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The Pleasure of Pain II Extended - Da Sade a Pasolini /3: La bibliografia di Salò o le 120 giornate di Sodoma



Revisionato il 22/11/2022

La lingua esprime la realtà attraverso un sistema di segni. Invece un regista esprime la realtà attraverso la realtà. Ecco, questa è forse la ragione per cui mi piace il cinema e lo preferisco alla letteratura.

Pier Paolo Pasolini
* * *
Salò sarà un film "crudele", talmente crudele che (suppongo) dovrò per forza distanziarmene, fingere di non crederci e giocare un po' in modo agghiacciante. 
Pier Paolo Pasolini

* * *


Riprendiamo, per un momento, il passaggio del precedente post in cui de Sade, introducendo al lettore le sue Centoventi giornate, sottolineava come il libertinaggio trovasse la sua età dell’ora in un’epoca di massimo squilibrio - un’epoca, in questo caso del passato, in cui “ci si guardava bene dal perseguire e punire crimini di tal fatta, come invece sarebbe accaduto in seguito”. È evidente qui come de Sade giochi su una commistione di finzione e realtà – presente del resto in ogni opera dello scrittore - per trasportarci in una sorta di passato mitico ma comunque storicamente possibile e attendibile. Lo stesso che farà Pier Paolo Pasolini al momento di trasporre su pellicola lo stesso testo sadiano; sebbene, nel caso del film, la collocazione temporale (e geografica) sia quanto di più accurato, collocata com’è nell’arco temporale, compreso tra il 1944 e il 1945, coincidente con la durata della Repubblica di Salò. Proprio come nel romanzo, anche in questo caso, a dispetto dell’ambientazione reale e definita, la vicenda narrata non è letterale ma possibile e attendibile. E come la semi-finzione, o semi-realtà, del romanzo, anche il suo equivalente pasoliniano parte da una identica concezione del libertinaggio come “espressione più anarchica del potere”. Ma su questo torneremo in modo più approfondito in seguito; mentre per il momento ci concentreremo (come accaduto per il romanzo) sulla struttura del film, cominciando col dire che se le Centoventi giornate di Sodoma di de Sade si presenta, su uno dei suoi numerosi livelli di lettura, come opera “enciclopedica”, Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini è forse il caso unico al mondo di un film che presenta nei titoli di testa una bibliografia essenziale, elenco dei testi utilizzati dal cineasta per la sua realizzazione.



Ricordo che la prima cosa che mi balzò all'occhio a suo tempo, di questo elenco, era la vistosa assenza del nome di Georges Bataille, che io non riesco mai, quando si tratta di de Sade, a non citare accanto a Blanchot e Klossowski. A maggior ragione se mi trovo davanti a frasi come questa:

In ogni opera in cui l’individualità, la singolarità si afferma con originalità e violenza c’è qualcosa di inintegrabile dalla società.

È un'affermazione di Pasolini¹, ma se mi dicessero che citava Bataille potrei ben crederci. Proprio come se mi dicessero che citava Blanchot o Klossowski. Ma quel che più conta è che definisce a pennello un'opera letteraria come quella di Donatien-Alphonse-François de Sade, la cui inintegrabilità si è spinta al punto da convincere la società del suo tempo a relegare a vita ai suoi margini anche il suo autore (sebbene con Pasolini, alla fine, ci si sia spinti anche oltre).

Degno di nota è anche, dell'elenco, l'avviso finale sui brani di Klossowski e Barthes citati nel film dai quattro libertini - il Duca, il Vescovo, l'Eccellenza e il Presidente -: brani tratti da due testi pubblicati la prima volta nel 1947 e nel 1971 e quindi ancora inesistenti all'epoca di ambientazione del film. Ma quali sono esattamente queste citazioni? E in che forma sono diventate parte del testo definitivo di Salò? Trattandosi in genere di massime di filosofia libertina, prive di collegamenti diretti con gli eventi del film, sono in genere perfettamente replicabili qui, con un’unica eccezione, rappresentata dalla scena della finta minaccia di uccisione di una delle vittime maschili (per cui ho scelto, in questo particolare caso, di replicare la citazione nella didascalia dell'immagine di accompagnamento).


