Incantesimi cinemusicali /12 - Umano non umano e Picnic at Hanging Rock Reload
Si può dire, di questo nuovo Incantesimo cinemusicale, che si sia in un certo senso creato da solo, in conseguenza di due piccoli eventi tra i tanti che hanno scandito le mie giornate durante questi due mesi di pausa: la visione, a quasi quattro anni di distanza dalla riproposizione da parte della RAROVIDEO, di un vecchio lungometraggio del pittore Mario Schifano intitolato Umano non umano e un mio aggiornamento del lontano Incantesimo cinemusicale numero 2, dedicato al film Picnic at Hanging Rock di Peter Weir. Perché io abbia ritenuto necessario questo aggiornamento dopo quasi sei anni, lo spiego nella seconda parte del post, dopo la sezione dedicata al film di Schifano.
* * *
1. Umano non umano (1969)
Diretto dal pittore Mario Schifano (1934-1998), oggi ricordato come il maggior rappresentante della pop art in Italia, più che un film Umano non umano è una composizione di "blocchi" pittorici sonorizzati e in movimento, intervallati tra loro da spezzoni di trasmissioni televisive riprese direttamente dallo schermo, muti e di varia natura: la Cina di Mao-Tse-Tung, Patty Pravo in concerto, la guerra del Vietnam, la Primavera di Praga, ecc. E se, dal punto di vista stilistico, il riferimento più immediato è senza dubbio il cinema di Andy Warhol, la commistione con le immagini televisive fa facilmente pensare anche a La sequenza del fiore di Carta di Pier Paolo Pasolini (1968).
Secondo di una trilogia che comprende anche Satellite (1968) e Trapianto, consunzione e morte - Dedalus '69 (1969), Umano non umano doveva essere prodotto in origine dai Rolling Stones, in collaborazione con gli italiani Ettore Rosboch, produttore, e Anita Pallenberg (1942-2017), attrice e modella, oltre che compagna, dal 1967 al 1977, del chitarrista degli Stones Keith Richards. Alla fine, però, si faranno carico della produzione i soli Rosboch e Pallenberg, pur se sempre sotto l'etichetta Mount Street Film - dal nome della via londinese dove erano ubicati gli uffici della band - e pur se Mick Jagger e Keith Richards saranno interpreti di due diversi "blocchi" del film, nel ruolo di loro stessi. Il cantante, in completo rosa, esegue in playback la canzone Street Fighting Man (Richards/Jagger), nel frattempo che, pur "ingabbiato" dalla ripresa a camera fissa, sfoggia tutta la sua arte mimica. Il chitarrista è invece mostrato intento a sperimentare con un sintetizzatore moog.
Accanto a questi due "blocchi" di genere musicale, il film ne presenta vari altri, di natura e durata anche molto diversa tra loro. Ve ne sono di "interpretati" da gente comune, come quello che mostra gli operai della Apollon che manifestano davanti a Palazzo Chigi, in difesa di posti di lavoro minacciati - già allora come oggi - dalla rapacità di industriali che delocalizzano e si intascano i fondi pubblici, per poi tradire ogni promessa o accordo. O quello che riprende i tipografi de L'Unità al lavoro. Mentre altri vantano recitazioni di attori professionisti, pur se tutte mute. E' il caso, per esempio, del "blocco" che vede in scena Carmelo Bene in coppia con l'attrice canadese Alexandra Stewart - compagna del regista Louis Malle e protagonista del suo notevole Black Moon (1975). O di quello interpretato dall'attrice serbo-italiana Rada Rassimov. Un terzo tipo di "blocchi" ritrae invece intellettuali dell'epoca come lo scrittore Alberto Moravia o il poeta Sandro Penna. Penna come protagonista di uno dei "blocchi" più lunghi (15'), più parlati (e più interessanti) del film, Moravia, come interprete muto di uno dei più brevi.
