Il regno di ERB: The Greatest Adventure /3
Riprendo qui, dal punto esatto in cui lo avevo interrotto alla fine del precedente post, il dialogo tra il giovane scienziato Jason Gridley e Tarzan, con Gridley che cerca di persuadere l'uomo scimmia a unirsi alla sua spedizione verso il mondo sotterraneo di Pellucidar, allo scopo di liberare David Innes dalla prigionia dei Korsar.
“E lei pensa che sia possibile farlo?” chiese l’uomo scimmia. “E’ convinto
dell’esattezza della teoria di Innes che esiste un accesso al mondo interno a
ciascuno dei poli?”
“Mi sento libero di ammettere che non so a cosa credere” replicò l’americano.
“Ma dopo aver ricevuto il messaggio da Perry ho iniziato a investigare e ho
scoperto che la teoria di un mondo abitabile al centro della terra a cui
conducono delle aperture ai poli nord e sud non è nuova e che vi sono molte
prove a suo sostegno. Ho trovato un’esposizione molto dettagliata della teoria
in un libro scritto intorno al 1830 e in un’altra opera più recente. Al loro
interno ho trovato quelle che sembrano interpretazioni ragionevoli di
fenomeni molto conosciuti ma che non sono stati spiegati in modo
soddisfacente da nessuna ipotesi sostenuta dalla scienza.
“Quali, per esempio?”.
“Be’, per esempio, i venti e le correnti oceaniche calde provenienti dal
nord di cui parlano praticamente tutti gli esploratori dell’artico; la presenza
di rami d’albero con foglie verdi che fluttuano verso sud dall’estremo nord,
molto al di sopra della latitudine a cui si incontrano sulla crosta esterna;
poi c’è il fenomeno dell’aurora boreale, che alla luce della teoria di David
Innes può essere facilmente spiegato nei termini di raggi di luce provenienti
dal sole centrale del mondo interno, che si fanno occasionalmente strada
attraverso la nebbia e i banchi di nubi sovrastanti l’apertura polare. Inoltre
c’è il polline, che spesso ricopre in spessi strati il ghiaccio e la neve di
alcune aree della regioni polari. Questo polline può provenire solo dal mondo
interno. E in aggiunta a tutto questo c’è l’insistenza delle tribù
eschimesi dell’estremo nord sulla provenienza dei loro antenati da un paese più
a nord”.
Pagina 1 di 3 del facsimile del brevetto della teoria della terra cava di Gardner. |
Per il "libro scritto intorno al 1830", il candidato più probabile mi sembra essere Symmes's theory of concentric spheres: demonstrating that the earth is hollow, habitable within, and widely open about the poles, scritto nel 1826 da James McBride, sulla base delle tesi di John Cleves Symmes Jr., assertore dell'idea che siano le aperture ai poli a condurre all'interno della terra. Mentre "l'opera più recente" potrebbe essere sia il libro di William Reed, Phantom of the Poles, pubblicato a New York nel 1906, o quello di Marshall B. Gardner già citato nel precedente post: A Journey to the Earth's Interior or Have the Poles Really Been Discovered?, del 1913. Fra parentesi, Gardner richiese e ottenne per la sua teoria un brevetto (n.1096102 degli Stati Uniti).
I fenomeni citati nel seguito del testo erano, e in buona misura lo sono ancora oggi, tutti fenomeni citati dai sostenitori della teoria della terra cava a riprova della sua veridicità.
“Ma Admunsen ed Ellsworth, con la spedizione del Norge, non dettero la prova
definitiva della non esistenza, al polo nord, di un’apertura della crosta
terrestre? E non sono già stati compiuti già abbastanza voli aerei sulle
regioni ancora inesplorate in prossimità del polo?” continuò l’uomo scimmia.
“La risposta è che l’apertura polare è talmente grande che un’aeronave, un
dirigibile o un aeroplano potrebbero discendere per un poco al di là del suo
bordo e poi uscirne di nuovo fuori senza neanche rendersene conto, ma la teoria
più plausibile è che nella maggioranza dei casi gli esploratori si sono
semplicemente limitati a seguire il margine esterno dell’orifizio, il che
spiegherebbe il peculiare malfunzionamento della bussola e di altri strumenti
scientifici in prossimità del cosiddetto polo nord – una questione su cui si
sono interrogati a lungo tutti gli esploratori dell’artico”.
Secondo Gardner il diametro delle aperture polari è di circa 2250 km. Dimensioni così grandi, unite alla estrema gradualità della loro curvatura, fanno sì che tali aperture siano impossibili da osservare visivamente da terra o da voli ravvicinati. Ma anche l'occhio dei moderni satelliti incontra dei problemi, a causa del fenomeno di condensazione conseguente al contatto dell'aria calda interna con l'aria esterna polare, con il risultato che le aperture sono quasi sempre coperte da uno spesso strato di nubi.
