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Il regno di ERB - The Greatest Adventure /7: La resurrezione di Jimber Jaw



Ma come battere sul tempo gli avversari e raggiungere per primi il punto in cui il tunnel sotterraneo sbuca a Pellucidar? si chiedono Tarzan e il suo equipaggio a bordo del venture? Semplice, si rispondono: servendosi del tunnel stesso, anziché passare dall'ingresso "ufficiale", dalle parti del Polo Nord, e poi da lì mettersi a cercare un foro in un mondo immenso e pieno di caverne. Si offrono volontari per la discesa Jim Stone e Victoria Custer, e lo sceneggiatore della miniserie, Bill Willingham, ne approfitta per inserire un nuovo riferimento all'universo narrativo di Edgar Rice Burroughs.



Perché Stone nella seconda delle due vignette si definisce un uomo delle caverne? Perché lo è alla lettera, essendo lui il risultato di un processo scientifico di resurrezione a opera del professor Marvin Stade, i cui studi consistono nel congelare cani e scimmie per giorni o settimane e poi riportarli in vita. Un’occupazione che non era, a quanto pare, ben vista nel suo Paese, gli Stati Uniti, per cui lui si era sentito spinto a rivolgersi al nemico. E i “rossi”, si sa, non guardavano tanto per il sottile, e anzi promettono allo scienziato di mettergli a disposizione anche soggetti umani per i suoi esperimenti. In viaggio con Stade verso Mosca, su un piccolo velivolo privato, c'è Pat Morgan, inventore di un nuovo tipo di carburante e come lui osteggiato negli States. Pat Morgan è inoltre colui che narrerà a Edgar Rice Burroughs la vicenda che diverrà materiale del suo racconto, The Resurrection of Jimber Jaw. Quando uno scrittore nasce con la camicia e fa sempre gli incontri giusti!

Quello che accade è però che Morgan e Stade si trovano obbligati a un atterraggio di fortuna, in piena Siberia: una situazione di per sé già poco allegra, che è ulteriormente aggravata dallo scoppio di una tempesta notturna. Il cui principale effetto è, come i due scopriranno il mattino dopo, di apportare delle sostanziali modifiche al paesaggio.


La resurrezione di Jimber Jaw.

Parte II (finale). Traduzione mia.


Copertina di Emmett Watson (1937)
Il mattino dopo il fiume scorreva in un nuovo letto, ad alcuni metri di distanza dal velivolo, e la scarpata era regredita di oltre cinquanta metri verso est. La sua facciata era franata nel fiume e trascinata via dalle acque. Il suo strato più basso era adesso puro ghiaccio rilucente.

Richiamai l'attenzione di Stade sui cambiamenti della topografia.

"Interessante" osservò. "Non è che per caso è avanzata un po' di pernice o di lepre da ieri?".

Ne erano rimasti e ne mangiammo. Poi uscimmo dall'aereo e ci trovammo a sguazzare nel fango. Io mi misi al lavoro sul carburatore. Stade si mise a studiare la devastazione provocata dalla tempesta.

Era sul ciglio nel fiume a osservare la facciata del dirupo, quando mi chiamò tutto eccitato. Non avevo mai visto il corpulento professore eccitarsi per qualcosa eccetto quando malediceva l'S.P.C.A. [Society for the Prevention of Cruelty to Animals] o il dipartimento per la salute pubblica.

Non vedevo nulla per cui eccitarsi. "Cos'è che ti entusiasma tanto?".

"Vieni più vicino, sciocco Irlandese, e guarda un uomo vecchio di cinquantamila anni o giù di lì”. Stade aveva soprattutto sangue tedesco e scozzese, e questo forse spiegava il suo bizzarro senso dell'umorismo.

Ero preoccupato. Si sarebbe potuto dare la colpa al caldo, se fosse stato caldo. Né poteva essere un effetto dell'altitudine. Immaginai così che fosse qualcosa di ereditario, e mi strascicai verso di lui.

"Guarda!" mi disse indicando il dirupo al di là del fiume.