Si differenziano strutturalmente dagli altri, i "blocchi" iniziale e finale del film, che si apre con una breve meditazione del critico d'arte Maurizio Calvesi - sulla pittura del passato, a sancire la morte della pittura nel presente - accompagnata da diapositive di dipinti di Dürer, Fragonard, Sir Joshua Reynolds, Caravaggio e Velazquez, e si chiude, in totale contrasto, con una scarna e silenziosa fuga "a carrello" su una strada disseminata di ciottoli.
Riguardo poi al "significato" del film - che se non di una trama riconoscibile dispone comunque di una sceneggiatura ufficiale, scritta a quattro mani dal regista e da Franco Brocani - quel che ho colto io - al di là del manifesto intento politico e artistico-sperimentale, che lo rende pienamente figlio di un determinato periodo storico - è un generale senso di inquietudine, ma anche di squallore, richiamato in particolare da un'intenzionale evocazione della meccanicità e ripetitività del vivere, soprattutto quando l'occhio del regista varca i confini dell'individuale per allargarsi alle relazioni interpersonali, all'interno della coppia o di gruppi sociali più ampi.
Per una lettura più critica, riporto qui di seguito, dal libretto allegato al DVD della RAROVIDEO, un estratto di un articolo a firma Giorgia Calò, che sembra riprenda però, senza citarli, concetti espressi in precedenza da Adriano Aprà, Mario Spila e Alberto Moravia. Tutte persone molto vicine a Mario Schifano, anche se non so davvero dire in quale misura le parole che seguono corrispondano davvero alle intenzioni originali sue e di Brocani.
Nessun blocco è privilegiato (è compito dello spettatore coordinare e intrecciarli tra loro) anche se ce ne sono due che durano più degli altri (15'). Sono la rappresentazione della festa borghese e il monologo di Sandro Penna. Schifano sembra aver voluto rappresentare nello stesso lasso di tempo il "non umano" e l'"umano" del mondo. In un montaggio parallelo Schifano alterna al "non umano" della cultura occidentale effimera, ripresa con una lentezza insopportabile, l'"umano" della resistenza vietnamita e della rivoluzione cinese, immagini queste drammaticamente veloci. Le immagini della guerra sono quindi espresse in contrapposizione alle sequenze delle feste borghesi, litigi coniugali e crisi di coppia. Viene rappresentato il "non umano" attraverso la ripresa di quella parte della società ignara, volutamente o meno, delle tragedie che accadono fuori dalle loro case eleganti.
Ma se finora ho trovato necessario dilungarmi un poco sul film, è tempo di arrivare al vero protagonista di questa mia categoria di post: l'estratto video a tema musicale. Tra l'esecuzione (in playback) di Mick Jagger e quella improvvisata di Keith Richards col sintetizzatore moog, non ho avuto dubbi nel preferire questa seconda. Anche perché mi ricorda il tipo di lavoro che facevamo al conservatorio, nel corso di fonologia, davanti a computer grandi come armadi.
Va comunque precisato che Umano non umano dispone anche di una colonna sonora indipendente da queste due "clip", con musiche di Johann Sebastian Bach e Maurice Ravel. Anche se a spiccare più di tutto è il battito di un cuore, che dà un po' il ritmo all'intero film ed è anche l'unico elemento che sembra dotato della libertà di viaggiare da un"blocco" all'altro, sparendo e riaffiorando a tratti.
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2. Picnic at Hanging Rock (1975)
E' ora arrivato il momento di mostrare l'aggiornamento del mio secondo Incantesimo cinemusicale, oltre che, come ho detto nella premessa iniziale di spiegarne le ragioni.
La versione originale dell'Incantesimo, come forse qualcuno di voi potrà ricordare, comprendeva una sequenza di Picnic at Hanging Rock con il commento sonoro del flauto di Pan di George Zamfir, mentre, per l'unico brano musicale composto appositamente per la pellicola, Ascent Theme di Bruce Smeaton, mi ero limitato a inserire il solo brano audio.