Cominciando dal saggio di Roland Barthes, Sade, Fourier, Loyola, sembra che Pasolini abbia tratto da questo testo un'unica citazione, enunciata dal Vescovo:

Deliziosa creatura, vuoi le mie mutande sporche, le mie vecchie mutande? Sai che ciò è di una raffinatezza impareggiabile? Vedi come sono sensibile al valore delle cose. Ascolta, angelo mio, io ho il più grande desiderio del mondo di contentarti in questo, poiché sai che rispetto i gusti, i capricci: per barocchi che essi siano li trovo tutti rispettabili, sia perché non ne siamo arbitri, sia perché anche il più singolare e il più bizzarro, a bene analizzarlo, risale sempre a un principe de délicatesse.

Che è a sua volta la citazione letterale, da parte di Barthes, di un passo di una lettera del prigioniero de Sade alla moglie che gli aveva richiesto le mutande sporche da lavare.

Più numerose sono invece le citazioni riconducibili al saggio di Pierre Klossowski Sade prossimo mio/Il filosofo scellerato. Comincio in questo caso dalla citazione del Duca, proveniente in parte dal capitoletto "Critica del perverso in Sade, preliminare alla creazione del personaggio sadiano", che occupa le pagine 27-34 dell'opera nell'edizione ES:

Noi fascisti siamo i soli veri anarchici, naturalmente una volta che ci siamo impadroniti dello Stato. Infatti la sola vera anarchia è quella del potere. Tuttavia guardi lì, la gesticolazione oscena è come un linguaggio dei sordomuti, col suo codice che nessuno di noi, malgrado il suo illimitato arbitrio può trasgredire. Non c'è niente da fare. La nostra scelta è categorica: noi dobbiamo subordinare il nostro godimento a un gesto unico.²

Così come dalla stessa sezione del libro proviene questa citazione del Duca:

Il gesto sodomitico è il più assoluto per quanto contiene di mortale per la specie umana, e il più ambiguo perché accetta le norme sociali per infrangerle.

La replica del Vescovo:

C'è qualcosa di più mostruoso del gesto del sodomita, ed è il gesto del carnefice.
E' vero - ribatte il Duca -, ma il gesto del sodomita ha il vantaggio di poter essere ripetuto migliaia di volte.


Mentre il passo originale di Klossowski (op. cit., pag. 31) si presenta così:

Cercando di decifrare il gesto del perverso, Sade istituirà il codice della perversione. Il segno chiave gli viene rivelato dalla sua stessa costituzione, ed è quello del gesto sodomita. Per Sade tutto gravita, da vicino o da lontano, attorno a questo gesto, il più assoluto per quel che di mortale ha per le norme della specie, e in certo qual modo d'immortale per il suo ricominciare; il più ambiguo, in quanto concepibile unicamente grazie all'esistenza di quelle norme; il più atto alla trasgressione, che può effettuarsi soltanto tramite l'ostacolo di quelle norme.³

Sulla mostruosità tirata in ballo dal Vescovo, si era in precedenza anche espressa una narratrice degli esempi di passioni, la Signora Maggi, che cita ancora da Klossowski e lo fa direttamente in francese (lingua madre dell'attrice):

Notre délice, c'est de ré-introduire le caractère divin de la mostruosité, à travers des actes réitérés, c'est-à-dire des rites.

Ecco, per il confronto, il testo integrale di Klossowski in italiano (op. cit., pag. 14):

...l'ateismo sadiano reintroduce il carattere divino della mostruosità - divino nel senso che la sua "presenza reale" si attua sempre attraverso dei riti - ossia degli atti reiterati.