“Il rischio più grande con cui dovremo confrontarci è la possibile
incapacità di fare ritorno alla crosta esterna, a causa della dispersione di elio
che potrebbe rendersi necessaria per manovrare l'aeronave. Ma non si tratta nient’altro
che delle chance di vita o morte di cui ogni esploratore o ricercatore
scientifico deve volontariamente farsi carico per condurre il proprio operato.
Se fosse possibile costruire uno scafo abbastanza leggero, e allo stesso tempo
abbastanza resistente da sopportare la pressione atmosferica, allora potremmo
fare a meno sia del pericoloso idrogeno sia del raro e costoso elio e
assicurarci il massimo della sicurezza e il massimo della flessibilità in
un’aeronave sostenuta per intero da serbatoi di vuoto”.
“Forse è anche possibile” osservò Tarzan, che manifestava un crescente
interesse verso le asserzioni di Gridley.
L’americano scosse la testa. “Forse un giorno sarà possibile” spiegò. “Ma
non con i materiali oggi conosciuti. Qualsiasi recipiente che abbia sufficiente
forza da sostenere la pressione atmosferica sulle pareti di uno spazio vuoto
avrebbe un peso davvero troppo grande per potersi levare in volo”.
Ma Tarzan, che ha un insospettabile asso nella manica, non sembra dello stesso avviso.
"Forse" osservò Tarzan. "Ma forse anche no".
"Che intende dire?" lo inquisì Gridley.
"Quel che mi ha appena detto" rispose tarzan, "mi ha riportato alla mente qualcosa che un mio giovane amico mi ha detto di recente. Erich von Harben è lui stesso una specie di scienziato ed esploratore, e
l’ultima volta che l’ho visto aveva appena fatto ritorno da una seconda
spedizione nelle Montagne Wiramwazi, dove mi ha detto di aver scoperto una
tribù che abitava sul lago e usava canoe fatte di un metallo che era
all’apparenza più leggero del sughero e più forte dell’acciaio. Ha portato con
sé dei campioni del metallo e l’ultima volta che l’ho visto stava conducendo
degli esperimenti in un piccolo laboratorio che ha allestito nella missione di
suo padre”.
“Dov’è quest’uomo?” chiese Gridley.
“La missione del Dr. Von Harben si trova nel paese degli Urambi” rispose
l’uomo scimmia, “a circa quattro giorni di marcia da dove siamo ora”.
I due uomini discussero del progetto fino a notte fonda, perché Tarzan era
adesso vivamente interessato, e il giorno dopo deviarono verso il paese degli
Urambi e la missione di von Harben, dove arrivarono il quarto giorno e furono
accolti dal Dr. Von Harben e il figlio Erich, come anche dalla moglie di
quest’ultimo, la bellissima Favonia di Castrum Mare.
Figlio del missionario amico di Tarzan Karl von Harben, Erich von Harben è uno dei protagonisti di Tarzan and the Lost Empire (Tarzan e l'impero perduto), dodicesimo romanzo del ciclo, la cui pubblicazione, nel 1928, precede di un anno quella di Tanar of Pellucidar e di due anni quella di Tarzan at the Earth's Core.
Pur avendo, esattamente come Jason Gridley, solo ventitré anni al momento del suo primo incontro con l'umo scimmia, Erich, oltre che un archeologo e studioso di lingue morte, è già un esperto alpinista. In occasione di una delle sue visite al padre in Africa è incuriosito dalle storie degli anziani Bantu, a proposito di una misteriosa tribù di bianchi che si nasconderebbe nelle profondità delle montagne del Wiramwazi*, e decide di organizzare una spedizione alla ricerca di quella che, secondo lui, potrebbe essere la biblica tribù perduta di Israele.
Pur avendo, esattamente come Jason Gridley, solo ventitré anni al momento del suo primo incontro con l'umo scimmia, Erich, oltre che un archeologo e studioso di lingue morte, è già un esperto alpinista. In occasione di una delle sue visite al padre in Africa è incuriosito dalle storie degli anziani Bantu, a proposito di una misteriosa tribù di bianchi che si nasconderebbe nelle profondità delle montagne del Wiramwazi*, e decide di organizzare una spedizione alla ricerca di quella che, secondo lui, potrebbe essere la biblica tribù perduta di Israele.