Da quando però è diventato accessibile il finale originale girato da Peter Weir, e quindi possibile ascoltare per intero, insieme alla sua visione, anche la bellissima composizione di Smeaton (nella parte iniziale), non aspettavo altro che l'occasione giusta per fare un aggiornamento del vecchio post, e allo stesso tempo presentare il brano in un nuovo post, così da non vederlo passare inosservato alla maggioranza dei lettori del blog.
L'occasione è finalmente arrivata e quello che state per vedere può essere considerato, in ultima analisi, una specie di Capitolo XVIII del film, qualcosa cioè di corrispondente al famoso capitolo perduto e ritrovato del libro di Joan Lindsay, a cui ho dedicato la serie di quattro post Il Segreto di Hanging Rock. Non forse altrettanto rivoluzionario, ma senza dubbio a suo modo importante. Oltre che godibile in tutto il suo splendore cinemusicale.
La versione originale dell'Incantesimo, come forse qualcuno di voi potrà ricordare, comprendeva una sequenza di Picnic at Hanging Rock con il commento sonoro del flauto di Pan di George Zamfir, mentre, per l'unico brano musicale composto appositamente per la pellicola, Ascent Theme di Bruce Smeaton, mi ero limitato a inserire il solo brano audio.
Da quando però è diventato accessibile il finale originale girato da Peter Weir, e quindi possibile ascoltare per intero, insieme alla sua visione, anche la bellissima composizione di Smeaton (nella parte iniziale), non aspettavo altro che l'occasione giusta per fare un aggiornamento del vecchio post, e allo stesso tempo presentare il brano in un nuovo post, così da non vederlo passare inosservato alla maggioranza dei lettori del blog.
L'occasione è finalmente arrivata e quello che state per vedere può essere considerato, in ultima analisi, una specie di Capitolo XVIII del film, qualcosa cioè di corrispondente al famoso capitolo perduto e ritrovato del libro di Joan Lindsay, a cui ho dedicato la serie di quattro post Il Segreto di Hanging Rock. Non forse altrettanto rivoluzionario, ma senza dubbio a suo modo importante. Oltre che godibile in tutto il suo splendore cinemusicale.
Rientro nella tradizione vedo, con una delle tue grandi passioni e un nuovo film di riferimento sicuramente fuori dai circuiti mainstream. Certo che la presenza di Jagger e Richards, sia pure quasi come un cameo, rende questo film di Schifano una piccola rarità.
RispondiEliminaSicuramente un piccolo cult per i fan delle Pietre che rotolano, Ariano :-)
EliminaAvevo visto comparire in questi giorni un altro post, salvo poi vederlo sparire subito... Evidentemente non era ancora tempo. Suggestivo questo episodio, le curiosità musicali mi piacciono sempre, anche se non saprei dire se i due RS si trovassero davvero a loro agio in questa loro apparizione o facessero più che altro qualcosa "a braccio".
RispondiEliminaQuella era una bozza partita per sbaglio, Marco. Del primo post della nuova Sezione di "The Studio", che spero di riuscire a completare e far apparire prima della fine del mese.
EliminaRiguardo al tuo dubbio... Jagger appare partecipe, nel senso che si impegna a fondo nel suo ruolo di animale da palcoscenico. Richards è come colto in un momento privato, ma penso sia una scelta voluta.
Comunque, da quel che ho ricostruito, la frequentazione tra i Rolling Stones e Schifano era continuativa in quel periodo. Immagino che l'incontro tra loro sia avvenuto per intermediazione di Anita Pallenberg, che prima di diventare la compagna di Richards lo era stata del pittore-regista. Ma ho anche letto che Schifano, forse già nel periodo di questo film, vedeva nei Rolling Stones dei "fascisti", cioè dei tipici rappresentati di quel sistema, fondato sulla disuguaglianza economica e l'individualismo, che lui, da comunista, sognava di abbattere.
Si, ripensando alla rapacità odierna dei tanti industriali italiani e stranieri direi che purtroppo non è cambiato niente da allora, sopratutto non è cambiata l'inadeguatezza della nostra classe politica nell'affrontare e nel dare risposte a questa problematica.