Tutti i brani di Klossowski fin qui citati, provengono interamente dal breve saggio Il filosofo scellerato, premesso a Sade prossimo mio solo a partire dall'edizione riveduta del 1967. Da una parte diversa del libro è invece tratta questa citazione del Duca:

Ebbene, Eccellenza, si è convinto? E' dalla vista di coloro che non godono ciò che godo io e che soffrono i peggiori disagi che deriva il fascino di poter dire a se stessi: "Comunque io sono più felice di questa canaglia che si chiama popolo": dovunque gli uomini siano uguali, e non esista questa differenza, nemmeno la felicità esisterà mai.

Ed ecco, per il confronto, il corrispondente passo di Klossowski (op. cit., pag. 91):

Il personaggio di Saint-Fond rivela un ulteriore tratto caratteristico della coscienza libertina: l'orgoglio della sua condizione, il disprezzo del suo simile, e infine l'odio, misto a timore, nei confronti di "questa vile canaglia chiamata popolo".

Un'altra citazione, del Vescovo stavolta, è anch'essa attribuita a Klossowski nel secondo dei due volumi della collana Meridiani Mondadori che comprendono tutti gli scritti per il cinema di Pasolini:

Imbecille, come potevi pensare che ti avremmo ucciso? Non lo sai che noi vorremmo ucciderti mille volte, fino ai limiti dell'eternità, se l'eternità potesse avere dei limiti?

Imbecille, come potevi pensare che ti avremmo ucciso? Non lo sai che noi vorremmo ucciderti mille volte,
fino ai limiti dell'eternità, se l'eternità potesse avere dei limiti?

La fonte di questa citazione è invece a mio avviso da ricercarsi nel saggio di Maurice Blanchot Lautréamont e Sade, dove (pagina 38 dell'edizione SE) è citato un passo della Histoire de Juliette di Sade in cui Lady Clairwill così rimprovera il ministro Saint-Fond:

"Sostituisci l'idea voluttuosa che ti infiamma la mente - l'idea di prolungare all'infinito i supplizi dell'essere che è stato votato alla morte -, sostituiscila con un maggior numero di omicidi; non devi far durare più a lungo la morte di uno stesso individuo, cosa che è impossibile, ma assassinarne molti altri, il che è fattibile."⁴

Brano forse usato da Pasolini anche per la citazione in tedesco sul lupo mannaro, considerata spesso oscura, con cui la Signora Castelli conclude le sue descrizioni delle passioni di tipo omicida e prepara la strada alla parte finale del film, nota soprattutto per le realistiche scene di tortura:

Werwolf, es ist nicht genug denselben Menschen immer wieder zu totën. Es ist dagegen zu empfehlen, soviel Wesen wie möglich umzubringen.

Il riferimento al lupo mannaro? La fonte è forse da ricercarsi (ma è una mia tesi) nella prima stanza di una poesia di Charles Baudelaire intitolata Il crepuscolo della sera (I Fiori del male XCV), che Pasolini aveva evidenziato a matita, sulla sua copia del libro con le poesie di Baudelaire, proprio in vista di un possibile utilizzo nel film⁵:

L'incantevole sera, amica del delitto, ecco venire
a complici passi di lupo. L'orizzonte
si chiude lentamente come un'immensa alcova,
l'uomo impaziente si trasforma in belva.


Se si escludono infatti i numerosi estratti da Le centoventi giornate di Sodoma, riportati spesso alla lettera⁶, le altre citazioni da opere di Sade utilizzate da Pasolini provengono tutte non dalle opere stesse ma dai saggi citati nella bibliografia di apertura. Figurano inoltre nel film, a completare il collage della sceneggiatura, alcune citazioni letterarie extra-sadiane, tra le quali voglio ricordare almeno quella tratta dal Quarto dei Canti di Maldoror di Lautréamont. Citazione che non ho finora trovato evidenziata in nessuno dei saggi e articoli che ho letto, e che recita così:

Era giunto finalmente il giorno...

dice a un certo punto il libertino designato nel film come Eccellenza e corrispondente al Curval del romanzo di Sade.

...in cui fui io un maiale, provavo i denti sulla corteccia degli alberi, il grugno me lo contemplavo con delizia.

