Solve et Coagula - Pagina 102
Capitolo 9 - parte 1
Luisa era uscita troppo scossa dall'esperienza dell'ascolto del racconto di suo padre per fidarsi delle sue
capacità di guida. Pensò così che fosse meglio per lei tornare a casa in autobus e dopo essersi sincerata che per l’indomani non fosse prevista la pulizia della strada, lasciò lo scooter parcheggiato dove si trovava e si avviò alla
fermata.
Dovette poi attendere per più di dieci
minuti, che trascorse rigirando nervosamente tra le dita la chiavetta
USB che teneva in tasca. La sola idea che ai dati precedenti
si fosse aggiunto anche il file in bitmap del disegno di suo padre era in realtà sufficiente a darle i brividi, al punto che l’unico
termine di paragone valido che lei riuscisse a trovare era quello della casa
infestata. Almeno l'autobus su cui salì, per fortuna, non era affollato e trovò senza difficoltà un posto libero dove sedere.
Rinunciò comunque presto all’idea di trarne vantaggio per iniziare a
leggere il libro di Bradbury avuto in prestito da suo padre. Troppi pensieri in testa, che continuavano a oscillare avanti e indietro tra l’esperienza da poco
trascorsa e il momento in cui avrebbe dovuto varcare la soglia del suo appartamento. Sarebbe
riuscita ancora a guardare Alessandra con gli stessi occhi di prima?, si chiedeva. E cosa avrebbe
fatto se un giorno se la fosse trovata davanti esattamente come l'aveva vista nel disegno di
suo padre?
Sorrise, all’idea di aver potuto davvero pensare qualcosa di
così stupido. Ora che cominciava a mettere della distanza, non solo fisica ma
anche psicologica, tra sé e le parole di suo padre, le era sempre più chiaro
che la spiegazione poteva essere solo quella a cui era arrivata in sua presenza.
Certo, le dispiaceva di essere stata costretta a ferire suo padre in quel modo,
ma lui per primo non aveva nessuna spiegazione valida da offrire ed
era molto meglio che si costringesse ad affrontare la realtà invece di darsi alla
metafisica com’era nelle sue inclinazioni. Tuttavia, non poteva negarlo, c’era
qualcosa che continuava a tormentarla: qualcosa di collegato all’immagine che le era ancora poco chiaro e che lei aveva la sensazione premesse per emergere alla soglia
della sua coscienza anche in quel preciso istante.
L'orologio della stazione centrale segnava le cinque del pomeriggio passate quando Luisa scese dell'autobus. La luce del giorno si era già abbassata di molto, ma lei sollevò comunque il cappuccio del soprabito sulla testa, per rendere più difficile il suo riconoscimento nel caso si fosse imbattuta in qualcuno che conosceva.
Camminò con passo svelto fino al negozio della Ricordi, dove acquistò senza perdere tempo il cd di Eno. Era decisa ad andare a fondo di tutta quell’assurda storia e riteneva perciò di dover avere sottomano ogni tassello del puzzle. Ma una volta fuori della rivendita di dischi, le venne
voglia di entrare anche in una libreria, sempre sperando di non incontrare nessun amico o
conoscente, Giulia in particolare.
Si diresse alla libreria più vicina, che si trovava a un passo dalla Piazza del Duomo e cominciò subito a vagare nel pianoterra, tra i suoi settori preferiti: letteratura, certo, ma anche filosofia, psicologia, antropologia, storia delle religioni… Se non altro sembrava servire allo scopo di distrarla dai suoi pensieri più cupi, ed era quello che desiderava.
A un certo punto poi, quando fu davanti allo scaffale con i libri di mitologia, il suo pensiero andò spontaneamente alla cena della sera prima, in particolare a quella parte della conversazione che aveva rivelato un’importante coincidenza di interessi tra lei e Fabrizio. Si era subito rispecchiata nel suo sogno di impossessarsi dell’antico islandese per leggere i miti narrati nell’Edda nella loro lingua originale, e si chiese se lei stessa non avrebbe dovuto riprendere gli studi universitari con l’idea di dedicarsi proprio alla realizzazione di quel sogno. Forse sarebbe addirittura bastato a restituire alla sua vita quel senso di avere uno scopo che lei aveva perso per strada, senza sapere bene né come né perché, da anni. Anni che a lei però sembravano secoli.