RispondiEliminaAnzi forse perfino peggiorata...
Inadeguata forse, Nick, ma sul peggiorata non sono tanto d'accordo. Io, come si usa dire, c'ero, e se ripenso a certi ceffi da incubo come Andreotti o Fanfani, devo dire che mi sento meglio oggi.
EliminaMa gli Stones erano proprio attivi dal punto di vista cinematografico, dunque. L'altro giorno ho scoperto (probabilmente lo sapevano tutti ma non io) che Mick Jagger aveva i diritti del romanzo Arancia meccanica e avrebbe voluto interpretare lui il ruolo principale.
RispondiEliminaMolto interessante quel pezzo di Richards, ha un che di spaziale, siderale. E anche la musica di PHR, quando lei arriva tra le rocce, ha qualcosa di ultraterreno. Bello, mi piace.
(Anche il vecchio Beethoven, nei crediti finali, si ascolta molto, ma molto volentieri!)
In realtà, Kukuviza, si sono limitati quasi sempre a film e video musicali. Nel cinema vero e proprio hanno fatto poche escursioni. Che io sappia, ruoli da protagonista li ha avuti solo Mick Jagger all'inizio degli anni '70, in "Ned Kelly" e "Performance".
EliminaAnche a me l'improvvisazione di Richards, seppur breve, piace molto. E la scena di PHR ha davvero quel qualcosa di ultraterreno che dici, che la rende ancor più assimilabile al finale perduto e ritrovato del libro.
Sono stata come catapultata su quel mirabile finale di Picnic a Hanging Rock, che se ricordi praticamente adoro. C'è qualcosa di ipnotico nel racconto tutto, in particolare sul finale. Sempre interessanti i tuoi post, Ivano.
RispondiEliminaGrazie mille, Luana! Questa parte relativa alla scalata della roccia da parte di Mrs. Appleyard è assente nella versione definitiva del film... forse per ragioni di durata della pellicola, ma non ho indagato a fondo nella cosa. Con l'effetto positivo di sorprenderci con ancora qualcosa di nuovo a distanza di quarant'anni :-))
EliminaBentornato anche su questo tuo spazio virtuale! ;) Guardando il video mi hai fatto venire voglia di rivedere il film Picnic a Hanging Rock, uno dei film stilisticamente più perfetti della storia del cinema, a mio avviso. Per non parlare della storia, onirica, misteriosa e senza soluzione, com'è giusto che sia.
RispondiEliminaUn bentornato a te su queste mie pagine, Cristina :-) Che poi, se ci pensi bene, si è venuta a creare una situazione un po' assurda: se uno legge oggi il romanzo "Picnic a Hanging Rock" si trova a dover aggiungere mentalmente un capitolo, perduto e ritrovato, assente nell'edizione ufficiale del libro; lo stesso se uno guarda oggi il film: si trova a dover aggiungere un finale, perduto e ritrovato, che non c'è neanche nel director's cut del 1998, che possiedo. Ed entrambi i finali mancanti sono ambientati per intero sulla Roccia.
EliminaL'associazioni di idee Schifano-Warhol è stata immediata anche per me, e non solo a questo punto per il lato artistico per il quale sono più conosciuti. Abbiamo già parlato in passato di Arancia meccanica, no?
RispondiEliminaEsiste, per la cronaca, un quasi omonimo film-documentario di Louis Malle, che però forse si ispira più a Nietzsche che a Schifani (almeno a giudicarlo da fuori).
Stupendo questo nuovo "incantesimo"! Meritava proprio un reload!
Certo, ricordo bene sia il post di Simona per lo Speciale, quello sulla meccanica della violenza con l'accostamento Vinyl-Arancia meccanica, sia la tua grande passione per il cinema di Andy ;-D
Elimina"Umano, troppo umano"? Nonostante la mia (vera) passione per Malle, non oserei mai guardarlo. La sinossi me ne tiene ampiamente alla larga.
Sono contento che ti piaciuto il reload :-))