Continua e conclude la Signora Castelli.



* * *

Note al testo


¹ Da Pasolini prossimo nostro, Cinemazero/Ripley's Film 2006. Regia di Bernardo Bertolucci.

² Pierre Klossowski, Sade prossimo mio. Es, 2003. Traduzione di Gaia Amaducci.

³ Così invece Pasolini in Le regole di un'illusione, pag. 317: "Di Klossowski ho scelto alcuni brani, là dove parla della gesticolazione dell'amore, dell'eros. Eternamente uguale e di qui il codice della ripetitività. Sorge però il problema della gesticolazione sodomitica, che è la più tipica di tutte perché la più inutile. La più gratuita perché meglio riassume la ripetitività infinita dell'atto. E poi, in tutto ciò, si inserisce la gesticolazione del carnefice, che è anomala in quanto può ripetere il gesto una sola volta. E soprattutto ho preso da Klossowski - ripreso poi da Palazzolo - il modello di Dio. Tutti questi superuomini nietzscheani ante litteram, nell'adoperare i corpi come cose, in realtà non sono che dèi in terra. Cioè, il loro modello è sempre Dio. Nel momento in cui lo negano non freddamente - diciamo così secondo la filosofia razionale, libertina - ma con passione, lo rendono reale. Lo accettano come modello."

⁴ Maurice Blanchot, Lautréamont e Sade, 2003 SE. Traduzione di Vincenzo Del Ninno.

⁵ Come mostrato nel video-documento La fine di Salò (2005), ideato e diretto da Mario Sesti.

⁶ Da Pasolini prossimo nostro: "Non ho aggiunto una parola a ciò che dicono i personaggi di Sade, né alcun particolare estraneo alle azioni che compiono. Il solo riferimento all’attualità è il loro modo di vestirsi, di comportarsi, la scenografia, ecc. insomma, il mondo materiale del 1944."

Le foto di scena in bianco e nero sono di Deborah Imogen Beer, fotografa ufficiale sul set del film, e sono tratte dal film citato Pasolini prossimo nostro.

Commenti

  1. Complimenti per il lavoro certosino di analisi del testo del film e confronto con la bibliografia citata (in effetti anch'io non credo di aver mai visto un solo film in cui tra i titoli venisse citata anche la bibliografia di riferimento...)

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    1. Grazie mille dei complimenti, Ariano. E' stato un lavoro appassionante, anche se impegnativo. Mi spiace solo di non aver mai letto due titoli della bibliografia, quelli di Simone de Beauvoir e di Philippe Sollers, e di non aver quindi potuto indagare in che modo hanno influito nella costruzione del film.

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  2. Una lavoro non da poco Ivano, affascinante e di profonda cultura. Complimenti.

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    1. Davvero affascinante come lavoro, Ferruccio. Grazie mille anche a te!

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  3. Complimenti, di tutte le disamine che ho letto su questo film, a memoria credo che mai nessuna si sia occupata di indagare questi aspetti, che hanno un interesse che va oltre la mera curiosità. :-)

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    1. Grazie dei complimenti, Simona. L'unica disamina di questo tipo che conosco è quella del volume dei Meridiani che ho citato nel post, ma è meno dettagliata e riferita solo a Blanchot e a Klossowski. Pensavo fosse doveroso muovere un altro passo in avanti nell'esegesi del film. Nel prossimo post ne tenterò ancora un altro ;-)