Guardai - e lo vidi. Congelato nel ghiaccio solido c'era il corpo di un uomo. Era vestito di pelli e aveva una barba considerevole. Giaceva su un fianco con la testa posata sul braccio come se dormisse sonoramente.

Stade era paralizzato dallo stupore. Senza fare un movimento, strabuzzava gli occhi che teneva fissi sul cadavere. Infine inspirò con un lungo gemito.

"Ti rendi conto, Pat, che stiamo guardando un uomo vissuto forse  cinquantamila anni fa, un sopravvissuto dell'antica età della pietra?".

"Un bella svolta per te" osservai.

"Una svolta per me? Che vuoi dire?"

"Che puoi scongelarlo e riportarlo in vita".

Mi inquadrò con uno sguardo assente, come se non capisse quello che dicevo. Mosse le labbra, bofonchiò qualcosa, poi scosse la testa.

"Ho paura che sia congelato da troppo tempo".

"Cinquantamila anni sono certo un bel po’ di tempo, ma non varrebbe la pena provare? Ti terrebbe occupato mentre io aggiusto tutto il necessario per toglierci di qua".

Di nuovo mi fissò con uno sguardo assente. Aveva gli occhi freddi e senza espressione come il dirupo ghiacciato poco distante. "D'accordo ragazzo mio" disse infine, "ma dovrai darmi una mano".


La resurrezione di Jimber Jaw.

Parte III (inizio). Traduzione mia.


Illustrazione di Roy G. krenkel
Il mio suggerimento era, ovviamente, scherzoso, ma Stade si mostrò completamente serio, una volta iniziata l'opera. Io temo di non essergli stato molto d’aiuto, a parte nei primi due giorni, perché caddi vittima di una particolare combinazione di brividi e febbre che mi fece vaneggiare per la maggior parte del tempo. Ma feci quel che potei.

Impiegammo due settimane a costruirci un rozzo riparo di fronde d'alberi tenute insieme con l'argilla. Aveva un focolare e un tavolo per tutto il bizzarro armamentario che Stade si era portato dietro - più aggeggi di quelli che avresti potuto contare. Ci occorsero poi altre due settimane per scalpellare via dal ghiaccio il nostro uomo delle caverne. Dovevamo usare cautela: c'era pericolo di farlo andare in pezzi.

Sono io che detti il nome al nostro cadavere. Nel ghiaccio, con il corpo vestito di pelli e la faccia pelosa, sembrava un grosso grizzly dalle mascelle sporgenti che avevo visto una volta al parco di Yellowstone. Il nome del grizzly era Jimber-Jaw e così chiamai la nostra scoperta. La febbre mi frastornava talmente, ti dico, che mi sentivo su di giri per la maggior parte del tempo.


* * *


Naturalmente l'operazione ha successo; l'uomo delle caverne, il cui vero nome è Kolani, resuscita e inizia una carriera di lottatore e di star del cinema con il nome di Jim Stone, la cui derivazione è facilmente intuibile. E dà inizio, allo stesso tempo, alla ricerca di Lilami, suo antico amore della preistoria.

Tornando invece a The Greatest Adventure, il piano è che Jim Stone e Victoria Custer raggiungano Pellucidar muniti di un trasmettitore dell'onda di Gridley e con questo segnalino l'esatta ubicazione del punto di sbocco del tunnel ai loro compagni, che intanto volano in direzione del Polo Nord a bordo del venture.

Il problema è che a captare per primi il segnale sono quelli del Resolve...


* * *


L'illustrazione di apertura del post è: Frank Frazetta, Savage World (1967).

Commenti

  1. Molto bella la cover di "Argosy", un pulp che pur non essendo legato strettamente al genere horror o fantastico, ha pubblicato molte delle prime opere di entrambi i generi. Ciao.

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    Risposte
    1. Ciao Nick. Anche l'illustrazione del Maestro Roy G. Krenkel è molto bella. Ma quella è dal libro non da Argosy.

      Elimina

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