan Moore: non ho mai letto nulla di questo autore, ma per come ne parli (con vivido entusiasmo) mi hai fatto venire voglia di approfondire l'argomento. Anche perché i generi fantasy e storico sono tra i miei preferiti. E unire insieme i due generi potrebbe essere una "bomba letteraria". Trovo alquanto difficile e arduo leggere il primo racconto con quel "linguaggio" anche se lo trovo stupefacente proprio perché fa entrare il lettore nel tempo in cui viene raccontata tutta la vicenda, con questi maghi e indovini e sciamani e "uomini con testa di foglie" depositari di una rivelazione divina che devono trasmettere. Fra l'altro anche io sul mio blog sto trattando questa tematica anche se riguarda il racconto mitologico della creazione nell'Induismo. La misteriosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco è stato uno di quei romanzi che dopo aver letto alcune pagine l'ho lasciato. Forse non era il momento adatto per leggerlo. Probabilmente ho incominciato a leggerlo nel momento sbagliato. Capita anche a voi di incominciare a leggere un libro e poi di lasciarlo per questo motivo? Per quanto riguarda James Joyce che, fra l'altro, hai menzionato nel post, proprio qualche giorno fa ricorreva l'anniversario della sua scomparsa e a cui ho dedicato un articolo sul mio blog e parlavo proprio di questo, e cioè di come l'Ulisse rappresenta lo spartiacque della letteratura mondiale contemporanea, tanto è vero che i critici sono unanimi nel parlare di un pre-Joyce e di un post-Joyce. Complimenti per l'articolo e per l'entusiasmo con cui ce lo hai comunicato.

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    1. Grazie per il commento bello articolato e per i complimenti, Giuseppe. Verrò sicuramente a leggere tra poco il tuo articolo sull'induismo, che mi ero segnato come appuntamento, e darò una chance anche ai tuoi due post precedenti.
      Io il libro di Eco l'ho letto tutto, ma si può dire che me ne sono nutrito per l'1%. Guarda caso è un libro che ho calcolato di leggere con largo anticipo, e per un motivo preciso, mentre di solito sono molto più istintivo nella scelta delle letture. E di solito non rimango deluso.

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  9. Stimo Moore ma non così tanto da affrontare un testo come quello che ha riportato. Visto che sicuramente non leggerò questa antologia, sarà un piacere seguire io tuo ciclo così sarà come averla letta :-P

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    1. Ah ah! Non sarà proprio come averla letta perché non rivelerò molto delle trame. Andrò però avanti a segnalare i passi che più mi hanno stimolato la riflessione e a ricercare nessi e collegamenti ^_^

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  10. Un libro sfidante! Sembra quasi che il primo racconto "Il Maiale di Mag" vada contro a tutte le regole di scrittura tanto di moda (incipit allettante, poche pagine, non far lavorare troppo i neuroni del lettore ecc). Se intende esprimere il modo di comunicare del 4.000 a.C., è indubbiamente una scrittura molto efficace e abile dal punto di vista tecnico. Tutto sommato, però, entrambi i racconti comunicano parecchia angoscia.

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    1. E' vero che i racconti del libro hanno tutti una forte componente di angoscia, ma la ricchezza dei riferimenti storici, antropologici e occultistici li rende dei veri gioielli. Se seguirai tutto il percorso dei post, che sarà labirintico come quello del libro, potrai renderti conto da sola che quest'opera di Moore è un vero e proprio scrigno del tesoro oltre che un grande esercizio di stile.

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  11. Penso che prima o poi proverò a leggerlo. Mi ha davvero incuriosito e Moore è davvero un visionario.
    Effettivamente il primo racconto ha uno stile piuttosto complesso da seguire. Direi che qui Moore ha preso probabilmente spunto da Fiori per Algernon di Keyes per costruirlo, estremizzandolo.

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    1. Sono contento di averti suggerito una possibile lettura, Marco. Sai che io "Fiori per Algernon" l'ho letto? Il racconto però, non il romanzo. ne serbo il quasi-ricordo di una lettura piuttosto difficile, ma per il resto... sono passati almeno quattro decenni da allora :P

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  12. Considero "La Voce del Fuoco" semplicmente uno dei libri più belli che abbia mai letto.
    Nonostante io abbia un memoria scarsissima ricordo abbastanza bene tutti i racconti, ma nonostante questo ho recentemente deciso di rileggerlo, cercando di approfondire ulteriormente il mio rapporto con questo capolavoro. Spero di farcela prima del'uscita italiana di "Jerusalem", il nuovo, ciclopico romanzo di Alan Moore (che attendo con ansia da circa una decina d'anni, ossia da quando il Maestro ha comunicato al mondo che lo stava scrivendo...).
    Ricordo che il primo racconto de La Voce del Fuoco (che per inciso non è assolutamente "un'antologia": tutti i racconti presenti sono collegati tra loro e formano un gigantesco affresco "temporale") mi aveva fatto accendere un lumino ai traduttori - Leonardo Rizzi e Michele Foschini - perché non oso immaginare quanto avranno faticato a rendere, peraltro magnificamente, Il Maiale di Mag in "italiano" :)
    Un abbraccio!

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    1. Pure io aspetto a gloria "Jerusalem" a questo punto, dopo la rivelazione di questo grande libro.
      E proprio come te, ho pensato anche allo sforzo dei traduttori. Anche per questo ho scelto di citare nelle note, insieme a loro, i revisori del testo. Penso che senza un grande lavoro di squadra sarebbe stato impossibile rendere questo libro in italiano.
      Penso poi di avere ancora molto da dire su quest'opera, sia per i suoi mille rimandi storici ed esoterici, sia per i collegamenti, forse veri e propri omaggi, alle opere di altri grandi autori.
      Grazie mille, Orlando, per il passaggio e il commento, come al solito puntuale e articolato. Un caro saluto :-))

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  13. Mai letto, ma dopo il tuo post e i commenti, soprattutto quello di Orlando, segno e leggerò :O

    Su Eco, non è tra i suoi titoli che preferisco, ma io un certo fascino nella "Fiamma" l'ho trovato, per atmosfere passate, gusto del ricordo...

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    1. Buona avventura allora, Glò ^_^

      Riguardo alla "Fiamma" di Eco, che a istinto non avrei letto, ho sentito proprio la mancanza della "fiamma" che rende un'opera letteraria degna di esser considerata tale.

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