Si diresse alla libreria più vicina, che si trovava a un passo dalla Piazza del Duomo e cominciò subito a vagare nel pianoterra, tra i suoi settori preferiti: letteratura, certo, ma anche filosofia, psicologia, antropologia, storia delle religioni… Se non altro sembrava servire allo scopo di distrarla dai suoi pensieri più cupi, ed era quello che desiderava.
A un certo punto poi, quando fu davanti allo scaffale con i libri di mitologia, il suo pensiero andò spontaneamente alla cena della sera prima, in particolare a quella parte della conversazione che aveva rivelato un’importante coincidenza di interessi tra lei e Fabrizio. Si era subito rispecchiata nel suo sogno di impossessarsi dell’antico islandese per leggere i miti narrati nell’Edda nella loro lingua originale, e si chiese se lei stessa non avrebbe dovuto riprendere gli studi universitari con l’idea di dedicarsi proprio alla realizzazione di quel sogno. Forse sarebbe addirittura bastato a restituire alla sua vita quel senso di avere uno scopo che lei aveva perso per strada, senza sapere bene né come né perché, da anni. Anni che a lei però sembravano secoli.
Arrendersi alla realtà dell'irrealtà non è sempre semplice. Cose al di fuori del comune modo di pensare ci destabilizzano e sovente preferiamo catalogarle come scemate impossibili piuttosto che provare ad indagare ulteriormente.
RispondiEliminaI dubbi però in Luisa hanno germogliato. Il fatto di pensare a riprendere gli studi, il pensare all'islandese antico, alla mitologia nordica non solo si possono vedere come l'aver trovato una strada da percorrere ma anche come un viaggio interiore che ormai iniziato non può più essere fermato.
Diventa sempre più intrigante, Ivano, lo sai????
Sempre più intrigante? Mi fa piacere saperlo, Patricia, Grazie!!
EliminaMolto bella poi la tua analisi. L'imprevisto però è sempre in agguato, soprattutto da queste parti ^^
Lo spero!!!! Non deludermi eh??? ahahahahhahahahaha
EliminaNon temere, sarò implacabile ^_^
EliminaRiguardo la tua giusta domanda relativa al pubblicare a puntate anche da parte mia, ti ho risposto sul post della tua intervista su animadicarta, in cui ponevi la questione, però mi sembra corretto ripeterla anche qui:
RispondiEliminanel mio caso è diverso perché si tratta di racconti brevi per i quali è già pianificata la pubblicazione con una serie di post pubblicabili in pochi giorni. In un caso del genere potrei anche essere lettore.
Ma nel tuo caso ho capito - come d'altronde tu stesso hai confermato - che si tratta di un romanzo, quindi una narrazione molto più estesa la cui pubblicazione potrebbe protrarsi per mesi e mesi. Ecco, io non riesco a dilazionare una lettura lungo molti mesi. Tre settimane, un mese, ok, posso anche affrontarla "a puntate". Ma una molto lunga la affronto solo se ho il testo completo disponibile e so che se voglio posso leggere anche cento pagine in un solo giorno se la lettura mi sta prendendo parecchio. Non so se ho reso l'idea...
Ho capito il concetto Ariano. Diciamo che questo mio tipo di scrittura potrebbe essere l'equivalente delle telenovelas, dove il pubblico è ben disposto anche nei confronti di una storia di 800 puntate ^_^
EliminaBeh, no, dai, il confronto con le telenovelas è troppo autolesionistico!
EliminaDiciamo che la tua è "una narrazione che si svolge in tempo reale rispetto alla stesura materiale dell'opera, purtroppo condizionata dal poco tempo a disposizione che condiziona gli scrittori non professionisti".
Che ne dici, così va meglio?
Così adesso comincia la ricerca di Luisa! *_*
RispondiEliminaVediamo cosa scopre!!
Non posso anticipare nulla, ma le cose si fanno complicate ^^
EliminaSecondo me l'introduzione delle immagini ha dato un passo nuovo alla storia... un po' come era successo quando avevi presentato i tarocchi. Mi piace molto.
RispondiEliminaSai che però mi sembra di non averne presentate più dopo di immagini?
EliminaHo provato a realizzare un ritratto di Paula Susi (uno dei personaggi dominanti della seconda parte) manipolando una foto con Photoshop, ma con un risultato così disastroso che alla fine ho rinunciato.