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Trilogia delle Madri /20: La ragazza e le streghe

 


Per la seconda volta, da quando ho dato inizio a questa maxi-serie che mira a ricostruire (oltre che, in buona misura, a costruire) le fondamenta mitologiche della Trilogia delle Madri di Dario Argento, mi trovo a proporre in anticipo un post destinato a una fase successiva della serie e quindi sganciato dalla sua progressione "ufficiale". La prima volta era successo con un post sul film The Editor (Trilogia delle Madri /17: Le Tre Madri di Lilith Samael), e il motivo era lo stesso di oggi: la mancanza di tempo e della concentrazione necessaria a realizzare post di maggiore impegno incentrati, ora come allora, sulla cultura classica.


Pubblicato da Rizzoli nel maggio 1957 (e a quanto pare mai ristampato), il romanzo La ragazza e le streghe mi è capitato tra le mani in una postazione di bookcrossing (scambialibro) alcuni anni fa, a Trilogia delle Madri già avviata nel blog: un dettaglio, quest'ultimo, di cui sono certo perché ricordo bene di aver preso il libro anche con la speranza - non andata delusa, come dimostra l'esistenza stessa di questo post - che contenesse elementi utili a una serie di post incentrata su una triade di streghe.

Autrice del romanzo è Luciana Peverelli (1902-1986), giornalista e direttrice di periodici (Stelle, Il Monello, Cinema Illustrazione, Stop), sceneggiatrice di fotoromanzi (ha firmato il primo fotoromanzo italiano, Menzogne d'amore, per Sogno), di fumetti e di film, che vanta anche la stesura di circa quattrocento tra racconti e romanzi di genere rosa o poliziesco. E va subito detto, al riguardo, che a dispetto di questi dati che ho tratto dalla relativa pagina di WikipediaLa ragazza e le streghe non è collocabile in nessun genere narrativo definito, e non lo è in particolare nei due citati. Seppure infatti il romanzo verta su una storia d'amore, la peculiarità e morbosità della stessa, unita alle venature goticheggianti ed "esoteriche" di alcune sue parti, lo rendono quanto di più lontano immaginabile da un romanzo rosa. Per non dire poi di certe assonanze di trama e situazioni che mi hanno non poco colpito e spinto ad associarlo a un altro romanzo, successivo di quasi quattro decenni è ben più famoso: Follia di Patrick McGrath.

Certo viene più naturale pensare a una pura e semplice coincidenza d'intenti piuttosto che immaginarsi un McGrath lettore di Luciana Peverelli. E di coincidenza d'intenti potrebbe trattarsi anche nel caso dell'assonanza all'origine di questo post, che associa tra loro i finali del romanzo La ragazza e le streghe e del film Suspiria (1977), primo della Trilogia delle Madri di Dario Argento. Si trova infatti nell'ultima parte del libro, a meno di sei pagine dalla fine, la scena di climax che mi ha salvato, in extremis, dal vedere la mia speranza disattesa.

Siamo a Parigi, ed Eva, la ragazza del titolo, si ritrova per l'ultima volta faccia a faccia con la strega Aziadè, le cui arti magiche hanno plasmato (o sembrano aver plasmato) passo dopo passo la sua storia d'amore con Albert, un uomo sposato di vari anni più grande di lei. Ma se Eva, grazie a Aziadè (sola e unica strega del libro, a dispetto del titolo) ha ottenuto quello che voleva - liberare l'uomo che ama da ogni altro legame per averlo soltanto per sé -, ha allo stesso tempo anche provocato l'infelicità dell'amato e di riflesso la sua stessa infelicità. Decisa così a vendicarsi, raggiunge l'appartamento della strega, dove trova un alleato inatteso nel giovane Pierre, un mantenuto intenzionato a sua volta a chiudere i conti con Aziadè e separarsi per sempre da lei. Perché se Pierre sembra dapprima prendere le parti della sua protettrice e la sottrae al tentativo di strangolamento di Eva, quello che succede dopo è che lui...

Si precipitò al tendaggio che copriva la finestra, lo strappò, spalancò con violenza gli scuretti chiusi da tanti anni.
Eva ansimava.
"Mi ha ingannata e derubata, mentendomi continuamente". Un fascio di luce, il sole livido che brillava sfacciato dopo la ventata di tempesta, colpirono in pieno una povera donna rannicchiata e tremante, i bianchi e radi capelli disfatti sulla faccia scarna, una strana fronte lucida e curva, le livide labbra tremanti.
Tese una mano verso la finestra aperta, invocò: "No, no... chiudi... chiudi, non questa luce". E con l'altra mano cercava affannosamente lo sciamito nero, le medagliette d'oro che Eva le aveva strappato dal collo. Pareva una vecchia di cento anni, una povera vecchia incartapecorita che chiedesse soccorso.



Questi pochi paragrafi, tratti dalle pagine 266 e 267 del libro, e soprattutto il loro finale (da me evidenziato in grassetto) mi sembrano descrivere una situazione abbastanza simile all'analoga scena del disvelamento della strega nel finale di Suspiria, uscito nelle sale diciannove anni dopo. Abbastanza simile in ogni caso da permettermi di annoverare La ragazza e le streghe tra le possibili fonti letterarie del regista e dei suoi collaboratori (Daria Nicolodi in primis). A maggior ragione se si considera che anche la strega Aziadé, come la strega di Argento, perisce infine per mano della sua giovane antagonista. Basta infatti che Pierre se ne vada, perché Eva, munitasi stavolta di un corpo contundente, porti a termine ciò che aveva iniziato, in un modo diverso da quello rappresentato in Suspiria ma pur sempre squisitamente argentiano. 

Chiudo il post con una domanda: cosa sarebbe invece successo se le mie speranze fossero andate deluse e fossi arrivato alla fine del libro senza trovare niente di utile per la Trilogia delle Madri? Fatica sprecata? Niente affatto, visto che avrei comunque aggiunto al bagaglio delle mie letture un libro che ho trovato ottimo e che mi ha decisamente coinvolto, anche a dispetto di certe prevedibilità della trama soprattutto nella sua parte finale.

E chissà quanti altri di questi piccoli tesori misconosciuti annovera la nostra letteratura passata, antica o recente...


* * *


Le due immagini del post diverse da copertine di libri sono fotogrammi del film Suspiria di Dario Argento. 

Commenti

  1. La tua domanda è lecita poiché molti libri, anche di successo a loro tempo, poi finiscono nel dimenticatoio e non vengono più pubblicati.
    Non so quantificarli, ma ho verificato che leggere un testo ormai non più ristampato e restare avvinti dalla lettura, dona più soddisfazione che leggere un romanzo recente, magari ugualmente bello, di cui tutti parlano

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    1. Verissimo. Infatti era da un po' che non mi godevo così tanto una lettura in prosa :-)

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  2. Molto interessante. Direi, più che una coincidenza, un caso di sincronicità. Qualcosa che pare aver caratterizzato un po' tutta la tua vita (almeno così mi è parso leggendo il tuo romanzo, che ho finito giusto la settimana scorsa, :-))

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    1. Felice di rileggerti, Simona :-)) E sì, direi che hai visto giusto... ho avuto una vita talmente densa di sincronicità, da aver perso da vari anni la fede nelle "coincidenze" ^__^

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