Si tratta, in realtà, dei discendenti dei sopravvissuti di un'antica spedizione romana nell'interno dell'Africa, che, dopo aver trovato rifugio in una valle incassata nel cuore del Wiramwazi, hanno scatenato una guerra civile e si sono divisi in due fazioni, reggente ognuna un proprio mini impero. Il primo, Castrum Mare, è situato a est ed è governato dall'Imperatore d'Oriente Validus Augustus, l'altro, Castra Sanguinarius, è situato a ovest ed è governato dall'imperatore d'Occidente Sublatus.
Tarzan entra in scena quando Karl von Harben gli chiede di mettersi sulle tracce del figlio disperso. A complicare le cose, prima dell'inevitabile lieto fine con tanto di nozze tra il giovane von Harben e la citata Favonia, la circostanza che Tarzan ed Erich von Harben entrano nella valle da due vie diverse, così che si ritrovano a lungo separati, con l'uomo scimmia confinato in Castra Sanguinarius e l'altro in Castrum Mare.
Ma torniamo ora, dopo questa rapida introduzione al personaggio, al vero motivo per cui Erich von Harben è stato tirato in ballo: l'harbenite, un metallo sconosciuto da lui rintracciato nella valle nascosta. Più leggero del sughero ma più resistente dell'acciaio, è esattamente quel che serve a far sì che l'aeronave sognata da Gridley diventi realtà.
Tarzan entra in scena quando Karl von Harben gli chiede di mettersi sulle tracce del figlio disperso. A complicare le cose, prima dell'inevitabile lieto fine con tanto di nozze tra il giovane von Harben e la citata Favonia, la circostanza che Tarzan ed Erich von Harben entrano nella valle da due vie diverse, così che si ritrovano a lungo separati, con l'uomo scimmia confinato in Castra Sanguinarius e l'altro in Castrum Mare.
Ma torniamo ora, dopo questa rapida introduzione al personaggio, al vero motivo per cui Erich von Harben è stato tirato in ballo: l'harbenite, un metallo sconosciuto da lui rintracciato nella valle nascosta. Più leggero del sughero ma più resistente dell'acciaio, è esattamente quel che serve a far sì che l'aeronave sognata da Gridley diventi realtà.
E sei mesi più tardi, quando lo 0-220**, come era ufficialmente conosciuto,
fu pronto ad alzarsi in volo, venne genericamente considerato nulla più di un nuovo modello di dirigibile pronto a essere utilizzato come un qualunque altro
mezzo di trasporto su una delle tante rotte aeree commerciali europee.
Il grande scafo a forma di sigaro dello 0-220 era lungo poco più di
trecento metri e misurava 45 metri di diametro.*** L’interno dello scafo era
diviso in sei ampi compartimenti stagni, tre dei quali, lunghi quanto l’intera
nave, sopra la linea mediana e tre sotto. Dentro lo scafo, e sempre
disposti per tutta la sua lunghezza sui lati della nave, tra i serbatoi di
vuoto superiori e inferiori, si trovavano dei lunghi corridoi in cui erano albergati i
motori e le pompe, in aggiunta alle riserve di nafta e benzina.
La collocazione interna della stanza dei motori era resa possibile
dall’eliminazione del rischio di incendio - una fonte di pericolo sempre
presente nelle aeronavi che dipendono per il loro volo dall’idrogeno - per mezzo
della realizzazione a prova di fuoco dello 0-220; ogni sua parte era infatti di harbenite, utilizzato per tutto eccetto che per gli arredamenti e le rifiniture della cabina e per certi rivestimenti e i cuscinetti a
sfera di motori, generatori ed eliche.
La descrizione di Burroughs, particolareggiatissima, va avanti ancora a lungo; io ho voluto riportarne l'inizio per darne un'idea. Ci basti sapere, di altro, che il peso totale del dirigibile è di 75 tonnellate rispetto alla capacità di sollevamento totale di 225 tonnellate dei suoi serbatoi.****
Il Burroughsologo Rick Johnson, che si è preso la briga di verificare ogni dato in sede separata, ha concluso che Burroughs era padrone della materia. Vale a dire, se davvero esistesse qualcosa come l'harbenite, lo 0-220 costruito in base al progetto dello scrittore volerebbe realmente.
Il Burroughsologo Rick Johnson, che si è preso la briga di verificare ogni dato in sede separata, ha concluso che Burroughs era padrone della materia. Vale a dire, se davvero esistesse qualcosa come l'harbenite, lo 0-220 costruito in base al progetto dello scrittore volerebbe realmente.
Diagramma dello 0-220 realizzato da Rick Johnson sulla base della minuziosa descrizione di Edgar Rice Burroughs. |
E ora, stabilito questo, non resta che accomodarci tutti a bordo e iniziare il nostro viaggio verso il polo nord e il centro della terra.