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  4. Ciao Ivano.
    Complimenti per l’articolo .
    Leggere da qui in poi le tue considerazioni sul film di Pasolini per me che non l’ho visto se non qualche estratto da YouTube ma che ho letto invece il racconto di Sade è importante.
    Come tanti tasselli di un puzzle da costruire man mano che questo POP2 extended procede.
    Non sapevo niente delle citazioni di cui parli e assieme ad altri aspetti che approfondirà nel proseguo dei tuoi articoli ne esce fuori un Pasolini attento e meticoloso nel costruire la sua opera cinematografica.
    L’articolo serve sicuramente a farmi conoscere di più Pasolini, lacuna di cui non ne vado sicuramente fiero.
    Una sola domanda: la Imogen beer , fotografa ufficiale del film.
    È la stessa che ha pubblicato il libro con più di 8000 (?) foto , che documentano le scene ( soprattutto di tortura) andare perse quando hanno rubato le bobine finali a Pasolini e che il loro tentato recupero ha costato la vita al regista?
    Ho trovato qualcosa tempo fa’ sul web a proposito di questo libro fotografico...ma adesso non ricordo la fonte e non nemmeno voglia di star qua a cercare....

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    Risposte
    1. Ciao Max e grazie per i complimenti!
      Né ho visto il libro di cui parli e neanche sapevo della sua esistenza e poiché mi interesserebbe molto mi sono messo a cercarlo sul web. Ma non ne ho trovato traccia neanche scrivendo nel motore di ricerca "libro fotografico su Salò di Deborah Imogen Beer", quindi sembrerebbe non esistere. Che la Imogen Beer abbia scattato più di 8000 foto di scena è comunque più che probabile, perché io stesso ne ho già raccolte più di 1000 e sicuramente non le ho ancora trovate tutte.
      So che un tentativo di ricostruzione della parte mancante del film c'è stato nel 2015, mi pare da parte della Cineteca di Bologna, ma non ho mai visto i risultati al di là di qualche foto sparsa. E' certo comunque che ciò che è stato effettivamente girato da Pasolini è ben più crudo di quel che è poi finito nella versione finale del film...

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  5. Ciao , guarda son andato a ritroso con la mente per cercare dove avevo trovato quelle notizie riguardo le foto.
    Quando le vidi per caso forse due settimane fa’ stavo cercando immagini di torture legate a Salo’...sai son curioso che posso farci?
    Mi uscì un book fotografico che presentava in copertina quel ragazzo ( credo) a cui fingono di sparare , dietro le sbarre con il suo carceriere vicino.
    Come anteprima si potevano vedere delle foto di scena delle torture ( quelle meno cruente) del film di Pasolini.
    Internet non ti faceva vedere chiaramente tutto il contenuto del libro.
    Adesso ho provato a ricercare quella pagina .
    Dal telefonino non riesco a trovarla ( non ricordo cosa ho digitato allora perché mi collegasse direttamente al libro fotografico.
    Però ho trovato l’articolo che parla di quelle scene fotografate dalla Beer e anche da Fabian Cevallos che riguardano le torture e la parte finale del film andata persa.
    È un intervista di Davide Pulici del 2015 per Nocturno.
    Conferma che erano 8000 le foto del film.

    http://www.nocturno.it/il-conto-e-chiuso-torture-e-morte-salo/
    Ciao

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    Risposte
    1. Ciao Max, conoscevo già l'articolo di Nocturno che mi hai linkato, ma grazie comunque.

      Non è che il libro di cui hai memoria sia in realtà proprio quello di Cevallos? Se ci pensi bene, 8000 foto, come sono quelle della Beer, sono decisamente troppe per essere contenute in un libro. Cevallos invece ne ha scattate poche, perché, per sua stessa ammissione, venendo dal Sud America, cioè da una terra in cui in quegli anni violazioni come quelle presentate nel film erano all'ordine del giorno, era impressionato da quel che vedeva sulla scena del film e rimaneva come paralizzato.

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  6. Si sì ...andavo a ricordi.
    8.000 foto scattate, ma sicuramente di meno dentro un libro.

    Può essere il libro di Cevallos quello che ho visto nel web...forse?
    Ma la copertina che ho visto non coincide con la cover che esce del libro se lo cerchi su internet.
    Non saprei ..ricordo che il volume che vidi era proprio incentrato sulle foto delle torture presenti nel film.
    Ciao

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    Risposte
    1. La cosa tornerebbe, perché in effetti Cevallos, a differenza della Beer, ha presenziato solo alla fase finale delle riprese del film.

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