* * *
Note
* Il Wiramwazi è una delle tante regioni immaginarie dell'Africa inventate da Burroughs nel suo ciclo di romanzi su Tarzan.
** Nulla di esoterico nella scelta di questa sigla. Si tratta semplicemente del numero di telefono dell'ufficio di Edgar Rice Burroughs al tempo della stesura del romanzo.
*** Per dare un'idea delle dimensioni dello 0-220, il più grande dirigibile mai costruito, l'Hindenburg, o LZ-129, era lungo 245 metri e aveva un diametro massimo di 41 metri.
**** Il peso dell'Hindenburg era invece di 215 tonnellate, con una capacità di sollevamento totale (per mezzo di serbatoi di idrogeno) di 232 tonnellate.
L'immagine di apertura del post è: Gerald Brom, Tarzan at the Earth's Core (1997).
** Nulla di esoterico nella scelta di questa sigla. Si tratta semplicemente del numero di telefono dell'ufficio di Edgar Rice Burroughs al tempo della stesura del romanzo.
*** Per dare un'idea delle dimensioni dello 0-220, il più grande dirigibile mai costruito, l'Hindenburg, o LZ-129, era lungo 245 metri e aveva un diametro massimo di 41 metri.
**** Il peso dell'Hindenburg era invece di 215 tonnellate, con una capacità di sollevamento totale (per mezzo di serbatoi di idrogeno) di 232 tonnellate.
L'immagine di apertura del post è: Gerald Brom, Tarzan at the Earth's Core (1997).
Certo che Verne ne ha forniti di spunti ai suoi colleghi dei decenni successivi :-D
RispondiEliminaGià. Come del resto Burroughs ne ha forniti altrettanti agli scrittori successivi. E' tutta una catena ;-)
EliminaBurroughs è stato davvero uno scrittore seminale. :D
EliminaIl primo, se non sbaglio, a creare in modo non occasionale storie ambientate su pianeti diversi dalla Terra.
EliminaEro convinto che l'odissea del pianeta Tschai di Jack Vance risalisse a questo periodo invece scopro risalire al 1968! Sarà che il primo libro l'ho trovato così ingenuo che ho pensato fosse di inizio secolo :-P
EliminaDarei volentieri la parola all'esperto in materia (Nick), Lucio. Ma mi sa che ormai non ripassa...
EliminaÈ veramente bello vedere la cura che mette Burroughs per i dettagli apparentemente insignificanti , anche perché sono questi elementi che spesso aiutano il lettore a non rompere il tacito accordo di sospensione dell'incredulità.
RispondiEliminaVero! Anche se non escludo che più di uno sia volenteroso di etichettare tanta precisione nei termini di "infodump".
EliminaMi lascia un po' perplesso quello che racconti a proposito di Gardner: a quanto ne so, le teorie scientifiche non sono brevettabili.
RispondiEliminaHa sorpreso pure me. Però ho anche trovato una copia in facsimile del brevetto, scaricabile qui n PDF:
Eliminahttps://patentimages.storage.googleapis.com/a0/f1/7f/af199090e1deca/US1096102.pdf
E comunque mi hai dato un'imbeccata... corro a cambiare l'immagine nel post ;-)
Noto una vaga assonanza tra Castra Sanguinarius e il mio cognome, pertanto non posso certo esimermi dal commentare :) ;)
RispondiEliminaScherzi a parte, le descrizioni di Burroughs sono qualcosa di meraviglioso, capaci di incollare il lettore e trascinarlo sempre più nella storia. Davvero formidabile!
Per fortuna non un'assonanza con il nome, altrimenti saresti una vera mantide ;D ;D
EliminaRi-scherzi a parte, mi fa piacere sapere che la vicenda ti sta appassionando. Sappi che, nel prossimo post, le descrizioni saliranno a un livello di vertigine tale che ho un po' di timor sacro all'idea di doverne approntare una traduzione.
Ahahahahah, in effetti pure le iniziali coincidono! :D :D Ma no, no, escludo di essere una mantide ;D Comunque sia, seguirò tutto con grande attenzione e piacere e già so che non me ne pentirò
EliminaMa perché uno si chiama castrum, al singolare, e l'altro castra, al plurale???
RispondiEliminaScherzi a parte, grazie ancora per queste splendide traduzioni. Mi stai facendo venire la voglia di leggermi un vecchio saggio che ho trovato su bancarella che parla della Terra cava :-P
Eh, le magiche, inesauribili bancarelle... mi spiace un po' per la categoria dei librai, ma nel mio caso ormai hanno quasi completamente sostituito le librerie ^__^
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